Lunedì, 13 Febbraio 2023 06:13

Sanremo 2023: Il Festival dei “venditori del sistema” In evidenza

Scritto da

Finalmente Sanremo è finito e quest’edizione la ricorderemo per via dei “venditori del sistema”, dell’imposizione del pensiero liquido e fluido, e delle finte trasgressioni in chiave politica.

Di Andrea Caldart Cagliari, 12 febbraio 2023 (Quotidianoweb.it) - Quella che dovrebbe essere l’espressione musicale per eccellenza, è stata usata per trasmettere una confusionale esposizione del Paese, prigioniero nelle maglie di bizzarre catene, indossate con banale pedagogia dal solito ignoto.

L’influencer nel suo monologo autoreferenziale, voleva essere un modello da imitare, che già così è “disturbante” perché ben calcolato ponendo sé stessa al servizio del profitto e dell’immagine, con i quattrini del canone.

Detenuti di sé stessi nella cella della menzogna, stuoli di aspiranti “imitatori” lavorano la loro ambizione di libertà e futuro, sullo specchio di una personalità fluidamente consumistica, sacrificando sé stessi ad un improbabile futuro.

L’esibizione ferragnesca però è stata un grandissimo flop, ascolti pressoché nulli, ma è servita comunque per influenzare una società, facendola ammalare del desiderio di una prigionia quotidiana.

Il Festival quest’anno probabilmente, aveva l’obiettivo di essere la fiera delle banalità o forse con la prova della militarizzazione, voleva governare anche i più ostili e riluttanti alla narrazione unica.

A nulla è servito, o forse poco, la protesta di migliaia di italiani fuori dalle sedi Rai al grido di: “fuori Zelensky dalla RAI”, che il cerimoniere Amadeus, diventa il banditore di Zelensky e la guerra per interposta persona, usando la Rai per richiamare gli italiani ad un nuovo messaggio di resistenza.

C’è una guerra è vero, ma al mondo viene mostrata solo una vittima di un conflitto di cui si narra il presente senza raccontare con obiettività, la sua origine e le tante morti pregresse fatte dalla vittima.

Non c’è più la musica al festival, ma solo le telepromozioni per una società pronta ad essere teleguidata e che vuole addirittura far credere che quella, è la libertà.

Abbiamo visto trasmettere una vera e propria rapina all’intelligenza dove la contestazione era diretta terapeuticamente verso una violenza distruttrice, facendola diventare, sfogo normale di frustrazione e insofferenza (Blanco).

Un Sanremo così carico di servilismo e leccaculismo è difficile da ricordare.

La presenza istituzionale della massima carica dello Stato, che mai prima d’ora s’era mossa per una fiera dell’orrido come questa, voleva forse sbandierare la correttezza istituzionale di qualcosa che ha dimostrato invece, tutto l’opportunismo costituzionale.

Pensiamo alla statuaria Paola Egonu che presa da un mirabolante delirio egocentrico, dando dei razzisti proprio a chi l’ha invitata.

Era molto attesa che manco quando venne Charlize Teron ci fu tutto questo casino, e infatti l’attenzione era tutta per il suo monologhino antirazzista, probabilmente amputato, rivelatosi invece un flop del: “io sono io”.

Anche quest’anno niente musica ma tutta propaganda in salsa piddina tipica della Festa dell’Unità dove siamo tutti inquinanti, non siamo green, fluidi e soprattutto dove la colpa non è mai dei compagni.

È forse il festival dei 60 anni del latte di Morandi che, vabbè dopo 60 anni può anche essere scaduto, e forse, avergli voluto dare un tono arcobalenizzante, voleva resuscitarlo, ma è finito con l’essere in-cagliato nella morsa di in un’orgia di notizie che lo inseguirà per molto tempo.

Figurine incipriate cercando sé stesse in un’ipotetica arte trasgressiva propinandoci, il sederino operaio di Victoria dei Manenskin che così, dice lei: “si sente sexy”, un conformismo di “normalità”, diventato piccola borghesia.

Ma “Sanremo è Saremo” è sempre stato detto così e mentre la massa discute entusiasta, noi non comprendiamo l’usare denaro pubblico per una manifestazione canora, palesemente orientata politicamente a suon di slinguate tra Fedez e Rosa Chemical.

Forse il tentativo di educare le masse a questo pensiero unico a nuove brioches di un improbabile circo magico, che vorrebbe tutti noi cittadini allineati e obbedienti.

Quest’edizione 2023 rimarrà come l’edizione dell’osceno di un’arte che esprime tutta la sua salute mentale passando dalla presunzione narcisistica diffusa alla totale mancanza della musica, lasciando il posto a leccate, strusciate e tettine per amore della comunicazione e della pubblicità.

Per quest’anno forse Sanremo è finito, ma non la tragicomica amministrazione di questo Paese che il festival han ben rappresentato in mondovisione.