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"Come l'Occidente ha provocato la guerra all'Ucraina” di Benjamin Abelow (Fazi Editore 2023, titolo originale How the West brought war to Ukraine. Understanding how U.S. and NATO policies led to crisis, war, and the risk of nuclear catastrophe), è una breve rassegna che ripercorre i fatti, dal 1990 al 2022, che hanno portato all'attuale conflitto nel cuore dell'Europa.

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Trent'anni di istigazioni che stanno portando all'escalation nucleare.

"Come l'Occidente ha provocato la guerra all'Ucraina” di Benjamin Abelow (Fazi Editore 2023, titolo originale How the West brought war to Ukraine. Understanding how U.S. and NATO policies led to crisis, war, and the risk of nuclear catastrophe), è una breve rassegna che ripercorre i fatti, dal 1990 al 2022, che hanno portato all'attuale conflitto nel cuore dell'Europa.

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Di Andrea Caldart Cagliari, 22 giugno 2022 (Quotidianoweb.it) - Sembra il titolo di un film degli anni ’80 di “Pierino” l’attore Alvaro Vitali e, se fosse, staremmo sicuramente a ridere, invece siamo nel 2022 dove, possiamo solo ripensare a quei bei tempi.

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Una cerchia di qualificati accademici ha discusso e analizzato le prospettive di un conflitto che sta facendo tremare l’Europa. Organizzato da Unidolomiti di Belluno, il convegno ha visto alternarsi una pluralità di opinionisti a partire dal professor Aleksandr Dugin già ordinario e Direttore del dipartimento di Scienze Politiche e Sociologia dell’Università Statale di Mosca, Fabio Massimo Parenti, Professore associato di Economia Politica Internazionale e Geopolitica, China Foreign Affairs University di Pechino, Daniele Trabucco Professore associato di Diritto Comparato e Dottrina dello Stato, Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF e Unidolomiti di Belluno, Marco Ghisetti, Politologo, Analista Geopolitico del Centro studi Eurasia-Mediterraneo CeSEM.

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Di Arturo Ferrara 17 settembre 2021 - In questo momento storico particolarmente tragico per i fatti occorsi a seguito della cosiddetta pandemia da Coronavirus, si sta progressivamente perdendo l’attenzione riguardo ad alcuni temi che rivestono un’importanza vitale.

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Di Daniele Trabucco Belluno, 13 agosto 2021 - I talebani stanno riconquistando l'Afghanistan e si trovano a 50 Km da Kabul, la capitale.

La campagna militare voluta dall'allora Presidente degli Stati Uniti d'America, George Walker Bush, dopo l'attentato terroristico dell'11 settembre 2001, si sta rivelando fallimentare a tal punto che il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterres (in carica dal 01 gennaio 2017 e riconfermato nel 2021 per un secondo mandato), invoca i negoziati.

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Mercoledì, 27 Marzo 2019 09:38

La pericolosa deriva della politica internazionale

Giovedì 28 marzo (ore 18) Vittorio Emanuele Parsi presenta il suo ultimo libro alla Feltrinelli di via Farini.

La politica internazionale sta vivendo una fase di transizione, dovuta principalmente alla deriva neoliberale che il mondo ha vissuto a partire dagli Ottanta del secolo scorso. Questa è la tesi sostenuta da Vittorio Emanuele Parsi nel suo ultimo libro Titanic. Il naufragio dell'ordine liberale (Il Mulino), che verrà presentato giovedì prossimo 28 marzo alle ore 18 presso la libreria laFeltrinelli di via Farini a Parma. Analogamente al Titanic, secondo Parsi, il mondo è stato portato su una rotta diversa e più pericolosa da quella intrapresa nel secondo dopoguerra, che era segnata dall'incontro e reciproco bilanciamento di democrazia e mercato. Davanti ai nostri occhi, oggi, si erge minaccioso un iceberg, le cui quattro facce si chiamano: declino della leadership americana ed emergere delle potenze autoritarie di Russia e Cina (sul cui sfondo si stagliano la crisi nordcoreana e quella mediorientale); polverizzazione della minaccia legata al terrorismo; deriva revisionista della presidenza Trump; affaticamento delle democrazie strette tra populismo e tecnocrazia. Nonostante le sue difficoltà, solo l'Europa può ancora contribuire a ristabilire la rotta originaria, ma a condizione di vincere la battaglia più difficile, quella interna: per riequilibrare la dimensione della crescita e quella della solidarietà.

Discuteranno con l'autore Pino Agnetti (Giornalista e scrittore) e Alessandro Duce (Professore di Storia delle Relazioni Internazionali all'Università di Parma). Introdurrà l'incontro Emanuele Castelli (Professore di Politica internazionale all'Università di Parma).

Vittorio Emanuele Parsi è Professore Ordinario di Relazioni internazionali all'Università Cattolica di Milano e, dal 2002, professore nella Facoltà di Economia dell'Università della Svizzera Italiana. È direttore dell'Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI), editorialista de «Il Sole 24 Ore» «Avvenire» e «Panorama» e opinionista per La7 sui temi di Politica internazionale. Capitano di fregata della riserva della Marina Militare, gioca come trequartista centro negli Old del Rugby Monza.

 

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(Vittorio Emanuele Parsi)

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Domenica, 10 Febbraio 2019 10:46

Il termometro del dolore.

Dalla giornata della memoria alla giornata del ricordo. Quello che gli uomini non vogliono apprendere: la convivenza civile.

di Lamberto Colla Parma 10 febbraio 2019 -

Il genere umano non sembra capace di imparare dalla esperienza e la mentalità del "tifoso" prende il sopravvento anche nelle più tragiche ricorrenze di inciviltà. Quei momenti di storia che dovrebbero restare a testimonianza della pericolosità dell'uomo e della sua capacità di "godere" della sofferenza altrui, di quell'altro che non la pensa come lui, che non ha la medesima fede o che occupa un territorio che non avrebbe dovuto.

E allora ecco che, da quello che avrebbe dovuto essere un momento di monito, collettivo e condiviso trasversalmente, proprio per l'incapacità di apprendere, certi genocidi hanno un valore superiore di altri.

Così, a pochi giorni di distanza dalla istituzionale e iper mediatica "Giornata della Memoria" dedicata a quella terribile pagina di storia che ha visto la atroce persecuzione degli ebrei, fanno da contraltare le pericolose spinte negazioniste e revisioniste sulle Foibe (Giornata del Ricordo) che l'ANPI, di Rovigo e di Parma, hanno rilanciato con ben poco rispetto della vita e delle famiglie che furono infoibate, dimostrando, ancora una volta, l'incapacità di vivere civile dell'umanità.

Così l'animo del "tifoso" si è immediatamente scatenato polarizzando il genere umano in fronti contrapposti pronti a scontrarsi nuovamente.

E allora ecco che da un lato si chiede di togliere i fondi all'ANPI mentre dall'altro si tenta di difendere la posizione antifascista tout court dell'associazioni partigiane e dai "social media" si scatena l'elencazione degli stermini dimenticati dalla storia, dal genocidio dei nativi d'America che da metà 1600 sino alle porte del 1900 ha contato circa cento milioni di morti per l'invasione europea del far west, o ai 5 milioni di ucraini decimati da Stalin, piuttosto che dello sterminio dei proprietari terrieri cinesi a opera dei contadini ordinata dal regime di Mao.

E l'elenco potrebbe continuare ma sarebbe solo una mera conta. Quel che è peggio è che per ciascuno di queste mostruosità si sia trovata una sua giustificata ragione per essere commessa e oggi un'altrettanta ragione per non essere commemorati o quantomeno ricordati, almeno come moniti per i posteri.

Invece NO! Qualcuno, anzi in molti, sono convinti che alla base ci possano essere state delle corrette ragioni perché ciò accadesse e costoro sarebbero pronti a istituire un termometro del dolore come se la morte di un bianco possa considerarsi più importante di un nero, di un proprietario terriero meno di un contadino, di un portatore di divisa piuttosto che di un'altra.

Ben venga quindi la dichiarazione della presidente ANPI nazionale Carla Nespolo che sulle posizioni dei circoli di Parma e Rovig è così intervenuta: "Sia la frase sulla pagina Facebook dell'ANPI di Rovigo che l'iniziativa di Parma non sono condivisibili e offrono uno straordinario pretesto di polemica a chi è molto più amico di Casapound che dell'ANPI".

Bene, peccato solo per la chiusura infelice dove anch'ella non trova di meglio che riproporre una pericolosa contrapposizione da partigiana "tifosa".

Peccato per quell'"inciampo", in fondo anche Lei la pensa come tutti gli altri.

Il "termometro" del dolore esiste.

Pietra_Inciampo-Stolperstein_Else_Liebermann_von_Wahlendorf_Berlin_Budapester_Strasse_1.jpgPietra Inciampo-Stolperstein Else Liebermann von Wahlendorf - Berlin, Budapester Strasse

 

 

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Blocco navale e ordine di sparare vennero ottimamente accolti da tutti, opinione pubblica compresa, quando nel 1991 e nel 1997 si dovette affrontare l'ondata migratoria albanese. Da rabbrividire i commenti riportati dai quotidiani dell'epoca

Di Lamberto Colla

 

Nei giorni della disputa sulla nave Sea Watch 3 battente bandiera olandese con 47 ospiti africani all'ancora davanti a Siracusa e un patetico barchino con tre deputati che hanno sfidato le intemperie per vedere di persona i migranti, è riesumata la questione della nave Diciotti e la richiesta di giudicare il Ministro dell'Interno, Matteo Savini.

Tutta la politica italiana di quest'inizio d'anno sembra imperniata solo su questa vicenda. L'opposizione sembra una classe di catechisti, limpidi e puri che, invece di contribuire a trovare una soluzione per i migranti e per il rispetto dei nostri confini e soprattutto dei nostri diritti, non trovano altro da fare che buttare benzina sul fuoco e cercare di incenerire Salvini.

Ovviamente tutte le testate giornalistiche sono al seguito di questa ennesima ondata di moralizzazione.

Ben diversa era stato invece il comportamento negli anni della fase migratoria albanese (1991 Governo Andreotti e 1997 Governo Prodi).

Un'esodo suddiviso in tre fasi principali, la prima nel marzo del 1991 alla quale ne seguì una seconda ondata nell'agosto del medesimo anno e infine una terza avvenne nel 1997.

Addirittura all'epoca si arrivò a disporre il blocco navale con l'ordine di sparare pur di non far attraccare le navi dei disperati alle nostre coste. Ancora è stampata nella memoria quella nave (Vlora) carica a livello nemmeno immaginabile, pare fossero 12.000 (forse 20.000) persone, che intercettata nel tentativo di approdare a Brindisi riuscì invece a attraccare a Bari l'8 agosto 1991 (Governo Andreotti).

A questi 12.000 non venne concesso di scendere salvo poi accatastarli per 8 giorni all'interno dello stadio, da dove in molti tentarono di fuggire. Imbrogliati con la promessa di poter tornare e essere ridistribuiti in varie città italiane, alla fine vennero rispediti in Albania.

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Corvetta Sibilla - Marina Militare Italiana - 1997

E che dire dell'incidente marittimo accaduto, nella giornata del venerdi santo (28 marzo) del 1997 (Governo Prodi e Ministro dell'Interno Giorgio Napolitano), che vide coinvolto un nostro pattugliatore, la corvetta Sibilla, e la Katër i Radës con il suo carico di 120 disperati. Uno scontro che portò all'affondamento della nave albanese a seguito del quale morirono 81 persone.

Ebbene all'epoca nessun magistrato pensò di mandare sotto processo Napolitano o Prodi o Andreotti, la Corte di Giustizia di Bruxelles non venne chiamata in causa e le organizzazioni umanitarie internazionali non batterono ciglio. Anzi a rileggere le cronache del tempo vien da rabbrividire.

"Non possiamo accoglierli tutti," "Fuori tutti e subito, sono clandestini", sono alcuni titoli che apparivano in prima pagina e all'interno degli articoli si riferiva di riunioni tra amministratori locali, preoccupati per la stagione balneare, che mettevano sullo stesso piano i profughi con le mucillaggini e le calamità naturali:

"[...] Ieri i sindaci delle aree turistiche lo hanno ricordato in una riunione in prefettura. C'è il proposito di chiedere lo stato di «calamità naturale». I danni provocati dagli albanesi — sostengono — vanno considerati come la siccità o la mucillagine in Romagna.
Corriere della Sera, 18 giugno 1991"

E ancora, "È necessario – afferma la Boniver (ministro dell'Immigrazione, ndr) – impedire ogni tentativo illegale di ingresso in territorio italiano: per questo a nessun albanese sarà permesso di scendere dalle navi
Corriere della Sera, 14 giugno 1991"

Una posizione di intransigenza adottata sin dal 1990 sulla base della legge Martelli di quello stesso anno che distingueva nettamente tra rifugiati politici e semplici migranti "economici"

Ebbene che c'è di nuovo e di diverso dalla posizione presa dal governo giallo verde? Rispetto a quasi 30 anni fa non c'è blocco navale e nemmeno l'ordine di sparare. Forse è questo il motivo per il quale è richiesto a Salvini di presentarsi in Tribunale?

Così procedendo non ce ne usciremo vivi da questa crisi, economica ma sopratutto morale e intellettuale.

Vergogna!

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Video: https://www.youtube.com/watch?v=1HldIdHX7_o&feature=youtu.be 

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Cittadini e poteri sono sempre più distanti. La nenia che 24 ore al giorno sentiamo da ogni canale e giornale, finirà per narcotizzarci tutti

di Lamberto Colla Parma 02 settembre 2018 -

Ormai la frittata è fatta. La scissione tra la stragrande maggioranza dei cittadini e quella minoranza politica sostenuta dal 99,99% dei giornali e delle televisioni ha raggiunto il suo culmine.

La donna e l'uomo della strada, i semplici onesti (ce ne sono ancora tanti, troppi per quel che si merita questo Paese) "tifa" Salvini e la sua politica della sicurezza e dell'immigrazione in contrapposizione al tamburellante e incessante attacco al Ministro dell'Interno apoastrofato con infamanti aggettivi quali "razzista", "xenofobo" e "fascista".

Alla pari di tutti i suoi predecessori di centro destra che vinsero alle urne, o meglio di "non sinistra", da Craxi, a Cossiga per arrivare a Berlusconi tutti sono stati accusati di tali nefandezze. La maggioranza degli italiani era con loro ma alle sinistre questo non importava, "erano solo pochi e malati da rinchiudere".

Giornali,TG, e la miriade di talk show d'intrattenimento politico, ormai presenti a ogni ora alla pari degli Chef, rincorrono sempre le solite notizie e cantano il medesimo refrein contro Salvini e contro Di Maio e talvolta aggiungono qualche commento sull'"inutilità" del premier Conte.

E' palese il distacco dal sentimento comune e non ci vengano a dire che è una sola e esclusiva sensazione personale. Basta parlare con la gente di tutte le età, frequentare i bar e i locali pubblici per rendersene conto.

Invece, per tutta risposta al sentimento dominante, anche i magistrati, giusto per attizzare un fuoco già troppo invasivo entrano a gamba tesa nel dibattito politico, arrivando persino a indagare il Ministro dell'Interno per sequestro di persona (e altri tre o quattro capi d'imputazione tra i quali "Ricatto all'Unione Europea") dopo avere fatto anch'essi la loro bella passerella sulla nave "Diciotti".

La "Diciotti" nei giorni scorsi sembrava la "Mecca" della politica italiana. Un via vai di politici impressionante a assicurarsi dello stato di salute degli eritrei tratti in salvo dalla nave militare italiana, in contrasto con le presenze ai funerali delle vittime del ponte di Genova, anche perché i pochi che si presentarono alle esequie furono sonoramente fischiati o addirittura completamente ignorati dai genovesi raccolti a pregare e dare l'ultimo saluto terreno alle 43 vittime del crollo del Ponte Morandi.
Una tragedia che, al contrario dei migranti, ancora non vede alcun indagato.

Una posizione giusta, prudente e condivisibile quella dei magistrati di Genova, ma che contrasta pesantemente con quanto intrapreso dalla magistratura di Agrigento verso una alta carica dello Stato, quella peraltro preposta alla sicurezza, e che automaticamente fa pensare a una iper protezione verso i "Benetton", dimenticando che la presunzione di innocenza è un caposaldo della nostra giustizia, troppo spesso dimenticata, come il diritto alla riservatezze e all'oblio.

Troppo grande è il distacco tra popolo e potere.

La nenia che 24 ore al giorno sentiamo da ogni canale e giornale, finirà per narcotizzarci tutti.

Macron avrà la meglio e il popolo italiano tonerà sotto la dominazione estera di quell'europa che non è minimamente parente con quella che ci avevano promesso sarebbe stata.

E' qui il punto.
Non si tratta di essere sovranisti, più semplicemente si tratta di non riconoscere l'europa attuale e la strada che gli UEmanoidi vogliono percorrere.

La Grecia  dovrebbe aver insegnato qualcosa!

Invece tutto l'Establishment è compatto ai piedi dell'Europa e in favore degli sbarchi, senza curarsi delle conseguenze.

Le conclusioni le lascio al profetico Marcello Veneziani: "Per questo so come andrà a finire. Il consenso a Salvini prima o poi si sgonfierà, quando vedranno che non potrà dare i frutti sperati, che il loro Tribuno sarà isolato, le sue decisioni saranno sistematicamente smantellate dai Palazzi. Allora gli italiani si adatteranno, come sempre hanno fatto, abbozzeranno perché non vogliono mica imbarcarsi in una guerra civile. Si rifugeranno nelle tv e negli smartphone. E quello stanno aspettando gli sciacalli e le iene variamente disseminati nei media, nei tribunali, nei palazzi di potere."

(Nella foto: generazioni lontane tutte vicine a Salvini - Parma 2016)

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