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Politiche sull'acqua nel Nord Italia: Meuccio Berselli nominato dal Governo alla guida del nuovo distretto che accorpa le vecchie autorità di bacino e ne unisce le funzioni.

La nomina è arrivata dalla Presidenza del Consiglio su proposta del Ministro dell'Ambiente Galletti. La sede del nuovo Distretto resterà a Parma. Il saluto del Consorzio di Bonifica Parmense del presidente Spinazzi.

Parma – 23 Agosto 2017 - E' un emiliano e arriva dal mondo dei Consorzi di bonifica la nuova guida del più ampio Distretto idrografico italiano, quello padano, che con i suoi 71 mila km quadrati di estensione, è stato varato dal Governo nel dicembre 2016 dopo l'accorpamento delle diverse Autorità di bacino e che sovrintende e coordina le politiche dell'acqua nei territori sottesi all'influenza del fiume Po in numerose regioni italiane.

Il nome del nuovo Segretario Generale del Distretto è quello di Meuccio Berselli, 56enne, nato a Sorbolo nel parmense e residente proprio sulle rive del Po a Mezzani paese di cui è stato anche sindaco per due legislature dal 1999 al 2009. Geologo di professione, fino ad oggi è stato impegnato nella direzione del Consorzio di Bonifica Parmense associato ad ANBI Emilia Romagna.

Laureato in Scienze Geologiche all'Università di Parma, Berselli è esperto di idrologia, geologia applicata, geotecnica, bonifica, bonifica dei siti inquinati e recentemente ha ideato e poi realizzato alcuni importanti progetti ispirati alla salvaguardia del territorio e alla mitigazione del progressivo fenomeno del dissesto idrogeologico (SOS Bonifica e Difesa Attiva Appennino). Scelto tra numerose professionalità di alto livello del settore delle politiche ambientali il suo nome è stato proposto alla Presidenza del Consiglio dal Ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti e il Governo ha poi controfirmato l'atto ufficiale per la sua nomina come primo Segretario Generale del nuovo distretto padano.

L'ufficialità del nuovo rilevante incarico - che proietta un parmigiano in una funzione di prestigio e soprattutto strategica e fondamentale per la gestione degli equilibri territoriali del Nord del paese (soprattutto alla luce degli effetti dei cambiamenti climatici in atto) è arrivata proprio nei giorni scorsi e la sua attività inizierà subito a partire dal suo insediamento negli uffici della sede generale del Distretto che - pur allargando notevolmente la prospettiva di azione territoriale - manterrà la propria sede a Parma in Via Garibaldi avvalendosi di uffici periferici. L'ultimo Collegato Ambientale 2016 – voluto con decisione dal Ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti - ha attuato infatti una riforma che può tranquillamente definirsi "storica" per la gestione delle acque e per le Autorità di bacino italiane : incrementando l'influenza dei nuovi Distretti, accorpando funzioni con particolare attenzione alla spesa: da 37 Autorità si è passati infatti a 7 distretti.

La dichiarazione di Meuccio Berselli " Voglio ringraziare il Ministro Galletti, sono onorato dell'incarico e mi metterò da subito al lavoro per rendere operative le linee guida e le aspettative che il Governo ha per una migliore attenzione alla cura del territorio e delle acque. Ho tante persone da ringraziare a partire dal mondo delle bonifiche e da quello del comparto agricolo, il presidente del Consorzio di Parma Luigi Spinazzi e tutto lo staff dell'ente che mi hanno consentito di lavorare al meglio per il nostro territorio così bisognoso di salvaguardia e attenzione costante".

La dichiarazione di Luigi Spinazzi presidente del Consorzio di Bonifica Parmense "Il ruolo dei Consorzi di Bonifica ha avuto una crescente importanza negli ultimi anni nella gestione capillare del territorio. Grazie all'operatività tecnica che forniamo quotidianamente a supporto e sostegno di molte amministrazioni locali per la sicurezza idraulica e la mitigazione del dissesto abbiamo valorizzato notevolmente la nostra funzione: ringrazio Berselli per la professionalità dimostrata e per questi 6 anni di intensa e sinergica attività i cui risultati concreti a beneficio del nostro comprensorio sono sotto gli occhi di tutti e hanno guadagnato unanimi riscontri positivi".

Pubblicato in Ambiente Emilia
Mercoledì, 23 Agosto 2017 06:29

Alla scoperta de " Il Crinale delle Acque "

Domenica 27 Agosto una giornata a Serramazzoni in compagnia dei Consorzi di Bonifica Burana ed Emilia Centrale alla scoperta delle ricchezze del nostro Appennino: tra le Cascate del Bucamante, le opere idrauliche dei Consorzi, la rupe ofiolitica, musica , cibo e il Castello di Pompeano.

Il paesaggio, anche quello più vicino a noi, poco distante dalle città e non sempre conosciuto, non è solo una semplice opportunità di svago domenicale, ma può rappresentare una vera e propria cura "culturale", vissuto come un efficace antidoto allo stress quotidiano. E' in quest'ottica che nasce l'iniziativa "Lungo il Crinale delle Acque", una geo-esplorazione su un alto crinale, ricco di prati e colture tipiche, tra il versante orientale dell'Appennino che guarda al Panaro e quello più ad ovest del bacino del Secchia.

La manifestazione, patrocinata dal Comune di Serramazzoni e dai Parchi Emilia Centrale , è organizzata proprio per questa rilevante condivisione di territorio e bacino idrografico da due Consorzi di bonifica operanti nella vasta area come l'Emilia Centrale e il Burana, vedrà la partecipazione di numerosi esperti accompagnatori che nel corso della ricca giornata di eventi saranno a disposizione di tutti coloro che vorranno prendere parte al tour montano.

Tra le varie tappe: le Cascate del Bucamante, la visita naturalistica e geo-storica alla grande rupe ofiolitica e al Castello di Pompeano, il riconoscimento di erbe spontanee e pranzo a base di erbaggi oltre a tipicità locali a cura di Erbalonga. Inoltre sarà possibile scoprire le importanti opere di bonifica idraulica realizzate dai due Consorzi emiliano romagnoli e ascoltare una interpretazione musicale del cantore dell'Appennino Lele Chiodi.

Per contatti diretti e prenotazioni: Consorzio di Bonifica Emilia Centrale 0522-443273 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. , Antonio Canovi 339 3399916 – Consorzio di Bonifica Burana 059-416511 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. .Prenotazione pranzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  - n° 3495288047.

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Consorzio Bonifica della Burana

Pubblicato in Dove andiamo? Modena

A un anno dal sisma dell'Italia centrale riviviamo di nuovo il dramma del terremoto, che stavolta ha colpito l'isola d'Ischia, con epicentro a mare, al largo di Forio d'Ischia, epicentro a 5 km di profondità e magnitudo 3.6 (poi ricalcolata di magnitudo 4).

Lascia perplesso come un terremoto di tale magnitudo possa provocare danni e vittime nel nostro Paese, è possibile che la magnitudo possa essere stata leggermente sottostimata ma, ripeto, è francamente allucinante che si continui a morire per terremoti di questa entità.

Il nostro Paese si conferma estremamente vulnerabile, non ci facciamo mancare niente dal punto di vista dei rischi geologici, non solo rischio sismico, ma anche vulcanico e idrogeologico. Ora sarebbe facile parlare dei ritardi della ricostruzione in Italia centrale, della necessità di accelerare interventi e azioni, ma quello che lascia più interdetti è la mancanza di atti concreti per la prevenzione. Si è parlato di tante cose, dall'informativa alle popolazioni alle lezioni nelle scuole, dal fascicolo del fabbricato alle assicurazioni sui fabbricati, dal rifinanziamento della carta geologica a quello per la microzonazione sismica fino alla necessità di abbattere le case abusive, come ribadito ieri anche dal Ministro Delrio.

Tante chiacchiere, ma un anno dopo non è stato fatto quasi nulla. Il governo e il parlamento si assumano la responsabilità di decidere in proposito senza farsi distogliere da interessi e lobby varie, come a proposito del fascicolo del fabbricato: ma veramente qualcuno crede ancora alla favola dei tecnici che si arricchirebbero con il fascicolo del fabbricato? Far conoscere lo stato sicurezza delle case dove un cittadino abita o lavora è un fatto di etica innanzitutto, un principio morale prima ancora che una misura di salvaguardia e di prevenzione civile.

Le misure per la prevenzione non possono non essere al centro dell'agenda del prossimo governo.

Francesco Peduto, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi

Pubblicato in Ambiente Emilia
Sabato, 12 Agosto 2017 07:50

Dal 2040 stop alle auto a gasolio e benzina.

Dopo Francia e Regno Unito anche l'Italia tenta la strada del divieto di commercializzazione delle auto e delle moto a gasolio e benzina. Quali le controindicazioni?

Ekoclub Roma, 10 agosto 2017 -
In piena allerta calore e la questione migranti che ha messo in fibrillazione le ambasciate di Italia, Tripoli e Parigi, la Commissione Ambiente e la Commissione Lavori pubblici del Senato ha approvato una risoluzione che invita l'esecutivo ad adottare, già dalla legge di bilancio 2018, politiche che portino ad una maggiore mobilità sostenibile.

L'obiettivo finale è, alla pari di quanto già avvenuto in Francia e Regno Unito, di vietare la vendita di auto e moto alimentate con derivati dei gas fossili, benzina e gasolio.
La risoluzione, approvata senza voti contrari, oltre a mettere al bando la commercializzazione dei mezzi a partire dal 2040, prevede l'introduzione del bollo progressivo in funzione della quantità di inquinanti emessi nell'ambiente, tariffe di parcheggio differenziate secondo lo stesso criterio, una spinta verso il trasporto pubblico locale e una maggiore diffusione di veicoli elettrici e piste ciclabili.

Le commissioni del Senato puntano a rafforzare il trasporto pubblico locale attraverso incentivi che stimolino il rinnovamento dei mezzi (obiettivo abbassare a 7 anni la media di vetustà dei bus).
Sul fronte aziendale invece viene proposta la proroga del super ammortamento al 140% anche sui veicoli a basse emissioni fino al 31 dicembre del prossimo anno e per tutti il bonus fiscale del 65%, sull'acquisto di veicoli a basse emissioni.

Seppure l'iniziativa dei senatori sia da considerarsi ammirevole, essa pone comunque molti interrogativi.

Sul fronte delle infrastrutture, rete di colonnine nei centri urbani è inconsistente e praticamente assente sulla rete autostradale, sul piano occupazionale, sul piano del consumo elettrico e infine sullo smaltimento delle batterie esauste.

Questioni che, nonostante i 23 anni di tempo rimanenti, dovranno essere affrontate nell'immediatezza con un approccio pragmatico e scientificamente ineccepibile, affinché non si rischi una fallimento economico e sociale pur di soddisfare la spinta demagogica, così viva nel nostro paese ma di cui non è esente l'intero sistema politico e economico occidentale.

EKOCLUB International Onlus

Al Telegiornale di Rai 3 il docente del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell'Università di Parma

Parma, 8 agosto 2017 - Roberto Francese, docente del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell'Università di Parma, membro del Comitato Glaciologico Italiano ed esperto di geofisica in ghiaccio, è stato intervistato da Rai 3 nell'ambito di un approfondimento legato al tema della siccità.

Nel corso del servizio, andato in onda nei giorni scorsi sul TG3 nazionale e realizzato sul ghiacciaio della Marmolada, Francese si è soffermato sulla forte tendenza alla regressione dei ghiacciai che si registra a partire dal 2000. L'intervista si è svolta in un punto della Marmolada privo di ghiaccio ma in cui – ha precisato Francese – nei primi anni '80 il ghiaccio era ancora presente. Il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai, secondo Francese, riguarderà sempre più la vita dell'uomo nei prossimi anni e il problema non potrà essere affrontato con politiche locali ma dovrà essere affrontato con politiche globali e di cooperazione tra gli Stati.

I ghiacciai alpini da sempre rappresentano una risorsa naturale di enorme valore che ha un impatto diretto su innumerevoli attività umane. I ghiacciai, infatti, sono uno dei principali agenti di ricarica delle falde acquifere in quanto durante il periodo estivo, per la parziale fusione, alimentano con continuità torrenti e fiumi che nel loro corso dalle Alpi al mare disperdono l'acqua in profondità. Il ridottissimo apporto di neve durante l'ultima stagione invernale e le alte temperature estive che hanno portato lo zero termico a 5000 metri di quota sono la causa dell'accelerazione nel ritiro dei ghiacciai alpini, che quest'anno potrebbe essere superiore al 2003, anno in cui l'Europa fu colpita da una massiccia ondata di calore.

Il ritiro dei ghiacciai, iniziato nella seconda metà dell'Ottocento, ha subìto un notevole incremento negli ultimi anni, con arretramenti delle "lingue glaciali" di centinaia di metri e riduzioni di spessore tali da comportare in un secolo una riduzione che supera il 70% delle superfici glacializzate originarie. Questa situazione contribuisce al depauperamento delle risorse idriche del nostro paese, rallentando – come detto - l'alimentazione delle falde acquifere.

La superficie glacializzata alpina (dati della Società Meteorologica Italiana) è passata da 250 km2 nel 1850 a circa 150 km2 nel 1970 e a poco più di 80 km2 nel 2010. Seguendo questa tendenza, nel 2020 la superficie glacializzata potrebbe oscillare tra i 65 ed i 70 km2.

Il Comitato Glaciologico Italiano cura da più di 100 anni il monitoraggio dei ghiacciai italiani, coadiuvato oggi dai Servizi Glaciologici Regionali e Provinciali. Comunica al World Glacier Monitoring Service i risultati della Campagna Glaciologica che ogni anno si tiene a settembre ad opera di rilevatori volontari che misurano la distanza del fronte da segnali fissi. Il Comitato cura un catasto dei ghiacciai italiani, che è stato aggiornato più volte nel corso del tempo. Oggi l'ultimo censimento rivela che molti dei ghiacciai sono estinti e molti altri si sono frammentati in lembi di ghiaccio separati. Dalla Piccola Età Glaciale (terminata intorno al 1850) i ghiacciai sono in ritiro, con alcune brevi pulsazioni positive: l'ultima è stata tra la metà degli anni '60 e la metà degli anni '80. A partire dal 2000 il ritiro ha mostrato un'accelerazione.

La scomparsa del ghiaccio ha portato a far affiorare nuovi resti della Grande Guerra nella Marmolada e nei principali ghiacciai alpini prossimi al fronte della Prima Guerra Mondiale.

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Hanno abbandonato i rifiuti davanti all'isola ecologica di Cerredolo. Pizzicati dalle telecamere, multa salata Il sindaco Vincenzo Volpi: "Questo brillante risultato può servire da deterrente a tutti coloro che
hanno ancora la pessima abitudine di procurare danni ambientali e all'immagine del territorio"

(Toano, 8 agosto 2017). Pizzicati dalle telecamere, ora dovranno pagare una multa salata. Costerà caro a chi, alcune settimane fa, ha abbandonato i rifiuti davanti all'isola ecologica di Cerredolo, durante l'orario di chiusura.
"Grazie alla solerzia della nostra polizia municipale e ai nuovi strumenti di videosorveglianza del territorio - sottolinea il sindaco Vincenzo Volpi - abbiamo ottenuto questo brillante risultato, che pensiamo possa servire anche e soprattutto da deterrente a tutti coloro che hanno ancora la pessima abitudine di procurare danni ambientali e all'immagine del toanese".

Racconta l'agente scelto Steve Paolo Chiesi: "Transitavo per servizio sulla strada provinciale che dal capoluogo conduce a Cerredolo e, arrivato all'altezza dell'isola ecologica, ho notato una catasta di rifiuti depositata nell'area pubblica antistante, costituiti da sedie rotte, damigiane, un sacco nero pieno, un pezzo di cartellone pubblicitario, un telo bicolore e altro materiale plastico".
Continua Chiesi: "Ho fatto subito le fotografie e, rientrato al comando, ho visionato i video del nostro sistema di controllo. Ho così scoperto che la violazione era stata eseguita da due uomini che, alle 16.40 circa del giorno prima sopraggiungevano nel luogo con un autocarro e, in pochi minuti, scaricavano l'immondizia, incuranti del cartello di divieto e di quello indicante la presenza della telecamera, apposti in modo ben visibile".

Le due persone non sono state identificate "ma dalla targa del mezzo siamo risaliti alla proprietà dello stesso - spiega l'agente - che ci riconduce a un comune limitrofo al nostro. Abbiamo perciò trasmesso la sanzione amministrativa alla persona cui è intestato l'autocarro, che è stata invitata al pagamento in solido della contravvenzione".
Prosegue il sindaco Volpi: "La multa prevista per tale violazione delle norme in materia ambientale va dai trecento ai tremila euro, da versare entro sessanta giorni dalla notifica della stessa. Non possiamo che deplorare gli abbandoni d'immondizia, non solo in prossimità delle nostre quattro stazioni di raccolta, aperte alternativamente tutti i giorni dal lunedì al sabato, ma anche sull'intero territorio. Ciò comporta, tra l'altro, oltre ai danni all'ambiente e al paesaggio, inevitabili costi di bonifica, che ricadono sull'intera comunità".

In seno all'amministrazione comunale l'impianto di videosorveglianza, attivo dallo scorso Natale, è stato seguito in particolare, dalla fase progettuale alla sua realizzazione, dal vicesindaco Carlo Benassi, che conclude: "E' uno strumento che abbiamo fortemente voluto e che ha iniziato a dare i suoi frutti, non solo per quanto riguarda la sicurezza ma anche, come in questo caso, per prevenire o sanzionare comportamenti non corretti. Per ora abbiamo in funzione una decina di telecamere digitali nei punti di accesso stradale al territorio, ma in una seconda fase ne attiveremo altre pure nei punti strategici dei nostri centri abitati".

(Galleria immagini)

Lunedì, 07 Agosto 2017 17:24

Il futuro del Parco del Delta del Po

Confesercenti Emilia Romagna, Confesercenti Ferrara e Ravenna hanno presentato con Legambiente un documento congiunto di indirizzo per il futuro del Parco del Delta del Po.

Le associazioni firmatarie sottolineano come l'area del Delta del Po sia una zona unica su scala europea, esempio di efficace coesistenza di attività umane e rigogliosa biodiversità riconosciuto a livello internazionale nel 2015 dall'UNESCO quale "Riserva della Biosfera" all'interno del Programma MAB (Man and Biosphere). Si tratta di un patrimonio che può costituire un fattore determinante per il futuro sviluppo economico dell'area, nonché di primaria importanza per la scelta di questa destinazione da parte della domanda turistica.

La concreta realizzazione di questo progetto impone la creazione di un unico Parco del Delta del Po, la cui governance garantisca una gestione unitaria ed autorevole dello stesso, in grado di alimentare l'indispensabile circolo virtuoso di tutela e valorizzazione del territorio. Protezione degli habitat naturali, manutenzione costante di un territorio plasmato nei secoli dall'uomo e presenza di attività imprenditoriali agricole, turistiche e commerciali devono continuare infatti a coesistere e proliferare quale mirabile esempio di conservazione dell'ecosistema e della sua biodiversità con l'utilizzo sostenibile delle risorse naturali.

Secondo Nicola Scolamacchia, Presidente Confesercenti Ferrara: "il documento presentato oggi conferma l'attenzione della nostra associazione verso i temi dell'eco-compatibilità dello sviluppo e del turismo sostenibile. Partecipiamo infatti attivamente alla valorizzazione del Delta del Po, ed in generale di tutto il fiume, attraverso la Borsa del Turismo Fluviale e del Po, giunta quest'anno all'ottava edizione. Insieme con Legambiente, già partner di altre iniziative, agiremo affinché l'iter legislativo necessario all'efficace funzionamento di un unico Parco del Delta del Po proceda speditamente e coinvolga territori ed associazioni per massimizzare i benefici del riconoscimento UNESCO e garantire la fruibilità di questa preziosa area a cittadini, turisti ed attività economiche"

Per Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia-Romagna : "Crediamo che l'area umida del Delta del Po, unica per biodiversità a livello italiano ed europeo, debba diventare un modello di conservazione ed allo stesso di promozione territoriale e naturalistica. Il protocollo sottoscritto da Legambiente vuole sottolineare come la conservazione e la valorizzazione delle bellezze naturalistiche del Delta debbano integrarsi con le attività economiche, con un modello condiviso di sostenibilità contrapposto allo sfruttamento sregolato di cui è stato troppo spesso vittima il territorio del Delta del Po negli ultimi decenni. "

In allegato il documento congiunto Confesercenti-Legambiente

Massima attenzione per il fiume Po che domani sarà al centro della riunione dell'Osservatorio interregionale per gli usi idrici. L'assessore Gazzolo: "Dopo gli 8,5 milioni ottenuti per gli interventi su Parma e Piacenza, porremo la richiesta di mantenere le portate a Pontelagoscuro al di sopra dei 450 metri cubi al secondo: una soglia di garanzia per la nostra agricoltura da Reggio Emilia al mare, per il potabile della provincia di Ferrara e per contrastare l'aumento della salinità delle acque del fiume".

Bologna, 24 luglio 2017

"In Emilia-Romagna non siamo a rischio razionamento nell'uso dell'acqua per fini potabili: gli interventi già in corso e quelli che saranno realizzati grazie agli oltre 8 milioni e mezzo stanziati a giugno dal Governo, per le province di Parma e Piacenza, a seguito del riconoscimento dello stato di emergenza nazionale, garantiranno la risorsa idrica ai territori in difficoltà".

La rassicurazione arriva da Paola Gazzolo, assessore regionale all'Ambiente. "La nostra è stata la prima Regione a richiedere la dichiarazione di stato di emergenza nazionale", precisa. "Averla ottenuta in tempi rapidi ci pone nelle condizioni di dare risposte all'emergenza, in particolare nelle zone come la Val d'Arda, nel piacentino, dove il sistema di approvvigionamento dipende prevalentemente dalle acque superficiali".

Situazione migliore si ha invece nel settore orientale dove la diga di Ridracoli (FC), che può contenere fino a 33 milioni di metri cubi d'acqua, è oggi piena per oltre il 60% con circa 20 milioni di metri cubi, utili a far fronte alla stagione estiva, anche sopperendo agli esigui volumi invasati nella Diga del Conca in territorio riminese.

Nel bolognese, sia le esigenze potabili che irrigue trovano risposta dall'invaso di Suviana che, con rilasci controllati, riesce a sopperire alle richieste.

"Domani è convocato un nuovo incontro dell'Osservatorio permanente per gli usi idrici del distretto padano durante il quale saranno analizzati l'andamento delle portate del fiume Po e si farà il punto sulla situazione in ogni regione del Nord Italia", continua Gazzolo. "La nostra richiesta sarà di mantenere le portate a Pontelagoscuro al di sopra dei 450 metri cubi al secondo: una soglia di garanzia per la nostra agricoltura da Reggio Emilia al mare, tramite i prelievi effettuati dai Consorzi di Bonifica e dal Canale Emiliano Romagnolo, oltre che per il potabile della provincia di Ferrara e per contrastare l'aumento della salinità delle acque del fiume".

Al momento, i casi di rifornimento idropotabile tramite autobotti sono limitati ad alcuni comuni delle province di Piacenza, Parma e Bologna. Si tratta soprattutto di comuni montani serviti da piccoli acquedotti rurali.

La situazione dei corsi d'acqua in Emilia-Romagna

Solo la portata del Trebbia, del Panaro e del Secchia limitatamente al tratto appenninico, risultano oggi al di sopra del deflusso minimo vitale, la soglia che garantisce il mantenimento dell'ecosistema fluviale. Lo precisa Arpae con l'ultimo bollettino sullo stato idrologico dei fiumi dell'Emilia-Romagna. Secondo le rilevazioni di oggi, la portata di tutti gli altri corsi d'acqua è al di sotto del deflusso minino, per i quali proseguono le limitazioni al prelievo di acqua./PF

(Fonte: Regione ER)

Domenica, 23 Luglio 2017 10:50

A tutta elettricità


Di Paolo Errani  - L'auto elettrica è sempre più di moda, non solo nei discorsi da bar o nei garage dei vip.

Se adottati su larga scala, i veicoli elettrici potrebbero mantenere la promessa di ridurre drasticamente le emissioni dei gas c.d. clima-alteranti che derivano dal trasporto su gomma. Hanno, dunque, iniziato a costituire un elemento importante delle strategie energetiche nazionali di diversi Paesi (in primis quelli c.d. sviluppati) per il conseguimento degli obiettivi vincolanti stabiliti nei vari accordi internazionali in tema di "lotta ai cambiamenti climatici".

Non ci stupisce trovarli citati nel documento di consultazione della Strategia Energetica Nazionale (SEN) pubblicato lo scorso 12 giugno 2017.

MiSE e MATTM attendono di ricevere attenzione e commenti da tutti i portatori di interessi, dal più grande al più piccolo. E a leggere sembra che anche nel nostro Paese i veicoli elettrici siano destinati ad avere un ruolo sempre più importante dal punto di vista economico e politico. L'occasione ci appare dunque più che mai propizia per elaborare alcune riflessioni sul tema.

Innanzitutto va sottolineato che per ottenere un impatto notevole e positivo sulla decarbonizzazione dei consumi energetici, i veicoli elettrici devono diventare l'opzione principale per la maggior parte degli automobilisti. È dunque necessario per i Paesi interessati orientare chiaramente la propria politica energetica verso lo sviluppo prioritario di norme, standard, protocolli ed infrastrutture per un uso diffuso dei veicoli elettrici. Altrimenti, il loro impatto sarà limitato, poco significativo, o peggio negativo. Nel lungo periodo potrebbe anche essere gravemente compromessa la capacità di raggiungere gli obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni, con extra-costi sostenuti a fronte di risultati scarsi o nulli per la salvaguardia dell'ambiente.

Va evidenziato, infatti, che mentre l'industria manifatturiera automobilistica sembra pronta ad affrontare la sfida dello sviluppo di veicoli elettrici per il mercato di massa, non sono ancora visibili progressi sia nello sviluppo di un'infrastruttura efficiente per la ricarica dei veicoli elettrici su larga scala, sia nell'implementazione dei relativi standard e protocolli. Mancano inoltre all'appello norme funzionali per la tariffazione in bolletta domestica o alla colonnina di ricarica. Tutti questi elementi sono essenziali al fine di rendere convincente la proposta dell'elettrificazione del trasporto su gomma agli occhi degli automobilisti proprietari ed eventualmente anche agli occhi di potenziali "clienti" interessati a nuovi modelli di proprietà/utilizzo/condivisione dei veicoli di trasporto personale.

In particolare, l'eventuale costruzione di un'infrastruttura di ricarica per i veicoli elettrici richiederà una collaborazione attiva di molte parti in un campo di gioco particolarmente complesso. Il Governo, il gestore della rete elettrica, varie autorità ed organi nazionali e locali, le società che producono e distribuiscono l'energia elettrica, ma anche le aziende esperte in IT, gli stessi fornitori di punti di ricarica (che, per esempio, potrebbero non coincidere necessariamente solo con gli attuali fornitori di carburante al dettaglio), e così via fino agli utilizzatori finali, tutti dovranno unire i loro sforzi e farli confluire nella realizzazione di una rete "intelligente" (quella famosa "smart grid" di cui si sente sempre più spesso parlare) – un'impresa enorme sia in termini di ingegneria di progetto che di gestione politica.
In secondo luogo va ricordato che, una volta costruite e messe su strada, le auto elettriche possono essere "verdi" solo quanto lo è l'elettricità utilizzata per caricare le loro batterie. Indubbiamente esistono vantaggi immediati in termini di riduzione dell'inquinamento, ma se vogliamo utilizzare le auto elettriche anche per decarbonizzare il nostro sistema energetico, dobbiamo spostare lo sguardo dalla marmitta (che non c'è) alla ciminiera della centrale elettrica (che c'è anche se non si vede).

Tenuto conto dell'intero ciclo di vita, tutte le fonti energetiche ed i relativi impianti utilizzati per la generazione di elettricità emettono nell'ambiente una certa quantità di gas-serra per chilowattora di energia prodotta. Le fonti rinnovabili moderne ed il nucleare sono quelle che producono elettricità con il più basso tenore di carbonio. Tra le fonti fossili, ovvero ad alto tenore di carbonio, il gas naturale è quella che comporta emissioni un po' più basse, ma comunque con livelli di un ordine di grandezza superiore a nucleare e rinnovabili.

Se consideriamo solo le emissioni associate al loro utilizzo, i risultati più recenti dei test sulle auto elettriche (pure) mostrano valori nella forchetta 20-120 gCO2eq/km (grammi di anidride carbonica equivalente emessi nell'ambiente per chilometro percorso) per i Paesi dell'Unione Europea più industrializzati e popolosi. In Italia si stimano circa 100 gCO2eq/km. Tali valori comprendono nel computo le emissioni dirette ed indirette associate alla generazione, trasmissione e distribuzione dell'elettricità. E come si può intuire variano molto a seconda del diverso mix di fonti ed impianti utilizzati per la produzione dell'elettricità, che può essere più o meno sbilanciato verso un alto tenore di carbonio. Per esempio il valore di 20 gCO2eq/km si riferisce all'utilizzo di veicoli elettrici in Francia, che è attualmente uno dei Paesi leader a livello mondiale nella decarbonizzazione del settore elettrico grazie al contributo preponderante della produzione elettronucleare (75%), associato ad una percentuale "sostenibile" di produzione da fonti rinnovabili (sostenibile in termini di gestione ottimale della rete elettrica).

Per confronto possiamo guardare alla forchetta 100-200 gCO2eq/km per i valori medi delle auto a benzina, e alla forchetta 80-160 gCO2eq/km per quelle diesel.
Non dobbiamo però dimenticare che, in termini di emissioni, mediamente i costi della fabbricazione degli autoveicoli sono pari a 40 e 35 gCO2eq/km per quelli alimentati a benzina e diesel rispettivamente. Per quanto riguarda invece la produzione di veicoli elettrici esistono allo stato dell'arte almeno tre scenari con valori compresi tra 50 e 90 gCO2eq/km. E questi scenari non tengono conto del tenore di carbonio associato alla produzione e smaltimento, ossia di un'analisi accurata dell'intero ciclo di vita (come si suol dire "dalla culla alla tomba" – con eventuale riciclo) delle batterie.
Volendo considerare un solo valore di riferimento tra quelli sopra esposti, è opportuno scegliere quello delle nuove generazioni di veicoli turbo diesel: nel medio termine infatti la "sfida automobilistica" più importante in termini di riduzione delle emissioni è quella tra elettricità e gasolio. Per le automobili alimentate a diesel più moderne le valutazioni delle emissioni si attestano attorno ai 90 gCO2eq/km; è quindi davvero difficile sostenere che le auto elettriche alimentate dall'attuale sistema elettrico italiano siano notevolmente migliori.

Bisogna fare di più e meglio.

L'attuale contributo della generazione elettrica rinnovabile e a basso tenore di carbonio all'approvvigionamento energetico del nostro Paese è uno dei più alti in Europa. Tuttavia, se l'Italia vuole soddisfare i propri obiettivi di decarbonizzazione anche attraverso l'utilizzo diffuso di auto elettriche, deve assicurare a queste una "alimentazione più verde" in modo costante. In altre parole, da una parte occorre aumentare la produzione e/o l'importazione dell'elettricità, dall'altra occorre fare in modo che la fornitura elettrica a basso tenore di carbonio sia costante nelle fasce orarie in cui la maggior parte dei veicoli elettrici sono in ricarica.

Il problema va affrontato con ragionamenti sul breve, sul medio e sul lungo periodo.

Inizialmente, i nuovi utilizzatori potranno essere ospitati con un piccolo impatto; ma, all'aumentare dei numeri, già nel medio termine diverrà sempre più concreta la possibilità di mettere in crisi le reti trasmissione e distribuzione dell'elettricità. Successivamente, con un'impennata della popolarità delle auto elettriche, i cambiamenti significativi nel tempo e nella dimensione dei picchi di domanda dell'elettricità potrebbero rendere inevitabile un maggiore utilizzo di generazione elettrica ad alto tenore di carbonio. Infatti, se il sistema di generazione elettrica non verrà rinnovato opportunamente ed in tempo, per soddisfare la richiesta massiccia di elettricità dei nuovi veicoli sarà inevitabile attivare o mantenere attive centrali termoelettriche a carbone o gas, ed usarle in finestre temporali in cui di norma sarebbe prevista una copertura quasi esclusiva dei consumi elettrici da parte delle fonti rinnovabili. Un aiuto potrebbe arrivare dalle importazioni. Oggi come oggi, però, considerato lo stato attuale dell'interconnessione delle reti elettriche europee e le strategie energetiche dei nostri vicini, è davvero difficile, se non azzardato, stimare un contributo efficace e risolutivo di un'eventuale importazione ad hoc dell'elettricità necessaria da Paesi produttori con mix fortemente sbilanciato verso rinnovabili e/o nucleare.

Dunque, se da una parte è vero che, in termini di consumo energetico annuo, teoricamente i requisiti di potenza aggiuntivi causati da un utilizzo su larga scala di veicoli elettrici sono gestibili; dall'altra è anche vero che fornire una sufficiente potenza elettrica a basso tenore di carbonio in momenti di picco di domanda sarà impresa assai più difficile. Si tratta infatti di adattare una domanda e dei requisiti di carica molto diversi e variabili nel tempo ad una offerta fluttuante ed imprevedibile; dato che la generazione elettrica integrata in Italia è già ora non facilmente controllabile e una buona percentuale della produzione a basso tenore di carbonio proviene da fonti rinnovabili aleatorie.

Ma attenzione, perché è su questo che si gioca il tutto: qualora non fosse possibile ottenere questo tipo di fornitura, nella realtà dei fatti verrà mancato del tutto l'obiettivo di riduzione delle emissioni tramite l'elettrificazione del trasporto su gomma, ovvero si otterrà solo un contributo minimo – per non dire irrilevante – a fronte di costi enormi, economici e politici.
L'inevitabile osservazione finale è che per avere un effetto importante, l'introduzione delle auto elettriche in Italia oltre che sui grandi numeri deve essere basata su di una decarbonizzazione pressoché totale dell'approvvigionamento elettrico. Questo significa attuare l'implementazione graduale e ben pianificata di un nuovo sistema energetico, ossia un enorme programma di cambiamento economico, supportato da una volontà politica salda.

Fonti principali consultate:
The Royal Accademy of Engineering - report "Electric vehicles: charged with potential", 2010
IPCC - special report "Renewable Energy Sources and Climate Change Mitigation", 2012
L. Wilson, Shrink That Footprint - report "Shades of Green: Electric Cars' Carbon Emissions Around the Globe", 2013
M. Noori et al., "Electric vehicle cost, emissions, and water footprint in the United States: Development of a regional optimization model" https://doi.org/10.1016/j.energy.2015.05.152 
N. C. Onat et al., "Conventional, hybrid, plug-in hybrid or electric vehicles? State-based comparative carbon and energy footprint analysis in the United States" https://doi.org/10.1016/j.apenergy.2015.04.001 

(Ekoclub International - sezione Energia)

Pubblicato in Ambiente Emilia

All'assemblea nazionale dell'ANBI a Roma il Ministro dell'Ambiente Galletti e il presidente nazionale di ANBI Vincenzi auspicano subito progetti di lungo periodo che riescano a far fronte alle emergenze come quella che stiamo vivendo anche nel piacentino. Zermani: " Da domani già al lavoro per trovare una soluzione condivisa e utile con le multiutility".

13 luglio 2017

La necessità incombente di realizzare al più presto nuovi invasi e infrastrutture idrauliche per raccogliere le precipitazioni metereologiche per trattenere l'acqua quando c'è e poi distribuirla in periodi siccitosi di grave e dannosa carenza idrica come quello che stiamo vivendo nel paese ed in particolare nella nostra provincia. E' stato questo uno dei temi più rilevanti emersi in questi giorni dall'annuale Assemblea romana dell'ANBI l'associazione nazionale che rappresenta i 144 Consorzi di bonifica italiani e che ha chiamato a raccolta istituzioni, portatori di interesse e associati per porre al centro del dibattito anche la drammatica criticità manifestatasi in questi mesi.

"Non possiamo vivere e lavorare – ha commentato il presidente Francesco Vincenzi – in un territorio in cui la risorsa idrica abbonda in determinati periodi per poi non averla nei momenti di maggiore bisogno a sostegno vitale di tutto il nostro comparto agroalimentare fondamentale per l'export. Mancare di una strategia di programmazione significa mancare l'appuntamento con lo sviluppo e con la possibilità di aumentare le superfici irrigate: per questo occorre programmare un Piano di Invasi che compensi quello che non si è fatto fino ad ora".

E su queste parole - che evidenziano una vocazione programmatica dei Consorzi di bonifica a mettere in campo progetti concreti e moderni – s'inserisce proprio il Consorzio di Bonifica di Piacenza che in questi giorni è in prima linea nel territorio all'interno della trincea che separa l'esigenza irrigua dalla reale quantità di acqua disponibile da distribuire. "Domani – ha rimarcato il presidente del Consorzio Fausto Zermani – incontreremo il presidente del Gruppo IREN Peveraro per comprendere i reali e possibili sviluppi di un invaso che sia utile a tutta la cittadinanza pensando così un possibile percorso a tappe per realizzare ciò che si rende indispensabile. Un invaso in grado di dare risposte plurime, comuni con uso idropotabile e irriguo allo stesso tempo: una risposta di strategia che amministratori avveduti che amano la propria terra potranno adottare per scacciare il fantasma della crisi che stiamo vivendo".

Una situazione che nonostante le piogge cadute a macchia di leopardo non tende a migliorare lasciando pesanti situazioni in aree collinari e pedecollinari già colpite nelle scorse settimane. Le conclusioni le ha tirate poi il Ministro delle Politiche Ambientali Gianluca Galletti che ha ribadito che L'acqua è un fattore produttivo e l'ANBI ha ragione a chiedere nuovi invasi di fronte a cambiamenti climatici epocali, poiché tratteniamo solo l'11% dei circa 300 miliardi di metri cubi d'acqua, che annualmente piovono sull'Italia: "Io sono per uno sviluppo sostenibile. Non sono nemico delle infrastrutture, se ambientalmente compatibili: senza invasi perderemmo parte dell'agricoltura." Proseguendo l'intervento, Galletti è tornato ad affrontare il tema della "governance della spesa", ancora troppo farraginosa e burocratica, dove bisogna trovare un giusto equilibrio tra fare bene e fare presto.

(Fonte: Ufficio Stampa CBPC)