Mercoledì, 13 Marzo 2024 08:20

Il Parlamento Europeo ha approvato il nuovo “portafoglio di identità digitale” In evidenza

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Giovedì 29 febbraio, il Parlamento Europeo ha approvato con 335 voti favorevoli e 190 contrari, una risoluzione per modificare il Regolamento UE n. 910/2014. Ora, affinché l’iniziativa diventi legge dovrà essere formalmente approvata dal Consiglio dei ministri dell’UE.

Di Dario Lucisano Roma, 13 marzo 2024 (Quotidianoweb.it) - Con la nuova delibera si regolano i cosiddetti “portafogli di identità digitale”, ovvero pacchetti di dati personali e individuali sotto forma di applicazioneche consentono ai cittadini di identificarsi digitalmente e di conservare e gestire in formato digitale dati di identità e documenti ufficiali, come ad esempio la patente di guida, le prescrizioni mediche o i titoli di studio”.

Il portafoglio UE servirà insomma ad autenticarsi per accedere ai servizi pubblici, nonché a conservare, condividere e firmare documenti. Esso, secondo i legislatori europei, dovrebbe fornire una alternativa valida ai cosiddetti identity provider digitali, ovvero a quei servizi di natura privata che offrono ai propri clienti pacchetti di identità digitale come la nostra SPID.

Contrariamente ai provider privati, che “non necessariamente danno agli utenti il pieno controllo sui dati che condividono quando si autenticano a tali servizi”, il portafoglio europeo garantirebbe ai cittadini assoluti poteri di gestione del pacchetto dati, offrendo inoltre un insieme di dati che definiscono “armonizzati” e più sicuri.

Stando a quanto comunica il sito della Commissione Europea, con il nuovo portafoglio di identità digitale i residenti e le imprese aventi sede nell’Unione Europea avranno il diritto di disporre del pacchetto dati su base volontaria e in tutti gli Stati membri, anche per accedere a servizi di natura privata. Anche la scelta dei dati da condividere sembrerebbe nelle mani delle singole persone.

Nello specifico, gli utenti, potranno autorizzare transazioni online, anche nei casi in cui è richiesta un'autenticazione forte dell’utente, accedere a un conto bancario, avviare un pagamento o la richiesta di un prestito, presentare dichiarazioni fiscali, iscriversi all'università, noleggiare un’automobile o prenotarsi in un albergo, e in generale fare tutto quello che si può fare con i normali documenti cartacei e analogici.

Sebbene la Commissione specifichi come la scelta di adesione sia su base esclusivamente volontaria, l’Unione Europea punta a fare utilizzare il portafoglio digitale a sempre più persone, e si è posta l’obiettivo di raggiungere dell’80% dei cittadini comunitari entro il 2030. Il Parlamento Europeo, poi, ci tiene a specificare che non “discriminerà” per la loro scelta coloro che sceglieranno di non fare richiesta per la nuova identità digitale, elemento che a quanto pare i legislatori europei, se hanno sentito il bisogno di chiarirlo, non consideravano assolutamente scontato.

Per quanto infatti il processo di digitalizzazione stia diventando sempre più pervasivo, toccando addirittura la sfera dell’identità personale e della privacy, la paura che i propri dati finiscano nelle mani sbagliate è parallelamente sempre più forte, soprattutto se quelle mani dovessero rivelarsi le stesse che promuovono le leggi che si è tenuti a rispettare.

I cittadini dell’Unione Europea non si fidano dell’Unione Europea, e l’Unione Europea lo sa benissimo.

La digitalizzazione dell’identità, nell’ottica della rivoluzione tecnologica, è uno strumento dalle potenzialità enormi, ma va calibrato non solo promettendo sicurezza ai cittadini, ma facendogliela toccare con mano, soprattutto in un’epoca in cui i sistemi di hackeraggio sono potentissimi, la sicurezza informatica ai ferri corti e l’educazione tecnologica ai minimi storici.

Alla generale scarsa fiducia nei confronti delle istituzioni, vanno aggiunti anche i dubbi di natura più strettamente tecnica: come e con quale piattaforma può l’Unione Europea fornire un servizio di identità digitale a quasi mezzo miliardo di persone, quando, nonostante gli abbozzati tentativi, neanche in uno dei Paesi più importanti dell’Unione come l’Italia è davvero possibile immaginare un simile servizio? In che modo e in che senso vorrebbe l’Unione garantire dati “armonizzati” e dunque comuni a tutti, quando i singoli Paesi presentano sistemi di gestione tanto differenziati? Con quale coraggio si parla di sicurezza in un mondo in cui anche le maggiori piattaforme come Meta e Google, nonché la maggior parte degli impianti di Stato, soffrono down e attacchi ai sistemi con cadenza periodica?

Per tali motivi, se non si opera nelle direzioni dell’educazione e del potenziamento dei sistemi tecnologici, che nei Paesi dell’UE tutto sono meno che pronti ad accogliere un impianto di identità digitale comune, il portafoglio digitale avrà il solito destino crudele riservato a questo genere di iniziative; ma questa volta di mezzo ci andrebbero direttamente i cittadini.

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A fine febbraio il Parlamento Europeo ha approvato una delibera per il “portafoglio di identità digitale”. Ma è davvero utile come sembra?