Sabato, 04 Febbraio 2023 06:00

I rifugiati afghani costretti dal Ministero dell’Interno a trasferirsi a 200 miglia da Londra In evidenza

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Di Flavia De Michetti Roma, 3 febbraio 2023 (Quotidianoweb.it)   - È ormai più di un anno che i talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan e centinaia di rifugiati si sono stabiliti nel Regno Unito dopo essere fuggiti dal loro Paese.

L’accoglienza ricevuta fino ad oggi negli hotel di Kensington sembrerebbe essere terminata, tant’è che circa 40 famiglie sono state invitate a trasferirsi a 200 miglia di distanza, nel West Yorkshire, nell’arco di una settimana.

L’ex Primo Ministro britannico Boris Johnson, dopo essere stato duramente criticato per come aveva gestito l’evacuazione dall’Afghanistan, aveva promesso rifugio alle migliaia di afghani arrivati nel Regno Unito. 

Il Governo britannico, infatti, aveva messo a punto un’operazione denominata “Warm Welcome”, promettendo ai cittadini afghani, che hanno lavorato per il Regno Unito nel loro Paese d'origine e sono stati evacuati, un permesso di soggiorno a tempo indeterminato, il quale avrebbe permesso loro di lavorare, richiedere la cittadinanza britannica, ricevere assistenza sanitaria gratuita, un’adeguata formazione nella lingua inglese e perfino borse di studio universitarie.

A tal proposito, Johnson aveva dichiarato: "Abbiamo un debito enorme verso coloro che hanno lavorato con le Forze Armate in Afghanistan e sono determinato a dare a loro e alle loro famiglie il sostegno di cui hanno bisogno per ricostruire le loro vite qui nel Regno Unito".

Il progetto governativo, lanciato nell'agosto 2021, prometteva, dunque, di aiutare gli afghani a integrarsi completamente nella vita britannica dopo che il Regno Unito, come gli Stati Uniti, aveva ceduto Kabul ai talebani. 

Oggi, le reazioni dei rifugiati afghani non hanno tardato a farsi sentire. Alcuni di questi, infatti, hanno dichiarato che si rifiuteranno di andarsene, soprattutto per i propri figli che, già profondamente traumatizzati dalla guerra e dai radicali cambiamenti dovuti allo sfollamento, soffrirebbero ancora una volta. Inoltre, dopo più di un anno, molti hanno trovato lavoro a Londra e temono di non ritrovarlo.

Secondo le ultime notizie, nonostante il Governo intenda trasferire tutte le famiglie afghane fuori dagli hotel entro la fine di quest'anno in dimore più stabili e sicure, molte sono le accuse lanciate alle mancate promesse fatte da Boris Johnson, che affermava di sostenere gli afghani che hanno cooperato al fianco della Gran Bretagna nei combattimenti del loro Paese.

Secondo alcuni dati, oggi, circa 9.000 afghani vivono ancora in rifugi di fortuna nel Regno Unito dopo essere stati evacuati da Kabul, come prevedeva l'Operazione Pitting, iniziata il 13 agosto 2021, assistendo coloro che potevano essere trasferiti nel Regno Unito nell’ambito della politica di ricollocazione e assistenza afghana dal Paese.

L’allora Primo Ministro britannico Johnson aveva dichiarato: “L’operazione Pitting sarà considerata una delle grandi conquiste dei nostri servizi armati britannici e delle loro controparti civili nell’era del dopoguerra. L’intero Paese può essere immensamente orgoglioso del loro instancabile lavoro per portare in salvo uomini, donne e bambini. Rappresentano il meglio di noi”. 

Hamidullah Khan, un ex consigliere parlamentare di Kabul, evacuato nel Regno Unito con sua moglie e i tre figli, ha affermato che il Governo ha infranto una serie di promesse per aiutarli a trovare un alloggio, spiegando: “Abbiamo chiesto al Ministero dell'Interno, 'Perché ci volete mandare via?' e dicono “Questo hotel è costoso. L'albergo a Leeds costa meno”. Ma non abbiamo scelto questo hotel o questa zona in cui vivere, è stato il Ministero degli Interni ad assegnarlo", e ha aggiunto, “Ora siamo qui da 18 mesi. I nostri figli vanno nelle scuole locali e a metà anno scolastico ci chiedono di andarcene”.

Khan ha, quindi, lanciato un appello al Ministero dell'Interno: “Per favore, non mandateci in un hotel a Leeds dove i nostri figli perderanno la loro istruzione. Potrebbero dover abbandonare l’anno scolastico perché non hanno posti per loro”.

Un altro rifugiato, un ex generale dell'esercito afghano arrivato in Gran Bretagna, con sei figli, ha affermato che la maggior parte dei residenti dell'hotel protesta contro questo programma e si rifiuta di lasciare l'albergo. “Due bambini che vivevano in questo hotel sono in ospedale e ai loro genitori viene chiesto di trasferirsi. Alcune persone hanno un lavoro adesso. Non possiamo semplicemente rinunciare alle responsabilità e ricominciare da capo", ha spiegato.

Nelle ultime tre settimane, i rifugiati hanno ricevuto lettere dal Ministero dell'Interno nelle quali si spiega che “il Kensington Hotel non sarà più disponibile per l’Home Office”, e per opporsi agli spostamenti, alcuni hanno perfino dichiarato di soffrire di problemi di salute mentale, che con ogni probabilità potrebbero peggiorare nel caso in cui venissero di nuovo sfollati.

I cittadini afghani nel Regno Unito dovrebbero, dunque, trasferirsi nella cittadina di Wetherby, dove nel frattempo alcuni residenti hanno già espresso il loro disaccordo nell’accoglierli, attaccando il Governo e definendolo "subdolo”.

Opponendosi agli sgomberi, i rifugiati ricordano, inoltre, che ai sensi della Sezione 55 del Borders, Citizenship and Immigration Act 2009, entrata in vigore il 2 novembre 2009, il Ministero dell’Interno deve “proteggere e promuovere il benessere dei bambini quando prendono una decisione sull'immigrazione”.

 Già a partire dalla scorsa estate, infatti, il Governo britannico ha iniziato a esortare i cittadini afghani rifugiati nel trovare propri appartamenti in affitto.  Tuttavia, in numerosi casi, l’impresa si è rivelata quasi impossibile, non solo a causa dei redditi bassi e famiglie numerose, ma anche perché alcuni proprietari di immobili non hanno alcuna intenzione di procedere con un contratto di locazione con Universal Credit, un sussidio mensile statale che è andato gradualmente a sostituire i sei principali benefits, a sostegno del reddito, disponibili nel Regno Unito, tra questi la disoccupazione, l'indennità di alloggio e il credito d'imposta sul lavoro, e la maggior parte degli afghani ha riscontrato non poche difficoltà nel trovare un garante.

 

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