Sabato, 06 Febbraio 2021 14:25

Imprese ridotte in cenere: la cura Draghi dopo i disastri giallorossi? In evidenza

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Nel surreale dibattito pubblico italiano, con giornali e autorevoli commentatori impegnati a discutere del partito di Conte o dei mal di pancia dei cinquestelle, irrompe il dato terrificante dell'Ufficio studi di Confcommercio: nel 2020 è stata stimata la chiusura di oltre 500mila tra imprese e partita IVA.

Di Lorenzo Bertolazzi Parma 6 febbraio 2021 - È una situazione della quale occorrerà prendere finalmente coscienza per provare a disinnescare una bomba economico-sociale devastante.

Per ovvie ragioni, che sono sotto i nostri occhi, questa consapevolezza era estranea ai giallorossi che in poco più di un anno di governo hanno lasciato in questo tipo di condizioni il mondo produttivo italiano, condizioni difficili da risollevare anche per un fuoriclasse come Mario Draghi.

Bisogna avere grande onestà intellettuale e non voglio pensare che il governo dimissionario sia stato un nemico a viso aperto del lavoro privato. 

Quello che però francamente non si può accettare sono le dichiarazioni di solidarietà che i rappresentanti della maggioranza ancora continuano ad esprimere quando si trovano a dover interloquire con un commerciante in difficoltà. Non sono accettabili perché, nella realtà, purtroppo si è avuta l'impressione che il governo fosse veramente avverso alle imprese: Palazzo Chigi è riuscito a gettare letteralmente dalla finestra i 100 miliardi di extra deficit previsti dal decreto "rilancio", depauperandoli in una pioggia di bonus assurdi e riservando soli 6 miseri miliardi a fondo perduto alle imprese.

Bisognerebbe davvero mettersi nei panni di un negoziante che è rimasto chiuso per mesi, a cui vengono imposte da qualche tempo spese straordinarie e non richieste a partire dalla fatturazione elettronica obbligatoria dal 2019 per arrivare alla lotteria degli scontrini. Acquistare un nuovo registratore di cassa, collegato all'Agenzia delle entrate e che fosse idoneo alla nuova normativa introdotta dal primo governo Conte, è costato ai commercianti dai 200 ai 1000 euro. Adesso, dopo un anno disastroso, viene chiesto un nuovo aggiornamento da 400 euro circa, comprensivo sia di software da aggiungere per la scannerizzazione telematica dello scontrino sia di intervento sul posto per l'installazione.

Piccoli negozi, da anni a conduzione familiare, abbasseranno definitivamente la saracinesca di fronte all'inadeguatezza dei ristori e alla miopia dei policy maker, ancora non consapevoli della drammatica realtà vissuta dalle categorie produttive.

È chiaro che questa situazione sarà uno dei banchi di prova sui quali si misurerà Mario Draghi, decisamente ben più preparato e incisivo della grottesca compagine del Conte-bis.

È stato presentato come un profeta in patria da una marea di editorialisti "contiani" di ferro sino a qualche ora prima ma i più attenti e razionali avevano, tuttavia, già intuito l'importanza dei principi di Draghi già il 4 gennaio scorso, quando l'ex presidente della BCE sulle pagine del Financial Times, riportava due cardini della propria eventuale ricetta per una rapida via di uscita dalla crisi economica: in primo luogo, il celebre "debito buono", contratto dagli stati con la Banca Centrale che acquista obbligazioni e immette liquidità (opzione quasi mai considerata dal governo italiano che ha emesso titoli a singhiozzo) e utilizzato per investimenti a fini produttivi nel capitale umano, nelle infrastrutture strategiche e nella produzione; in secondo luogo, una netta contrarietà ai sussidi, destinati nel lungo periodo ad azzerare lo sviluppo e l'occupazione. Dichiarando che la priorità non dovrebbe essere quella di fornire un reddito base a chi perde il lavoro ma quella di proteggere costoro dalla perdita del lavoro aveva già annunciato in quale direzione si sarebbe mossa una sua ipotetica (oggi, a posteriori, diremmo probabile) azione di governo.

In fin dei conti la scelta di Mario Draghi è la scelta che il mondo produttivo aspettava da tempo, troppo tempo dopo aver constatato la sostanziale incapacità del precedente esecutivo nel far fronte ad un'emergenza che ha messo in ginocchio il tessuto economico italiano. 

Far rinascere l'imprenditoria dal baratro in cui è stata spinta non sarà certo facile, altrettanto certo è che solo l'ex banchiere centrale potrà efficacemente provarci, sebbene non goda di una concreta investitura popolare e debba dialogare con parlamentari più preoccupati di tutelare il mutuo in banca che le sorti del paese che rappresentano.