Di Eva Bergamo (Quotidianoweb.it) Roma, 26 marzo 2025 - Il disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo, (ARFID - Avoidant Restrictive Food Intake Disorder), è una patologia caratterizzata da una significativa limitazione nell’assunzione di cibo. Si tratta di un problema che emerge tipicamente nell'infanzia, ma che può persistere anche in età adulta; nella definizione sono inclusi, in un unico cluster diagnostico, i disturbi della nutrizione dell’infanzia ed i disturbi alimentari. Colpisce quindi soprattutto bambini e adolescenti, che decidono di evitare o limitare l’assunzione di cibo, generando di conseguenza uno stato di malnutrizione, che può impattare negativamente sulla salute, sia fisica che mentale.
La selettività alimentare consiste nella tendenza ad evitare certi alimenti o a mangiarne solo una ristretta varietà in base a consistenza, colore, odore o altre caratteristiche sensoriali. Questo atteggiamento può essere comune tra i bambini, ma nel caso dell'ARFID si tratta di una condizione estrema, persistente e di conseguenza dannosa; è pertanto fondamentale diagnosticare la malattia e agire terapeuticamente rivolgendosi ad un medico specialista.
Come si manifesta
A differenza di altri disturbi alimentari, come l’anoressia nervosa o la bulimia nervosa - di cui abbiamo già parlato qui su Quotidiano Web - in questo caso la restrizione alimentare non è scaturita dalla preoccupazione per il peso o da una percezione distorta dell’immagine corporea.
Gli specialisti hanno evidenziato alcuni profili principali che possono aiutare a capire il comportamento restrittivo; tra l'altro queste tipologie possono coesistere:
- Evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali degli alimenti, come ipersensibilità al colore, odore, consistenza, temperatura.
- Apparente mancanza d’interesse nel cibo, spesso causata da difficoltà emotive che possono generare apatia verso l'atto di nutrirsi.
- Preoccupazione per le conseguenze negative che potrebbe comportare l’atto del mangiare, tra cui malessere e soffocamento, ma anche vomito e in questo caso l'apprensione può derivare da una preesistente emetofobia - che non è una patologia alimentare ma un disturbo d'ansia - in cui il paziente ha il terrore di vomitare e che può portare a sviluppare l'ARFID.
- Più rara, la sindrome da rifiuto pervasivo, che rappresenta la condizione potenzialmente più pericolosa per la sopravvivenza fisica, in quanto si manifesta con un rifiuto profondo non soltanto di mangiare ma anche di bere, camminare, parlare o prendersi cura di sé.
I sintomi
I pazienti affetti da Disturbo evitante e restrittivo dell’assunzione di cibo presentano almeno una delle seguenti condizioni:
- Perdita di peso significativa o una evidente difficoltà di accrescimento in caso di bambini più piccoli.
- Carenza nutrizionale di rilevante entità, che indica una insufficiente assunzione di macronutrienti essenziali.
- Dipendenza da nutrizione enterale (tramite sondino), integratori, o supplementi nutrizionali per via orale.
- Significativa ed evidente interferenza con il funzionamento psicosociale: ad esempio evitano i pasti insieme a familiari o amici.
Sintomi spesso evidenziati in questi pazienti sono dolore addominale, nausea e reflusso gastroesofageo, oltre a condizioni di irritabilità, apatia e isolamento, soprattutto durante i pasti.
Le cause
Ancora non abbiamo risposte scientifiche per quanto riguarda le cause specifiche che determinano l’insorgenza della patologia, ma secondo gli esperti è molto probabile che ci siano dei fattori di rischio, in particolare:
- Ambientali, come stati d'ansia e familiarità verso disturbi alimentari.
- Fisiologici, soprattutto problematiche a livello gastrointestinale.
- Genetici: secondo un recente studio della dottoressa Lisa Dinkler, epidemiologa psichiatrica dell'Università medica svedese Karolinska Institutet di Soina (vicino Stoccolma), pare che nel 79% dei casi l’ARFID possa dipendere proprio da fattori ereditari.
Il trattamento
In questi pazienti è essenziale creare un team multidisciplinare, con una sinergia tra nutrizionisti e psicoterapeuti. Uno dei protocolli più utilizzati prevede un mix di psico-educazione, ri-alimentazione, lavoro sui meccanismi di mantenimento del disturbo e prevenzione delle ricadute.
Per velocizzare e rendere più efficace il percorso di cura, si può affiancare il trattamento EMDR - Eye Movement Desensitization and Reprocessing (Desensibilizzazione e Riprocessamento tramite Movimenti Oculari), approccio terapeutico mirato a curare eventi traumatici e stressanti che si basa sulla stimolazione cerebrale bilaterale per desensibilizzare il trauma e modificare le convinzioni che il soggetto ha su quell'evento. Alla fine delle sedute, le connotazioni negative legate al ricordo lasciano il posto a sensazioni neutre o addirittura positive.
Importante quindi è saper riconoscere il problema fin dai prodromi, così da poter evitare il degenerare della malattia.
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