Domenica, 13 Agosto 2023 09:28

Telemedicina e cure domiciliari: finanziamento MUR per studiarne esperienze e prospettive In evidenza

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Di Andrea Caldart Cagliari, 12 agosto 2023 (Quotidianoweb.it) - Un importante passo avanti nella cooperazione tra telemedicina e cure domiciliari arriva attraverso un bando del Ministero dell’università e ricerca (MUR), che ha finanziato uno studio denominato ETHICS (ElecTronic Health In ContextS).

Il progetto ETHICS ovvero la “sanità elettronica contestualizzata”, fa parte dei progetti PRIN (“Progetti di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale”) finanziati nell’ambito del PNRR, il noto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che dà molta attenzione a sanità elettronica e nuovi paradigmi clinici.

Si tratta quindi del finanziamento pubblico a ricerche tendenti al rafforzamento delle basi scientifiche nazionali: con i PRIN vengono finanziati progetti ‘complessi’, necessitanti della collaborazione di una pluralità di ricercatori ed enti. Il progetto ha come capofila l’Università di Milano, che lavorerà assieme a quelle dell’Università di Bergamo e dell’Università Politecnica delle Marche.

Abbiamo raggiunto il prof. Nicola Matteucci, docente di Economia Applicata e responsabile dell’unità PRIN presso la Politecnica delle Marche, per illustrare l’importante studio che si svilupperà nel biennio 2023-25.

Prof. Matteucci la prima domanda sembra scontata, che cos’è questo studio?

Il progetto si fonda su due concetti chiave, oggi molto discussi, anche alla luce dell’enfasi postavi dal PNRR: telemedicina e cure domiciliari. Esse sono in stretta connessione: la prima è infatti un fattore abilitante per le cure domiciliari, per tutte le patologie acute e croniche così trattabili. La telemedicina ha una lunga storia, e le sue versioni contemporanee si caratterizzano per l’impiego massivo di tecnologie di comunicazione di tipo digitale (ICT) per la cura ed il monitoraggio a distanza del paziente. Con la telemedicina, il sistema di cura diviene anche più integrabile con altri ambiti: il sistema gestionale, amministrativo, etc. Si pensi all’importanza trasversale della ricetta elettronica e ai grandi database statistici per la ricerca. Veniamo ora al secondo concetto, le cure domiciliari: esse sono un modello clinico che fa della casa il primo luogo di cura del paziente, in raccordo con la sanità territoriale. L’idea del modello è che, quando clinicamente possibile, l’ospedalizzazione vada evitata: non solo per il contenimento dei costi e rischi sanitari (e.g., infezioni ospedaliere), ma anche per garantire un miglior benessere soggettivo del paziente (specie se anziano), tutelato dal mantenimento delle sue relazioni e ambiente di vita. Il nostro progetto è naturalmente orientato alla comunità scientifica, ma ha delle importanti ricadute in termini di politiche sanitarie e socio-economiche. Da ultimo, nell’ottica di fare scienze sociali ‘utili’, esso guarda alla creazione di comunità cliniche e di cura (quindi intrinsecamente ‘sociali’).

L’Italia, dopo la pandemia, è pronta a questa rivoluzione strutturale ed organizzativa?

La situazione non è facile, e anche questo sarà oggetto di studio nel nostro PRIN. Anche a causa dei tagli finanziari del Sistema Sanitario Nazionale, il suo tessuto pre-pandemico si era rarefatto ed era divenuto ospedale-centrico, mancando un adeguato raccordo tra centri di cura territoriali (e.g., poliambulatori), medici di base (MMG), e ospedali. Questo deficit strutturale, che crediamo essere stato prima di tutto culturale ed organizzativo, ha frenato una proficua collaborazione tra medicina ‘territoriale’ ed ospedaliera. La stessa diffusione della telemedicina ne è risultata ostacolata. Con la fine della pandemia e l’uscita dal clima di emergenza, che in Italia è durato più che altrove, si apre una nuova stagione di riflessione e progettualità, grazie anche al supporto dei fondi straordinari del PNRR. Il nostro progetto, studiando il passato in modo scientifico, vuole aiutare il policy maker a valorizzare il binomio telemedicina-cure domiciliari per la sanità del futuro, che dovrebbe essere più personalizzata.

Prof. Matteucci ci sono esperienze rilevanti in Italia di telemedicina?

Si, anche in Italia da tempo si sono avute importanti esperienze di telemedicina e cure domiciliari; ad esempio nel trattamento delle malattie oncologiche, con casi di successo e insuccesso. Essi costituiscono un primo caso di studio per il nostro progetto, anche a motivo dell’incidenza socio-demografica raggiunta purtroppo da queste patologie. Inoltre, venendo al periodo più recente, una forte spinta per la telemedicina e le cure domiciliari è venuta con la pandemia, quando il clima emergenziale e la mancata integrazione territoriale dei luoghi di cura hanno reso meno lucida ed efficace la risposta nazionale all’emergenza pandemica, nonostante l’impegno profuso nelle cure – spesso eroico. Insieme, con la pandemia sono sorti dal basso, con pochi mezzi e spesso su base volontaria, nuovi modelli di telemedicina e cure domiciliari: il riferimento è alle terapie precoci per prevenire l’aggravamento dell’infezione SARS-Cov2 e lo sviluppo della Covid-19. Si tratta di un fenomeno scientificamente molto originale, che arricchisce l’evidenza empirica che il progetto vuole studiare. Riteniamo che, per la sua natura inedita e poco compresa, anche esso contribuirà ad arricchire la nostra riflessione teorica sul ruolo della tecnologia, dell’innovazione clinica e degli ‘altri’ fattori sull’evoluzione del binomio telemedicina-cure domiciliari.

Veniamo al progetto ETHICS: in che modo esso darà impulso ad uno sviluppo “sociale” come modello innovativo e di successo nelle cure domiciliari?

Il presente progetto di ricerca adotta una prospettiva di analisi interdisciplinare: unendo competenze diverse, esso fa uscire la telemedicina e il modello clinico domiciliare da una visione tecno-centrica, per evidenziare i suoi vari fattori abilitanti, che sono soprattutto sociali, economici ed istituzionali. Come economista dell’innovazione, e più generale come scienziato sociale, reputo questo approccio euristico molto fertile: in letteratura ormai vi è la consapevolezza che, nell’economia di mercato, le tecnologie non si affermano e sopravvivono basandosi solo su fattori tecnologici – incluse le stesse ICT. Molti fallimenti di adozione e diffusione tecnologica sono spiegabili proprio con il fatto che le relative innovazioni erano state implementate senza garantire le complementari condizioni socio-economiche ed istituzionali sul territorio. Per questo, oltre a contribuire alla letteratura scientifica, il nostro progetto vuole sistematizzare le esperienze di successo e quelle di fallimento anche a fini di nuove politiche sanitarie e socio-economiche. Pertanto, anche per rendere il sistema sanitario italiano più preparato a gestire future emergenze, e per integrare in modo collaborativo e non ideologico tutti i soggetti coinvolti nel sistema socio-sanitario e nelle relazioni di cura: innanzitutto la comunità biomedica e clinica (incluso il mondo della ricerca), i prestatori di assistenza ed i pazienti, le istituzioni, senza dimenticare la cittadinanza attiva e lo stesso terzo settore, che hanno dato un contributo fondamentale in periodo pandemico. Una volta studiati, le esperienze e i modelli considerati dal progetto, qualora replicabili e adattabili in altri contesti, potrebbero rappresentare un modello innovativo di trasferimento tecnologico e di pratica medica.

Professore nelle pratiche di telemedicina attuali, come si lavora?

Attualmente, nelle pratiche di telemedicina prevale ancora un approccio tecno-centrico e biomedico di tipo riduttivo. Questo approccio inquadra le tecnologie come semplici (e neutrali) strumenti a supporto della cura e sostiene una visione riduzionista delle malattie come incidenti biologici o squilibri biochimici. Tuttavia, esistono approcci scientifici complementari o alternativi. Essi considerano la salute e la malattia come proprietà del sistema sociale, piuttosto che condizioni individuali, enfatizzando il ruolo delle “comunità di pratica” di clinici, pazienti, famiglie, amministratori, volontari, paramedici e terzo settore. Tutti questi mondi sociali correlati contribuiscono alla salute, alla malattia e al recupero dei singoli pazienti. In questa prospettiva, le prestazioni e l'efficacia delle tecnologie di sanità elettronica dipendono dal loro radicamento in contesti abilitanti socialmente ed istituzionalmente ‘densi’.