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"I tre giorni di Pompei" è l'ultimo lavoro di Alberto Angela. Un romanzo in cui prendono forma personaggi veramente esistiti. Una documentazione rigorosa, basata su fonti e approfonditi studi. In questi giorni la presentazione del libro. Una parte del ricavato sarà devoluta per la restaurazione dell'affresco Adone Ferito nella casa omonima di Pompei.


di Cigno Nero - 
Pompei è la scena di un crimine, il più colossale dell'antichità. Una tragedia immane dai contorni oscuri. Un enigma che ci ha lasciato la storia, quello più affascinante, drammatico e nebuloso.
Per anni la ricostruzione dei giorni dell'eruzione del Vesuvio è stata complessa e spesso lontana dall'essere risolta perché troppi elementi non hanno coinciso.

Queste numerose incongruenze hanno reso ancora più affascinate e stimolante il mistero attorno alla storia drammatica di una delle città più floride dell'antichità. Con essa morì in pochi istanti anche la vicina Ercolano, dove furono rinvenuti 300 morti. La furia del Vesuvio non diede loro tregua. Le distrusse, ma con modalità diverse, inaspettate. E 'scavare' fra le fonti è diventata un'impresa difficile ma sorprendente, visti i risultati.

Alberto Angela, uno dei più famosi divulgatori televisivi, ha, con passione e grande attenzione delle fonti e degli elementi raccolti, ricostruito quella escalation mortale cercando di sfatare i falsi miti che sono nati attorno alla distruzione di Pompei e di Ercolano. Ne è venuto fuori un romanzo, "I tre giorni di Pompei" , in cui si muovono personaggi realmente esistiti che vivono storie vere, doviziosamente documentate,
Il Vesuvio, che un tempo non era come lo vediamo noi adesso perché aveva una morfologia completamente diversa, aveva lanciato dei messaggi anni prima. E nel romanzo vengono fatti dei collegamenti fra i vari elementi raccolti per comprendere proprio questi segnali.
Prima di tutto bisogna dipanare un punto: le date dell'eruzione del Vesuvio non coincidono con quelle ricostruite. Lla catastrofe non avvenne il 24 agosto del 79 d.C. ma il 24 ottobre del 79 d.C. Molti elementi rinvenuti, come i resti di melograni e castagne, bracieri e indumenti pesanti, hanno fatto capire che era autunno inoltrato.

I tre giorni di Pompei

Sarà interessante scoprire nel racconto alcuni indizi come quelli dei lavori in corso. Alcuni cumuli di calce sono stati trovati in diverse case: dovevano servire per restaurare affreschi. Questo ha fatto dedurre che ci doveva essere stata precedentemente una scossa forte che li aveva rovinati .
Anche gli stili degli affreschi non sono omogenei: ce ne sono di più recenti proprio perché rifatti su quelli distrutti da terremoti precedenti.
Un altro punto chiarito nel libro è quello dell'esodo di massa degli aristocratici dalla città: i patrizi erano già fuggiti, in seguito alle avvisaglie che erano già state date dal vulcano. La città, infatti, era in mano ai nuovi ricchi : schiavi bravi nel commercio che erano stati affrancati e si erano arricchiti.

Ma cosa ha significato per la popolazione che viveva alle falde del Vesuvio trovarsi in quei luoghi nel giorno eruzione?

La ricostruzione fatta da Angela e dalla sua equipe di esperti districa la matassa.

E' il 24 ottobre. Un venerdì mattina. Pompei incomincia la sua attività ma qualcosa è diverso dal solito . Il monte che domina il Golfo di Napoli si chiama Vesuvius, ma all'epoca era 'piatto', coperto di boschi .
Ha un aspetto non usuale: tutte le pendici sono rivestite di polvere chiara. Nell'aria si percepisce un forte odore di zolfo. C'è una nebbia strana, come se fosse una nuvola bassa . In lontananza si avvertono dei brontolii, come tuoni. Il vulcano sta per esplodere. I vulcanologi confermano che prima della grande eruzione era già successo qualcosa di molto evidente. A riprova di questa tesi ci sono anche i lavori in corso del Foro che stava per essere ricostruito proprio perché sedici anni prima c'era stato un forte terremoto. Attorno all'una una deflagrazione. Agghiacciante. L'eruzione è paragonabile a quella di migliaia bombe atomiche di Hiroshima fatte esplodere in più giorni!

I numeri della tragedia sono impressionanti: dieci miliardi di tonnellate di magma. Quattordici chilometri è l'altezza che la colonna di gas e vapori raggiunge in un' ora... Plinio il giovane, la fonte più autorevole, vide tutto e racconta di un crepitìo e di una grandine di lapilli. Leggerissimi. Con essi, si abbatterono sui territori circostanti pezzi di rocce strappate dai lati del vulcano: sassi grandi che cadono da 14 chilometri di altezza, bombe letali .
Per salvarsi si doveva scappare nelle prime due ore. Dopo, i tetti cominciarono a crollare per il peso insostenibile dei pomici. La gente si asserragliò, rimase chiusa in casa per più di 24 ore, sperando che l'ira del Vesuvio si placasse, ma senza conoscere le conseguenze di quell'esplosione che furono imprevedibili.

Della furia del vulcano fu vittima anche Ercolano, la più vicina alle sue pendici . In questa città non sono stati rinvenuti corpi, se non qua e là: gli abitanti sono riusciti a scappare perché non hanno avuto la pioggia di pomici grazie al vento. Si sono rifugiati sotto le rimesse delle barche. In questo punto prospiciente il mare è stato trovato un cimitero di 300 persone, morte all'istante.
Il corpi delle vittime si sono letteralmente vaporizzati. 500-600 gradi sono devastanti. Dopo aver compiuto la sua missione di morte, la colonna letale 'si è seduta', accasciata su se stessa. In pochi minuti tutto è stato coperto da una valanga nera preannunciata da bagliori rossastri . Ercolano è morta all istante. Ma delle cose non quadrano. Gli archeologi hanno trovato un berretto di lana sotto la rimessa . Com'è possibile che ci siano resti di corpi vaporizzati e poi un indumento di lana ancora intatto? La tragedia, hanno supposto, pare sia avanzata a 'macchia di leopardo' . La gente è morta in modo diverso. Dopo i vapori assassini sono arrivate le colate di fango: la cenere è stata trasformata in melma dalla pioggia . Il mare deve essere arretrato e il vulcano deve essersi gonfiato . Un paesaggio stravolto, un incubo infinito. Quella notte Ercolano è completamente scomparsa . All'alba Pompei è interamente sepolta .

L'ipotesi angosciante è che alcuni pomepiani fossero in casa barricati. In un primo momento la colonna di 'angeli della morte' deve essersi arrestata alle mura di Pompei. Quelle mura non avevano funzionato contro Silla ma contro il Vesuvio sì. Un sollievo per i pochi superstiti che, spinti dalla speranza di salvarsi, hanno tentato di scappare dal primo piano delle abitazioni. Fuori lo scenario è terrificante. La città è irriconoscibile, sprofondata come in un deserto. Quelle poche anime spaventate camminano senza riuscire a orientarsi, stordite e silenziose. Ma il vulcano non ha pietà nemmeno di loro. Aspetta il momento in cui l'illusione di salvezza spinge quella povera gente a tentare la fuga. Fa partire un'altra valanga che, stavolta, supera le mura, entra in città e uccide i superstiti, che sono quei poveri resti conservati nelle teche.

Vesuvius non è ancora appagato: la terza ondata è più forte ed è in grado di abbattere definitivamente le mura. Un mietitrebbia . Il vulcano implode creando un'ondata di cenere che arriva a Capri e a Miseno dove c'era Plinio il giovane con la flotta più potente dell impero romano .
E' la fine.

Ercolano letteralmente vaporizzata e Pompei schiacciata, crollata e colpita dai lapilli. I suoi abitanti, gli ultimi, sono morti asfissiati. Tutto, alle pendici del Vesuvio si è addormentato. Nelle teche poste nell'anfiteatro di Pompei, rimane la memoria agghiacciante di quegli ultimi tre giorni: persone che fuggirono dalle finestre per rimanere sepolte vive. Uomini e donne rannicchiati in posizione di difesa: gas e cenere sprigionano anidride solforosa che, a contatto con le mucose si trasforma in letale acido solforico . La cenere compattata che ha fatto morire chi pensava di poter ancora scappare dall'inferno, ha fatto di quei poveri resti un calco, macabra testimonianza di quello che accadde.

Questa è la sintesi del racconto delle ultime ore di Pompei. Una fiorente città di dodicimila abitanti che viene annientata con la sua gente indifesa e poi lasciata dormire per secoli, diventando un bosco, chiamato Civita. Nell'Ottocento ci sono stati i primi scavi che hanno riportato alla luce una società che fu viva, le cui memorie devono essere conservate per le generazioni che verranno, perché grazie ad esse si conosce la storia e, attraverso di essa, anche il nostro mondo.

Il messaggio dell'autore è stato questo. E l'intento di Alberto Angela e dell'editore é quello di devolvere una parte dei proventi ricavati dalla vendita per restaurare l'affresco Adone ferito nella casa omonima di Pompei.

Alberto Angela firma autografo 1

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Proseguono, con grande altruismo, le importanti donazioni dell'artista reggiano Giordano Montorsi agli Ospedali reggiani.

Reggio Emilia 13 Agosto 2015 - L'artista ha infatti donato anche all'Ospedale di Guastalla un olio su tela.

Il quadro, che consiste in tre grandi pannelli delle dimensioni di cm 150 x 300 dal titolo " la Terra che torna Stella" è stato collocato sulla parete individuata con Montorsi, nell'ingresso dell'Ospedale.

Nato a Scandiano e diplomatosi all'Accademia di Belle Arti di Bologna, Giordano Montorsi espone con continuità in Italia ed all'estero, focalizzandosi sul duplice versante della pittura e dell'installazione. Le sue opere si caratterizzano per le forti valenze simboliche, enigmatiche e sacrali.
Vive e lavora a Macigno-San Polo d'Enza, Reggio Emilia . Dopo aver insegnato in diverse accademie italiane, attualmente è professore ordinario all'Accademia di Belle Arti di Brera.

L'artista anche per esperienza personale, si dichiara un forte sostenitore del Sistema Sanitario Italiano, pubblico ed universalistico.

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Mercoledì, 12 Agosto 2015 15:24

Reggio Emilia, Manno celebra la sua regina


Matilde di Canossa sarà impersonata da una giovanissima attrice. Due giorni immersi nel clima medioevale. Il patrocinio del Comune in seno alle celebrazioni dei novecento anni dalla sua morte

(Manno di Toano, 12 agosto 2015). Manno attende con trepidazione, in occasione della sua festa medioevale, l'arrivo della "sua" Gran Contessa, "che sarà impersonata - annuncia Iris Ruggi, portavoce della Pro loco dell'antico borgo toanese - da una giovanissima attrice. Una vera sorpresa, così per gli altri personaggi del seguito matildico in visita ai nostri focolari e alla corte toanese".

Matilde di Canossa parteciperà già nella serata di domani (venerdì 14 agosto) alla cena storica in costumi d'epoca. "Dalle 21 - spiega Iris Ruggi - si aprirà il sipario su un vero e proprio convivio dai sapori medioevali, con dame, cavalieri, arcieri, giullari, spettacoli col fuoco e la disputa del palio dei focolari. Ci si ritroverà insomma catapultati in piena epoca canossana".

Nella giornata di ferragosto (sabato 15 agosto) i festeggiamenti in onore della Vice Regina d'Italia riprenderanno in mattinata, dalle 10, "con l'apertura dei mercatini e degli 'angoli medioevali' - continua la rappresentante della Pro loco di Manno - mentre, alle 10.30, il corteo storico, capeggiato
da Matilde, si trasferirà all'antica pieve matildica di Toano, con celebrazione della funzione religiosa in lingua latina e successiva esibizione degli artisti di strada".

Manno medioevale 2

Dopo il rientro a Manno e il pranzo con i prodotti tipici della montagna, il pomeriggio "sarà incentrato - rileva inoltre Iris Ruggi - sulla rappresentazione teatrale del romanzo matildico 'Il Sigillo'. La festa proseguirà con la cena e con esibizioni e trattenimenti di artisti di strada, sbandieratori e giocolieri".
La festa medioevale indetta dalla Pro loco di Manno ha il patrocinio del Comune di Toano. "Questa manifestazione - sottolineano il sindaco Vincenzo Volpi e l'assessore Vittorina Canovi - costituisce una delle principali iniziative del nostro Comune in occasione del nono centenario della morte di Matilde di Canossa. Sono diverse le testimonianze che la Gran Contessa e la sua famiglia hanno lasciato nelle terre toanesi, come la pieve di Santa Maria di Castello, nel capoluogo, il cui edificio risale, nella forma attuale, ai secoli undicesimo e dodicesimo, in piena epoca matildica. La chiesa rappresenta uno dei gioielli più completi e integri dell'arte canusina nell'Appennino reggiano".


In territorio di Toano passa anche "il sentiero Matilde - evidenziano i due amministratori - che, partendo da Ciano di Canossa raggiunge San Pellegrino in Alpe e che attraversa il toanese con tre tappe, dal castello delle Carpineti alla chiesa di Toano, dalla pieve di Castello alle fonti di Quara (ed è qui che il cammino entra nel cuore di Manno), e dalle antichissime sorgenti al versante modenese lungo il suggestivo percorso del Malpasso e del ponte di Cadignano di Villa Minozzo, sul torrente Dolo".

L'appuntamento di Manno "esprime l'identità e lo spirito dei nostri paesi - concludono Vincenzo Volpi e Vittorina Canovi - che con le loro iniziative turistiche, sociali e culturali celebrano lungo l'intera stagione estiva, ma non solo, il senso di appartenenza storica e culturale al territorio".

 

Palio di Manno

Il diario di Elisa Vezzulli, arrivata in Senegal la notte tra l'8 e il 9 agosto con il progetto Kamlalaf. -

Piacenza, 10 agosto 2015

Ripercorre i primi giorni del suo viaggio con Diaspora Yoff, accompagnata da Ismaila Thioune dell'associazione, il diario di Elisa Vezzulli, arrivata in Senegal la notte tra l'8 e il 9 agosto con il progetto Kamlalaf.

Sabato 8, ore 16, Malpensa.
Una valigia. Per metterci progetti ed obiettivi. Ricordi. Tante calze, perchè non si spaiano solo a casa. Speranze. Portafortuna. Buona musica. Un libro. Aspettative. Rimpianti. Rimorsi. Le salviettine usa e getta. Troppe creme, che alla fine non usi mai. Sogni. Una foto di noi insieme. La vita con qualcuno. E la vita con me stessa. Semplicemente una valigia per un viaggio. Che è felicità.

Sabato 8, ore 21.30, Casablanca.
Quando condividi un viaggio con qualcuno, quel qualcuno diventa parte della tua vita. È inevitabile. C'è quel signore di Casablanca che sta tornando a casa dalla sua famiglia per vedere come procede la costruzione della casa che sta costruendo con i soldi di anni di lavoro a Reggio Emilia. Solo.
C'è la figlia del pilota, 5 anni, che aspetta seduta vicino al finestrino, al posto 23F, che il papà la riporti a casa. C'è l'ostetrica di Torino che sta andando a supervisionare il progetto della Ong per cui lavora, a Saint Louis. Ci sono i tre milanesi imbruttiti di 50 anni in vacanza. E poi ci sono io. Che dove vado di preciso, e intendo nella vita, non l'ho ancora capito. Ma l'importante è non fermarsi, dicono.
È l' 1.31 di notte, fuso di Dakar. Finalmente arriviamo. In macchina verso la casa che mi ospiterà, la curiosità vince sulla stanchezza. Le strade sono piene. Strapiene di gente. I negozi aperti. I bambini ancora svegli. Nella notte, in cui di solito tutto finisce, qui nulla e nessuno sembra voler dormire.

Domenica 9, ore 11, Dakar.
Giornata di riposo dopo il viaggio, prima dell'intenso programma di, purtroppo, solo una settimana. Piove. Due misere gocce d'acqua finalmente, diremmo noi. Noi che le agogniamo da settimane, nel caldo storico della pianura padana. Ma qui la pioggia fa sul serio. Che le strade sono allagate e piene di gente coi secchi in mano. Eppure non smettono di pullulare di gente, che vende, chiacchiera, ride, fa la spesa e vende alle bancarelle. In fondo si va in giro lo stesso, come se niente fosse. Senza neanche l'ombrello. Come se fossere solo due gocce d'acqua, finalmente.
Mi rattrista solo l'amarezza di chi, dopo due anni lontano da casa, e i sacrifici fatti per tornare, d'ogni tanto, non vede nulla di cambiato. Nulla di migliore. Nessuna strada che non si allaghi più, quando piove.

Domenica 9, ore 20, Yoff.
C'è differenza di etá, colore della pelle, lingua, cultura e religione. Eppure ci siamo conquistate subito. È bastato un sorriso. C'è per forza qualcosa che va al di la di tutte queste differenze e ci unisce tutti. Non so cosa sia di preciso. Ma sicuramente è un elemento molto più forte di tutti questi messi assieme. Mi piace pensare sia questo l'amore, quello vero. Primitivo. Tra esseri umani. Semplicemente.

(fonte: ufficio stampa Comune di Piacenza)

Venerdì, 17 Luglio 2015 16:36

Terminator Genesys, il ritorno di Schwarzenegger

Il quinto capitolo segna il ritorno di Arnold Schwarzenegger nello storico personaggio ma dalle nuove vesti ironiche. -

Parma, 17 luglio 2015 - di F.P. -

Chiunque sia passato dalle parti di Cannes durante il festival del Cinema non può non aver notato il mastodontico monitor che occupava quasi tutta la facciata principale dell'hotel Ritz Carlton proiettando un susseguirsi di inseguimenti, scene d'azione e sequenze del nuovo Terminator Genesys firmato Alan Taylor (regista noto per aver diretto Thor the dark world e per la sua lunga esperienza in serie tv di grande successo come Lost, I Soprano, Mad Men).

La storia è sempre la stessa? Non proprio: dopo un quarto episodio che sembrava aver messo fine ai viaggi nel tempo (abbastanza osteggiato dal pubblico), si è tornati a scrivere il passato, il presente e il futuro attraverso un nuovo balzo temporale con regole nuove e personaggi altamente rivistati. Un cambio palese che parte Da Sarah Connor (Emilia Clarke) al T800 (Arnold Schwarzenegger) passando per John Connor (Jason Clarke) e Kyle Reese (Jai Courtney) in un mondo in cui Skynet (Genesys) non è solo un software della difesa in stile anni 80-90, bensì un'entità informatica evoluta e attualizzata capace di essere presente in ogni device di cui oggi non possiamo più fare a meno (cellulari, tablet, computer di bordo della macchina...).

Il ritorno di Arnold Schwarzenegger, nel ruolo del T800 buono (più simile a un premuroso padre anziano che a una macchina assassina), ha subito catturato il pubblico e i social che hanno approvato a suon di like e di tweet l'ironica umanizzazione che si riassume in un sorriso a denti stretti del terminator e nella sua ironica autodefinizione di «vecchio ma non obsoleto».
Allo stesso tempo Jason Clarke (attore molto in voga in questo momento) è l'altro fattore che giustifica il prezzo del biglietto: fidatevi un John così non l'avevate mai visto!

Una storia che riparte da zero ogni volta e ogni volta si ripropone di essere l'ultima, lasciando il chiaro messaggio che il futuro è ancora da scrivere. Non siamo ai livelli dei primi due film, ma per essere un quinto episodio sicuramente ci avviciniamo molto agli standard con i quali è iniziata questa fortunata saga.

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Martedì, 19 Maggio 2015 11:45

Festival di Cannes: istruzioni per l'uso

Un festival dalle mille sfaccettature, tra giornalisti, addetti al settore, vip e turisti amanti del cinema. -

Parma, 19 maggio 2015 - di F.P. -

Il Festival del Cinema di Cannes, insieme a quello di Venezia è uno degli eventi più importanti per il cinema a livello mondiale.
Un momento di aggregazione che unisce attori, maestranze, finanziatori, addetti del settore e ammiratori in un posto solo, in un concentrato di 10 giorni di puro cinema.

I premi

Le palme d'oro sono premi molto ambiti che rappresentano sicuramente un riconoscimento di poco inferiore a quello conferito dagli Accademy Awards durante la famosa e interminabile notte degli oscar.

Il Festival in cifre

Cannes si trasforma pronta a fagocitare 180.000 persone passando così da una popolazione di 70.000 abitanti a 210.000 di cui 4.500 giornalisti internazionali. Con investimenti pari a 20 milioni di Euro, la manifestazione prevede 500 telecamere di sorveglianza e prezzi da capogiro per chiunque desideri entrare in uno dei luoghi VIP legati al festival: 39.000 euro il prezzo per una notte nella Penthouse suite all'hotel Majestic Barriere adiacente al palazzo del festival.

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Il Festival per i giornalisti

Se vedete personaggi agghindati con diverse gradazioni cromatiche di badge appesi al collo, quelli sono giornalisti: pronti a vedere film dal primo mattino fino a tarda notte; amanti del cinema pronti a interminabili code e liti per un posto in platea (ho visto di persona ndr). Pronti a scrivere, commentare e criticare in tempo reale tutte le pellicole in proiezione durante l'evento. Con i badge e gli inviti giusti si aprono tutte le porte del festival, feste mondane comprese.

Il Festival per gli addetti al settore

Il festival non è solo una rassegna di film da valutare e premiare, bensì un vero e proprio luogo d'incontro tra domanda e offerta, una piazza internazionale dove produttori e distributori possono liberamente negoziare i propri lavori: non è cosa rara vedere i cinepanettoni italiani della stagione precedente in proiezione per la distribuzione nei mercati esteri.

Il Festival dei VIP

Feste Benefiche, auto di lusso, red carpet e ogni genere e tipo di sfarzo sono i protagonisti delle notti dei Vip del cinema e degli influenti personaggi internazionali che finanziano tutto il sistema (in una sola sera, l'associazione Amfar, lotta HIV, ha raccolto 30 milioni di dollari).
Rotocalchi e pagine di gossip possono andare avanti mesi con il materiale raccolto nei pochi giorni del festival.

Festival dei turisti

Fatto salvo per i costi da capogiro (monolocali da 30 mq a 3.500 per 10 giorni in zona festival), i turisti si trovano a pochi metri dalle loro star. Si possono armare di sgabelli, sedie e –per i più audaci- scale (quelle da imbianchino, per intenderci) e seguire tutti i red carpet del festival. Capita spesso che le liti e risse per strapparsi il posto migliore.
Per chi vuole si può acquistare il pass e visitare sia il palazzo del festival che il villaggio allestito tutto intorno, compreso di proiezioni speciali.
I più audaci, vestiti in modo stravagante e con cartelli improbabili in bella vista, attendono anche ore davanti all'ingresso principale in attesa che qualcuno gli regali un invito ad una proiezione.

Un festival che offre tanto, una cornice meravigliosa, un evento internazionale di altissimo livello. Questo è il festival di Cannes.

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Grande successo per il documentario "Poltrone Rosse" di Francesco Barilli dedicato alla storia del cinema nella città di Parma, presentato all'ultimo Festival di Venezia. L'intervista a Pierpaolo Pessini, parmigiano, Direttore della Fotografia e co-produttore.-

Parma, 5 ottobre 2014 - di F.P. -

In un mondo in continuo mutamento come quello odierno, i documentari come Poltrone Rosse ci riportano alla mente un periodo floridissimo del cinema, in cui Parma, città Emiliana dalla forte vocazione artistica, era il ganglio di convergenza multidisciplinare delle maestranze cinematografiche; un luogo di provincia che dava grande spazio a registi e attori famosi.

Le fila del discorso tenute da Michele Guerra, docente di storia del cinema, riprendono interviste e stralci di interviste che coinvolgono alcuni dei personaggi che hanno fatto la storia del cinema: Bertolucci, Franco Nero; Enrico Medioli e tanti altri che tutt'ora rappresentano un punto di riferimento sia a livello locale che nazionale.
Il documentario di 90' porta la firma del regista Francesco Barilli che in una sua dichiarazione afferma: "Ho dedicato questo lavoro ai cinquant'anni del primo film che mi ha visto protagonista: prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci. Ho voluto raccontare la storia stupenda che ha coinvolto me, tanti cari amici e la mia città, Parma. Quasi un lavoro di "archeologia cinematografica" alla ricerca di reperti rari e sconosciuti al grande pubblico. Una lunga e assidua ricerca durata anni che mi ha assorbito totalmente ma che mi ha ripagato facendomi rivivere emozioni dimenticate."

Il documentario ha riscosso grande successo alla 72° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia ed è stato presentato ai parmigiani in grande stile all' auditorium Paganini in una serata patrocinata dal sindaco Federico Pizzarotti.

Pierpaolo Pessini, parmigiano, in questo documentario ha ricoperto il ruolo di Direttore della Fotografia e di co-produttore; abbiamo approfondito alcuni argomenti riguardo il pregevole lavoro svolto.

Pensate che questo format possa essere replicato per altre realtà cittadine dell'Emilia Romagna?

"Forse sì, ma Parma rappresenta una vera eccezione. L'unicità di Parma viene dall'aver avuto un piccolo gruppo di intellettuali, a partire da Attilio Bertolucci, padre di Bernardo, che ha dato vita ad un polo cinematografico degno di città ben più grandi. Una specie di effetto a catena."

Quali sono le insidie più grandi nella realizzazione di questo tipo di documentario?

"Il problema più grande è stato quello della ricerca del materiale storico e devo dire che un grande contributo lo hanno dato Michele Guerra che ha saputo "Cucire" il materiale e le interviste di cui disponevamo e Primo Giroldini che ci ha prestato moltissimo materiale inedito. La vecchia amicizia tra Francesco Barilli, Bernardo Bertolucci, Vittorio Storaro e Franco Nero, ci ha consentito di raccogliere testimonianze importanti e racconti molto intimi che hanno dato una svolta importante al documentario."

Il Festival Internazionale di Venezia vi ha dato una vetrina internazionale di primo livello: che impatto ha avuto il documentario sul mercato estero?

"Devo dire che i riscontri più sentiti e i commenti più accorati ci sono venuti proprio dagli stranieri e questo non ce lo aspettavamo. Tuttavia, forse per il carattere troppo provinciale di Parma, non abbiamo, al momento avuto riscontri commerciali.
Il documentario, comunque, ha avuto un grande successo di critica tanto da arrivare nella cinquina finalista ai Nastri d'Argento 2015."

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Dal 18 settembre 2015 al 10 gennaio 2016 gli spazi espositivi del Foro Boario di Modena ospiteranno un nucleo di acquisizioni riferite all'Europa del Nord

Modena 01 Agosto 2015 -

Tutto il fascino dell’Europa del Nord nel nuovo nucleo di opere fotografiche, gestite dalla Fondazione Fotografia Modena, che verranno esposte nello spazio del Foro Boario di Modena.

Dal 18 settembre 2015 al 10 gennaio 2016 oltre 70 opere di 19 artisti, da Wolfgang Tillmans ad Jonny Briggs, saranno in grado di suggerire la vivacità e l'eterogeneità di un'area geografica che abbraccia Germania, Gran Bretagna e Scandinavia.

Cuore dell'allestimento, incastonato nel percorso come una 'mostra nella mostra', sarà inoltre un omaggio al fotografo norvegese Tom Sandberg (1953 - 2014), le cui opere intendono dialogare con quelle degli altri artisti europei in un gioco di rimandi e affinità più o meno evidenti. L'intero progetto espositivo è a cura di Filippo Maggia, direttore di Fondazione Fotografia Modena.

Si chiama Fotografia contemporanea dall'Europa nord-occidentale. Capitolo I, e mantiene l'impostazione aperta che da sempre ha caratterizzato le collezioni di fotografia contemporanea della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena: oltre un migliaio di opere da tutto il mondo, che Fondazione Fotografia, in qualità di società strumentale della fondazione bancaria, ha il compito di valorizzare. La pluralità e la varietà degli artisti riuniti è uno dei principali punti di forza di questo nuovo capitolo di opere (cui seguirà un secondo capitolo a completare l'Europa sud-occidentale), che vanno dal paesaggio al ritratto, dalla stage photography all'istantanea, passando per il reportage e le installazioni. Molteplici sono anche i temi affrontati dagli artisti, che si confrontano con le più urgenti sollecitazioni che la realtà impone alla nostra attenzione e indagano questioni legate alla storia del medium e alla natura delle immagini contemporanee.
 
Le due mostre sono promosse da Fondazione Fotografia Modena e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena con il sostegno di UniCredit, da sempre impegnata in favore dell'arte e delle iniziative culturali dei territori in cui è presente. Sono inserite nel programma del festivalfilosofia 2015, che si svolgerà dal 18 al 20 settembre a Modena, Carpi e Sassuolo e sarà dedicato al tema Ereditare

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Il viaggio nella penisola balcanica, con Francesco Millione e Davide Marchettini della Caritas Diocesana, nell'ambito del progetto Kamlalaf, promosso dal Comune di Piacenza in collaborazione con il Centro di servizio per il volontariato Svep e diverse associazioni di volontariato del territorio. -

Piacenza, 1 agosto 2015 -

Valentina Porcu e Silvia Manini raccontano la tappa conclusiva del loro viaggio nella penisola balcanica, accompagnate da Francesco Millione e Davide Marchettini della Caritas Diocesana, nell'ambito del progetto Kamlalaf.

"Da Dubrovnik inizia il nostro viaggio di rientro verso casa. Siamo sulla costa croata, e ci pare di essere in un altro mondo. Abbiamo lasciato alti monti dalle rigogliose pareti di verdissima vegetazione, separate fra loro da innumerevoli tornanti fatti di canyon d'acqua limpida, per trovare monti altrettanto alti ma aridi e brulli, che circondano la cittadina a picco sul mare, tanto da renderla calda e afosa, quasi invivibile. Alterniamo quindi le visite alle meravigliose mura di cinta e al centro storico, con un breve tuffo nelle acque limpide della prima spiaggetta cittadina raggiungibile a piedi. E' una città che ben rappresenta il nostro percorso di servizio civile presso la Caritas di Piacenza. Abbiamo imparato come la realtà può essere osservata da svariati e differenti punti di vista: la si può guardare dall'alto, come fossimo sulla linea della funicolare che ci ha portato in cima ad una montagna per vedere la città; la si può guardare girandoci intorno osservandola dall'esterno, come abbiamo fatto percorrendo le mura; la si può guardare dall'interno, come abbiamo fatto vivendo la città tra la sua gente e nei suoi scorci più intimi. Abbiamo appena il tempo di assaporare l'aria salmastra di questa città Patrimonio dell'Umanità, che è già tempo di ripartire.

Ci spostiamo quindi leggermente verso l'interno, tornando in Bosnia-Erzegovina. La città che secondo le previsioni meteo doveva riservarci un caldo torrido in realtà ci accoglie con un rinfrescante acquazzone che dura giusto il tempo di permetterci di godere di uno spettacolo inaspettato: i tuffi dal Ponte Vecchio. Mostar e il suo ponte hanno un ruolo cruciale nella storia della Bosnia-Erzegovina: il 9 novembre 1993 venne distrutto durante il conflitto fra le forze croate e quelle bosniache, che poco prima avevano combattuto insieme per liberare la città dalle forze serbe. I tuffi che si dice siano iniziati con la creazione del Ponte stesso (1565), sono stati interrotti solo nelle circostanze peggiori quali la guerra appunto, e il segno della loro ripresa sono un po' il segno della ripresa dell'intera città. Il ponte venne infatti ricostruito nel 2004 e venne dichiarato, insieme alla città vecchia, Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco.

Nel viaggio di rientro verso casa, ci fermiamo a Banja Luka, la seconda più grande città della Bosnia-Erzegovina e capitale de facto della Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina; con gli accordi di pace di Dayton del 1995 infatti, il territorio è stato suddiviso in Repubblica Serba e Federazione della Bosnia ed Erzegovina, suddivisione che dovrebbe rispecchiare la distribuzione territoriale dei diversi gruppi etnici, ma che in realtà non si avvicina neppure lontanamente a qualcosa di omogeneo (basti pensare che la sola Federazione conta una ripartizione a sua volta in dieci cantoni suddivisi per etnie). Abbiamo giusto il tempo di visitare il Castello medioevale che affianca il fiume Vrbas, e più nient'altro: 800 km si strada ci aspettano e alle prime ore della giornata del 25 luglio si parte.

I viaggi di conoscenza sono occasioni uniche e irripetibili per potersi avvicinare a culture diverse dalla nostra e che scardinano l'idea che abbiamo di "noi", mondo occidentale, come centrali rispetto al resto del mondo. Perché decidere di farne uno? Si ha paura di ciò che non si conosce; grazie alle esperienze di conoscenza, come le opportunità offerte da Kamlalaf, si superano questi timori e viene favorita l'apertura verso l'altro, il diverso da sé. Il dialogo e il confronto permettono di arricchire se stessi e ciò che ci circonda; in particolare, l'esperienza balcanica ci insegna come una piccola scintilla possa innescare reazioni dolorose e inaspettate, che potrebbero realisticamente concretizzarsi ovunque e in qualsiasi momento nel mondo. E' importante quindi lavorare costantemente sulle relazioni fra le persone, come ci hanno insegnato con le loro testimonianze coloro che abbiamo incontrato.

Un grande ringraziamento dunque al Comune e agli sponsor, che hanno contribuito finanziariamente ad una parte delle spese di viaggio; un ringraziamento speciale a Gianluca Sebastiani, che ci ha seguito nel breve percorso formativo prima della partenza, fornendoci validi strumenti per affrontare al meglio il viaggio che ci attendeva, e ad Osvaldo Fusi Presidente dell'Associazione Piccolo Mondo, che ci ha gentilmente ospitato presso la sede dell'associazione stessa; un altrettanto speciale ringraziamento ai nostri accompagnatori, Francesco Millione e Davide Marchettini, operatori della Caritas Diocesana di Piacenza-Bobbio, che hanno messo a nostra disposizione il loro tempo e le loro conoscenze del territorio, nonché le preziose abilità da piloti che nei 2800 km di strada si sono rivelate indispensabili.
Per chi fosse interessato a saperne di più, dopo il periodo estivo si terrà un incontro di restituzione dell'esperienza di viaggio alla cittadinanza."

(fonte: ufficio stampa Comune di Piacenza)

Dall'8 al 14 Agosto 2015 a Rivisondoli (Aquila) avrà luogo la prima edizione di "CiboTurismo – La Fiera degli Appennini", un percorso tra bellezze paesaggistiche e tipicità enogastronomiche. -

Parma, 1 agosto 2015 -

Un percorso tra bellezze paesaggistiche e tipicità gastronomiche, questo è "CiboTurismo – La Fiera degli Appennini", l'evento che prenderà il via sabato 8 agosto a Rivisondoli (L'Aquila).
"L'evento è rivolto al pubblico – spiega Antonio Benincasa di Total Expo, organizzatore della fiera – e coniuga gastronomia, turismo, natura e cultura. Abbiamo chiesto il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole, che dovrebbe arrivare a giorni, per questa fiera che ha l'ambizione di collegare il territorio abruzzese ad Expo2015, mettendo in mostra la grande varietà dell'alimentare italiano e la sua qualità".

Un appuntamento che vedrà piccole e medie imprese, espressione tipica del made in Italy, mettere in mostra tutto il meglio dell'enogastronomia dell'Italia Centrale fino al 14 agosto 2015.
 Oltre alle famose scamorze e mozzarelle di Rivisondoli, l'aglio rosso di Sulmona, lo zafferano aquilano, la castagna Roscetto della Valle Roveto ed il caciofiore aquilano, i visitatori potranno degustare salame stagionato sotto cenere, ciauscolo, salsicce e salame di cervo, di cinghiale, di asino, prosciutto di Norcia, lonze, capocolli (anche senza glutine e lattosio) e prodotti tipici di altre regioni.

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La prima edizione di "CiboTurismo" rappresenterà un grande "open air" lungo le vie, i prati e nelle piazze più suggestive della città, il tutto al fine di dare sostegno e favorire lo sviluppo e la promozione delle micro imprese abruzzesi e delle regioni circostanti, vero patrimonio per la produzione delle eccellenze dell'agroalimentari italiane.
 
Una manifestazione totalmente gratuita che tra le molteplici possibilità di svago proporrà anche eventi ludici, tra cui lo spettacolo teatrale all'aperto "La Notte dei Briganti", che si svolgerà nella notte del 12 agosto. La performance teatrale, portata in scena dall'Associazione Culturale "Sylva Tour and Didactics" di Alberobello (Bari), sarà realizzata alla luce delle fiaccole e racconterà uno scorcio della nostra storia legato al "brigantaggio", fenomeno che ha interessato in particolare le terre pugliesi.

Raggiungere Rivisondoli è facile: in auto, si esce al casello Pescara dell'autostrada e in meno di 1 ora si sale a Roccaraso; in treno si arriva da Roma, Pescara o Napoli nella Stazione ferroviaria di Rivisondoli. La cittadina dispone di ottime strutture alberghiere.
Per gli amanti della vacanza en plein air, è disponibile un'area di sosta per camper e caravan vicina al centro cittadino e adiacente al Campo Sportivo – Località Piè Lucente.

Tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.ciboturismo.it

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