Domenica, 14 Aprile 2024 08:51

Il salato Conto Economico della Crisi del Mar Rosso In evidenza

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Di Mario Vacca Parma, 14 aprile 2024 - Nonostante lo smisurato aumento del traffico merci su gomma che sempre più spesso rallenta il percorso su strade ed autostrade, sappiamo bene quanto l’Italia sia dipendente dal commercio marittimo internazionale, sin dai tempi delle Repubbliche Marinare.

Il conto della crisi del Mar Rosso, causato dal rischio di attacchi da parte dei ribelli Houthi dello Yemen alle navi che attraversano lo Stretto di Bab el-Mandeb, lungo la traiettoria del Canale di Suez, che ormai si protrae da metà autunno, è molto salato.

L’impatto della mancata navigabilità riguarda quasi tutti i settori e tipologie di business dal momento che il problema  comporta l’allungamento dei tempi di consegna delle merci, poiché è necessario ricorrere a rotte alternative per circumnavigare l’Africa e l’aumento della disponibilità di navi.

Naturalmente non si tratta di un problema soltanto per il nostro Paese ma, continuando così, gli attacchi degli Houthi potrebbero riscrivere il format della logistica globale, con conseguenze rilevanti per i costi di trasporto, per le emissioni inquinanti e per il futuro dei porti italiani e di tutto il Mediterraneo. Sin dall’apertura del canale di Suez (la cui storia stranamente non viene ricompresa tra gli argomenti di studio di Geografia dell’Egitto nelle scuole medie) è sempre stato un corridoio vitale per il trasporto marittimo internazionale che ha tracciato la rotta più breve tra Europa ed Asia.

Il Consiglio Affari Esteri dell’Unione europea – sulla spinta di Italia, Francia e Germania – ha concordato l’avvio di una missione denominata Aspides che dovrebbe garantire la sicurezza del traffico mercantile nel Mar Rosso, dall’ingresso dello Stretto di Suez fino allo Stretto di Hormuz.

Per il momento le più importanti compagnie di navigazione del mondo ( Maersk, CMA, MSC , etc) hanno scelto di sospendere il passaggio radente le coste yemenite verso Suez, raggiungendo l’Europa circumnavigando l’Africa dal Capo di Buona Speranza, ritornando all’epoca in cui il Canale di Suez non esisteva o, a quel breve periodo di tempo quando nel 2021 una grande nave cargo perse il controllo e si mise di traverso nel canale paralizzandone  il traffico  per qualche settimana.

Si parla di un allungamento della distanza da percorrere di oltre 3 mila miglia nautiche e di un allungamento dei tempi di navigazione che oscilla tra i 10 ed i 12 giorni che causa numerose conseguenze; Quelle di carattere economico riguardano l’aumento del prezzo dei trasporti che, incidendo su un settore che offre  servizi a bassa marginalità, basati su importanti  economie di scala, si ripercuotono immediatamente sui costi e quindi, alla lunga, sul prezzo di vendita di molti prodotti.

L’altro aspetto riguarda la fornitura dei semilavorati, già parzialmente fermatasi nel periodo  della pandemia Covid-19, la cui esperienza già ci ha educati sul fatto che, dall’aumento vertiginoso dei prezzi e dei tempi di consegna si torna indietro soltanto parzialmente.

Capiamo cosi quanto l’Europa intera sia dipendente – forse troppo – dalle forniture di semilavorati prodotti nei Paesi asiatici dai cui porti partono oltre il 42% delle navi che attraversano il canale di Suez.

Il terzo punto è quello delle emissioni, oggi tanto care a chi, in un certo senso deve far sentire la sua voce ad un popolo di potenziali ascoltatori, per i fini più svariati.  Comunque sia, girare intorno all’Africa non solo richiede più tempo ma anche più carburante, tanto per l’incremento del tragitto quanto per l’aumento della velocità media richiesta per compensare tale allungamento. Fattore collegato è il fatto che, per mantenere il complessivo volume trasportato, le compagnie di navigazione stanno aumentando il numero delle navi in circolazione, schierando navi più piccole e meno efficienti a livello energetico.

Nell’eventualità non si riuscisse a ristabilizzare la situazione i porti italiani si troverebbero in una posizione di debolezza  competitiva pressoché assoluta rispetto a quelli del nord Europa, ed è proprio per questo motivo che l’Italia è stata tra le prime a voler l’intervento Europeo con la missione Aspides.

Circumnavigare l’Africa, addentrarsi nello stretto di Gibilterra ed arrivare a Genova diventa cosi più problematico che tirare dritto per i porti del Nord Europa, ancor più se pensiamo che il traffico ferroviario che parte dall’Italia è ancor più lento di quello dei cugini d’oltrealpe.

Si aprono   tanti scenari che evidenziano una potenziale marginalizzazione del Mediterraneo per la quale – di recente - è intervenuto anche Zeno D’Agostino, presidente di Espo (European Sea Ports Organisation), il quale  nel corso di un dibattito  sul tema, ha auspicato e rimarcato la necessità di un intervento europeo a tutela della portualità mediterranea.

L’escalation della crisi in Medio Oriente – ha sottolineato il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – penalizza il sistema del Made in Italy e l’approvvigionamento di prodotti essenziali per la trasformazione della manifattura italiana, aggravando la frenata del commercio internazionale. Gli effetti della crisi del Mar Rosso, sommati alla stretta monetaria in corso e alla riattivazione delle regole europee di bilancio, potrebbero avere pesanti conseguenze sulla crescita economica italiana. Parlare di Made in Italy significa chiamare in causa quella ampia platea di micro e piccole imprese italiane che oggi hanno una quota di export manifatturiero diretto nei Paesi extra Ue pari al 32,7% del totale europeo, con un valore doppio rispetto alle omologhe imprese tedesche. Basti pensare che nel 2023 il flusso di import-export di merci dei settori riconducibili al Made in Italy si attesterebbe attorno ai 30,8 miliardi di euro, l’1,5% del PIL. Nel dettaglio, le esportazioni si concentrano nei prodotti alimentari, seguiti da quelli in metallo e altri prodotti, gioielleria e occhialeria in testa, nonché in quelli della moda e del legno-arredo. Senza dimenticare che questi settori non sono gli unici a esprimere il meglio del nostro manifatturiero”.

Un cambiamento geopolitico che si affaccia alla finestra e che potrebbe cambiare e rendere instabile economicamente e politicamente non solo l’Europa e per il quale  si auspica che si attivino tutte le forze al fine di  fermare ed interrompere del tutto i focolai che periodicamente s’innescano nei Paesi affacciati sui mari solcati dalle rotte delle portacontainers.

(Immagine: Il primo attraversamento del canale di Suez)

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La Bussola d'Impresa - Mario Vacca

“Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito la cultura aziendale ed ho potuto specializzarmi nel management dell’impresa e contestualmente ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni ricoprendo diverse attività sino al ruolo di vice presidente.

Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho accettato di fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.

Le competenze acquisite mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza in qualità di Manager al servizio delle aziende per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari efficientando il controllo di gestione e la finanza d’impresa.

Un iter professionale che mi ha consentito di sviluppare negli anni competenze in vari ambiti, dalla sfera Finanziaria, Amministrativa e Gestionale, alle dinamiche fiscali, passando attraverso esperienze di "start-up", M&A e Turnaround, con un occhio vigile e sempre attento alla prevenzione del rischio d’impresa.

Un percorso arricchito da anni di esperienza nella gestione di Risorse Umane e Finanziarie, nella Contrattualistica, nella gestione dei rapporti diretti con Clienti e Fornitori, nella gestione delle dinamiche di Gruppo con soci e loro consulenti. 

Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di anticipare e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari delle attività.

Il mio agire è sempre stato caratterizzato da entusiasmo e passione in tutto quello che ho fatto e continuo a fare sia in ambito professionale che extra-professionale, sempre alla ricerca dell'innovazione e della differenziazione come caratteristica vincente.

La passione per la cultura mi ha portato ad iscrivermi all’Ordine dei Giornalisti ed a  scrivere articoli di economia pubblicati nella rubrica “La Bussola d’Impresa” edita dalla Gazzetta dell’Emilia ed a collaborare saltuariamente con altre testate.

La stessa passione mi porta a pianificare ed organizzare eventi non profit volti al raggiungimento di obiettivi filantropici legati  alla carità ed alla fratellanza anche attraverso  club ed associazioni locali. 

Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.

Il mio impegno è lavorare sodo con etica, lealtà ed armonia.”

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