Domenica, 05 Ottobre 2025 08:39

Israele, Gaza e il genocidio che il mondo finge di non vedere In evidenza

Scritto da Andrea Caldart
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Di Andrea Caldart (Quotidianoweb.it) Cagliari, 3 ottobre 2025 - Il rapporto A/HRC/60/CRP.3, pubblicato pochi giorni fa dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, non lascia spazio a interpretazioni: Israele avrebbe adottato pratiche riconducibili al crimine di genocidio nei confronti della popolazione palestinese di Gaza.

Non si tratta di un’opinione, ma di un documento ufficiale redatto da una commissione indipendente che ha raccolto prove, testimonianze e dichiarazioni pubbliche dei leader israeliani.

Secondo il rapporto, le operazioni militari israeliane a Gaza non si sono limitate alla difesa armata: hanno prodotto uccisioni sistematiche, ferite e traumi psicologici gravi, la distruzione mirata di infrastrutture vitali come ospedali, scuole e reti idriche, e l’imposizione deliberata di condizioni di vita insostenibili. A questo si aggiungono dichiarazioni ufficiali di ministri e alti funzionari israeliani che parlano apertamente di “annientamento” e “distruzione totale” della popolazione palestinese.

Tutti questi elementi – sottolinea l’ONU – rispondono ai criteri della Convenzione sul genocidio del 1948, che definisce genocidio “qualsiasi atto commesso con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.

Ma Israele ha una lunga storia di impunità

Il genocidio non inizia oggi. Non nasce con i bombardamenti su Gaza del 2023, né con i blocchi e gli assedi degli ultimi decenni. La radice affonda molto più indietro. Già nell’Ottocento, il movimento sionista lanciava lo slogan: “una terra senza popolo per un popolo senza terra”, negando di fatto l’esistenza stessa del popolo palestinese. Una menzogna propagata e poi adottata dalle potenze coloniali europee, in particolare dalla Gran Bretagna, che nel 1922 ottenne il Mandato sulla Palestina e avviò politiche di spossessamento e repressione violenta, lasciando dietro di sé una scia di sangue che molti storici definiscono senza esitazione un genocidio coloniale.

Da allora sono passati più di cento anni di occupazioni, espulsioni di massa, guerre preventive, insediamenti illegali, apartheid istituzionalizzato. Eppure, il “paese democratico” che si autodefinisce l’unica democrazia del Medio Oriente ha goduto – e continua a godere – di una sostanziale immunità internazionale con il silenzio complice dell’Occidente, Italia compresa.

Perché, nonostante rapporti ufficiali, prove fotografiche, video, testimonianze e persino le stime delle stesse agenzie delle Nazioni Unite, il mondo continua a chiudere gli occhi?

La risposta è amara: complicità politica ed economica. Stati Uniti ed Europa, che si autoproclamano paladini dei diritti umani e della democrazia, hanno sempre garantito a Israele un paracadute diplomatico, arrivando a bloccare risoluzioni ONU, a garantire forniture militari e a giustificare l’ingiustificabile con la formula della “legittima difesa”.

La stessa ONU, pur avendo oggi pubblicato un rapporto senza precedenti, porta addosso il marchio della sua inefficacia cronica. Un secolo di risoluzioni non applicate, di missioni osservatrici inutili, di appelli umanitari inascoltati: un teatro dell’assurdo che ha trasformato l’organizzazione internazionale in un simulacro incapace di fermare crimini atroci, perché è la verità che nessuno vuole pronunciare

Oggi, con Gaza ridotta in macerie, con oltre due milioni di persone intrappolate in condizioni disumane, con generazioni di palestinesi cresciute senza futuro, il mondo si trova davanti a una scelta. O ammettere finalmente che ciò che sta avvenendo è un genocidio, con tutte le implicazioni morali, storiche e legali che questo comporta, oppure continuare a nascondersi dietro un silenzio che diventa corresponsabilità.

Un secolo di impunità non cancella le prove, non cancella le vittime, non cancella la memoria di un popolo. E se oggi l’ONU parla apertamente di genocidio, non c’è più spazio per l’ambiguità. Il crimine è sotto gli occhi di tutti: il vero scandalo è che nessuno abbia il coraggio – né la volontà – di fermarlo.

E in questo scenario di macerie, mentre i rapporti delle Nazioni Unite gridano genocidio e le cancellerie occidentali voltano lo sguardo altrove, arriva l’ennesima farsa travestita da “piano di pace”. Trump e Netanyahu, in un patto che odora di protettorato coloniale, parlano di “soluzioni” che altro non sono che la normalizzazione dell’occupazione, la legalizzazione dell’apartheid, la riduzione di un popolo intero a massa amministrata. È la logica dell’impero che concede brandelli di terra come se fossero elemosine, mentre in realtà si appropria di tutto: della terra, dell’acqua, della vita stessa.

Non potrà mai esserci pace in un progetto che perpetua il dominio. Non c’è futuro in un piano che nega il diritto all’esistenza. È l’eco di un passato coloniale che torna a imporsi sotto nuove bandiere, con lo stesso linguaggio della violenza mascherato da diplomazia. Ed è qui che il mondo intero è chiamato a scegliere: stare dalla parte di chi subisce lo sterminio, o dalla parte di chi, con sorrisi e strette di mano, ne pianifica la perpetuazione.

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