Sabato, 11 Novembre 2023 06:49

Il diritto di morire: il pericoloso primato della volontà sulla ragione. In evidenza

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La necessità di un postcostituzionalismo

Di Daniele Trabucco (*) 10 novembre 2023 - In diverse Regioni d'Italia, ad esempio in Veneto, sono state presentate diverse proposte di legge regionale di iniziativa popolare per introdurre una disciplina legislativa in materia di suicidio assistito sia pure nell'ambito del perimetro delineato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 242/2019 la quale ha ritenuto non punibile, dati certi presupposti, il reato di istigazione al suicidio (che rimane, comunque, come fattispecie delittuosa prevista dal Codice penale italiano vigente).

Ora, al di là dell'impatto politico e delle solite vuote dichiarazioni circa il dotarsi di strumenti per una morte "degna" (è il legislatore che si arroga la pretesa di definire i confini della "dignità" sulla base del diffuso sentimento sociale), è evidente che il dibattitto a favore di questa forma di anticamera dell'eutanasia vera e propria si fonda, da un punto di vista strettamente filosofico, sul primato della volontà rispetto alla ragione com'è proprio del pensiero scotista.

Questo, congiuntamente al nominalismo occamiano, porta ad una sorta di individualismo antigiuridico, poi sviluppato dalla modernità, che pretermette la "natura rerum" (l'ordine naturale delle cose la cui negazione porta un ente all'indifferentismo per cui esso può essere anche un altro da sè, ma ció non è possibile) e la "iustitia" nella loro oggettività ad una interpretazione vacua di esse per cui la persona non è più la sostanza individuale razionale boeziana, ma l'individuo storicamente determinato (non, però, nella sua essenza) in base al suo mero potere/volere, o meglio alla sua titolarità, tale in virtù esclusivamente della norma positiva, di un diritto "autosoggettivante" da bilanciare continuamente ed evolutivamente con i poteri/voleri degli altri.

Ovviamente gli orientamenti sempre più "dinamizzanti" del giudice costituzionale, attraverso l'attività ermeneutica, consentono in modo permanente la trasformazione dell'ordine esistente in funzione di nuovi principi ideologici. Da qui la necessità di un postcostituzionalismo in grado, una volta dimostrati le aporie del costituzionalismo moderno ed il suo fallimento, di aprirsi alla luce della "natura delle cose". Purtroppo, invece, ci si sta indirizzando verso un semplice neocostituzionalismo (si pensi, sul punto, ai contributi della scuola di Genova: cfr. S. POZZOLO, Neocostituzionalismo e positivismo giuridico, Torino, Giappichelli, 2001) per cui il diritto vuole incorporare "una morale razionalmente fondata" (dove?), ma al contempo cessa di essere un dato di fatto per divenire una pratica sociale complessa e, dunque, idonea ad interpretare potenzialmente ogni aspirazione che matura nella società.

 


(*) Autore - prof. Daniele Trabucco

Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche "Erich Fromm"). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario "Prospero Moisè Loria" di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in "Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie" organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.
Sito web personale
www.danieletrabucco.it