Lunedì, 21 Agosto 2023 09:53

Con i cobot è alle porte una ‘cleaning revolution’? In evidenza

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  • Cresce nel mondo delle pulizie professionali il dibattito sui possibili effetti dell’avvento dei robot collaborativi. Con una prevalenza di previsioni di effetti positivi per i professionisti del settore

L’evoluzione tecnologica nel cleaning professionale: l’avanzata dei robot collaborativi (cobot)

Oltre all’adozione di criteri di sostenibilità con l’utilizzo di prodotti che limitano gli sprechi e l’uso di agenti chimici, tra le nuove frontiere del cleaning professionale, indissolubilmente legata all’evoluzione tecnologica, figura il crescente ricorso alle soluzioni ‘cobotiche’. I collaborative robot (cobot) sono macchinari che lavorano a supporto della prestazione umana facilitandone e integrandone il lavoro (pensiamo ad esempio a spazzatrici o lavasciuga per l’aspirazione e il lavaggio di grandi superfici), consentendo alle squadre di pulizia di focalizzare l’intervento umano su mansioni più di dettaglio, ma decisive, per il raggiungimento dei più elevati obiettivi prestazionali.

Perché la pandemia ha accelerato l’avvento dei cobot

È significativo, infatti, che la crescita di interesse nei confronti della cobotica abbia conosciuto un’accelerazione durante la pandemia da Covid 19, periodo a partire dal quale gli operatori del cleaning sono stati chiamati a garantire standard qualitativi di igiene e sanificazione ancora più alti, allo scopo di contenere o comunque ridurre al minimo la diffusione del virus. Dovendo concentrarsi particolarmente su aspetti qualitativi specifici, quali ad esempio l’igiene e la sanificazione dei bagni e dei punti di contatto, l’ausilio di macchinari cobot può consentire di ottimizzare i tempi di esecuzione, liberando gli operatori dai compiti più pesanti e ripetitivi.

L’impatto dei cobot: una ‘cleaning revolution’ in vista?

Ciò vale in particolare per spazi di ampie dimensioni, quali uffici open space, ospedali, supermercati, magazzini, showroom, centri commerciali, sale e strutture pubbliche. Un cobot riceve istruzioni da un essere umano per svolgere il lavoro specifico richiesto: una volta programmata, la macchina può quindi lavorare autonomamente su un compito, coordinando le proprie mansioni con la componente umana del team. Si tratta di un radicale cambio di prospettiva tanto che, una delle più autorevoli riviste del settore, l’European Cleaning Journal, parla di una cleaning revolution alle porte.

I cobot riassumono i progressi della tecnologia: sensori, IoT, AI

Esistono ovviamente diverse tipologie di robot collaborativi, a seconda della sofisticazione tecnologica con cui sono stati progettatati. I progressi continui nei settori della robotica determinano uno stato di fatto in cui i modelli più avanzati fanno ampio ricorso alla sensoristica e all’intelligenza artificiale. Si tratta di 2 facce della stessa medaglia: la prima consente alla macchina di muoversi autonomamente rilevando la presenza umana o gli ostacoli, ma anche, grazie all’Internet of Things nell’ambito degli ‘edifici intelligenti’, di raccogliere informazioni sulle condizioni degli ambienti in cui è chiamata ad operare.

Programmazione e deep learning per un progressivo affinamento delle prestazioni

Il lavoro ‘a monte’ svolto dalla sensoristica rappresenta il naturale nutrimento dell’intelligenza artificiale. La dotazione ‘cerebrale’ fondata sugli algoritmi di AI permette al cobot di elaborare continuamente le informazioni raccolte, innescando processi ininterrotti di machine e deep learning. Il risultato è dunque un ulteriore incremento qualitativo reso possibile dai cobot: oltre a consentire di focalizzare il lavoro umano sugli aspetti qualitativi di maggiore complessità, è esso stesso fattore di miglioramento in virtù del continuo auto-apprendimento da AI.

Il cobot raccoglie dati preziosi per l’efficientamento dei servizi

Ma c’è un ulteriore potenzialità di miglioramento che la tecnologia mette a disposizione, soprattutto in termine di efficientamento delle performance: la condivisione in rete dei dati raccolti dai cobot nel loro agire quotidiano rappresenta una banca dati di notevole interesse per il management aziendale che può in tal modo misurare le prestazioni, monitorare i miglioramenti, ottimizzare continuamente le operazioni. Si tratta di fattori di grande rilevanza in un contesto di mercato caratterizzato da margini sempre più ridotti, crescente concorrenza e richieste al rialzo da parte dei committenti in termini di qualità e quantità prestazionali.

I cobot possono provocare la perdita di posti di lavoro?

Non tutto è oro ciò che luccica, naturalmente. Intanto il ricorso alle macchine cobot, con il relativo consumo energetico aggiuntivo, può non costituire un elemento premiante nell’ambito degli attuali Criteri Ambientali Minimi previsti per i servizi di pulizia per la pubblica amministrazione. Più in generale, il ricorso all’automazione cobotica genera soprattutto preoccupazioni inerenti un conseguente calo dei livelli occupazionali. Secondo la maggior parte degli osservatori del settore, però, le cose non stanno così. In primo luogo, perché la cobotica implica per definizione la collaborazione tra i lavoratori in prima linea e le macchine-robot. È vero che i cobot svolgono compiti ripetitivi o faticosi che altrimenti verrebbero eseguiti da un dipendente, ma lavorano a fianco di quell'individuo o team, non al loro posto. Di più, le macchine sono istruite e monitorate dalle persone sul campo e, appunto, sono lì per collaborare con i lavoratori.

L’approccio (opposto) degli esperti: il cobot quale fattore di motivazione del personale

Ma proprio la funzione di sostegno e non meramente sostitutiva del cobot, argomentano gli esperti, piuttosto che una minaccia per gli addetti rappresenta per le aziende del settore un’importante opportunità di motivazione e in ultima analisi di fidelizzazione del personale: elemento tutt’altro che trascurabile in un comparto, quello dell’industria del cleaning, che vede tassi di abbandono del personale molto elevati. Non solo, infatti, l'introduzione di soluzioni cobotiche può alleviare i professionisti della pulizia dalla fatica fisica e mentale indotta dal lavoro ripetitivo. Grazie al contatto con tecnologie d’avanguardia che essi stessi sono chiamati a programmare, maneggiare e monitorare, gli addetti possono acquisire nuove competenze e intraprendere un lavoro più vario e appagante, avendo tra l’altro la soddisfazione di toccare con mano i miglioramenti dei risultati della propria operosità.

Un’adeguata formazione per superare le diffidenze

Certo, si tratta di dinamiche positive che non si possono innescare dall’oggi al domani e che, soprattutto, difficilmente arrivano da sé. Per sviluppare pienamente le potenzialità di collaborazione tra robot e personale è necessaria una adeguata formazione, volta soprattutto a favorire un approccio ‘user-friendly’ all’innovazione. Questo perché è normale che per i lavoratori abituati alle metodologie tradizionali del cleaning la prospettiva di adottare soluzioni high-tech sotto forma di robot, sistemi di sensori e apparecchiature digitali possa inizialmente creare ansia e scetticismo, soprattutto indotte dalla istintiva preoccupazione che l'uso della tecnologia nel migliore dei casi non farà altro che aumentare il loro già pesante carico di lavoro.

Nella ‘cleaning revolution’ l’apporto umano “non è sostituibile”

Dunque, è la conclusione prevalente tra gli osservatori, se correttamente orientata, il vero impatto dell'automazione non sarà nella sostituzione delle persone, ma nel modificare profondamente la tipologia di lavoro che la maggior parte dei professionisti del cleaning svolge quotidianamente. Piuttosto che attentare all’occupazione, i cobot miglioreranno e arricchiranno la vita lavorativa degli addetti, cambiando i connotati delle operazioni di pulizia che sono chiamati a compiere. Perché è vero che il cobot è una macchina intelligente e può quindi lavorare autonomamente, ma sulla base delle istruzioni che gli vengono fornite dalla componente umana del team. Ciò significa, concordano quasi tutti gli esperti del settore, che anche nella ‘cleaning revolution’ in vista il fattore umano non è sostituibile.

“Persone e robot collaborano per rendere il team più forte e attrezzato”

Si tratta di concetti compiutamente sviluppati nell’articolo Cleaners and smart technology - working hand in hand? comparso nei mesi scorsi sull’European Cleaning Journal.  Tra i pareri riportati quello di Thilo Ehrentreich, product manager di Kärcher, impresa leader nei prodotti per la pulizia professionale: “L'addetto alle pulizie umane vede una stanza, riconosce la necessità di agire, la suddivide in fasi di lavoro e trova soluzioni per problemi imprevisti, qualcosa che le macchine non possono fare". Aggiungendo: "La macchina, quindi, integra il lavoro umano piuttosto che sostituirlo, e in futuro questa cooperazione diventerà semplicemente più collaborativa". Concetto ribadito, tra gli altri, dall’amministratore delegato di Sasse Group, Benny Wunderlic, secondo cui “gli addetti alle pulizie non devono temere di essere sostituiti dai robot. La pulizia cobotica richiede l'input umano per un giudizio e un uso efficaci". Per gli esperti intervistati persone e cobot costituiranno dunque le componenti sempre più integrate del team di lavoro, fino a prevedere, come fa Dylan Ng Terntzer di LionsBot, che “gli assistenti cobot personali diventeranno indispensabili per ogni addetto alle pulizie".

I cobot protagonisti dei premi ad Issa Pulire 2023

Una ulteriore dimostrazione dell’interesse crescente per le soluzioni cobotiche è attestato dall’elenco dei prodotti candidati al Premio ‘Product of the Year’ al salone Issa Pulire 2023 tenutosi a Milano nello scorso maggio. Su 22 prodotti finalisti, 3 sono costituiti da robot collaborativi a cui si aggiunge una speciale piattaforma di servizi aziendali dedicata a sfruttare dispositivi intelligenti, IoT e intelligenza artificiale per fornire soluzioni a valore aggiunto. Un mondo in movimento, dunque, sulla scia di una evoluzione tecnologica in costante accelerazione, e per il quale la definizione di ‘cleaning revolution’ potrebbe non rivelarsi azzardata.