Consorzio di Bonifica di Piacenza

Consorzio di Bonifica di Piacenza

FUNZIONI e COMPITI del Consorzio di Bonifica di Piacenza

Il Consorzio esercita le funzioni e svolge i compiti finalizzati alla difesa del suolo, ad un equilibrato sviluppo del territorio, alla tutela e alla valorizzazione delle produzioni agricole e dei beni naturali con particolare riferimento alle risorse idriche e al loro uso plurimo. 

Il Consorzio di Bonifica di Piacenza ha qualifica di persona giuridica pubblica che si amministra per mezzo di organi propri i cui componenti vengono eletti dai consorziati. Ha carattere associativo cioè riunisce tutti i proprietari di immobili, terreni e fabbricati che si trovano all’interno del comprensorio di bonifica ed è retto dal principio dell’autogoverno, come recita lo Statuto dell’Ente, approvato dalla Giunta della Regione Emilia-Romagna con delibera n. 1385 in data 20 settembre 2010.  Il Consorzio di Bonifica di Piacenza è stato  istituito con la Legge della Regione Emilia-Romagna n. 5 del 24 aprile 2009. 

La funzione che svolge il Consorzio, e che comporta oneri a carico dei consorziati , è quella di contribuire in modo determinante alla sicurezza idraulica del territorio assicurando condizioni idonee allo sviluppo della vita civile e delle attività economiche.

RECAPITI:

Indirizzo:

Strada Val Nure, 3 - 29122 Piacenza

tel. 0523-464811 

fax 0523-464800

NUMERO VERDE: 800219162  (attivo dal Lunedì al Venerdì dalle ore 14.00 alle ore 17,00)

e-mail: info@cbpiacenza.it

Posta Elettronica Certificata: cbpiacenza@pec.it

Referente: Angela Zerga

Sito WEB: http://www.cbpiacenza.it/index.php?lang=it

Piacenza, 6 dicembre 2019 - Da anni, il Consorzio di Bonifica di Piacenza, al fianco di Coldiretti Piacenza e AUSL, promuove una campagna informativa (a partire dell’età scolare) sui corretti stili di vita, dove prevenzione e sana alimentazione, giocano un ruolo chiave sulla salute di adulti e bambini. 

E’ il Presidente del Consorzio di Bonifica di Piacenza a intervenire in merito: “Tra i progetti che appoggiamo spicca sicuramente quello di Progetto Vita che ha reso Piacenza un esempio a livello europeo promuovendo la cultura della defibrillazione precoce mediante l’utilizzo di defibrillatori semiautomatici a utilizzo di personale non sanitario per la prevenzione di morte improvvisa per arresto cardiaco. Come ente abbiamo deciso di installare un dispositivo sull’esterno della palazzina della nostra sede piacentina in modo da renderne libero e fruibile l’accesso a tutti i cittadini oltre che al personale dell’ente e agli utenti che quotidianamente accedono agli uffici. Nel prossimo anno vorremo proseguire con l’installazione dei dispositivi nei pressi delle nostre sedi periferiche a partire dalle dighe (Molato e Mignano) che da sole contano migliaia di visitatori ogni anno. Infine abbiamo promosso un corso di formazione sull’utilizzo del defibrillatore per i dipendenti”.


Progetto Vita consiste nella realizzazione di una rete di defibrillatori semiautomatici dislocati in punti strategici della città e della provincia promuovendo la cultura della defibrillazione precoce a integrazione del sistema di soccorso del 118.


In Europa, ogni anno 400 mila persone muoiono per arresto cardiaco e di queste 60 mila sono in Italia; si tratta del killer numero uno nel mondo occidentale e uccide una persona ogni 8 minuti ma la sopravvivenza triplica se a intervenire sono i laici (personale non sanitario) in attesa dell’arrivo dell’ambulanza.


A illustrare i risultati ottenuti da Progetto Vita è la Dott.ssa Daniela Aschieri, che unitamente al Prof. Alessandro Capucci, ne è l’ideatrice: “Sul territorio piacentino sono presenti 976 defibrillatori; i volontari addestrati sono 55 mila; 125 sono le persone soccorse grazie a Progetto Vita. Per chi è colpito da arresto cardiaco ogni minuto che passa diminuisce del 10% la possibilità di sopravvivere, per questo intervenire prima fa la differenza”.

Giovedì, 05 Dicembre 2019 06:34

Piacenza, aggiornamento maltempo

Piacenza, 4 dicembre 2019 - L’intensa ondata di maltempo che ha colpito il nostro territorio nell’ultima settimana, sommata alle piogge scese in autunno, hanno reso ancora più fragile il nostro territorio montano e gli smottamenti nei diversi comuni ne sono la prova.

E’ il Presidente del Consorzio di Bonifica di Piacenza, Fausto Zermani a fare il punto della situazione: “In fase di avvio, e in corso, gli interventi sulle strada di Balzago (in comune di Bobbio) e di Avemagna (in comune di Farini); quasi terminati i lavori a Ottone Soprano; riaperta, a senso unico alternato con limitazione ai mezzi pesanti la strada per Proverasso (Ferriere); in programma i lavori per Santa Franca (Farini)”.

STRADA PER LAGOBISIONE
A Balzago di Bobbio è stato rilevato nei giorni scorsi un cedimento del rilevato stradale ed è in corso un intervento in somma urgenza per il ripristino e la messa in sicurezza.
Ad oggi è stata delimitata la zona di pericolo e la strada risulta percorribile.

STRADA VILLANOVA- AGLIO- PRADOVERA
Ad Avemagna di Farini una colata di fango aveva in parte invaso la strada e, al fine di mettere in sicurezza la viabilità rurale della zona, sono iniziati (e ancora in corso) gli interventi di regimazione sia delle cunette sia della scarpata adiacente alla carreggiata.
La strada è transitabile.

STRADA PER OTTONE SOPRANO
Quasi ultimati gli interventi lungo la strada che collega Ottone Soprano ai Semensi e Monfaggiano (Ottone) a completamento di quanto iniziato in somma urgenza già dalle prime ore di domenica 24 novembre. La strada è percorribile.

STRADA DI PROVERASSO (Ferriere)
Riaperta dalle prime ora di questa mattina, mercoledì 4 dicembre, la strada di Proverasso. Qui si può circolare a senso unico alternato con limitazione ai mezzi pesanti.

STRADA DI SANTA FRANCA (Farini)
Ancora chiusa alla circolazione la strada di Santa Franca. Qui, gli interventi sono in programma ma non ancora iniziati. Non ci sono persone isolate.

Continua Fausto Zermani: “Ad oggi non si registrano altre situazioni di pericolo imminente sulle altre strade di bonifica ma va tuttavia segnalato che sono presenti cunette compromesse e alcuni tombini otturati, oltre a terreni molti intrisi. La situazione di assetto idrogeologico è ancora del tutto in evoluzione e sotto monitoraggio attento. Va prestata attenzione”.

CITTÀ DI PIACENZA E FASCIA COSTIERA DEL PO
Per quanto riguarda la zona di pianura, le piogge intense e l’innalzamento dei fiumi e torrenti di questo periodo hanno richiesto la quasi massima funzionalità degli impianti idrovori posto lungo la fascia costiera del Po attivi sia con le pompe, utili al deflusso delle acque che arrivano da monte, sia con le paratoie che, chiuse, non permettono il rigurgito del grande fiume sui territori limitrofi.
In pieno regime di difesa: Finarda (Piacenza), Armalunga (zona sub urbana), Zerbio e Fossadello (Caorso), Casino Boschi (Sarmato).

E’ ancora il Presidente Fausto Zermani a proseguire: “Gli impianti idrovori sono fondamentali per la difesa dei territori di valle. In oltre ottanta anni di funzionamento, questi, sono stati mantenuti con cura, in alcuni casi potenziati e per tutti è stato installato un sistema di telecontrollo che permette - all’ufficio tecnico del Consorzio di Bonifica di Piacenza - di monitorare 24 ore 24 i livelli e agire su paratoie e pompe”.

DIGA DI MIGNANO (comune di Vernasca) e DIGA DEL MOLATO (Nibbiano in comune di Alta Val Tidone)
Alla diga di Mignano presenti circa 950 metri cubi pari al 9.5% del volume autorizzato.
Alla diga del Molato il volume è di circa 5.3 milioni di metri cubi pari al 85% del volume autorizzato.

A chiarire le motivazioni di una differenza così significativa di volume di invaso è Fausto Zermani:
“L’invaso di Mignano è mantenuto a quote relativamente basse perché entro la metà del mese di dicembre, se le condizioni idrologiche- idrauliche lo permetteranno, è in programma lo svaso completo del bacino al fine di permettere le annuali ispezioni e gli interventi di manutenzione ordinaria agli organi di scarico profondi.
Per la diga di Molato, invece, non è previsto lo svaso, e si è preceduto al rinvaso in previsione della prossima stagione irrigua. Qui, non verrà effettuata la prassi ordinaria di svaso perché ai piedi della diga è in corso il cantiere che permetterà la chiusura dell’ultima di cinque tranche di lavori che ci porterà, il prossimo anno, al collaudo tecnico dell’opera a seguito del quale potremo invasare risorsa fino alla quota di massima regolazione per una capacità totale superiore agli 8 milioni di metri cubi, rafforzando così le funzioni irrigue, di laminazione delle piene, di produzione di energia idroelettrica in aggiunta alla consolidata attrattività turistica per famiglie, scolaresche e sportivi”.

 

Life Claw progetto per la conservazione del gambero di fiume, cofinanziato dall’Unione Europea attraverso lo strumento life

Al via il progetto LIFE CLAW (LIFE18 NAT/IT/000806) per la conservazione dei gamberi di fiume autoctoni della specie Austropotamobius pallipes. Il progetto, che avrà durata quinquennale, raccoglie diversi partner scientifici e non: Il Parco Nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano - coordinatore del progetto - il Consorzio di Bonifica di Piacenza, Acquario di Genova-Costa Edutainment, l’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità Emilia Occidentale, il Comune di Fontanigorda, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, il Comune di Ottone, il Parco Naturale Regionale dell’Antola, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Università degli Studi di Pavia.
L’obiettivo principale del progetto è quello di conservare e migliorare le popolazioni attuali del gambero A. pallipes in declino nell’area dell’Appennino nordoccidentale delle regioni italiane Emilia-Romagna e Liguria, attraverso un programma di conservazione a lungo termine.
Il progetto si pone come obiettivi specifici:
- creare quattro strutture di allevamento ex situ per la reintroduzione e il ripristino delle popolazioni del gambero di fiume autoctono, al fine di garantire la sopravvivenza a lungo termine di questa specie.
- proteggere e aumentare gli stock delle popolazioni di A. pallipes più significativi per la conservazione della variabilità genetica della specie nell’Appennino nordoccidentale.
- contrastare la dispersione di gamberi alloctoni invasivi e la conseguente diffusione della “peste dei gamberi” da questi veicolata, che costituisce una delle principali cause di estinzione di specie autoctone negli ecosistemi di acqua dolce, mediante la rimozione intensiva e continua delle specie alloctone invasive e la costruzione di barriere fisiche per fermarne la diffusione a monte, nelle aree dove ancora vivono i gamberi autoctoni.
- stabilire una mappa per identificare i corsi d’acqua più idonei per la sopravvivenza dei gamberi di fiume autoctoni e per promuovere il divieto del rilascio continuo di salmonidi, che alterano drasticamente l’equilibrio dell’ecosistema acquatico.
- promuovere, con una campagna di comunicazione, la conoscenza della specie e l’importanza della sua conservazione. Oltre ad aumentare la consapevolezza, il progetto punta a scoraggiare l’introduzione sconsiderata di specie alloctone invasive.
- costituire una rete tra le parti interessate e le comunità locali per la conservazione delle specie.
- elaborazione di “buone pratiche” tecniche e sviluppo di un piano strategico di conservazione concreta per i gamberi autoctoni, da trasferire in altri contesti italiani ed europei.


Durante il 1° e il 2° anno alcune azioni preliminari rafforzeranno la base di informazioni e forniranno lo studio di fattibilità, prima della reintroduzione. Sarà realizzata un’ampia indagine per aggiornare la descrizione dello stato attuale dei gamberi autoctoni e alloctoni; sia nelle specie native che invasive sarà verificata la presenza dell’agente che provoca la “peste” tra le popolazioni di gamberi; saranno identificate le popolazioni native più significative per la conservazione della variabilità genetica della specie. Allo stesso tempo, verrà progettato un piano per il controllo delle popolazioni di gamberi invasivi. Un’azione preliminare prevedrà la formazione degli operatori delle associazioni ittiche e delle guardie ecologiche volontarie, con l’obiettivo di creare un team stabile preparato a supportare i partner del progetto durante le attività di allevamento e le catture dei gamberi invasivi, per tutto il periodo del progetto e negli anni successivi. Lo sviluppo di una consapevolezza della conservazione della biodiversità nelle comunità locali è un passo fondamentale per raggiungere gli obiettivi del progetto.
Le azioni concrete di conservazione saranno sviluppate nei successivi tre anni del progetto: saranno istituite quattro strutture interne ed esterne per l’allevamento dei gamberi presso i Comuni di Ottone, Fontanigorda, Corniglio e Monchio delle Corti. La prevenzione delle malattie sarà assicurata dal monitoraggio diagnostico per rilevare l’agente responsabile dell’epidemia dei gamberi, applicando tecniche di campionamento non invasive. Le azioni di conservazione in situ prevedono il potenziamento dell’habitat per aumentare la disponibilità di rifugi e la creazione di aree idonee alla riproduzione.


Situazione attuale
Le popolazioni autoctone di A. pallipes hanno subito un notevole declino negli ultimi 50 anni in Europa. In Italia il calo è stato del 74% circa negli ultimi 10 anni. Le popolazioni residue di A. pallipes sono ora confinate nelle zone sorgive, o vicine ad esse, di piccoli corsi d'acqua, dove i gamberi alloctoni non si sono ancora espansi e l’habitat è meno influenzato dalle attività umane.
Per la prima volta in Italia, due popolazioni di nuova costituzione del gambero invasivo di acqua fredda Pacifastacus leniusculus (gambero della California) sono state recentemente rilevate all’interno di uno dei siti del progetto “Lago del Brugneto”, nel bacino del fiume Trebbia (1.070 km2), e ai margini del sito “Rocca dell’Adelasia”; entrambi i siti ospitano ancora alcune popolazioni residue di A. pallipes. Sebbene queste due popolazioni di gambero della California siano ancora limitate, la loro presenza rappresenta una minaccia concreta dal momento che questi animali sono caratterizzati una maggior capacità di adattamento alle diverse condizioni ambientali, che consente loro di colonizzare nuovi habitat, relegando il gambero di fiume in zone marginali. Inoltre, le specie alloctone più diffuse in Italia, il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) e il gambero americano (Orconectes limosus), sono presenti nei territori della Pianura del Po e rappresentano una potenziale minaccia nell’ area del progetto, in particolare nella fascia collinare. Nei dintorni del Basso Trebbia A. pallipes è scomparso di recente dall’area a causa della colonizzazione da parte di P. clarkii.


Tutte e tre le specie alloctone invasive sono forti concorrenti per il gambero di fiume e portatrici della “peste dei gamberi”, che è responsabile della rapida contrazione delle popolazioni di A. pallipes. Rappresentano pertanto una delle minacce più pericolose per le specie autoctone e sono anche responsabili di danni da erosione alle sponde dei canali, dell’ostruzione di griglie poste in corrispondenze di canali intubati e di impianti e dell’occlusione di attrezzature necessarie per la gestione delle derivazioni delle acque irrigue (ad esempio paratoie).