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Dal MOSE= MOdulo Sperimentale Elettromeccanico al MUSE = Museo Universale dei Soldi Evanescenti.
  
di Lamberto Colla Parma  17 novembre 2019 - In una campagna elettorale, senza soluzioni di continuità da ormai molti anni, nemmeno interrotta a scrutini chiusi, ecco che qualsiasi fatto, tragico o meno, viene sfruttato per attaccare gli avversari mandando tutto in vacca.
Dal terremoto dell’Aquila passando per Amatrice e infine per Venezia, la storia è sempre la stessa. Soldi a go-go per interventi d'emergenza ma problemi sempre irrisolti e concittadini, da nord a sud, in braghe di tela.
 
L'attualità ci ha sbattuti a controllare la TV per aggiornarci sulle sorti di Venezia dopo la "acqua granda dei giorni scorsi, seconda solo a quella di 53 anni fa. Ma l'acqua alta, oltre a un disagio, è anche un motivo di attrazione e il MOSE il salvagente della città galleggiante, dei suoi calle, dei suoi affreschi, dei suoi mosaici e infine delle sue passerelle mobili che rendono un fascino stralunato a Piazza san Marco, per la gioia dei turisti stranieri.
 
Dopo il canale di Panama, il MOSE sarebbe diventata l'impresa idraulica più importante al mondo.

Sarebbe stato, come ben tutti sappiamo, il sistema di difesa attiva della più bella e al contempo più fragile città al mondo. Venezia  la splendida viene quotidianamente  messa alla prova dai transatlantici, che ben poco educatamente, vengono a porgere l'inchino al fascino sempreverde della città di Colombina.
 
Ma come è ormai nella storia italiana, le grandi opere dopo il primo decennio post bellico, in cui la A1, nota come Autostrada del Sole, venne realizzata in soli 7 anni, hanno percorso strade tormentose e in salita.
Da lì in poi è stato un continuo peggioramento in termini di tempi, di sicurezza mentre a aumentare sono sempre stati i costi, la burocrazia e le promesse elettorali di una imminente conclusione, come ad esempio la fantomatica Salerno Reggio Calabria e  la Variante di Valico (impegno di spesa risalente al 1996,  inizio lavori nel 2002 e conclusione nel 2015) che finalmente dopo 35 e 15 anni rispettivamente sono state ultimate.
 
Nel frattempo era stato avviato il progetto del MOSE e, poco dopo, del villaggio che avrebbe dovuto ospitare l'EXPO Mondiale di  Milano del 2015; due eventi che avrebbero dovuto riabilitare l'Italia agli occhi del mondo, ma si sa, il diavolo ci mette lo zampino e alla vigilia dell'inaugurazione milanese e a due anni dal sollevamento delle paratie di "biblica" memoria, il patatrac.
Le tangenti travolgono sia l'uno che l'altro manufatto nel 2014, ma ben diversa la soluzione che i politici decisero di adottare per superare l'impasse temporaneo.
 
Commissariamento con prosecuzione dei lavori per concludere l'impegno nei tempi stabiliti per l'EXPO e blocco di tutte le opere del MOSE ormai completate per l'87%, tant'è che l'inaugurazione era programmata per il 2016.
 
Così, mentre l'EXPO, nonostante gli scongiuri di tutti i menagrami italiani e europei che avrebbero voluto assistere all'ennesima figuraccia italiana, almeno  per far perdere il primato negativo  del 2000 saldamente in mano ai tedeschi di Hannover (Exposition Universelle Hanovre 2000), il giorno stabilito Milano aprì i battenti e addirittura qualcuno propose di prolungare il periodo dell'esposizione in forza del successo riscontrato.
 
Ben diversamente è andata invece al MOSE.

Da commissari a super-commissari ma niente, o quasi, lavori.
Tutto è stato bloccato da cinque anni. Una sospensione che, come spesso accade, è stata utile ai detrattori per rilanciare dubbi sulla validità dell'opera con quasi 4 miliardi spesi e altri quasi due impegnati da progetto esecutivo per terminare l'opera (restano fuori, ancora ignoti, i preventivi annuali per la manutenzione).
 
Purtroppo, ogniqualvolta che un disastro accade, c'è sempre una parte politica che coglie l'occasione al balzo per sfruttarne in termini di visibilità. Così in questi giorni abbiamo assistito al balletto dei numeri (da 6 a oltre 10 miliardi di euro spesi) e di soggetti veneti responsabili del default, nonostante l'opera si stata in carico al governo centrale e non periferico.
 
Quel che è chiaro è che erano stati  impegnati  5,6 miliardi e spesi 3,8 con un arretrato di pagamenti di circa 800 milioni. Fatto sta che però, nonostante questi anni di blocco, i costi non si sono arrestati completamente e dopo le tangenti altri costi imprevisti sono stati drenati dai commissari e provveditori, ben poco in accordo tra loro,  anzi spesso in pieno contrasto.
Adesso vedremo come si comporterà la nuova super commissaria Elisabetta Spitz, recentemente nominata dal Governo Giallo Rosso.  Espertissima in beni del demanio, architetta e già moglie  dell'ex segretario Udc Marco Follini, dal 2000 al 2008 ha guidato l'Agenzia del Demanio.
 
Secondo la Ministra delle infrastrutture, Paola De MIcheli, l'opera non è ferma e è completa per il 93% e entro la fine del 2021 sarà definitivamente ultimata.
E' evidente che il tempo sia veramente una convenzione se per completare un'opera già quasi conclusa siano necessari ulteriori 24 mesi.
 
Anzi, da indiscrezioni provenienti proprio dai cantieri, le paratie sarebbero già funzionanti (come si vede dalle immagini) e alternativamente testate da oltre un anno.  Volendo, in forza della previsione disastrosa di una alta marea eccezionale, il buon senso avrebbe potuto autorizzare a una esercitazione straordinaria nel tentativo di ridurre i prevedibili danni che a caldo sono già stimati a un miliardo di euro.
Ma i commissari del consorzio hanno un ben preciso incarico di completate l'opera, non di avviarla e tantomeno di mantenerla.
Così, tanto per non essere indotti in tentazione, il giorno precedente la acqua granda del 12 novembre  ecco che tutti i dipendenti sono stati lasciati a casa, come ha perfettamente documentato il "gazzettino.it" "… una direttiva interna ha - scrive Davide Scalzotto, stabilito che i dipendenti potessero stare a casa, viste le condizioni meteo. Un paradosso che in una giornata di emergenza come ieri siano stati dispensati dal lavoro coloro che il Mose dovrebbero farlo funzionare…"
 
Dalla parte dei Commissari ci sta il beneficio del dubbio e dell'incertezza su quanto sarebbe accaduto se, e questo non ci è noto,  l'impianto nella sua interezza non fosse mai stato sottoposto a validazione per l'entrata in funzione e se le prove fin qui eseguite possano avere valore ai fini dell'utilizzo e infine se  l'impianto sia stato collaudato e progettato per far fronte al fenomeno ondoso  delle dimensioni del 12 novembre o del 4 novembre 1966
 
C'è da augurarsi di sì, ma su quest'ultimo dubbio non ci scommetterei una lira.
 
Intanto, tra quelli che si parano il c..o e quelli che hanno maggiori introiti a non far nulla e sicuramente al riparo da  attacchi da parte della magistratura chiamata a verificare in forza di qualche querela mossa da nemici storici che vorrebbero il loro posto sullo scranno ricco e comodo, molti veneziani hanno perso molto o quasi tutto. 100 gondole sono in manutenzione e i gondolieri si sosterranno prestandosi le gondole ancora in attività.
 
Come i friulani nel 1976 , i modenesi ne 2012 e via di seguito tutti gli altri, anche i veneziani, dalla tempra forte, si risolleveranno dalla lacrima granda.

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Inascoltabili i discorsi dei nostri politici a fronte dell’abbandono di Arcelor Mittal dall’ex ILVA, cogliendo la palla al balzo per non pagare alcuna penale, in forza della estinzione della protezione penale che invece era in vigore per i commissari governativi.
  
di Lamberto Colla Parma  10 novembre 2019 -

La crisi dell’ILVA di Taranto arriva da lontano e le responsabilità si spalmano tra le proprietà, Famiglia Riva in primis, e il complesso sistema politico locale e nazionale e le relazioni che si instaurarono non sempre all’insegna della correttezza e della trasparenza.

Ma si sa, quando gli interessi in gioco sono enormi, il colpo alla botte e il colpo al cerchio può risultare un esercizio irrinunciabile in attesa di una soluzione più equa e condivisa.

Nel caso dell’ex ILVA di Taranto si è aggiunta la spada di Damocle della sicurezza sanitaria. Il sospetto che l’industria sia responsabile di una concentrazione di malattie tumorali ben oltre la media del Paese, impone un approccio al problema ancor più sofisticato e circoscritto.

In breve sintesi, affrontare il problema della più grande acciaieria d’Europa vuol dire scegliere di non perdere nulla di buono di ciò che essa rappresenta: in termini di sanità, in termini economici (vale 1,4% del PIL nazionale), in termini occupazionali (11.000 dipendenti diretti), in termini di competitività del settore (le acciaierie per nazioni altamente industrializzate sono come la farina per fare il pane) e in termini di sicurezza sociale e ambientale.

Una complessità tale che necessità l’adozione di strumenti straordinari e “non convenzionali”.

Così come Draghi si inventò il “bazooka” finanziario per opporsi agli attacchi speculativi della finanza internazionale, altrettanto il Governo italiano deve mettere in campo, temporaneamente e in via eccezionale, strumenti adeguati alla soluzione del caso.

Ecco quindi che la falsa moralità di chi aborre lo scudo penale per gli amministratori privati è il più grande alleato dei concorrenti del settore e di chi sta orchestrando per de-industrializzare quella potenza economica che nel 1991 era al quarto posto mondiale (con il “difetto” di una inflazione al 6,5% da tenere sotto controllo) , e che nonostante i quasi 12 anni di crisi economica è ancora ancorata alla 9° posizione grazie alla determinazione dei suoi piccoli imprenditori, non certo alle agevolazioni dell’UE e dei suoi burattini nazionali.

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A differenza di Alitalia, nel caso dell’acciaieria, si era trovato chi fosse disposto a fare il più grande investimento mai realizzato al sud buttando sul piatto 4,5 miliardi di euro e i nostri bravi politici han ben pensato di mettere in mano degli investitori, invece di un passpartout, una giustificazione per uscire da una impresa ardua e altamente a rischio, cancellando, dalla sera alla mattina, l’elmetto protettivo dello scudo penale, quello stesso che era in capo ai commissari governativi.

Così oggi siamo a rischio di occupazione per 11.000 dipendenti e un indotto che è almeno di pari dimensioni con il rischio che in caso di spegnimento dei forni la loro riaccensione costerebbe centinaia di milioni di euro e i problemi attuali genererebbero un effetto domino di misura incalcolabile. Tutto ciò a causa di Don Chisciotte, Paperinik e di tutti gli altri personaggi dei fumetti che stanno governando l’Italia in questo tragico periodo storico.

Risulta perciò inascoltabile l’affermazione, ovviamente di principio, del ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, prima del vertice a Palazzo Chigi tra governo e ArcelorMittal sull’ex Ilva di Taranto il quale a fronte di una emergenza pone un problema generale anziché straordinario:

“È improprio parlare di scudo e di immunità. Noi stiamo ragionando su una norma generale e astratta, che superi il vaglio di costituzionalità e che sancisca un principio semplice: chi inquina paga ma chi deve attuare un piano ambientale non può rispondere per colpe altrui o del passato”.

Dalla crisi economica, siam passati, a lungo andare, a una crisi sociale e etica, per sprofondare nella più buia zona della falsa moralità, ben peggio e più contagiosa delle fake news.


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Domenica, 03 Novembre 2019 07:50

Umbri: pochi e per di più "fasci-leghisti".

Siamo alle solite. Gli squadroni antifascisti e antirazzisti son tornati in campo dopo la sonora sconfitta umbra, come se fossero gli unici tenutari della verità e della libertà di parola e di espressione.
  
di Lamberto Colla Parma  3 novembre 2019 -

L’elegante pochette a 5 punte di Giuseppe Conte non è stata sufficiente a mascherare l’incomprensibile caduta di stile del premier, all’indomani della batosta elettorale umbra.

Vero che essere stato immortalato gaudente con altri 4 leader della compagine di Governo, assente il solo volpone di Matteo Renzi, alla vigilia delle elezioni e poi uscire sconfitti con un distacco abissale dal nemico numero 1 è certamente cosa difficile da digerire.

Nemmeno un sentimento di pena verso una regione profondamente ferita dal terremoto è riuscito a avere il sopravvento sull’orgoglio personale.

“Il Bel Tacer non fu mai scritto”

Ma quello che balza agli occhi è che l’affermazione riguardante la poca consistenza della regione umbra, paragonata alla provincia di Lecce (con una sola affermazione Conte è riuscito a fare imbufalire umbri e leccesi), è stata pronunciata da chi non è stato eletto dal popolo, infatti non è parlamentare, e ha ricevuto la benedizione di soli 90.000 affiliati alla Piattaforma Rousseau.

Tutto questo è solo l’inizio. La campagna di insulti e di sgangherate accuse di fascismo, antisemitismo e razzismo saranno il leitmotive della politica e dell’antipolitica dei prossimi mesi e forse dei prossimi anni, almeno sino a quando si tornerà a votare, dopodiché torneranno a armarsi le magistrature alimentando un loop infinto di “non governo” del paese.

L’avvio della campagna elettorale per le votazioni regionali in Emilia Romagna è stato il primo test.

A Parma, alla immensa folla che ha riempito il centro storico per l’arrivo di Matteo Salvini si è contrapposta la lettura, totalmente distorta, dei leader locali di sinistra i quali, probabilmente accordati sulle dichiarazioni, hanno tentato di far credere che la “piazza” era colma di gente seduta al bar in occasione della vigilia della festività degli ognissanti (peccato che le immagini fossero eloquenti) e lo speaker accusato di frottole e di non conoscere la regione e quindi di “parlare allo pancia della gente”.

Chissà quale delitto sia parlare alla pancia della gente, solleticare l’attenzione di chi ascolta parlando dei loro problemi e promettendo di risolverli.

Salvini fa quello che fanno tutti i leader di partito con l’unica differenza che lo sa fare molto meglio.

Attenzione che il giudizio appena espresso è limitato alla dialettica elettorale e non alla messa in opera delle promesse elettorali, per loro natura “politica”, e ogni volta “impossibili da realizzare per colpa dei governi precedenti”.

Quindi, senza dover necessariamente essere dei patentati veggenti assisteremo ben presto ad armarsi gli squadroni di sinistra, mettere a ferro e fuoco le città, lanciati a spron battuto dai loro idoli parlamentari, che ogni tre per due daranno del fascista, del razzista, dell’antisemita e chi più ne ha più ne metta, a chiunque non sarà d’accordo con le loro “verità assolute”.

Il fascismo antifascista è quindi pronto a scendere in campo contro i nemici fascisti, razzisti e antisemiti

Una prima avvisaglia si è potuta registrare a Parma con l’elegante striscione che contava i “49 milioni di vaffanculo” destinati all’ex Ministro dell’interno.

Ma il peggio non tarderà a arrivare. Abbiamo visto quello che è accaduto in febbraio del 2018 quando tra Macerata, Piacenza e Modena, si è assistito al peggio che si potesse udire e vedere, senza che i leader della sinistra muovessero un dito per frenare i facinorosi o si dissociassero dai cori ignobili contro i martiri delle “Foibe”.

Mentre i condottieri rivoluzionari e radical chic, dal loro rifugio di Capalbio, lanceranno i loro armigeri (spesso figli di papà) all’assalto dei “fasci” fantasma (In guerra un nemico bisogna averlo e se non c’è occorre inventarlo), nessuno penserà a governare l’Italia, tanto ormai la linea con Bruxelles è connessa e non ci sarà più la necessità di pensare, qui si potrà liberamente combattere per le poltrone che conteranno sempre meno ma regaleranno un reddito migliore di quello di cittadinanza.


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L'agroalimentare e il turismo potrebbero rappresentare la miscela esplosiva per un rilancio dell'Italia che abbia origine addirittura dal tanto vituperato mezzogiorno.

di Lamberto Colla Parma 14 aprile 2019 -

Quando si parla di mezzogiorno il collegamento corre immediatamente al degrado, al le mafie e allo sfruttamento degli extracomunitari, quel fenomeno disgustoso etichettato, a ragione, la nuova schiavitù.

Ma a ben guardare, le mafie e lo sfruttamento lavorativo sono ben radicati anche al Nord, con la differenza che ancora sono fenomeni di cui si ha paura a parlarne ed il processo "AEMILIA" ne è l'esempio più eclatante e comunque è solo la punta dell'iceberg di una infiltrazione mafiosa, quella dei colletti bianchi, che ha contagiato buona parte del sistema economico del Centro Nord.

Per fortuna invece il Sud d'Italia ha anche notevoli risorse, per lo più inespresse, che potrebbero essere riattivate per dare vigore al processo di rilancio economico del mezzogiorno.

Una straordinaria, quanto inattesa conferma proviene dal sistema agroalimentare grazie a una analisi fornita dall'ISMEA e presentata, nei giorni scorsi, a Parma.

IMG_2792.jpgA Cibus Connect è stato infatti presentato uno studio dell'Ismea, per voce del Direttore Generale Raffaele Borriello, concentrato sule aziende agroalimentari dove si evince che queste hanno vinto, in termini quantitativi e qualitativi, la sfida con le imprese del centro nord.

"C'è una cosa che al Sud cresce più che al Nord: il fatturato delle industrie alimentari. - sottolinea Raffaele Borriello - È quanto emerge dallo studio realizzato dall'Ismea in collaborazione con Fiera di Parma e Federalimentare prendendo in analisi 1.526 imprese alimentari dotate di bilancio e fatturato superiore a 10 milioni di euro. Dal rapporto emerge che, sebbene solo il 23% delle aziende medio-grandi si collochi nel Mezzogiorno (dove prevale una presenza ancora massiccia di imprese medio-piccole), negli ultimi tre anni il fatturato dell'industria alimentare è cresciuto di più nelle imprese meridionali (+5,4%) che in quelle del Centro-Nord (+4,4%)".

Numeri straordinari che finalmente riabilitano un Sud spesso troppo contestato e ancor più spesso mal sostenuto, dove le immense risorse economiche, destinate alle imprese o al welfare, sono state disperse e comunque non hanno raggiunto i destinatari ai quali erano indirizzate.

E' ora di cambiare! Oggi che il Sud e il Nord non sono più distinguibili, ahimè, per il fenomeno mafioso si rende necessario imprimere una svolta sostenendo lo sviluppo e contrastando con maggior fermezza l'illegalità per garantire una corretta competitività tra imprese.

Tra le prime cose da fare è imprimere una drastica svolta agli investimenti per grandi opere infrastrutturali di cui il SUD è praticamente privo..

Una conferma viene anche dall'intervento, svolto nella medesima occasione di Cibus Connect, di Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti nazionale e "figlio d'arte" (Giovanni Prandini fu Ministro della Marina Mercantile e dei Lavori Pubblici), che commentava come la filiera alimentare sia troppo frammentata e necessiti di accordi di cooperazione ed unità nella promozione dei prodotti e infine, citando appunto il padre, siano necessarie tutte quelle opere intermodali di cui il Paese è fortemente deficitario.

L'agroalimentare dl Sud quindi è una risorsa ormai accertata sulla quale è lecito e urgente investire.

Figuriamoci se ulteriori risorse venissero destinate a quell'immenso patrimonio artistico e naturalistico di cui il mezzogiorno dispone.
Non ce ne sarebbe più per nessuno e il turismo potrebbe diventare il "petrolio" del Sud.

L'esempio di Matera dovrebbe dare forza e coraggio ai nostri politici per scommettere su questo settore. La "Città dei Sassi" dal 2010 al 2017 ha incrementato del 176% l'accoglienza turistica e Napoli, nello stesso periodo, del 91%.

Numeri che devono far riflettere e essere da stimolo per avviare un possente e rigoroso progetto di rilancio del Sud che parta proprio dall'agroalimentare e dal turismo, anche in combinazione sinergica.

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Domenica, 07 Aprile 2019 06:53

70 anni della NATO festeggiati in sordina.

I 70 anni della NATO declassati da Trump a incontro tra ministri degli esteri. Come è cambiato il mondo in questi ultimi 20 anni. Nel 1999 c'erano i capi di stato e di Governo e per noi un Massimo D'Alema con i baffi neri.

di Lamberto Colla Parma 7 aprile 2019 -

Non c'è che dire, gli scenari geopolitici si sono talmente modificati nell'ultimo ventennio da mettere in dubbio persino la sopravvivenza della Alleanza Atlantica che lo scorso 4 aprile avrebbe dovuto festeggia, in pompa magna, i 70 anni.

L'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (North Atlantic Treaty Organization - NATO) è quell'organizzazione internazionale di difesa, di cui fanno parte 30 Paesi, che venne istituita nell'immediato dopoguerra (4 aprile 1949) per la difesa dei Paesi membri dall'aggressione esterna.

Un po' di storia
Il Patto Atlantico ha avuto origine dalla percezione che il mondo occidentale, da poco uscito dalla crisi della seconda guerra mondiale, iniziasse ad avere frizioni e contrasti con l'altro vincitore dell'ultimo conflitto mondiale, la Unione Sovietica e i suoi Paesi satelliti.
Iniziava a diffondersi l'idea che l'Unione Sovietica, non paga della suddivisione territoriale post bellica, intendesse "conquistare" il mondo con la ideologia comunista. Una campagna di sensibilizzazione ben orchestrata dagli USA che in breve divenne un punto fondamentale della opinione pubblica.

La Guerra Fredda iniziava quindi a mostrare i primi segnali di tensione che sfociarono con l'assedio di Berlino a opera dell'Unione Sovietica il 24 giugno 1948 tanto da indurre gli alleati a istituire il più grande intervento di soccorso a una popolazione, istituendo un ponte aereo con Berlino durato ben 462 giorni. All'apice dell'operazione vennero effettuati oltre 1300 voli al giorno su Berlino trasportando ogni tipo di genere, dall'alimentare al carbone da riscaldamento. Infine l'Unione Sovietica tolse l'assedio il 12 maggio 1949 ma l'operazione di soccorso continuò sino a settembre al fine di organizzare sufficienti scorte per la popolazione utili a sostenere un eventuale secondo blocco che Mosca avesse voluto istituire.

BerlinerBlockadeLuftwege.pngLa vicenda dell'assedio" a Berlino Ovest, fu dirompente per l'opinione pubblica occidentale e favorì la decisione di istituire un'Alleanza del mondo occidentale contro minaccia sovietica.

Il concetto unificatore di questa nuova "Alleanza" era quello della "difesa collettiva", riportato nell'art. 5, che recita: "Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America Settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area Nord Atlantica".

Il 6 maggio 1955, all'indomani dell'ingresso della Germania Ovest all'interno della NATO, venne ufficializzata la costituzione del Patto di Varsavia (alleanza tra gli Stati "amici" dell'Unione Sovietica), concepito e sottoscritto nel 1950 da Nikita Chruščëv in contrapposizione alla costituzione del Patto Atlantico.

Quel 6 maggio 1955 segnò una nuova era in grado di tenere in scacco il mondo intero ben nota come "Guerra Fredda" e il Muro di Berlino (13 agosto 1961 - 9 novembre 1989) ne fu il simbolo per eccellenza.

Con la caduta del Muro di Berlino però, le mire "espansionistiche" della Nato si fecero sempre più imprudenti nel tentativo, peraltro riuscito, di attrarre a sé i Paesi che erano della ex URSS sino a quando non arrivò a infastidire troppo lo "zar" Putin con l'annessione dell'Ucraina (La NATO era tropo vicina ia confini russi) e la conseguente reazione nei confronti dell'Ucraina stessa per la restituzione della Crimea alla Russia.

Conclusione
Crollate le iniziali motivazioni che istituirono la contrapposizione est/ovest, con la salita al potere economico internazionale della Cina e ancor prima della Russia stessa, e dopo la primavera araba che ha dato vita all'ISIS e a un terrorismo internazionale "terzo" rispetto a i due tradizionali fronti, ecco che la stessa NATO sta per essere messa in discussione.
E le celebrazioni in totale sordina del 70esimo ne sono la conferma. Ben diverso il clima del 50esimo (4 aprile 1999) anniversario quando a Washington si riversarono tutti i primi ministri o capi di stato dell'alleanza, oggi invece "declassato" a vertice tra ministri degli esteri.

Dall'UE alla NATO è in corso un processo di revisione epocale che coinvolge tutto il mondo occidentale. Il sospetto però è che la qualità delle menti non sia paragonabile con quelle di 70 anni fa.

 

Leggi anche

https://www.gazzettadellemilia.it/politica/item/14092-verso-il-disordine-universale.html 
https://www.gazzettadellemilia.it/cronaca/item/10158-russia,-venti-guerra,-non-solo-fredda.html 

 

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Molte sono state le dichiarazioni di soddisfazione per l'approvazione della direttiva europea riguardo la tutela del diritto d'autore, ma il percorso per vedere applicata la norma è ancora lungo e gli ultimi buoi faranno in tempo a scappare dalla stalla lasciata aperta "colpevolmente".

di Lamberto Colla Parma 31 marzo 2019 -

Ebbene sì, partiamo dall'ultima affermazione, "la stalla lasciata aperta colpevolmente".

Autori e editori, di ogni categoria professionale e artistica, erano, in un passato ormai remoto, molto soddisfatti dell'aiutino che derivava al loro business da queste strane "piattaforme", d'origine prevalentemente statunitense, che senza nulla chiedere consentivano di divulgare il loro prodotto.

La carta stampata tirava, i dischi dal vinile passarono al cd e poi dvd quando le case discografiche iniziarono a associare storielle alla canzone, e i prodotti primari incrementavano le vendite o la popolarità in altre fasce demografiche.

Grazie a queste nuove tecnologie, piattaforme aggregatrici (Wikipedia, e Youtube ad esempio) ai motori di ricerca (Google ad esempio) e infine ai social media (Facebook ecc...), il lancio dei dischi e la campagna di promozione riceveva sostanziosi aiuti senza intaccare il portafoglio così come pure i quotidiani potevano anticipare le notizie che il lettore avrebbe trovato il giorno seguente sui sui affezionati giornali freschi di stampa.

Il business dell'hardware tirava e, grazie a queste strane attrezzature digitali che si muovevano nel mondo sommerso di internet, gli affari prosperavano senza la necessità di ampliare il budget della comunicazione.

Uno sfruttamento che sembrava una manna dal cielo sino a quando ci si accorse che quegli strumenti tanto stupidi non erano e avevano iniziato a diventare i punti di riferimento del consumatore di informazioni, di musica e di libri ben oltre l'immaginazione e puntavano a competere o addirittura a sostituirsi ai negozi di musica, alle librerie e alle edicole.

Nonostante tutto, la miopia dei nostri industriali del settore si faceva sempre più grave e, per quanto i ricavi cominciassero a crollare, nessuno pensò a qualche strada alternativa da percorrere , magari investendo in tecnologie analoghe ma di fattura nazionale.

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Niente di tutto questo!
Si preferì fare aumenti di capitali alle testate giornalistiche piuttosto che investire nel nuovo.

E così i nuovi costumi presero il sopravvento. Quello che siano a pochissimi anni fa era lo status symbol per eccellenza, ovvero i tre quotidiani (due rosa e un locale) sotto l'ascella, è stato sostituito dallo smartphone di ultima generazione capace di far leggere, ascoltare musica, guardare video e Tv in qualsiasi ora e senza lasciare macchie di stampa sui polpastrelli.

Ora che i buoi sono scappati e i giornali sono a meno di un terzo di lettori e il mondo musicale tradizionale sta per venire travolto dai musicisti underground nati e cresciuti nel sommerso mondo del web (da Achille Lauro a Sfera Ebbasta e al circuito dei trapper ad esempio) ecco che ci si sveglia e si decide che è ora di far pagare i contenuti che sino a ieri venivano offerti gratuiti pensando di averne un giovamento eterno.

Comunque, anche questa è solo propaganda!
Intanto perché dalla direttiva approvata dal Parlamento Europeo lo scorso 26 marzo, necessita della approvazione della identica proposta da parte del Consiglio Europeo (l'organo di rappresentanza degli Stati membri) e infine i singoli Stati, tra cui anche l'Italia, avranno due anni di tempo per recepire la direttiva, decidendo la strada da percorrere per raggiungere gli obiettivi che questa fissa. Insomma un percorso lungo quasi tre anni per arrivare all'applicazione della tanto decantata direttiva sul "Copyright", che, per i tempi dell'era digitale, sono una eternità.

Durante questi tre anni i "mostri" del web pian piano aumenteranno i prezzi di advertising e di accesso alle loro piattaforme incrementando ancor più il loro tornaconto a scapito del portafoglio degli autori e editori più piccoli che si vedranno costretti a limitare la loro visibilità a scapito della libertà di espressione.

Perciò, quando la direttiva entrerà in vigore il mondo sarà totalmente cambiato e la norma entrerà direttamente, senza passare dal "Via", nel cassetto dei ricordi inutili di questa Europa che non vuole modernizzarsi.

La morale: a fare i furbetti non sempre, anzi quasi mai, ci si guadagna... a lungo!

 

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L'Unione Europea teme che l'Italia diventi il "Cavallo di Troia" per l'invasione gialla. Dalla linea ferroviaria Zhengzhou -Amburgo (Germania) nessuna preoccupazione invece? E no, sulla Germania non si può!

di Lamberto Colla Parma 24 marzo 2019 -

L'Italia, come al solito, non ne fa una giusta, soprattutto quando pensa per sé stessa e non per la comunità.

Sino a ieri ci si raccontava la favola che il turismo (uno dei 19 accordi sottoscritti per un totale di 20 miliardi) potrebbe essere il "petrolio" dell'Italia e oggi, grazie al memorandum sottoscritto tra Italia e Cina, che potrebbe diventare una realtà, non va più bene. Chissà cosa potrà mai nascondere l'accordo Italia Cina di tanto pericoloso!

italia-cina-flags.jpgIntanto è da apprezzare la trasparenza. E' lo stesso presidente Xi Jinping che si è mosso per porre la firma a un memorandum che regolerà gli scambi e le acquisizioni. Un accordo che ovviamente prevede che l'Italia possa giocare la Golden Share nel caso in cui venisse compromesso il controllo nazionale su imprese e siti considerati di interesse strategico.

Ma non basta, e allora i nostri cari alleati e i loro fiduciari in Italia, sempre attenti a che l'Italia non cresca troppo rapidamente, ecco che scendono in campo con una ipotesi di Super Golden Power europea per bloccare la "Belt and Road Initiative" cinese, ovvero il programma infrastrutturale che i cinesi stanno "esportando" dal 2013 un po' in tutto il mondo, a partire dal continente africano, per arrivare ai paesi dell'est europa e ora, compiendo un notevole salto di qualità, sottoscrivendo un'intesa con il primo governo appartenente ai G7, l'Italia appunto.

Di questo piano infrastrutturale così pericoloso non si discusse quando venne progettata e infine inaugurata la linea ferroviaria più lunga al mondo che copriva la distanza commerciale tra Zhengzhou e guarda caso, Amburgo, un "paesino" della Germania, in soli 15 giorni.
Obiettivo, era il 2013, consisteva nel colmare la distanza di oltre 10.200 chilometri che separa le due città in 15 giorni con collegamenti periodici (la metà del tempo navale). Un flusso inesorabile di merci che dalla Cina approdano nel cuore dell'Europa. Ma lì tutti zitti, era coinvolta la DB Schenker, divisione Trasporti e Logistica di Deutsche Bahn (ferrovie tedesche), e... sulla Germania non si può!

D'altro canto la Germania è il più importante partner commerciale europeo e mondiale con la Cina per un valore di interscambio di 170 miliardi di euro nel 2017, contro 167 della Francia e 165 degli Usa. I 40 attuali di Italia sono una vera miseria, ma Junker, Macron e Merkel hanno avuto il coraggio di affermare che la Cina è un concorrente con il quale "non possiamo costruire qualcosa di stabile". Così, In tutta risposta al bilaterale Roma - Pechino, a dimostrazione che l'UE vuol dire Francia e Germania con l'assist della Commissione UE, mercoledi il triumvirato ha invitato Xi Jinping a Parigi per un incontro, 15 giorni in anticipo sul vertice UE/Cina del 9 aprile e subito a ridosso del vertice Italia Cina appena concluso, per riaffermare l'asse di ferro Parigi-Berlino.

I soliti splendidi alleati. Loro possono intervenire in Libia bombardando senza alcuna autorizzazione preventiva dell'ONU, pur di prendere i nostri contratti petroliferi, mentre noi non possiamo fare nulla senza il visto della UE.

 

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(foto di copertina: Great Wall of China near Jinshanling - Jakub Hałun - 29 may 2009)

 

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Sono trascorsi quasi 3 anni, qualche Governo e tre Commissari Straordinari per la ricostruzione, ma il tempo nelle zone terremotate del centro Italia sembra si sia fermato a quel terribile 24 agosto 2016. Vi raccontiamo com'é la situazione oggi, fra desolazione e persone forti che sperano nel futuro.

Testo di Lamberto Colla, foto di Francesca Bocchia

24 agosto 2016 ore 3,36, una scossa di magnitudo 6.0 ha dato inizio a una lunghissima, interminabile, sequenza sismica che dalla valle del Tronto si è estesa prendendo parte delle Marche, del Lazio e dell'Abruzzo. 299 le vittime che non potranno più raccontare la loro disavventura, ma migliaia le vittime che dopo 930 giorni continuano a vivere e a rivivere quel tragico inizio, non potendo riscontrare miglioramenti nel paesaggio delle macerie.

Nei giorni in cui si parla tanto di solidarietà "non concessa" a qualche decina di extracomunitari, prevalentemente profughi economici e non in fuga da zone di guerra, siamo andati a dare uno sguardo a quelle zone che sembrano essere state inghiottite da un buco nero e di cui quasi non si parla.

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Tra l'altro parlare di "Buco nero" non è così lontano dalla realtà. E' infatti di poche ore fa la divulgazione della notizia che ci sarebbe una sorta di volume fantasma sotto la faglia del sisma in Italia centrale. Come una fisarmonica, potrebbe aver "creato lo spazio" per accogliere tutto il volume di roccia che si è abbassato durante la sequenza sismica. E' l'ipotesi dei ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) pubblicata sulla rivista Scientific Reports. Una teoria nata dalla valutazione che la massa sprofondata è ben 7,5 volte il volume di quella che si è spostata verso l'alto.

Un aspetto per certi versi affascinante seppure altamente inquietante che dimostra come il nostro Centro Italia sia particolarmente fragile e esposto a altri fenomeni sismici di elevata violenza.

Nonostante la pericolosità della zona e la desolazione circostante la popolazione vuole assolutamente rifondare le radici dove sono nate e cresciute. Un esempio è la testimonianza che abbiamo raccolto in Amatrice. Alessio Bucci è gestore del tempio dell'amatriciana, quell'Hotel Roma il cui crollo è diventato il simbolo della tragedia che ha colpito il centro Italia quel fatidico 24 agosto 2016.

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Alessio Bucci - "Hotel Roma"

"L'attività ha ripreso (nell'area FOOD di Amatrice sotto l'insegna "Ristorante Roma" ndr), - ci segnala Alessio Bucci - ovviamente non come prima (l'ospitalità alberghiera non è ripresa ovviamente - ndr) però la gente nella parte del ristorante viene. Chi lavora poco sono i commercianti giù. Le seconde case non ci sono e non c'è la gente che c'era prima".

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Mostra tranquillità ma negli occhi di Alessio si legge ancora il terrore e la paura trascorsa. Ciò nonostante parla del futuro, pur nella convinzione che non sarà roseo, tutt'altro.

"Le difficoltà rimangono e qui - prosegue Alessio Bucci - la ricostruzione è lentissima, più che lenta non c'è proprio. Io non vedo niente. Sono passati quasi tre anni e son bloccate persino le costruzioni dei marciapiedi delle casette di legno. Purtroppo penso che questa non sia la situazione definitiva, ma poco ci manca. Credo che fuori dalla zona rossa di Amatrice cominceranno a ricostruire prima o poi, ma all'interno dell'area passeranno 10 anni o forse più."

Osservando la forza e determinazione di Alessio e di tutti i familiari è venuto spontaneo interrogare sui suoi ricordi di quel tragico giorno, per poi pentirci immediatamente nel timore di avere toccato un nervo scoperto.

"Cosa ricordo? Ricordo tutto. - risponde con grande dignità il gestore del Ristorante Roma - E' crollato tutto e son rimasto sotto. Stavamo vicini io e mia moglie. O qualcuno mi salvava o ero finito lì. Per fortuna siamo una famiglia molto unita e molto attaccati l'uno agli altri e questo ci ha dato la forza di ricominciare".

E di forza ce ne vuole tanta per ricominciare, soprattutto per chi è rimasto sepolto sotto le macerie della propria attività, dove, sotto alle stesse macerie sono perite 6 persone e molte alte furono graziate dal fatto che l'Hotel ha resistito alla prima scossa consentendo alla maggioranza degli ospiti di riuscire a mettersi in salvo.

Alessio Bucci, dopo oltre 40 giorni d'ospedale, ha trovato la forza di reagire e, anche grazie alle donazioni degli Italiani, è riuscito, insieme a altri 5 ristoratori, a riaprire seppure parzialmente l'attività, cercando di domare il dolore fisico e psichico.

Alessio, così come il suo Hotel Roma e Amatrice stessa, sono diventati un simbolo, un modo per sintetizzare e ricordare una tragedia ampia e estesa che dopo tre anni sembra congelata a quel tragico 24 agosto 2016.

930 giorni sono trascorsi, qualche Governo e tre Commissari Straordinari per la ricostruzione si sono succeduti, ma tutto sembra fermo a quel giorno dell'estate 2016 così come pure le promesse non hanno avuto alcun seguito concreto.

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Prima è stato Vasco Errani, ex presidente della Regione Emilia Romagna e già Commissario per il terremoto di Modena e dintorni, a assumere l'incarico di Commissario Straordinario per la Ricostruzione del sisma 2016. Sembrava una garanzia! L'efficienza emiliana traslocata in centro Italia però non ha sortito effetti. Alla fine, dopo avere addirittura aperto una pesante polemica con il "suo" governo, ha lasciato l'incarico e poi anche il PD andandosi a schierare con una serie di notabili dissidenti del partito di sinistra.

"Non c'è dubbio che abbiamo avuto quattro terremoti, - è il commento di Vasco Errani e ripreso in esclusiva video da "Panorama" il 15 febbraio 2017 in occasione di un incontro con i Sindaci delle zone terremotate ad Ancona - la dimensione è stratosferica, ma tutto ciò non risolve il fatto che non riusciamo ad andare avanti su alcune cose... Non esiste il fatto che per cominciare a fare le casette, che non è cio che devo fare io, che si attenda il fatto di avere il fabbisogno definitivo di tutte le casette. Non esiste. Non esiste che per fare le stalle bisogna metterci tutto questo tempo. Non esiste. Non esiste...". Insomma molto sconsolato Errani riconosce il fallimento dello Stato, che lui stesso rappresenta, nella gestione delle fasi successive alle terribili scosse che hanno messo in ginocchio diversi paesi di Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio.

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Poi venne la volta della piacentina e "renziana di ferro" Paola De Micheli, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 23 settembre 2017 al 1º giugno 2018. Una prezzemolina del tubo catodico pronta, ogni due per tre, a intervenire in ogni talk show per discutere e difendere l'operato del premier di sinistra di turno. Una "passionaria" combattiva che dopo la nomina a Commissario Straordinario, in sostituzione di Errani, è scomparsa da ogni media. Nemmeno una citazione in qualche giornale parrocchiale. Sparita come è scomparsa la ricostruzione.

Infine arrivò anche la nomina dal governo "giallo verde". Lo scorso 5 ottobre il Consiglio dei Ministri nominò il geologo, presidente dell'ordine delle Marche e professore universitario, il 58enne Piero Farabollini. A darne notizia fu lo stesso vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio: "Piero Farabollini è il nuovo commissario straordinario per il terremoto. Lo abbiamo nominato al Consiglio dei Ministri e voglio per prima cosa fargli i migliori auguri perché ora ha davanti a sé tante responsabilità e un compito che non è facile, ma può contare sul sostegno assoluto del governo".

Una nomina che se non fosse per la proroga all'incarico pubblicata lo scorso 10 gennaio, del "Commissario professore" non ci sarebbe praticamente traccia nelle cronache dei giornali.

Intanto i giorni trascorrono inesorabili, gli inverni rigidi continuano a alternarsi a estati soffocanti e molti, quasi tutti, continuano a vivere nelle roulotte o nelle casette sgangherate.

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E' inquietante osservare come le macerie siano ancora tutte lì, a Amatrice, a Castelluccio (zone del nostro servizio fotografico) come a Accumoli e in tutte le località colpite e ancora con la ferita totalmente aperta.

Il nostro servizio in zona (foto di Francesca Bocchia) testimonia il livello di distruzione delle cose fisiche, più difficile immaginare il tasso di isolamento e rammarico delle persone che, con tenacia e volontà, tentano di ricostruirsi una vita e una dignità nel totale isolamento.

Prima che il "Buco nero" inghiottisca il Centro Italia fissiamo queste istantanee di Francesca Bocchia e preghiamo che qualcuno finalmente si prenda a cuore il caso. Donne, uomini, bambini e anziani obbligati a vivere il terremoto tutti i giorni da quasi tre anni senza intravedere un futuro migliore.

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Foreportage realizzato a fine febbraio

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Forza al lavoro. Una opposizione intelligente e collaborativa sarebbe indispensabile a quest'Italia senza idee. Speriamo che "voltiamo pagina" non resti solo uno slogan.

di Lamberto Colla Parma 08 marzo 2019 -

Finalmente è stato eletto il nuovo portabandiera del PD. Un evento, quello delle primarie, che altro non è che un modo per attrarre l'attenzione mediatica su di un partito che, se non avesse una pseudo dialettica interna, almeno nelle occasioni delle primarie, desterebbe interesse pubblico prossimo allo zero.

Meglio di Sanremo. Se per l'evento canoro sono state soprattutto i canali RAI a occuparsene, per le primarie del PD tutti i canali se ne sono interessati come se fosse una gara elettorale al punto che, forse per un certo momento, lo stesso Zingaretti ha creduto di essere diventato premier.

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"...sono numeri che Matteo Salvini si sogna..." è stato il commento entusiasta del presidente del PIDDI Matteo Orfini, all'indomani del risultato "pseudo elettorale" che ha visto alternarsi 1,5 milioni di sostenitori ai gazebo sparsi in tutta Italia.

La cosa buffa è che mentre i tre candidati si alternavano su tutti palcoscenici dei talk show contribuendo a dare visibilità a un partito quasi devastato, Matteo Salvini cresceva nei sondaggi e con il Centro destra andava alla conquista delle prime regioni.
Mentre Salvini guadagna consenso, nonostante sia al Governo e venga insultato quotidianamente, piuttosto che inquisito o insignito delle più grandi malefatte, il PD si esalta della partecipazione, meno nutrita della storia delle primarie.

Furbescamente, alla vigilia dell'evento, i candidati si erano preoccupati di dichiarare che sarebbe stato un successo se si fossero presentati ai "pseudo-seggi" un milione edi persone, praticamente meno di 1/3 di quelli che andarono alla prima edizione.
Infatti, nel 2007, quando nacque il partito e fu eletto segretario Walter Veltroni, votarono 3,5 milioni di persone; nel 2009, quando vinse Pier Luigi Bersani, i votanti furono 3,1 milioni (stesso numero per le primarie di coalizione che si tennero nel 2012); furono 2,8 milioni nel 2013, e 1,8 milioni di voti nel 2017, quando Renzi vinse di nuovo.

Insomma, alla fine è stato un ottimo evento mediatico, ma che non venga promosso come un esercizio di democrazia da imitare, come vorrebbero far credere.

Innanzitutto i controlli ai pseudo seggi non sono né codificati e nemmeno certificati e i "due euro" necessari per partecipare alle spese sono senz'altro utili alla causa ma di cattivo gusto e per certi versi discriminanti.

"Oggi è avvenuto, - è il commento del neo segretario Zingaretti - come noi avevamo auspicato, un grande fatto politico: non sono state solo le primarie del Partito Democratico, sono state le primarie per l'Italia. E questo è un fatto molto importante che riaccende una grande speranza per il futuro. Una marea di persone, centinaia di migliaia di persone, anche fuori di noi, si sono fidate di noi. E noi saremo degni di questa fiducia, faremo di tutto per esserne degni, perché quanto è avvenuto conferma che noi queste primarie, questa scelta di democrazia è diventata per tante e per tanti la scelta più generale di difesa di un futuro migliore possibile. Io penso ai delusi, a coloro che non sono andati a votare un anno fa e che oggi erano in fila ai gazebo, a quelli che si sono allontanati.".

Comprensibili gli entusiasmi ma dichiarare che quelli che nel 2017 non si erano presentati perché delusi e domenica scorsa invece erano in fila è una affermazione un po' esagerato considerando che il flusso era inferiore o tutt'al più uguale alle ultime elezioni renziane.

La propaganda è finita! E' ora di lavorare e fare sul serio.

Quindi, passi il titolo di studio di Zingaretti che dovrebbe essere del medesimo livello della Ministra Fedeli, è venuto il tempo di scalare gli elettori, quelli veri che il PD per ora ha perduto ma che molti nostalgici che vorrebbero rientrare in un partito carico d'orgoglio e dignità.

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Un mondo sempre più interconnesso offre il fianco a sempre maggiori rischi di cyber attacchi. Secondo la relazione dei servizi nel corso del 2018 le aggressioni cibernetiche sono quintuplicate

di Lamberto Colla Parma 3 marzo 2019 -

Erano i primi giorni di novembre 2017 quando mezza europa andò in "Down". Il più grande server europeo "OVH", ufficialmente a causa di una serie di guasti in contemporanea ma non in relazioni tra essi, andò in crisi spegnendo milioni di siti, anche molto importanti, e caselle mail in tutto il mondo, Italia compresa. Il nostro giornale venne risparmiato ma non altrettanto bene andò la scorsa settimana quando un attacco hacker prese di mira Host.it (probabilmente il più grande host nazionale) e questa volta mettendo in crisi anche la nostra testata per diversi giorni.

Non passa giorno che la Polizia Postale non metta un avviso di porre attenzione a certi inviti commerciali di assoluta convenienza che invece nascondono frodi telematiche, dai furti di identità a ricatti telematici.

Ma la sicurezza nazionale, internazionale e la democrazia, quella con la "D" maiuscola e non ovviamente quella a stelle e strisce "esportata" dai "Bush", sono e saranno sempre più sottoposti a attacchi di qualsiasi natura: terrorismo, furti e brevetti industriali e tecnologici.

Insomma quello che pareva essere la soluzione di tutti i nostri problemi, che avrebbe messo in sicurezza i nostri più reconditi segreti, l'elettronica che nella declinazione "domotica" avrebbe consentito di accendere il forno di casa mentre stiamo ancora rientrando in treno, piuttosto che agevolare i contatti con il resto del mondo senza dover lasciare il salotto di casa, si sta rivelando molto più vulnerabile dell'immaginazione.

Ormai la sfida tra le super potenze si confrontano, oltre che sul nucleare, anche sulle telecomunicazioni, i veri contenitori dei dati di tutto il mondo e si sa, l'informazione è potere.

Se si analizzano nello specifico i campi d'azione dell'intelligence, secondo il rapporto presentato lo scorso 28 febbraio, in relazione alla minaccia cyber, lo sforzo più significativo posto in essere, "ha riguardato il contrasto di campagne di spionaggio digitale, gran parte delle quali verosimilmente riconducibili a gruppi ostili strutturati, contigui ad apparati governativi o che da questi ultimi hanno ricevuto linee di indirizzo strategico e supporto finanziario".
Gli attacchi, spiega ancora il documento "hanno mirato, da un lato, a sottrarre informazioni relative ai principali dossier di sicurezza internazionale, e, dall'altro, a danneggiare i sistemi informatici di operatori, anche nazionali, attivi nello Oil&Gas, nonché quelli di esponenti del mondo accademico italiano, nell'ambito di una campagna globale mirante a profilare settori d'eccellenza di università e centri di ricerca". E "benché marginali in termini numerici (12%), le finalità di spionaggio hanno fatto registrare un considerevole aumento, specie in danno di assetti istituzionali ed industriali".

Benché il cyberterrorismo jhiadista sia limitato al 5% , con la sconfitta sul campo dell'ISIS i tanti foreign fighters (138 sono italiani) potrebbero trovare nuove occasioni d'aggressione attraverso la rete, sia per riorganizzarsi ma anche per sferrare attacchi ben più cruenti a istituzioni, imprese e impianti tecnologici, anche d'avanguardia.

La Cattura in Canada, su ordine degli USA, della vicepresidente di Huawei e figlia del fondatore del colosso delle telecomunicazioni cinesi, altro non è che la punta dell'iceberg della guerra che si sta consumando sull'alta velocità e la rete 5G di cui i cinesi sono all'avanguardia anche nella "colonizzazione territoriale mondiale".

I fronti di conflitto si moltiplicano e nel frattempo le economie sono tutte in declino, prossie alla recessione.

(Video intervento Presidente Conte e Direttore DIS Vecchione - https://youtu.be/WOsKkxUR6OA  ) Roma, 28/02/2019 - Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ed il Direttore Generale del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS), Gennaro Vecchione, intervengono alla presentazione pubblica della "Relazione sulla politica dell'informazione per la sicurezza".

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