Martedì, 14 Novembre 2023 06:37

Israele. Approvata una legge che criminalizza il “consumo di materiale terroristico” In evidenza

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Nei giorni scorsi, il Parlamento israeliano, la Knesset, ha approvato un emendamento per criminalizzare il consumo di materiale pro-Hamas.

Di Flavia De Michetti Roma, 13 novembre 2023 (Quotidianoweb.it) - I gruppi per i diritti umani hanno definito questa decisione “Una delle misure legislative più invadenti e draconiane mai approvate nella storia di Israele”.

I legislatori hanno votato, con una maggioranza di tredici voti favorevoli e quattro contrari, per modificare la legge antiterrorismo del Paese, con l’obiettivo di rendere un reato il “consumo di materiale terroristico”.

Il disegno di legge, dunque, vieta ai singoli individui il “Consumo sistematico e continuo di pubblicazioni di un’organizzazione terroristica in circostanze che indichino l’identificazione con l’organizzazione terroristica”.

L’emendamento identificherebbe il movimento palestinese Hamas e il gruppo Daesh/Isis come le organizzazioni “terroristiche” a cui si applica il reato e conferisce al ministro della Giustizia il potere di aggiungere altre organizzazioni alla lista.

Il reato prevede una pena massima di un anno di reclusione.

La legge è stata approvata come misura temporanea di due anni, allo scadere dei quali può essere prorogata dalla Knesset.

Tale mossa arriva mentre l’Esercito israeliano prosegue nelle sue manovre aeree e terrestri sulla Striscia di Gaza, dopo l’attacco transfrontaliero di Hamas all’inizio dello scorso mese.

Secondo alcuni dati ufficiali, da allora sarebbero stati uccisi almeno 10.569 palestinesi, tra cui 4.324 bambini e 2.823 donne e il bilancio delle vittime israeliane sarebbe di quasi 1.600.

Oltre al gran numero di vittime e ai massicci sfollamenti, a causa dell’assedio israeliano, le forniture di base cominciano a scarseggiare per i 2,3 milioni di residenti di Gaza.

Secondo Adalah (in arabo “Giustizia”), oltre che un centro legale anche un'organizzazione indipendente per i diritti umani, fondata nel novembre del 1996 come progetto congiunto di due importanti ONG arabe, ovvero la Galilee Society e l’HRA - Associazione araba per i diritti umani, e diventata una ONG indipendente nel 1997, le “pubblicazioni” a cui fa riferimento la legge includerebbero “Espressioni di lode, sostegno o incoraggiamento ad atti terroristici, inviti diretti a commettere un atto di terrorismo, nonché documentazione di un atto di terrorismo”.

Questa legge è una delle misure legislative più intrusive e draconiane mai approvate dalla Knesset israeliana, poiché rende i pensieri soggetti a punizione penale”, ha spiegato il Centro legale per i diritti delle minoranze arabe in Israele.

Aggiungendo che sarebbe loro intenzione presentare una petizione alla legge presso la Corte Suprema israeliana, Adalah ha sottolineato che “In un momento in cui le Autorità israeliane stanno intensificando la loro campagna per soffocare la libertà di espressione dei cittadini palestinesi di Israele, conducendo un’ampia sorveglianza delle loro comunicazioni online ed effettuando arresti senza precedenti per presunti reati legati alla parola, la Knesset israeliana ha promulgato una legislazione che criminalizza anche l’uso passivo dei social media. Questa legislazione invade il sacro regno dei pensieri e delle convinzioni personali di un individuo e amplifica in modo significativo la sorveglianza statale sull’uso dei social media”.

In seguito all’attacco di Hamas, i cittadini palestinesi di Israele e i residenti di Gerusalemme occupata vengono presi di mira per la loro attività sui social media. 

Qualsiasi espressione di identità palestinese, o sostegno a Gaza, causerebbe il licenziamento dal lavoro, espulsioni dalle università, arresti e così via.

I palestinesi hanno descritto il clima come una “caccia alle streghe”, aggiungendo che “Le persone venivano sorvegliate per semplici espressioni di identità palestinese e preoccupazione per Gaza”.

L'avvocato di Adalah, Salaam Irsheid, ha spiegato ai media che “In molti casi le persone vengono sospese o addirittura perseguite a livello penale semplicemente per aver messo mi piace a un post sui social media o per aver seguito pagine che pubblicano sulla situazione a Gaza”.

“Molti dei casi capitati sulla scrivania di Adalah – ha sottolineato l’avvocato - riguardano situazioni in cui studenti o professionisti hanno espresso dolore per la situazione umanitaria a Gaza o semplicemente hanno scritto versetti del Corano che sono stati interpretati male o collegati erroneamente al sostegno ad Hamas”. 

Questi post rientrano nella libertà di espressione. Non c’è nulla che richieda o giustifichi la violenza di alcun tipo – prosegue Irsheid - Molte delle persone che si rivolgono a noi dicono che le cose di cui vengono accusate sono molto inverosimili. Niente di ciò che ho visto viola alcun tipo di legge”.

A partire dallo scoppio della guerra, fino alla fine del mese scorso, infatti, la Polizia israeliana ha dichiarato di aver arrestato circa centodieci persone per “presunto incitamento alla violenza e al terrorismo”, principalmente sui social media. 

La campagna di arresti non si è limitata ai palestinesi con cittadinanza israeliana o ai residenti della Gerusalemme occupata, ma si è estesa anche alla Cisgiordania occupata.

All’inizio di questa settimana, infatti, le Forze israeliane hanno fatto irruzione nel villaggio di Nabi Saleh, un villaggio della Palestina, facente parte del Governatorato di Ramallah e al-Bireh nella Cisgiordania centrale, arrestando la giovane attivista palestinese Ahed Tamimi nella sua abitazione con l’accusa di “incitamento all’odio” e “attività terroristiche” sui social media. 

Tuttavia, la famiglia della ragazza ha dichiarato che “Il profilo che ha pubblicato l'account è falso. Impersona Tamimi e lei non ha scritto né pubblicato alcun post del genere”.

La Polizia israeliana ha, inoltre, vietato tassativamente qualsiasi protesta o manifestazione di solidarietà con il popolo palestinese a Gaza durante la guerra, causando arresti di politici israeliani e palestinesi in Israele per aver partecipato alle proteste.

Cinque leader della minoranza palestinese nel Paese, tra cui il presidente dell'Alta Commissione di Controllo, Mohammad Barakeh, e gli ex membri del Parlamento Haneen Zoabi e Sami Abu Shehadeh, infatti, sono stati arrestati durante una veglia pacifica a Nazareth per chiedere un cessate il fuoco nei giorni scorsi.

Il CPI - Partito Comunista d’Israele e il Fronte Democratico per la Pace e l’Uguaglianza (Jabha - Hadash) hanno rilasciato una dichiarazione congiunta definendo gli arresti come “Una misura antidemocratica draconiana, che riflette il continuo attacco di Israele alla libertà di parola, all’associazione politica e alla diritti civili della popolazione palestinese”.

(immagine, presa tramite screenshot, da jta.org.)