Lo sdegno, l’indignazione, la mobilitazione non bastano più, è necessario intervenire sul tessuto culturale, sull’educazione scolastica, sui media, per porre un freno a questa deriva di iniquità verso la quale stiamo franando. Ma come uscire da una simile empasse, dove una legislazione avanzata ha portato alla conquista di un’ampia gamma di diritti verso l'universo femminile ma condizionata da continue violenze subite.
Il 25 novembre ricorre la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una data importante, per ricordare a tutti che il rispetto è alla base di ogni rapporto e che non possiamo continuare a veder crescere il numero delle donne che subiscono violenza. Non possiamo lasciare sole le nostre donne con i loro carnefici, spesso mariti o compagni. La violenza non è solo quella ascrivibile alla devianza criminale e ai fatti di cui quasi quotidianamente ci mette al corrente la cronaca. Sono violenza anche gli ostacoli che impediscono alle donne di entrare nel mercato del lavoro, è violenza dover scegliere tra desiderio di maternità e carriera, è violenza rappresentare l’emancipazione della donna come frutto di semplificazioni e di scorciatoie sistematicamente mediate dal potere e dal suo sistema di concessioni e di concezioni. La violenza di genere ha una matrice culturale, anche perché si fonda sulla disparità a tal punto che le donne, a volte, non percepiscono alcune avvisaglie. La gelosia, il possesso, l’isolamento che a volte i violenti attuano verso le compagne, sono indicatori di una relazione non paritaria, di una pericolosa limitazione della libertà e dei diritti.
Ad esempio se un uomo controlla o gestisce il denaro e le spese della propria compagna, "in Italia una donna su tre non ha un conto corrente personale", è violenza economica, una via facile di accesso per quella psicologica e fisica. Per una serie di ragioni, chi subisce violenza, che sia economica, psicologica, fisica o digitale, non sempre la riconosce subito come tale. Un ruolo importante, oltre alle famiglie, sono le scuole come pilastri della società, hanno il dovere e la responsabilità di educare le giovani generazioni al rispetto, alla parità di genere e alla non violenza. Attraverso programmi educativi mirati e l’inclusione di moduli specifici sui diritti umani e sulla parità di genere, gli istituti scolastici possono contribuire significativamente alla prevenzione della violenza contro le donne.
Gli educatori giocano un ruolo chiave in questo processo. La loro formazione continua in materia di sensibilizzazione e prevenzione della violenza di genere è essenziale. Insegnanti preparati e consapevoli possono non solo fornire lezioni efficaci ma anche riconoscere i segni di abuso e intervenire tempestivamente, offrendo supporto e orientamento agli studenti in difficoltà. Una collaborazione attiva tra scuole, famiglie e comunità locali è fondamentale. Le scuole possono fungere da ponti, facilitando il dialogo e la comprensione reciproca tra studenti e famiglie, e promuovendo iniziative comunitarie per sensibilizzare sull’argomento.
Rino Basili (Parma, 21 novembre 2023 )