Giovedì, 28 Dicembre 2023 07:54

Diritto alle cure: il calvario di un talassemico In evidenza

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Purtroppo, si è costretti nuovamente a ritornare su un argomento già affrontato nelle pagine del nostro giornale, per portare un esempio rispetto a quello che si era già denunciato appunto, tempo addietro (link sotto).

Di Andrea Caldart Cagliari, 27 dicembre 2023 (Quotidianoweb.it) - La storia che andiamo a raccontare è quella di un uomo, A. S., che si è reso disponibile a renderla pubblica per cercare di aiutare a far aprire gli occhi a coloro che continuano a voltarsi dall'altra parte rispetto ai disagi sofferti da chi, minato nella salute, sia costretto a subire suo malgrado imposizioni consistenti in trattamenti sanitari e prestazioni personali che creano ulteriori disagi ed aggravi psicofisici per poter accedere alle cure.

Questi trattamenti sanitari e prestazioni personali imposte da una burocrazia cieca rispetto alla sofferenza umana, con l'unico pensiero rivolto alla rigida esecuzione burocratica di regole e direttive provenienti dall'alto, la cui legittimità ed utilità peraltro,  alla luce anche di recenti studi scientifici é giuridicamente  da ritenersi assolutamente contestabile.

Il sig. A. S. è talassemico, e pertanto in virtù del suo stato di salute è costretto a sottoporsi periodicamente, ogni circa 20 giorni, a delle trasfusioni di sangue, ad esso necessarie per la propria sopravvivenza. 

Ormai da quando è iniziato il cosiddetto periodo pandemico – cessato formalmente, ma mai nei fatti nelle strutture sanitarie e sociosanitarie - a tale peso deve anche aggiungersi una specie di calvario che lo vede costretto ad indossare la mascherina per ore, cioè per tutto il periodo che deve trascorrere nel centro microcitemico San Martino di Oristano, ove si svolge la trasfusione, per poter completare tutte le relative operazioni sanitarie necessarie.

Ciò sia di estate che di inverno ormai da quando tale dispositivo risulta previsto dai noti provvedimenti che lo contemplano negli ambiti sanitari e sociosanitari.

Peraltro, studi scientificamente solidi hanno evidenziato come la mascherina non sia uno strumento idoneo a perseguire gli scopi per cui viene notoriamente imposta in maniera quasi generalizzata in quasi tutte tali strutture.

Ciò infatti è stato di recente dimostrato in particolare dallo studio condotto da  un prestigioso staff Cochrane,1 coordinato da Tom Jefferson, epidemiologo del gruppo di Oxford, che ha presentato una revisione sistematica di  ricerche  da essi appositamente selezionate per la loro maggiore validità: 78 studi randomizzati e controllati (RCT) sui mezzi fisici atti a interrompere o ridurre la diffusione dei virus respiratori, fra i quali le mascherine; non solo, ma altri studi ne evidenziano anche addirittura effetti dannosi in caso di uso prolungato (sintesi divulgativa link sotto).

Inoltre, il fondamento legale di tale obbligo risulta assolutamente da contestarsi come ormai da più parti, vari giuristi asseriscono.

Un esempio su tale tema giuridico, l’intervista pubblicata sul nostro giornale il 25 settembre 2023 (link sotto) ed anche l'iniziativa dell'associazione di avvocati ALI “IO DICO NO” (link sotto).

La questione è arrivata addirittura davanti al TAR LAZIO, il quale anch' esso, con la sua ordinanza  di cui al ricorso 9326 del 2023 promosso sempre da ALI, avente ad oggetto l'annullamento  dell'Ordinanza del Ministero della Salute del 28 aprile 2023, pubblicata in data 29 aprile 2023 (G.U. Serie Generale del 29 aprile 2023) recante “Misure Urgenti in materia di contenimento e gestione dell'epidemia da Covid-19 concernenti l'utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie”, ha individuato nei contenuti del ricorso il  cosiddetto fumus boni iuris, e cioè la percezione nella fase sommaria cautelare svoltasi (il procedimento nel merito è ancora in corso) della sussistenza del  fondamento delle censure  rivolte  dalla ricorrente avverso l'Ordinanza, recante “Misure Urgenti in materia di contenimento e gestione dell’epidemia da Covid-19 concernenti l’utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie”; ciò, nelle seguenti circostanze :1) che l’urgenza espressamente prevista dall'art 32 L. 833 del 1978  quale presupposto per l'emanazione dell'ordinanza Ministeriale da esso disciplinata,   risultasse invece assente nella fattispecie in questione; 2) che i contenuti dell'ordinanza impugnata non fossero suffragati da un’istruttoria e una motivazione adeguate .

Di quanto sopra esposto è consapevole anche A. S. di Terralba (OR), affetto da talassemia, che, qualche giorno fa, recandosi al Centro Provinciale per le Microcitemie presente presso l'Ospedale di San Martino di Oristano in via Rokfeller, ormai stanco di respirare da mesi per ore ad ogni trasfusione i miasmi residuati dalla respirazione attraverso la mascherina, con aggravio del suo stato psico-fisico già provato, ha deciso di opporsi e far valere le sue ragioni.

Accade allora che dopo che già una volta gli fosse stato negato di accedere al reparto per effettuare la trasfusione periodica senza indossare la mascherina, sentitosi respingere la richiesta, abbia deciso di rivolgersi ad un legale perché lo tutelasse.

In particolare, attraverso l'avv. Antonio Verdone del foro di Cagliari veniva allora predisposta ed inviata al Direttore Sanitario della ASL 5 di Oristano una diffida, nella quale si contestava la legittimità dei provvedimenti che condizionassero all'uso della mascherina la possibilità da parte del sig. A. S. di fruire delle prestazioni sanitarie da effettuarsi presso il Centro Provinciale per le Microcitemie presente presso l'Ospedale di San Martino di Oristano.

In seguito ad essa il sig. A. S. tuttavia racconta  che si sarebbe recato  presso il Centro chiedendo di poter accedere alla trasfusione senza mascherina, ma la sua richiesta gli sarebbe stata ugualmente respinta, ed alla fine il medico presente gli avrebbe chiaramente detto che per accedere alla trasfusione avrebbe dovuto  obbligatoriamente indossare la mascherina per ordine della direzione sanitaria, costringendolo, umiliato e debole, non potendo ricevere la cura, dichiaratamente contro la sua volontà, a rindossare tale strumento per le ulteriori  lunghe ore che avrebbero scandito il completamento delle operazioni di trasfusione.

Questo tipo di cure prevede che il paziente debba rimanere nell’ambulatorio ospedaliero per circa 4/5 ore indossando quel dispositivo che non permette di respirare bene.

Da tale racconto viene allora da riflettere anche sui patimenti dei lavoratori di tali reparti, costretti ad indossarla per tutte le ore del servizio svolto durante tutta la settimana.

Oltre alla mascherina poi, non va trascurato anche  l'obbligo di  tamponi, altro strumento giuridicamente da contestarsi, come descritto sempre nell’articolo pubblicato nel nostro giornale il 25 settembre scorso, da ultimo ribadito anche da una circolare dal Direttore Generale Ministero della Salute, Dr. Francesco Vaia del 15 Dicembre scorso come da quella precedente dell'8 settembre alla quale si richiama, trattamento sanitario la cui attendibilità peraltro è stata fortemente messa in discussione  (vedi per le criticità scientifiche  di attendibilità dei tamponi ad esempio la nota dello stesso OMS WHO, WHO Information Notice for IVD Users, e l'articolo del dr. Stefano Scoglio, links sotto).

È corretto che in questo periodo più di altri si voglia monitorare con particolare attenzione tutte le malattie respiratorie, ma ormai sembra che trattamenti sanitari obbligatori e imposizione di mascherine di dubbia efficacia  siano divenuti vere e proprie condizioni per l'accesso alle cure, a pena del respingimento del bisognoso a qualunque costo potenziale, continuando peraltro ad alimentare  un clima da terrore pandemico che invece dovrebbe essere superato al più presto, per ritornare ad avere il faro puntato in via principale sulla salute e la dignità dell'essere umano, che dovrebbe essere anche la missione di ogni medico e sanitario.

Per avere un approfondimento sui temi giuridici legati alla vicenda abbiamo rivolto la domanda direttamente al legale del sig. A. S., l'avv. Antonio Verdone, del foro di Cagliari, socio anche della associazione ALI.

Avvocato Verdone il nostro giornale sta raccogliendo numerosissime segnalazioni come quella del suo cliente sig. A. S., ma in questo caso siamo veramente di fronte una vera e propria negazione al diritto alle cure?

Con l'imposizione dei vari trattamenti sanitari e prestazioni obbligatorie introdotti durante il cosidetto periodo pandemico si è ritenuto di dare prevalenza nel bilanciamento dei valori costituzionali, ai doveri inderogabili di solidarietà sociale, previsti dall'art 2 della Costituzione, rispetto a diritti costituzionali dell'individuo, quali quello alla dignità della persona umana, ai fini del perseguimento del superiore obiettivo della prevenzione sanitaria e della salute pubblica. Tuttavia vi è da porre in rilievo che i doveri inderogabili di solidarietà sociale costituiscono un valore costituzionale particolarmente delicato da gestire, poiché presuppongono in taluni casi, come avvenuto per l'appunto durante il cosidetto periodo pandemico, l'individuazione di un bene comune la cui tutela è ritenuta prevalente dalle Istituzioni Politiche rispetto ai diritti del singolo, la cui individuazione ed i cui strumenti per garantirne la realizzazione avviene tuttavia di volta in volta attraverso le scelte della classe politica o di governo al potere di turno , e purtroppo la storia ha dimostrato che essa in sistemi di governo influenzabili da grandi interessi economici e/o privati potrebbe essere indotta a sposare interessi particolari tutt'altro che tesi al perseguimento dell'obiettivo altruistico che dovrebbe essere espresso da tale dovere di valenza sociale e costituzionale: quest'ultimo ha, quindi, bisogno a maggior ragione di una grandissima attenzione nella sua gestione laddove, come nel caso in questione,  vada a contrapporsi addirittura ai diritti costituzionali di altissimo valore,  inviolabili della persona, quali quelli alla dignità umana ed alla salute  individuale.

Fatta tale premessa, nel caso del sig. A. S. si ritiene che le sue ragioni di opporsi all'utilizzo della mascherina per accedere alle cure abbiano fondatezza sul piano del diritto.

Innanzitutto vi è da rilevare che la letteralità stessa della normativa di cui all'Ordinanza del 28 Aprile 2023 del Ministero della Salute, laddove disciplini l'utilizzo delle mascherine, se la si pone in confronto con i contenuti della successiva prescrizione che troviamo nella medesima ordinanza in materia di tampone, non contempli espressamente, a differenza di quest'ultima, che il mancato utilizzo della mascherina possa essere un impedimento all'accesso alle strutture di cura, e quindi alle cure stesse.

Vi è inoltre da rilevare che la stessa Ordinanza del Ministro Schillaci che ha introdotto la disciplina a livello nazionale sull'utilizzo della mascherina e del tampone nelle strutture sanitarie e socio sanitarie, rappresenti una attuazione pratica delle riserve di legge degli artt 32 comma 2 e 23 della nostra Costituzione,  effettuata nella fattispecie attraverso l'art. 32 della L. 833 del 1978, riserve di legge qualificate come relative dalla giurisprudenza Costituzionale, e quindi, prevedenti la possibilità che la disciplina legislativa venga integrata ai fini del suo maggior dettaglio dai contenuti di norme di grado inferiore: circostanza che al riguardo infatti è stata realizzata con l'emanazione della Ordinanza del Ministro  Schillaci, emessa ai sensi del predetto art 32 della legge 833 del 1978, che rappresenta a sua volta l' attuazione di tali riserve  di legge relative.

Al riguardo, tuttavia vi è da osservare che la circostanza che il Parlamento attraverso la legge, come avvenuto con l'introduzione dell'art. 32 comma 1  della L. 833 del 1978, ritenga di delegare una  parte determinata delle sue prerogative a condizioni determinate ad un soggetto diverso da se, affinché sia realizzato con un maggior dettaglio il compito di garanzia ad esso assegnato, consista essa stessa nell'attuazione di tale funzione di garanzia, che in tal caso si esplicita per l'appunto nella scelta legislativa - evidentemente effettuata in virtù delle precise caratteristiche e competenze del soggetto prescelto - dell'organo giuridico  ritenuto più idoneo ad efficientare la realizzazione di tale compito, nonché nella individuazione delle condizioni che determinino la necessità e consentano che tale compito sia realizzato con il contributo operativo  dell'organo così scelto: da ciò deriva  la conseguenza logica che la subdelega effettuata a terzi da parte del Ministro della Salute in relazione alle prerogative ad esso invece solo univocamente attribuitegli dagli artt. 32  L. 833 del 1978, costituisca ipso facto la violazione delle riserve costituzionali di legge in questione.

Si rileva allora che laddove l'adempimento a tali obblighi divengano, come è avvenuto nel caso del sig. A. S. per la mascherina, condizione imposte agli utenti  per l'accesso alle strutture di cura  e, quindi alle cure stesse, da numerosi organi  aventi la medesima competenza, ognuno per la sua fetta sanitaria, la soggettività delle valutazioni del gran numero di tali organi aventi la medesima capacità decisionale non potrebbe che portare alla disomogeneità della relativa disciplina:  evento che infatti ci si rende conto si sia puntualmente verificato e si stia regolarmente verificando nelle strutture di cura presenti nelle varie Regioni d'Italia, ivi compresa in particolare per quanto attiene al sig. A. S. la Regione Autonoma della Sardegna.

Ciò è da ritenersi illegittimo, poiché laddove l'uso della mascherina o l'effettuazione del tampone debbano essere ritenuti condizioni imprescindibili per l'accesso alle strutture di cura a parte degli utenti delle stesse con evidente e dichiarato scopo di prevenzione pandemica – come avviene attualmente - esse  divengono contestualmente anche condizioni perché si possa accedere ai livelli essenziali di cura, oltre che misure di profilassi preventiva per scongiurare la ripresa della Pandemia; ne consegue che tali condizioni dovrebbero allora essere uguali in tutta Italia per tutti gli utenti a meno di non violare gli obblighi costituzionali di uguaglianza ed il divieto di irragionevole discriminazione sanciti dall'art 3 della Costituzione e dall'art 21 della Carta di Nizza: il diritto di accesso alla cure è infatti una esplicazione del diritto alla salute ed alla dignità della persona e del dovere di solidarietà sociale, di cui agli artt 2 e 32 comma 1 della Costituzione  e 1,2,3,34 comma 1 e 35  della Carta di Nizza, e  la riserva di legge prevista dall'art 32 comma 2 e dall'art 23 della Costituzione non potrebbero che interpretarsi come una riserva di legge Statale ove la norma debba stabilire rispettivamente trattamenti sanitari obbligatori o imposizioni personali (nel caso in esame è parere che le misure appartengano contemporaneamente ad entrambi tali tipologie) quali condizioni poste in chiave di gestione preventiva pandemica per accedere ai livelli essenziali di cura.

Si tratta infatti di materie di esclusiva competenza statale poiché rientrante nell’art 117, secondo comma, lettere m) e q), e terzo comma della Costituzione – ossia la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» e la «profilassi internazionale», nonché dei principi fondamentali della materia «tutela della salute».

La sentenza n. 37 del 2021 della Corte Costituzionale ha peraltro definito chiaramente che la profilassi internazionale sia ritenuta comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla. Come già affermato dalla Corte, essa concerne tutte quelle norme tese a garantire uniformità anche nell’attuazione, in ambito nazionale, di programmi elaborati in sede internazionale e sovranazionale (Corte Cost 5/2018, n. 270 /2016,173/2014, 406/2005 e n. 12 / 2004).

Peraltro anche eventuali limitazioni al diritto degli utenti ad essere accompagnati  alle strutture ed a ricevere visite durante il ricovero, attraverso l'imposizione   posta a carico di accompagnatori e visitatori per fini di prevenzione pandemica   di mascherine o tamponi o altre prestazioni personali o trattamenti sanitari obbligatori, dovrebbero ritenersi sempre di competenza esclusiva dello Stato, poiché sempre appartenenti alla suddette materie di cui all'art 117, secondo comma, lettere m) e q), e terzo comma della Costituzione; anch'essi poi, si rileva, sono promanazione degli stessi diritti inviolabili  alla salute ed alla dignità della persona, e del dovere di solidarietà sociale, tutelati dall'art 2 e 32 della Costituzione ed a livello Eurounitario dagli artt 1,2,3, 34 comma 1 e 35 della Carta di Nizza;  infatti,  nel caso degli accompagnatori, si tratta  di soggetti che aiutano l'utente, sia sostenendolo psicologicamente sia consigliandolo, e, qualora non sia autosufficiente, anche coadiuvandolo fisicamente, contribuendo a supportarne e/o determinarne l'accesso alle strutture di cura ed alle stesse cure, mentre il diritto alla visita dovrebbe ritenersi parte integrante della tutela della salute psichica del malato durante il ricovero: si tratterebbe quindi, sia per gli accompagnamenti che per le visite, di prestazioni rientranti nei  livelli essenziali minimi del diritto civile e sociale rappresentato dal diritto alla cura, quale espressione del più ampio diritto alla salute.

Stante quanto sopra premesso e nonostante quanto su rilevato in merito alla riserva di legge di cui agli artt 32 comma 2 e 23 della Costituzione, vi è purtroppo invece da osservare che per quanto attiene alla Regione Autonoma della Sardegna ed alle altre Regioni Italiane, tali considerazioni giuridiche non siano accolte; non solo, ma in molte Regioni, come anche quella sarda, sono state anche fatte delibere della varie Giunte Regionali che hanno ulteriormente aggravata la confusione giuridica, poiché trattasi di atti amministrativi, che non dovrebbero quindi andare in contrasto delle normative di grado superiore sopra esposte, da ritenersi nulli per difetto dell'attribuzione del potere ad essere emanati in virtù delle riserve di legge e competenze statali sopra illustrate: deriva che  i contenuti dei provvedimenti amministrativi emessi dai direttori sanitari e dagli altri organi competenti in relazione a tali statuizioni dovrebbero ritenersi nulli anch'essi e, quindi, privi di efficacia, con la conseguente illegittimità degli impedimenti all'accesso alle strutture di cura basati su di essi.

Per tutto quanto sopra illustrato pertanto, l'imposizione dell’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie e/o di un tampone diagnostico quale condizione per accedere alle cure, effettuata in applicazione della predetta subdelega e/o della predetta disciplina regionale, dovrebbero costituire provvedimenti contra legem.

Allo stesso modo, si dovrebbero ritenere del tutto nulle le più recenti circolari ministeriali dell’8 settembre 2023 n. 27648 e n. 39123 in data 15 dicembre 2023 a firma del Direttore Generale del Ministero della Salute Dr. Francesco Vaia, che hanno ulteriormente incrementato la confusione normativa già esistente.

Quella dell'8 settembre infatti risulterebbe innanzitutto da una parte priva di legittimità e nulla in quanto finalizzata ad interpretare i contenuti della subdelega effettuata dall'Ordinanza del 28 Aprile 2023, da ritenersi nulla essa stessa, dall’altra poiché risulterebbe in ogni caso emessa senza che vi sia stata alcuna legge Statale che ne abbia fondato i presupposti e tracciato i confini - e quindi in violazione delle riserve di legge Statali sopra illustrate.

Essa peraltro risulta andare oltre lo stesso perimetro dei contenuti della stessa ordinanza del Ministro della Salute - della quale invece espressamente dovrebbe svolgere funzione interpretativa per rendere omogenea la pratica dell'effettuazione dei tamponi - stabilendo rispetto a tale ordinanza, senza che ne sia stato attribuito il relativo potere, ulteriori condizioni per l'effettuazione dei tamponi e per l’accesso alle strutture sanitarie e sociosanitarie.

Essa infatti, nonostante la stessa ordinanza del Ministro Schillaci affermi che non sussista obbligo a livello normativo dal 31 ottobre 2022, in quanto l’art. 2-bis “Misure concernenti gli accessi nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie” del D.L. 22/04/2021, n. 52, come modificato dall’articolo 4, comma 1 lett. b) del D.L. 23/07/2021, n. 105, D.L. 23/07/2021, n. 105, è stato abrogato dall'art. 7-ter, comma 2, D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199: 1) individua soggetti ulteriori, rappresentati dai clinici, non contemplati dalla citata ordinanza del Ministro Schillaci, quali soggetti competenti a stabilire ulteriori indicazioni per l’effettuazione dei suddetti test diagnostici per l'accesso al pronto soccorso ed alle strutture sanitarie; 2)  contempla ulteriori strutture sanitarie  rispetto al pronto soccorso, in cui sarebbe indicata l'esecuzione del tampone ai fini dell'accesso (laddove al paragrafo 1 disciplina e contempla tale strumento diagnostico per l'accesso dei pazienti  sia al Pronto Soccorso che in generale per il ricovero nelle strutture sanitarie nei casi ivi previsti, ed al paragrafo 2 lo contempla indiscriminatamente per l'accesso degli ospiti in generale alle strutture residenziali sanitarie e socio-sanitarie nei casi ivi riportati); 3) diversamente dall'ordinanza, presuppone implicitamente ulteriori prestazioni personali ai fini dell'accesso, quali la previa verifica ed acquisizione dei dati sensibili riguardanti condizioni di salute e stati e fatti personali dei pazienti, per l'accesso alle strutture contemplate dal paragrafo 1;   4) al paragrafo 3 (Contenimento dei contagi, misure di igiene e di protezione personale) diversamente dalla previsione dell'ordinanza del Ministro della salute,  presuppone implicitamente ulteriori prestazioni personali quali la previa verifica ed acquisizione dei dati sensibili riguardanti condizioni di salute dei visitatori, accompagnatori ed operatori sanitari, prevedendo implicitamente anche il  potere da parte degli organi competenti  di  impedire loro l’ingresso alle strutture sanitarie e socio-sanitarie in caso di sintomatologia respiratoria nella casistica indicata da tale paragrafo.

Allo stesso modo anche la circolare del 15 dicembre dovrebbe ritenersi nulla e, quindi, priva di fondamento legittimo.

Da una parte infatti questa richiama la circolare dell'8 settembre - quindi reiterando al riguardo gli stessi vizi sopra indicati - dall'altra, anche in tal caso in assenza di qualunque legge statale che ne tracci il perimetro di azione, e quindi, in assenza di attribuzione del relativo potere conferito in virtù delle riserve di legge statali su illustrate, traccia ulteriori condizioni per l'accesso alle strutture sanitarie e socio sanitarie (vedi oggetto della circolare) rispetto a quelle riportate sia  dalla stessa Ordinanza del Ministro della Salute sia dalla circolare dell' 8 Settembre.

Essa infatti indica in generale l'effettuazione di prestazioni personali ritenute indispensabili per l'accesso, quali la previa implicita verifica ed acquisizione dei dati sensibili riguardanti condizioni di salute e, nei casi sintomatici indicati, l’effettuazione di trattamenti sanitari ulteriori rispetto al tampone, ai fini della rilevazione sia del virus del Sars Cov 2,- sia degli di ulteriori virus da essa contemplati.

Per le ragioni ampiamente sopra illustrate, quindi, si ritiene in conclusione che,  con riferimento alle prestazioni che dovrebbero essere  rese dal servizio sanitario nazionali, quali quella di cui avrebbe dovuto fruire il sig. A. S., l'imporre l'uso della mascherina (e/o tampone) quale condizione per l'accesso ad esse - che dovrebbero essere invece liberamente fruibili e, nel caso del sig. A. S. altresì resegli senza ritardo - dovrebbe ritenersi configurare fattispecie rilevanti anche sul piano penale per chi le ponesse in essere o concorresse a porle in essere; esse peraltro rappresenterebbero per gli stessi motivi anche illeciti sul piano deontologico per le categorie professionali interessate dalla normativa di riferimento. 

Per quanto sopra esposto, per quanto patito, il sig. A. S. è anche risoluto a voler sporgere debita denuncia-querela verso i responsabili, al fine di potersi costituire parte civile ed ottenere nei loro confronti il risarcimento dei danni da esso subiti.

Purtroppo, il suo caso rappresenta uno dei tanti che stanno avvenendo in Italia.

Ormai, come detto, sembra che medici e sanitari abbiano perso di vista quella che invece dovrebbe essere il loro faro, e cioè la salute e la dignità dell'essere umano.

Si spera che le ormai troppe criticità emerse e che stanno continuando ad emergere, dando luogo a volte a vere e proprie negazioni del diritto alle cure da parte delle varie strutture sanitarie, vengano tenute da conto dal Ministro della Salute, e che alla data di imminente cessazione di efficacia della sua Ordinanza datata 28 Aprile di quest'anno, prevista per il prossimo 31 Dicembre, non seguano provvedimenti omologhi, ed inoltre, che le stesse Regioni contestualmente ritirino la loro normativa interna in materia, prendendo atto della sua illegittimità.

 

Link utili:

https://www.quotidianoweb.it/attualita/condizioni-per-laccesso-alle-cure-caos-totale/

https://www.politicamentecorretto.com/2023/06/30/sanita-perche-lobbligo mascherine-va-rivisto/

https://avvocatiliberi.legal/io-dico-no-le-diffide-e-le-denunce-per-chi-impone-prestazioni-personali-o-trattamenti-sanitari-illeciti-e-abusivi/

https://www.who.int/news/item/14-12-2020-whoinformation-notice-for-ivd-users

https://www.facebook.com/notes/stefano-scoglio/la-ciliegina-truffaldina-sulla-torta-avvelenata-dei-tamponi/10219370348431620

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