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Mercoledì, 04 Novembre 2015 10:27

Pensioni, niente Opzione Donna per la Gestione Separata

Dopo l'articolo pubblicato da Gazzetta dell'Emilia sulla richiesta di proroga al 2018 dell'Opzione Donna, viene messo in luce un altro problema che coinvolge le lavoratrici con versamenti nella Gestione Separata dell'INPS: non sono compatibili con la pensione anticipata. -

Modena, 4 novembre 2015 - di Manuela Fiorini -

La Gestione Separata dell'INPS, quella in cui convergono i contributi al 27% di lavoratori con partita IVA, specialisti non iscritti agli ordini professionali, collaboratori esterni di enti pubblici, privati, associazioni professionali, contratti a tempo determinato, Co.Co.Co e Co.Co.Pro non è compatibile con l'Opzione Donna, la possibilità che il Governo offre alle lavoratrici, che al 31/12/2015 hanno maturato 57 anni di età e 35 di contributi, di andare in pensione.
A metterlo in luce è, ancora una volta, Opzione Donna Proroga 2018, il gruppo nato su Facebook con l'intento di unire le donne di tutta Italia e portare all'attenzione delle istituzioni la situazioni di tante lavoratrici che hanno necessità sia di conciliare lavoro e famiglia, sia di vedersi riconoscere il diritto di poter usufruire dell'opzione di lasciare il mondo del lavoro avendo versato gli stessi contributi di altre lavoratrici alla Gestione Separata.

Elisabetta Cozzani rid

"Essendo una lavoratrice autonoma", spiega Elisabetta Cozzani, membro di Opzione Donna Proroga 2018, "ho una contribuzione mista Ago/gestione separata, con 35 anni totali di contributi e 58 anni di età. Quindi, secondo le proposte dell'attuale Legge di Stabilità, potrei utilizzare l'Opzione Donna e andare in pensione. Invece no. La Gestione Separata, secondo l'INPS, non dialoga con le altre forme contributive obbligatorie, sicché, il cumulo non è previsto. I miei 19 anni pagati all'Inps con la destinazione pensione, avendo la causale gestione separata, restano lì, congelati, in attesa di giungere alla data per la pensione di anzianità: 66 anni, per adesso. Credo sia chiaro il disastro che ne viene fuori: discriminazione di genere nel genere. I soldi li hanno incamerati, perché anche per la Gestione Separata i contributi sono obbligatori. In più, la percentuale di calcolo, pari al 27%, grava tutta sulla lavoratrice, che non ha titolari se non se stessa, ma la tenuta in conto dall'ente percipiente, di fatto, è pari a zero".

Il danno è ancora più evidente se si tiene presente che i contributi versati alla Gestione Separata de'l'INPS sono quelli di persone, in questo caso donne, che hanno perso il lavoro e che si sono dovute reinventare, magari mettendosi in proprio, con tutte le difficoltà, e le spese, che questo comporta. Senza contare che, spesso, non possono usufruire dei benefici del welfare, come congedi di maternità, malattia, cassa integrazione o sussidi di disoccupazione.

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"Queste lavoratrici", continua Elisabetta Cozzani, "oltre alle notevoli difficoltà intrinseche nella stessa natura delle proprie attività, ben più che precarie, direi, si ritrovano anche l'ulteriore e demolente beffa di venire messe di lato dallo Stato. Eppure hanno versato, per intero e sempre, i medesimi contributi delle altre categorie di lavoratori".
L'incompatibilità dei versamenti alla Gestione Separata con l'Opzione Donna e le conseguenze sono state portate all'attenzione delle istituzioni.
"Qualche mese fa", spiega ancora Elisabetta, "ne ho parlato con l'Onorevole Luisa Gnecchi, che è stata la prima disposta ad ascoltarmi, poi con Tito Boeri, che mi ha confermato la necessità di porre rimedio alla questione da parte del Governo. Infine, è stato messo al corrente della situazione, e della discriminazione che essa crea, anche l'Onorevole Walter Rizzetto, che si è dimostrato molto sensibile all'argomento e sta ponendo il problema in discussione. Sia lui che l'On. Luisa Gnecchi, qualche giorno fa, mi hanno risposto via mail: la faccenda sembrerebbe oggetto di messa a punto. Gliene sono molto grata, anche se rimane, comunque, un interrogativo: quando verrà sistemata questa ingiustizia?".

In attesa delle risposte del Governo, Elisabetta e, probabilmente, anche altre donne nella sua stessa situazione, non intendono stare a guardare, ma continuare a lanciare segnali forti.

"Io voglio utilizzare Opzione donna!", dice convinta, "Intendo avvalermi dell'opzione offerta dalla legge 243/2004 in considerazione del seguente fatto ovvio: possiedo i requisiti al 31.12.2015. Per questo proporrò domanda attraverso Patronato, che quasi certamente verrà respinta. Motivo? Non mi riconoscono 19 anni di versamenti obbligatori eseguiti, costati notevole fatiche e rinunce, come a tutti, questo è chiaro. La chiamerei appropriazione indebita, a occhio e croce. E io farò ricorso giudiziale per più d'una ragione lesionata in diritto".

Pubblicato in Lavoro Emilia

Nel giorno dedicato alla Festa della Donna nella Cappella del Duca a Fontevivo le testimonianze di donne che fanno artigianato e imprenditoria sul territorio, seguite dall' omaggio musicale della soprano Ivanna Speranza -

Parma, 9 Marzo 2015 –

Hanno età e vissuti diversi, diversi sono anche i settori in cui operano e i percorsi attraverso i quali ci sono arrivate. Una cosa, però, le accomuna tutte: la grinta, la fiducia in se stesse e il coraggio di non farsi fermare dagli ostacoli.
Le testimonianze delle tante donne che si sono raccolte ieri nella Cappella del Duca a Fontevivo per parlare di impresa al femminile l'hanno sottolineato con chiarezza: avere un progetto in cui credere e un contesto favorevole è importante. Lo hanno ricordato Patrizia, che a Fontevivo ha un piccolo supermercato, Cristina, titolare di una pizzeria, Letizia, che aveva studiato lingue e voleva girare il mondo ma poi ha incontrato Andrea e insieme hanno creato un ristorante-albergo, e Nunzia, che insieme alle sorelle ha messo su un team di hair-stylist che richiama clienti da tutta la provincia e anche da Parma.

Aiuta soprattutto credere in se stesse e in quello che si è capaci di fare: Romea quando ha cominciato, anni fa, nel settore dei marmi si è scontrata con un ambiente molto refrattario alle donne. "Allora c'era una naturale diffidenza nei confronti di una donna imprenditrice – ha raccontato –. Oggi una donna imprenditrice è apprezzata e stimata: c'è stato un cambiamento epocale nell'atteggiamento e questo deve darci più motivazione a proseguire".
Miriam era tra le più giovani in Italia, quando sette anni fa prese in mano la gestione della farmacia comunale. "Avevo da poco terminato gli studi. Ho avuto la fortuna di trovare un ambiente ben disposto verso una donna, per di più giovane. Se devo dare un consiglio è quello di avere la forza di credere nelle proprie idee, senza timori".

La testimonianza di queste donne ha dato forma concreta alle cifre elencate dall'assessore Raffaella Pini che, in apertura dell'incontro, ha ricordato tra l'altro come sul territorio fontevivese delle 248 aziende presenti una percentuale molto alta è guidata o co-gestita da donne e, citando il ministro Gian Luca Galletti, ha sottolineato come nella nuova agricoltura, quella d'eccellenza che sarà protagonista dell'Expo 2015, un imprenditore su tre sia una donna. "Le donne sanno mettersi in gioco – ha detto – investire con generosità tempo ed energie ed eccellere, anche creando nuove attività, conciliando ogni giorno lavoro e famiglia. E, soprattutto in tempi così difficili, abbiamo voluto parlare di questo tema oggi per sottolineare la vicinanza e la collaborazione dell'Amministrazione all'impresa al femminile".

In ultimo è arrivata anche la testimonianza della soprano Ivanna Speranza, che ha cantato per il pubblico presente due arie, accompagnata da un piccolo gruppo di musicisti. Un'infanzia difficile a Cordoba, sua città natale, poi la partenza dall'Argentina e l'arrivo in Italia per proseguire gli studi di canto. Gli incontri e le collaborazioni con personalità eccezionali come Pavarotti, Domingo e Carreras. "I limiti – ha detto – se ci sono, non sono quelli che pensiamo noi. Quindi non poniamoceli noi stesse".

(Fonte: ufficio stampa Comune di Fontevivo)

Pubblicato in Cronaca Parma

Una donna ha denunciato il convivente per le lesioni subite in seguito all'ultimo pestaggio. Nel corso degli anni la vittima era finita più volte all'ospedale, per fratture e altre ferite. Ma nonostante le forze dell'ordine fossero intervenute in diverse occasioni, l'uomo proseguiva nella sua condotta. Ora la Polizia lo ha arrestato.

Reggio Emilia, 6 agosto 2014 – di Ivan Rocchi

L'uomo era rientrato a casa ubriaco, alle 5 del mattino, e la compagna aveva iniziato a preparargli il caffè. Nonostante le sue attenzioni, però, il 43enne reggiano ha iniziato a urlare e inveire contro la donna. Poi ha impugnato un bastone e l'ha colpita alla testa. E ancora altri colpi, stavolta con una scopa. Non contento, ha iniziato anche a prenderla a calci. Una storia di violenza in famiglia che andava avanti da anni è emersa lo scorso 8 luglio, quando in seguito all'ennesimo pestaggio la donna si è decisa a denunciare il proprio aguzzino.

I due si erano conosciuti circa 7 anni fa. La donna lavorava in un'azienda della quale l'uomo era cliente, e dopo essersi conosciuti avevano iniziato a uscire insieme. Alla fine avevano deciso di prendere casa in un comune della nostra provincia. Insieme a loro c'erano anche i due bambini della donna, avuti da una precedente relazione.

Dopo due o tre anni di convivenza, però, il 43enne aveva iniziato a diventare violento, sia in casa che sul posto di lavoro. Più di una volta la donna era stata costretta a chiedere l'intervento delle forze dell'ordine presso l'azienda dove lavorava. In particolare, in un'occasione l'uomo l'aveva picchiata e le aveva strappato i vestiti, tanto che diverse persone presenti erano intervenute per bloccarlo.

In seguito la donna era stata licenziata e i Servizi Sociali avevano affidato i figli al padre naturali. A quel punto le violenze si sono fatte sempre più frequenti, al punto che la donna non riesce neanche a farne una cronologia. Ma per alcuni di questi episodi rimangono i referti medici, che le erano stati rilasciati in seguito alle cure ospedaliere. Come nel dicembre 2011, quando il convivente al culmine di una lite l'aveva presa a calci all'addome, provocandole la rottura della milza e costringendola all'intervento chirurgico. In un'altra occasione, invece, dopo averla pestata le aveva rotto il telefono cellulare e tagliato il filo del citofono, per impedirle di chiedere aiuto. E poi fratture alle dita, e alle costole, in seguito ai pugni sferrati dall'uomo. Insomma, la donna era sottoposta a una lenta ma continua tortura.

Ma nonostante gli innumerevoli episodi, la donna aveva continuato la relazione, perché sperava che l'uomo cambiasse atteggiamento. Addirittura, dopo che l'uomo aveva ricevuto il divieto di dimora in quel comune da parte dell'autorità giudiziaria, la donna nel giugno scorso aveva deciso di continuare a vivere con lui in una casa presa in affitto a Reggio nel giugno scorso. E anche qui, ovviamente, l'uomo aveva continuato nella sua condotta. Oltre alle aggressioni fisiche, infatti, il convivente continuava a offenderla con gravi ingiurie, strappava le foto dei suoi bambini e dei suoi defunti. Inoltre le rompeva le scarpe e le tagliava i vestiti e gli indumenti intimi.

Dopo l'ultimo episodio, avvenuto lo scorso 8 luglio, la donna ha finalmente trovato la forza di denunciare il convivente. Dimessa dall'ospedale con una prognosi di 15 giorni, la donna si era recata a casa di parenti, che alla fine l'hanno convinta che quell'uomo andava fermato. In seguito alla segnalazione da parte della donna, la Squadra mobile della Polizia ha potuto ricostruire l'intera vicenda e ha proposto alla Procura della Repubblica l'arresto dell'uomo, richiesta poi accolta dall'autorità giudiziaria.

Pubblicato in Cronaca Reggio Emilia
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