Lunedì, 04 Settembre 2023 06:22

La violenza giovanile, fenomeno nuovo o vecchio? In evidenza

Scritto da

Di Francesco Graziano Bologna, 3 settembre 2023 -  Giuseppe Storti sulla Gazzetta di domenica ha pubblicato un bell’articolo sul preoccupante fenomeno dell’aumento della violenza minorile.

L’autore alla fine del pezzo propone una delle possibili soluzioni, che non è detto risulti alla fine più efficace ma che appare la più sensata; in questi casi occorre prevenire, allontanando i minori a rischio dalle proprie famiglie soprattutto se appartenenti alla criminalità e a inserirli in comunità protette investendo di più sulla scuola e sulla formazione in generale.

Noi che facciamo informazione e questo è l’unico punto su cui non sono d’accordo, dobbiamo il più possibile tentare di ridimensionare il fenomeno - attenzione ridimensionarlo, non sottovalutarlo - per non far circolare nel “corpo” delle nostre città la paura per questi apparentemente “nuovi mostri” frutto della barbarie dei tempi.

Molti si ricorderanno del massacro di Columbine quando due giovani liceali entrarono in un liceo americano compiendo una strage prima di essere uccisi a loro volta e da cui Gus Van Sant ha tratto quel capolavoro che è “Elephant”. Purtroppo la violenza giovanile c’è sempre stata solo che oggi grazie ad un sistema mediatico che amplifica le notizie ci sembra di vivere in un mondo in cui non riconosciamo più i nostri figli o nipoti.

Alcuni anni fa lo scrittore Antonio Scurati (lasciate da parte le considerazioni sullo scrittore e concentratevi sull’accademico) autore non a caso di un libro chiamato “Il sopravvissuto”, dove un giovane appena sedutosi di fronte alla commissione di maturità uccide con una pistola tutti i professori tranne uno, Il sopravvissuto del titolo per l’appunto, durante una conferenza all’università Cattolica il cui tema era “ L’elaborazione della violenza” pronunciò queste parole:

Il modo in cui rappresentando faziosamente la questione della violenza giovanile il sistema mediatico tende a generarla; questo modo è all’insegna di una rappresentazione vittimaria. Il titolo di questa rappresentazione potrebbe essere “ Siamo tutti dei sopravvissuti”. Secondo Jean Daniel, direttore di Libèration: “ Raramente l’idea di essere superstiti ha pervaso fino a questo punto gli umani del nostro pianeta. Ci sentiamo tutti dei sopravvissuti”.

Queste parole non sono state pronunciate dopo una guerra mondiale ma nel 2005, era arrivata qualche notizia di catastrofe o di strage molto probabilmente dal Medio Oriente. Se facessimo un’indagine diacronica dei delitti perpetrati da giovanissimi quasi sicuramente ci sembrerebbe di leggere uno dei tanti quotidiani odierni. Chi fa questo mestiere da più tempo di me sa però che c’è stato un periodo in cui le notizie di morti tragiche che accadevano a Torino rimanevano circoscritte alle pagine de “ La Stampa” così come quelle di Milano non oltrepassavano le colonne del Corriere. Leggendo molti numeri del giornale palermitano “ L’Ora” mi sono accorto di numerosi episodi di violenza ai danni di giovani donne. Nel suo ultimo bel film “Le buone notizie”  con lo sguardo profetico tipico dei grandi artisti, il cineasta premio oscar Elio Petri dipinse esattamente la società in cui oggi siamo immersi, circondati da televisioni che non fanno altro che mandare in onda notizie macabre; tutto questo in nome di quel totem che è l’audience. Quale è stato l’effetto di questa strategia? Far respirare un’atmosfera ansiogena che oramai è entrata nelle nostre teste.

Storti nota giustamente che gli ultimi episodi di aggressioni che hanno tenuto banco nelle televisioni e nei giornali si sono verificate al Sud.

Questo non sorprende, da anni sento le istituzioni che scendono da Roma per dire che lo Stato è presente ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Quando lavoravo per un giornale di Palermo spesso- ahimè- ho dovuto scrivere di minorenni che si accoltellavano tra di loro e di bambini che ingoiavano della droga lasciata in bella vista da quei delinquenti dei loro genitori.

Non basta andare a Caivano per fare presenza perché se ci si reca in Campania bisognerebbe andare in tutto il Mezzogiorno affinché il degrado presente soprattutto nelle periferie scompaia e per scomparire occorrono azioni serie e concrete che sono quelle che propone l’autore nell’explicit del suo articolo. Non v’è null’altro da dire se non che il Sud continua a stare dove è sempre stato, in fiduciosa attesa di un ministro/medico che estirpi quel tumore che da Roma in giù è dilagato, prendendo il potere da secoli, in modo impressionante.