Sabato, 07 Aprile 2018 08:54

Rodolfo Lapidario e la signora Clotilde In evidenza

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Un racconto Di Manuela Fiorini - Rodolfo Lapidario stava sonnecchiando con i gomiti appoggiati alla scrivania. Era stata una giornata molto calda e non vedeva l'ora di farsi una bella doccia ristoratrice. Il suo appartamento si trovava proprio sopra all'attività che gestiva da quando suo padre era passato a miglior vita. Nella cittadina della Bassa parmense in cui viveva, era l'unica del suo genere, quindi era pressoché scontato che, prima o poi, tutti i suoi concittadini si sarebbero serviti da lui.

Una delle prime cose che aveva imparato da suo padre, era che un'impresa come la loro difficilmente sarebbe fallita, poiché usufruire dei suoi servizi, prima o poi, sarebbe toccato a tutti.

Da quando ne aveva ereditato la conduzione, tuttavia, Rodolfo Lapidario aveva deciso di ampliare l'azienda per offrire alla clientela un servizio completo. Così, aveva acquistato un capannone per metterci il magazzino e dei nuovi mezzi. Nell'edificio principale, invece, aveva ricavato degli ambienti moderni per ospitare i clienti e addirittura un piccolo museo con i pezzi più pregiati o riproduzioni dei modelli venduti a personalità importanti. Con il tempo, aveva anche pensato di organizzare dei corsi per coloro che erano interessati a lavorare nel settore. Alcuni dei suoi allievi, poi, erano rimasti a lavorare per lui. Tutto procedeva bene, anche grazie alla sua particolare sensibilità, che lo portava ad interpretare i desideri dei suoi clienti e a soddisfare le loro richieste.

***
Mancava poco all'imbrunire. I suoi dipendenti se ne erano già andati a casa da un pezzo. Rodolfo Lapidario doveva solo tirare giù la saracinesca e salire le scale che collegavano il suo ufficio al salotto di casa sua. Tuttavia, decise di rimanere ancora un po'. L'esperienza gli aveva insegnato che c'era sempre qualcuno che decideva di fargli visita poco prima dell'orario di chiusura. Una folata di vento, insolita per quella giornata afosa, glielo confermò. Alzò lo sguardo e si trovò di fronte una donna corpulenta dall'aria autoritaria e un uomo smilzo dall'espressione dimessa.

"Il signore e la signora Ferrari, suppongo", disse loro con un sorriso, "I figli della signora Clotilde..."
"Sì, siamo noi", gli rispose la donna con il viso sgomento per il pianto, "siamo corsi qui appena abbiamo saputo. Siamo stati avvertiti da un nostro cugino. Non riesco a credere che la mamma..."
La donna nascose il viso sulla spalla del fratello, che le mise un braccio attorno alle spalle per consolarla.
"Su, su, Luisa, se ci penso, in fondo, la mamma se ne è andata come avrebbe voluto..."
"Zitto, Arnaldo, sei stato tu a consigliarle quel corso di ballo per farla sentire meno sola dopo la scomparsa del babbo. Era meglio qualcosa di più tranquillo, che ne so, un corso di cucito..."
"Ma Luisa, sai che la mamma ha sempre adorato ballare e, viceversa, ha sempre odiato cucire, cucinare e tutti quei lavoretti "domestici" a cui l'avevano sempre obbligata fin dalla più tenera età".
"La mamma aveva 85 anni...forse non aveva più l'età per ballare il liscio...E infatti, guarda che cosa è successo...".
La signora Luisa scoppiò in lacrime, mentre il fratello assunse un'espressione contrita.
"Possiamo...vederla?", chiese.
"Certo", rispose con gentilezza Rodolfo Lapidario "seguitemi, prego".
I signori Ferrari entrarono in una stanza ben illuminata, dalle pareti color lilla. Adiacenti alle pareti erano stati sistemati due divani e qualche poltroncina. Su un tavolino c'era un telefono e alcuni vasi di fiori colorati abbellivano la zona sotto alle finestre, alle quali erano appese tende leggere dello stesso colore delle pareti.
"Si respira aria di serenità, qui...", commentò il signor Arnaldo.
Il feretro della signora Clotilde era stato allestito al centro della sala.
"Ha danzato fino alla fine, lei che non aveva potuto realizzare in gioventù il sogno di diventare ballerina", disse Luisa contemplando il viso sereno e disteso della madre.
"Ho pensato che farle indossare un abito dai colori vivaci rispecchiasse il suo carattere e i suoi desideri", aggiunse Lapidario.
"Sì, il rosso e il nero erano i color preferiti di mamma. Le ricordavano la sua amata Spagna. Ci andava spesso, anche se erano alcuni anni che affrontare il viaggio era diventato difficile".
"Ho pensato che le potessero piacere dei fiori colorati. Della funzione se ne occuperà Don Luigi, la conosceva bene e ci tiene a officiare la messa..."
"Sì, certo...e per le pratiche burocratiche?"
"Non dovete preoccuparvi di nulla, ci ho pensato io per voi. Prendetevi questi momenti per salutare la vostra mamma".
"Grazie, signor Lapidario...Come le ho già detto al telefono, la mamma era uno spirito libero e sentirsi "sotto terra" le dava un senso di costrizione. Per questo ha espresso il desiderio, quando era in vita, di essere cremata".
"Certo, ho fatto predisporre il tutto, come da vostre indicazioni e desideri".
"Grazie...allora, ci vediamo domani, qui nella sala del commiato, per salutare la mamma insieme a tutti quanti vorranno rendere l'ultimo omaggio".

****
La stanza era stata abbellita in maniera sobria e familiare. A salutare per l'ultima volta la signora Clotilde c'era quasi tutto il paese: dai suoi compagni del circolo anziani al suo insegnante di liscio, dal titolare del negozio del pane alla commessa del piccolo supermercato dove l'anziana si recava a giorni alterni. E poi i figli, i nipoti e i pronipoti, che forse conoscevano poco quella nonna un pochino eccentrica, ma dal cuore d'oro e il fuoco sotto i piedi.
In un angolo, il signor Lapidario li osservava in silenzio.
"Allora, Clotilde, sei soddisfatta?"
L'esile figura evanescente gli fece un leggero cenno con il capo. Poi alzò la mano in segno di saluto prima di scomparire. Sul suo viso sereno c'era un sorriso soddisfatto.

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