Sabato, 28 Gennaio 2023 10:33

I Vulcani sommersi che circondano l’Italia: un rischio forse troppo sottovalutato In evidenza

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Stromboli Stromboli

Cosa sono i vulcani sottomarini, cosa cambia rispetto a quelli emersi e quali sono i principali. Siamo forse convinti che trovandosi sul fondale marino non rappresentino un rischio? Vediamo di sfatare questa convinzione molto diffusa.

 

Di Mita Valerio 28 gennaio 2023 (Quotidianoweb.it) - I vulcani sottomarini sono vulcani che, come suggerisce il nome, si trovano sul fondale marino, si tratta di strutture molto comuni in alcune aree del pianeta. L'acqua, in generale, tende ad assorbire l'energia dell'eruzione, ma se il loro cratere è particolarmente vicino alla superficie esiste il rischio di grandi esplosioni.

In natura esistono sia vulcani completamente sottomarini (es. il Marsili situato nel Tirreno) sia vulcani in cui solo parte dell'edificio vulcanico è sommerso, mentre la sommità è emersa (es. lo Stromboli); esistono poi le dorsali oceaniche, cioè quelle fratture lungo le quali si genera nuova crosta oceanica.

Cerchiamo di comprendere meglio come si formano questi vulcani.

Così come i vulcani presenti sulla terraferma, anche quelli sottomarini si formano principalmente lungo i margini di placca, cioè in quelle aree dove esiste un punto di incontro tra due placche capace di generare un movimento. Si può trattare di uno scontro, di uno scorrimento o allontanamento tra di esse.

Nel caso di scontro tra due placche, ad esempio, si creano degli stratovulcani il cui stile eruttivo sarà fortemente influenzato, come già accennato, dalla quantità di acqua sovrastante.

La formazione di vulcani sottomarini può essere legata, tra l’altro, ad un punto caldo (in inglese hot spot), cioè alla risalita di un pennacchio di magma dal mantello in una zona interna alla placca tettonica, e non al suo margine. Un esempio è quello delle isole Hawaii: proprio qui uno studio vulcanologico del 2021 ha stimato che, entro le prossime centinaia di migliaia di anni, il vulcano sottomarino Loihi diventerà abbastanza alto da trasformarsi in un'isola emersa.

Attualmente si conoscono circa 5000 vulcani sottomarini attivi in tutto il mondo ma, complessivamente, si pensa ne possano esistere più di un milione. Un numero provvisorio dal momento che nuove campagne oceanografiche potranno scoprirne di nuovi. Altra nota interessante è che circa il 75% di tutte le eruzioni vulcaniche mondiali sono legate all'eruzione di vulcani sottomarini!

Parliamo ora di quelli più vicini a noi, in Italia il vulcano sottomarino più noto è sicuramente il Marsili, nel Mar Tirreno, a metà strada tra Sicilia e Campania. Si tratta di uno stratovulcano, che, così come l'Isola Ferdinandea, ha mostrato attività vulcanica in tempi storici. La sua notorietà è dovuta al fatto che Marsili è certamente il vulcano più esteso d'Europa! Dimensioni preoccupanti, ma come ricorda l'INGV, lo spesso strato d'acqua che lo separa dalla superficie sarebbe in grado di attutirne buona parte dell’energia.

Esistono altri vulcani sottomarini nei nostri mari, tra questi quelli più conosciuti sono il Vavilov, il Magnaghi e il Palinuro: quest'ultimo è al momento l'unico a mostrare segni di attività come emanazioni gassose e terremoti di bassa energia. Esistono poi numerosi altri vulcani sommersi, meno noti, ma di questi non sappiamo al momento con certezza se e quali siano attivi.

Anche il Mare Nostrum “nasconde” vulcani sommersi che preoccupano non poco. Grazie ad una sofisticata tecnica di imaging sismico è stata scoperta da poco tempo una nuova camera magmatica nel Kolumbo, il più attivo vulcano sottomarino del Mediterraneo.

Una scoperta, questa, che aumenta le probabilità che si possa innescare una catastrofica eruzione esplosiva. Kolumbo, il più attivo vulcano sottomarino del Mare Nostrum, è situato a pochissimi chilometri dall’isola di Santorini. Non è possibile prevedere quando si verificherà l'eruzione, ma una cosa è certa, in base a quanto rilevato dai vulcanologi, la camera magmatica recentemente scoperta sta crescendo a un ritmo tale che, entro 150 anni, potrà raggiungere lo stesso volume di magma sprigionato durante la sua precedente eruzione, risalente al 1.650 dopo Cristo (quella che fece scoprire il vulcano). Al momento “non c'è modo di dire con certezza quando Kolumbo erutterà la prossima volta”, spiegano gli esperti, ma il rischio che ciò accada in futuro c’è. A scoprire e descrivere la nuova camera magmatica del Kolumbo, il più grande di una ventina di vulcani sottomarini presenti nella zona nordorientale di Santorini, è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Imperial College di Londra, che hanno collaborato con i colleghi del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università dell'Oregon (Stati Uniti), del GEOMAR Helmholtz-Centre for Ocean Research di Kiel (Germania), del Laboratorio di Geofisica dell'Università Aristotele di Tessalonica e dell'Università di Atene. Gli scienziati, sotto il coordinamento dal vulcanologo Michele Paulatto e dal geofisico Kajetan Chrapkiewicz, hanno individuato la camera magmatica “nascosta” attraverso una modernissima tecnica di indagine chiamata imaging sismico a inversione completa della forma d'onda. Questa tecnica si basa su colpi di pistola ad aria compressa sparati da una nave da ricerca in navigazione sulla regione vulcanica. Grazie a questo sistema è possibile identificare “posizioni, dimensioni e velocità di fusione dei corpi di magma mobili”, come spiegato in un comunicato stampa dell'ateneo di Londra. La camera del Kolumbo si trova tra i 2 e i 4 chilometri di profondità sotto la superficie del mare, mentre la bocca del vulcano è a 500 metri. La grande camera magmatica, secondo i calcoli effettuati, è cresciuta ad un tasso di 4 milioni di metri cubi di magma all'anno dal 1.650 dopo Cristo ad oggi. Ciò significa che attualmente la massa ha raggiunto 1,4 chilometri cubi di magma, che a questo ritmo diventeranno 2 chilometri cubi entro 150 anni. Questa soglia è proprio quella che preoccupa, perché si ritiene che sia la quantità di magma espulsa durante la citata eruzione del 1.650, potrebbe rappresentare quindi la soglia critica del vulcano che porti ad una nuova eruzione esplosiva, anche se come indicato al momento non vi è alcuna certezza assoluta.