Domenica, 14 Aprile 2024 08:59

“Lavoro migrante”: Fadhila Ben Aziza In evidenza

Scritto da Francesca Dallatana
Fadhila: premiazione Antica Pyrgos, Novembre 2023.) Fadhila: premiazione Antica Pyrgos, Novembre 2023.)

Mediazione poetica. Free fly.

Di Francesca Dallatana Parma, 14 aprile 2024 -

“Quando il giorno declina e si ritira nel pensiero, scrivo. Di notte.

Quando sono felice e quando sono triste, scrivo.”

Non c’è respiro senza parola.

La parola libera l’emozione, la rende nobile attraverso eleganza ed essenzialità.  

Fadhila Ben Aziza racconta sé stessa. A partire dalla poesia, la forma di comunicazione che la rappresenta. Scrive da sempre, dagli anni della scuola media superiore di ispirazione umanistica e letteraria, frequentata in Tunisia.

Il potere della parola, nella sintesi fulminante e lapidaria di un verso poetico, l’ha accompagnata e le guida la mano da quando è arrivata in terra italiana, nel 1997. Lazio, Sicilia, Emilia Romagna, Parma: un percorso di integrazione mediato dalla lingua e da una socialità caratterizzata da un forte interesse culturale per la parola: poesia, narrazione: scrittura.

Parola come mezzo per facilitare il contatto con le persone e fra le persone.

“Ho imparato l’italiano in fretta. Mi sono affidata alla forza della parola. Seguivo trasmissioni televisive ricche di parole, condotte in un italiano elegante e forbito, da un Mike Buongiorno preciso e attento alla composizione delle espressioni linguistiche. Leggevo e leggo molto. Mi è sempre piaciuto leggere. Leggere è importante come respirare. E’ l’ossigeno del pensiero, una prova d’identità”: una dichiarazione di fiducia verso la cultura e la parola come strumenti della relazione per antonomasia. Cura della comunicazione, scrittura, pensiero, empatia: gli attrezzi di lavoro.

Integrazione è relazione. Non c’è integrazione senza comunicazione, un processo composito dalla dinamicità creativa.

Fadhila Ben Aziza parla a voce bassa, sotto traccia il volume ma deciso e chiaro il messaggio. Che fa il paio con la sua figura, pensata e curata nella declinazione del dettaglio ton sur ton, una cultura rispettosamente vicina a un’altra cultura.

Un raffinato abito del Paese di origine a complemento di uno occidentale, due modi di essere che coesistono nell’equilibrio di una relazione alla pari: è l’immagine della poetessa impegnata a leggere i versi premiati nel novembre del duemilaventitre a Lanuvio, città metropolitana di Roma capitale, dalla giuria della sesta edizione del Premio Letterario Internazionale Antica Pyrgos. E’ l’immagine di due mondi intrecciati nell’abbraccio potente della cultura. Si è aggiudicata il premio speciale al miglior autore straniero.

Sono timida, un vulcano di emozione. Ho vinto la timidezza grazie alla poesia. A Roma, in occasione della premiazione Antica Pyrgos ho letto i versi. La poesia rende forti e liberi, anche dall’emotività quando diventa una barriera. Scrivo in arabo, la mia lingua madre. Traduco in italiano, da sola. Ma chiedo supporto e aiuto, dopo avere scritto in italiano. Vado alla ricerca della sfumatura dell’espressione linguistica.”

Cita Elide La Vecchia, poeta – come si definiva – e drammaturga parmigiana scomparsa da qualche anno che ha dedicato la sua ricerca creativa alle pagine meno comode e più controverse della sopravvivenza contemporanea.

Dedica pensiero e attenzione anche a Mahmoud Darwish, il poeta palestinese, “nato ad al-Birwa, una città che non c’è più. Darwish ha combattuto l’occupazione della sua terra con la poesia, con la forza della parola.”

E ancora: Marinette Pendola, studiosa della storia e della collettività italiana in Tunisia, lei stessa anello di una catena migratoria, dall’Italia alla Tunisia, alla fine dell’Ottocento come reazione alla crisi del grano: altro riferimento culturale caro alla poetessa parmigiana di origine tunisina.  Dall’Italia alla Tunisia: una migrazione in una direzione inusuale, rispetto alle odierne e note correnti dei flussi, un fenomeno presente in modo blando nell’immaginario collettivo. La migrazione è un fenomeno complesso, che riguarda tutti e tutte le direzioni.

Tra i silenzi delle parole dei tre artisti della scrittura, la poetessa Fadhila Ben Aziza ritrova le tessere di se stessa. Sono riferimenti culturali importanti che hanno dato ossigeno ed energia alla sua narrazione poetica.

Ritorna in Tunisia di frequente e rientra in Italia, dopo avere rivisto la sua terra e il suo mare. La mobilità territoriale genera riflessione culturale, ricchezza, disponibilità.

Si sente italiana. E lo è.

Ma la genetica non è un’opinione. La lingua madre, una vibrazione profonda.

Parla lentamente l’intervistata, sceglie le parole e le mette insieme e le ascolta nella musica del loro canto libero. Tunisina, di orgogliosa provenienza dalla riva sud del Mediterraneo, ma profondamente italiana d’adozione. “Io vengo dalla campagna. Ritorno spesso nel mio Paese, dove un mare piccolo e pulito e trasparente rende forte l’orgoglio di appartenenza coniugato oggi a quello italiano. Al ritorno dalle frequenti visite in Tunisia, mi sento di nuovo a casa nel mare di Genova.” Il mare piccolo si chiama Port Prince Takelsa e si trova in provincia di Nabul.

Le lingue modulate dalle traduzioni e dalle mediazioni culturali rappresentano il ponte tra le terre di mare: riva sud del Mediterraneo e il punto di intersezione tra le riviere di levante e di ponente del capoluogo ligure, dove la nave attracca al ritorno dalla Tunisia.

Il ripiegamento su se stessa, dovuto a un doloroso passaggio esistenziale all’inizio del terzo millennio, le ha imposto una riflessione sul potere della parola, come strumento di relazione. Dalle corsie dell’ospedale locale, ha teso voce e aiuto concreto a tutte quelle persone che non avevano la possibilità di capire la portata dei fatti, il significato quotidiano e concreto di diagnosi e terapie prescritte e somministrate alle persone care. Ha aiutato chi aveva bisogno delle parole.

Ho particolarmente curato lo studio della lingua, senza escludere il lessico specifico di alcuni settori. Primo fra tutti, quello socio-sanitario. Dopo avere conseguito la certificazione, ma soprattutto dopo avere preso parte alla formazione dedicata alla mediazione linguistica e culturale ho cominciato a lavorare a Parma e a Reggio Emilia. A Parma mi occupo soprattutto di mediazioni culturali e linguistiche per l’Azienda Unità Sanitaria Locale, per l’ospedale e per il carcere. A Reggio lavoro per Dimora d’Abramo, per la quale mi occupo di mediazioni per i Cas, i centri di accoglienza straordinaria, che accolgono persone migranti richiedenti asilo. E dei minori stranieri non accompagnati, un capitolo del fenomeno migratorio in forte aumento al quale come società dovremo prestare particolare attenzione.

Il silenzio cala come un sipario. Molti, i minori stranieri non accompagnati. “La presenza dei bambini mi colpisce molto. Ragazzi, bambini, che attraversano la rotta balcanica. Una sfida contro le intemperie e la stanchezza e gli ostacoli di un percorso impervio. Le famiglie spesso non capiscono le difficoltà vissute dai bambini e chiedono loro soldi subito. E fanno pressioni. Qualche volta i bambini sono costretti a deviare, ad uscire dalle comunità e dalla legalità e a percorrere altre strade. Incontrano persone senza scrupoli, che li usano. Solo perché sono bambini e hanno visi puliti.”

Un lavoro emotivamente impegnativo. La scrittura dà sollievo? “Qualche volta le scrivo, le storie. Per me. Mi aiuta a pensare. Penso molto spesso alla presenza dei bambini stranieri non accompagnati.” I piccoli soldati mandati a combattere per realizzare denaro in terra straniera escono faticosamente dalla stanza della memoria della poetessa.

Effetto della risonanza empatica che dal tempo di lavoro rischia di portare sofferenza e pensieri nel privato della vita quotidiana. “Durante le mediazioni entro ed esco dalle storie. Nel corso del tempo ho imparato a gestire la fase di uscita dalle storie. L’empatia è la chiave per entrare nella dinamica della comunicazione profonda ed efficace e per rendere funzionale la mediazione. Alla fine delle mediazioni, mi fermo: penso e respiro: è così che esco dalla vita degli altri.”

Ci tiene a sottolineare la professionista: “Sono una mediatrice culturale dall’arabo all’italiano e mi occupo di mediazione linguistica dal francese all’italiano. La differenza è importante e significativa. La mediazione linguistica è un servizio di interpretariato tecnico, per il quale è necessario conoscere il lessico. La mediazione culturale presuppone l’attivazione di una vicinanza culturale, di un supporto emotivo e psicologico funzionale all’avvicinamento delle culture. E’ necessario comunicare il senso delle cose, capire il senso delle narrazioni.

La professione della mediazione culturale si è affacciata tra le pieghe della vita di Fadhila Ben Aziza. Una necessità relazionale diventata impegno di lavoro.

Ho scelto questo lavoro per il suo forte tratto di umanità. La disponibilità ad abbracciare con il pensiero, a ricevere e accogliere le storie di vita delle persone sono fondamentali. Nessun tecnicismo linguistico è in grado di sostituire empatia e umanità. E’ un valore aggiunto ma non le sostituisce.”

La lingua che vibra nel suo profondo è l’arabo.  Le parla a voce bassa, di notte. Le prende la mano e guida la penna. Poi, l’empatia della cultura plasma l’italiano delle parole. E dall’arabo i versi sgorgano in italiano. Intanto “Il tempo rallenta nei suoi dintorni”, dice di lei l’amica dagli occhi azzurro ghiaccio, di una terra lontana e fredda e dotta, che ha presentato Fadhila Ben Aziza alla Gazzetta dell’Emilia.

“La parola può creare. La parola può distruggere.  Bisogna averne cura”, avverte la poetessa. La mediazione poetica è esercizio quotidiano.

La Poesia

Mi attraversava il tuo abbandono
E le distanze mi stancavano
Ho chiesto di voi ragazzi la mattina
E ti ho cercato nei segreti delle serate.
Sono diventato un cervo randagio inseguito dalle frecce dei cacciatori
E il profumo delle streghe
Nell'amore del tuo amore, ho scritto con il tuo eyeliner
Le rime più meravigliose e la prosa più sincera
Ho nuotato oltre le dune
E sono scappato da te a te
E avevo paura di darti il ​​lamento delle principesse
Ti ho trovata come una sposa a gambe incrociate
Sulla carovana della nostalgia e dei ricordi
Dio vi benedica, belle donne
Sii acqua fresca che disseta le sabbie gementi
Sii una luce che illumina un triste cielo autunnale
Diventa un suonatore di flauto
Manuale in mezzo al labirinto
Sii la primavera della vita e le piogge dell'inverno
E l'estate degli anni più belli
Sii il tweet del canarino e la rosa del giorno.

Fadhila Ben Aziza – Parma, Marzo 2018

 MarePiccolo_Tunisia.jpeg

(Port Prince Takelsa, provincia di Nabul)

 

(immagini: Dida: Port Prince Takelsa, provincia di Nabul

Dida immagine di Fadhila: premiazione Antica Pyrgos, Novembre 2023.)

 

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