Mercoledì, 30 Agosto 2023 11:50

Ancora tanti pregiudizi sulla storia coloniale italiana: perché? In evidenza

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Di Matteo Pio Impagnatiello Pilastro di Langhirano, 30 agosto 2023 - Nel dibattito pubblico e culturale stenta a prendere piede una disamina sulla storia del colonialismo italiano, scevra da pregiudizi.

Assistiamo ad eventuali accenni in tv solo per lasciare spazio all’indignazione per la faccenda della “sposa-bambina”, peraltro inventata, del giornalista Indro Montanelli. Rari sono anche i romanzi e i film per meglio comprendere quel periodo.

Ogni tanto il dibattito si infiamma sui social media, dove si contrappongono le due visioni: gli italiani che hanno portato sviluppo e progresso in Eritrea, Somalia, Libia ed Etiopia; oppure torna in auge la versione secondo cui gli italiani furono colpevoli di orrendi crimini contro le popolazioni conquistate. Nell’analisi storica nazionale il comprendere è stato rimpiazzato dal giudicare.

Dopo il secondo conflitto mondiale, alcuni studiosi si sono occupati dell’argomento, con pubblicazioni in cui le fonti, però, erano filtrate. Sono poche, infatti, le opere esaudienti e autentiche sul periodo coloniale. Il colonialismo italiano viene quasi relegato come un’appendice del fascismo.

Ma così non è. I periodi in cui può essere ripartito sono cinque, e solamente una parte minima ha a che fare con il Ventennio.

Scrive Alberto Alpozzi (studioso del periodo coloniale italiano) a tal proposito: “La Storia non si basa più sulla ricerca, sulle fonti, sugli archivi, sull’analisi critica e comparativa (Theodor Mommsen e Leopold von Ranke, i padri della storiografia moderna, si staranno rivoltando nella tomba), ma è divenuta banale marketing tesa a diffondere preconcetti consolidati dai pregiudizi, pur mancando una cultura specifica sull’argomento trattato. La Storia è stata trasformata in pettegolezzo oltre ogni decenza e serietà pur di completare un’opera integrale di denigrazione che non trova eguali in nessuna altra nazione”.

In realtà, non mancano storici che, navigando controcorrente, hanno svelato le menzogne raccontate per decenni sulla storia coloniale italiana. Come Alberto Alpozzi, ad esempio. Nei suoi vari saggi (“Bugie coloniali”, “Il faro di Mussolini”, “Viaggio nella Somalia italiana” sono solo alcuni dei titoli pubblicati) lo scrittore piemontese fornisce nuovi elementi di conoscenza e riflessione. Certo, nel tempo del “politicamente corretto” e del “pensiero unico”, scrivere di colonialismo risulta ancora molto difficile.

Sempre Alpozzi, che evidenzia: “…far credere all’individuo che fatti storici, limitati ed esauriti nel tempo, vecchi ormai quasi cento anni siano cagione di tutte le attuali disgrazie è l’ennesima manipolazione”.

Del colonialismo viene oltremodo dilatato ogni fatto negativo tramite una propaganda martellante. La promozione di pubblicazioni che piegano la Storia all’ideologia è assicurata dai mass media.  Chi osa discostarsi dal pensiero ufficiale dominante viene screditato e bollato con le solite etichette: “fascista, razzista”. Ciò vale sia per chi sostiene tesi diverse, sia per chi, più semplicemente, azzarda a porsi e porre delle domande o dubbi.

Cadono, invece, nell’oblio o vengono relegate a notizie “minori” quelle che divergono da una narrazione del colonialismo caratterizzata da cliché e falsi scoop.

Nel frattempo, alcuni anni fa - precisamente nel 2017 - Asmara, capitale dell’Eritrea, è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco: riconoscimento all’architettura ereditata dal periodo coloniale italiano.

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Nella Piccola Roma d’Africa, come Benito Mussolini amava chiamarla, gli architetti del periodo fascista l’abbellirono secondo lo stile razionalista del Ventennio, anche se reinterpretato. In Eritrea e ad Asmara furono realizzate opere di straordinaria creatività tutta italiana, come la pompa di benzina Fiat Tagliero, che divenne il simbolo della città.

Ecco una perla del colonialismo italiano salutata dal mondo intero, che rappresenta un sonoro schiaffo a coloro i quali, ancora oggi, provano a mistificare la Storia.

 

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