Domenica, 15 Novembre 2020 17:10

Si curi chi può. In evidenza

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Lettera di un lettore che ci porta a conoscenza di una esperienza diretta, dalla quale estrapola considerazioni sulla situazione sanitaria nazionale.

Egregio direttore,

come nella prima ondata del covid, ancora oggi il Servizio Sanitario Nazionale, nel pieno o quasi del ritorno all’emergenza, ne teme le conseguenze della seconda ondata. Ciò che più colpisce è lo stato di malessere in cui versa.

Dopo decenni di tagli, oggi il disastro annunciato, amplificato dalla pandemia in corso. Accade anche per fatti di routine. Come, ad esempio, le vaccinazioni ordinarie, quelle indicate da normale profilassi: antiepatite, antitetanica, ed altro ancora.

Ecco la cronaca. Alcuni giorni fa, ho telefonato al Servizio di Igiene Pubblica per programmare un richiamo nell’anno in corso e, poiché residente in uno dei tredici comuni facenti parte del Distretto sud-est, il centralino mi ha fissato la prima data utile: febbraio 2021.

Dalla telefonata apprendo che tutti gli uffici vaccinazioni del Distretto sanitario, tranne Langhirano, sono stati chiusi causa covid e, da qui, lo slittamento della tempistica.

Che dire: va bene così? Non voglio porre in evidenza il disservizio logistico per gli utenti che risiedono in altri paesi distanti da Langhirano; né voglio sottolineare l’arco temporale più o meno lungo entro cui potrò farmi vaccinare. Il punto importante riguarda il depotenziamento dei servizi sanitari territoriali.

Chiunque si sarebbe aspettato ora, al contrario, un potenziamento di tutti i servizi socio-sanitari di comunità e quelli ospedalieri, data la crisi sanitaria legata al covid.
Tanto non è accaduto.

Continuano, intanto, a mantenere il numero chiuso nelle Università per le facoltà medico-scientifiche, nonostante la forte carenza di medici ed infermieri. Per quanto riguarda la spesa sanitaria, il confronto con la Germania è tanto imbarazzante quanto tragico: la spesa sanitaria tedesca, dal 1993 al 2017, è più che raddoppiata e oggi è pari al 12% del Pil, con un investimento di 230 miliardi di euro l’anno.

Se l’articolo 32 della Costituzione ha un senso, allora bisogna far si che sia pienamente rispettato. E non sembra esserlo.

Con il coronavirus, il nostro Servizio sanitario nazionale ha mostrato le sue carenze strutturali: certo con sfumature diverse da regione a regione, ma ovunque con il progredire dei tagli allo stato sociale in favore della sanità privata.
Dagli anni ottanta, con lo slogan “meno stato più mercato”, passando dalla trasformazione delle Usl in Asl, fino ad arrivare alla spending review di montiana memoria, riceviamo in eredità una sanità pubblica regionalizzata che funziona a singhiozzo, quasi smantellata sul territorio. Non va tutto bene, in nessuna parte d’Italia e la sanità pubblica non sta reggendo, a dispetto di chi tenta invano di giustificare gli attacchi che l’hanno resa debole, a vantaggio del mercato sanitario, protetto dallo stato liberista.

Auguriamoci che quanto segnalato possa avere una rapida soluzione, affinché non crescano i bisogni di cura delle comunità, sopratutto in questa stagione invernale e in questo momento pandemico.

15.11.2020

Matteo Impagnatiello