Lunedì, 16 Gennaio 2023 18:19

Miniere a Corchia In evidenza

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Comitato Difesa Cogena Manubiola” No miniere nella Food Valley”  - Comitato che raccoglie gli oppositori alla apertura di nuove miniere nel nostro Appennino

Parma, 16 gennaio 2023 - La richiesta di autorizzazione avanzata alla Regione Emilia Romagna da parte della società Energia Minerals srl - controllata dalla società australiana Alta Zinc (oggi Altamin) - di avviare ricerche minerarie su una zona di oltre 2000 ettari nelle valli del Manubiola e del Cogena nei Comuni di Berceto e Borgotaro con lo scopo di verificare se vi siano minerali potenzialmente estraibili, quali Rame, Zinco, Argento, Oro, Cobalto e altri, rischia di  cancellare definitivamente le possibilità di sviluppo turistico, ed economico, del territorio e di sprecare i milioni di euro di tasse dei cittadini e di contributi investiti nei decenni proprio allo scopo di valorizzare l’Appennino, il suo ambiente e le  persone che lo vivono  sia stabilmente che di passaggio.

E’ noto che la moderna attività di estrazione di minerali, in particolare quelli rari, comporta una movimentazione di enormi quantità di rocce e il loro trattamento viene effettuato con grandi quantità di acque additivate da pericolosissime sostanze chimiche.

Come purtroppo abbiamo potuto verificare in molti altri territori, i residui della lavorazione rendono inquinato l’ambiente circostante per oltre un secolo e la bonifica dei terreni richiederebbe un investimento molte volte superiore all’introito per la Regione, Ente gestore dell’area, dallo sfruttamento della miniera stessa.

E’ evidente quindi che tale attività estrattiva potrebbe pregiudicare l’alta qualità ambientale delle valli interessate - qualità peraltro riconosciuta anche a livello europeo(Sic Zps) – il cui valore sta dando finalmente buoni risultati sul piano dello sviluppo delle attività turistiche e di produzione agroalimentare “della Montagna”.

E’ chiaro anche che il rischio di inquinamento delle acque del Taro sarebbe reale e potrebbe comportare un effetto diretto su gran parte della pianura parmense, considerato che da un lato che le acque sono un elemento fondamentale per le produzioni agroalimentari della nostra provincia e che queste provengono in gran parte dal bacino del Taro, e dall’altro che 180.000 persone hanno nei loro rubinetti acqua potabile proveniente dal subalveo di Taro.

Ci aspettiamo già che i nostri rappresentanti del territorio in Regione tengano nella dovuta considerazione sia il gran numero di posti di lavoro potenzialmente messi a rischio in quella che viene oggi definita la Food Valley, sia la salute dei cittadini della zona interessata e del bacino del Taro.

Elementi che dovrebbero essere centrali nel valutare la richiesta avanzata della società Energia Minerals srl e finalizzata, ovviamente, alla verifica delle condizioni per l’apertura della miniera.

Qualora le nostre paure si rivelassero fondate, allora non ci sarebbe più niente da recuperare e, in particolare modo, niente più da sperare per il futuro del nostro territorio. Nessun turista verrebbe più a godersi la bellezza dei nostri sentieri, nessuno verrebbe più a gustare i nostri funghi, i nostri formaggi o il nostro miele.

Abbiamo apprezzato le numerose prese di posizione di tutte le istituzioni, a partire dal Presidente della Regione Stefano Bonaccini, delle forze politiche, sociali e ambientaliste, e di importanti settori dell’economia che hanno dichiarato la loro contrarietà alla apertura di nuove miniere e sottolineato la problematica in relazione alla ricerca mineraria.

Ci aspettiamo quindi di vedere da parte della Regione Emilia Romagna scelte coerenti sia con quanto dichiarato che con quanto investito e tracciato negli anni passati, in particolar modo a tutela delle zone classificate e tutelate dai Sic e Zps per le quali la decisione positiva della Regione creerebbe un grave vulnus e riaprirebbe la questione del significato e del senso dei Sic nella nostra montagna e non solo. Peraltro, la Valutazione d’Impatto Ambientale rilasciata dai Ministeri dell’Ambiente e Cultura evidenzia che è vietata la asportazione di materiale mineralogico, quindi anche ai fini di ricerca, salvo che la Regione elimini questo vincolo. Sarebbe grave che la Regione si assumesse questa responsabilità.

Viste tutte queste considerazioni, vorremmo sapere perché autorizzare una ricerca che, stando alle promesse, non avrà come conseguenza la concessione dello sfruttamento minerario successivo? Dobbiamo credere che questa azienda quotata in borsa spenda soldi e tempo solo per sapere cosa c’è sotto la nostra montagna?

Alla luce di queste considerazioni, chiediamo di poter incontrare, prima della decisione sulla concessione o meno del permesso di ricerca, l’Assessore Irene Priolo per illustrare la nostra posizione ed avere un confronto di merito alla richiesta di autorizzazione alla ricerca presentata.