Lunedì, 24 Marzo 2025 17:48

Soragna (PR) ricorda Sergio Ramelli: presentato il libro di Guido Giraudo tra memoria e riflessione In evidenza

Scritto da Francesca Caggiati

La sala Hurbinek si è riempita per un pomeriggio dedicato alla memoria di un giovane che, a distanza di decenni, continua a suscitare emozioni e interrogativi.

Un evento denso di significato e riflessione ha animato il Teatro Nuovo di Soragna, dove nei giorni scorsi è stato presentato il libro "Sergio Ramelli. Una storia che fa ancora paura", scritto da Guido Giraudo e pubblicato da Idrovolante Edizioni. 

Dopo i saluti istituzionali di Federico De Belvis, Presidente Provinciale di Fratelli d'Italia, di Salvatore Iaconi Farina, Consigliere Comunale di Soragna, e dell'On. Gaetana Russo, la presentazione è entrata nel vivo con un dialogo tra l'autore, Guido Giraudo, Fabio Marmiroli, Responsabile Provinciale della Scuola Politica di Fratelli d'Italia, e Jacopo Tagliati, Presidente Provinciale di Gioventù Nazionale.

Il dibattito ha ripercorso la vita di Sergio Ramelli, studente milanese vittima di un attentato nel 1975, analizzando le complesse dinamiche politiche e sociali dell'epoca e affrontando le questioni irrisolte che ancora oggi gravano sulla sua memoria. Il libro di Giraudo si propone come un'opera di ricostruzione storica rigorosa e appassionata, che non rinuncia a scavare nelle zone d'ombra e a sollevare interrogativi scomodi.

A margine dell'incontro, abbiamo avuto l'opportunità di intervistare l'autore, Guido Giraudo, per approfondire alcuni aspetti del suo lavoro e per capire meglio il significato che, a suo avviso, la storia di Sergio Ramelli può avere per il nostro presente. 

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Nel suo libro, lei ricostruisce minuziosamente la vita e la tragica morte di Sergio Ramelli. Qual è stata la sfida più grande nel raccontare questa storia, e quale aspetto della figura di Ramelli le premeva maggiormente far emergere?

Quando il libro è stato scritto nella sua prima edizione - oggi siamo alla decima aggiornata e approfondita - l’idea era di far conoscere il più possibile i particolari di questa terribile vicenda, così come erano emersi attraverso le indagini, le testimonianze, le confessioni e il processo. Ovvero mostrare a tutti, attraverso le parole dei magistrati e della stampa del tempo - e non le nostre personali considerazioni - quali fossero i perversi meccanismi ideologici che portarono gli estremisti comunisti a diventare «giovani la cui testa non ragionava più perché un giorno decisero di conferirla all’organizzazione che pensava e decideva per loro», sono parole del PM, Maria Luisa Dameno. Nel libro si scopre, quindi, cosa avvenne prima, durante e - incredibilmente - dopo la bestiale aggressione che portò alla morte di Sergio Ramelli e si ha così un quadro completo e agghiacciante, del livello di vigliaccheria e di brutalità cui si era giunti in quegli anni. I "compagni" degli assassini non esitarono a compiere depistaggi - accusando altre bande di sinistra - e a minacciare per mesi la famiglia di Sergio e il fratello dovette lasciare Milano, mentre gli assassini stessi parteciparono ad ulteriori assalti e aggressioni in cui furono ferite gravemente altre decine di persone.”

A distanza di anni, la figura di Sergio Ramelli continua a suscitare polemiche e interpretazioni contrastanti. Secondo lei, qual è il messaggio più importante che la sua storia può trasmettere alle nuove generazioni, al di là delle ideologie e delle strumentalizzazioni politiche?

Ormai le ideologie sono tramontate w le “strumentalizzazioni” sono figlie solo della paura di conoscere la verità storica. Quello che rimane però è la storia di un ragazzo che fu perseguitato, oggi diremmo “bullizzato”, solo perché aveva espresso idee non conformi al politicamente corretto del tempo... scrisse un tema biasimando le Brigate Rosse. Per questo fu accusato, isolato, emarginato, più volte aggredito e, infine ucciso. «In quella pozza di sangue - scrive Giuseppe Culicchia nel suo “Uccidere un fascista” - c’erano le tue idee, idee che non avevi il diritto di avere e che per questo ti erano state estirpate». Il messaggio è ancora attuale, perché ancora oggi, in tempi di sedicente “inclusione”, assistiamo quotidianamente all’incapacità di accettare idee diverse. Nelle scuole e nelle università ancora si cerca di impedire di parlare, di votare, di esprimere opinioni. Si impedisce di parlare persino a ministri. E, in tutto ciò, oggi come ieri, le istituzioni- i professori, i presidi, i rettori - che dovrebbero tutelare i propri allievi, garantire il diritto allo studio e la libertà, sono ancora assenti se non complici dei violenti per connivenza ideologica o per vigliaccheria. A quelli che sbandierano la Costituzione per zittire gli avversari, bisognerebbe ricordare quotidianamente l’art. 21… «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»…”.

L'evento di Soragna ha rappresentato un'occasione importante per ricordare una pagina dolorosa della storia italiana e per riflettere sul valore della memoria, del dialogo e del rispetto reciproco, al di là delle appartenenze politiche e ideologiche. Un monito a non dimenticare il passato, per costruire un futuro più giusto e pacifico.

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