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L’invidia e l’ammirazione viaggiano sempre insieme, come la luna viaggia sincrona intorno alla terra, con un moto coordinato che ha il pregio di mostrare sempre la medesima faccia del nostro satellite, una parte ben visibile e l’altra nascosta all’occhio dell’osservatore, ma sempre illuminata dai raggi del sole.

Di Guido Zaccarelli Mirandola 4 agosto 2019 - L’invidia e l’ammirazione rappresentano la faccia visibile e non visibile della luna umana, dove l’ammirazione delle persone verso coloro che sono in grado di raggiungere i propri obiettivi, viene costantemente tenuta in ombra con l’intento di renderla invisibile agli occhi degli osservatori. L’invidia ruota intorno all’uomo, come la luna intorno alla terra, formando l’immagine speculare una dell’altra.

L’uomo, anziché condividere il valore aggiunto del risultato altrui, cerca in tutti i modi di erigere un muro perimetrale tutt’intorno, costruito con le pietre dell’invidia. Fin dalle sue origini, la luna è sempre stata una fonte di attrazione per tutti i popoli che hanno abitato la terra, per l’alone di mistero proveniente dal lato oscuro, continuamente fonte di immaginazione per i riflessi che poteva avere sulla vita quotidiana. Pensiamo per un momento al libro “Viaggio al centro della terra” e “Dalla terra alla luna” il cui autore, Jules Verne, ha contribuito a spalancare le porte al mondo della fantascienza. Dalla formazione, ai giorni nostri, la terra e la luna si sono reciprocamente influenzati, raggiungendo un moto armonizzato dove il periodo di rotazione del satellite, sul proprio asse, dura esattamente come quello di rivoluzione intorno al nostro pianeta.

L’orbita ellittica influenza la velocità della luna intorno alla terra, (non la velocità su se stessa), più veloce in prossimità e più lenta in lontananza. Ci sono altri fattori che influenzano la visibilità della luna, che dipendono dall’asse di rotazione, più inclinato rispetto alla terra, dall’orbita ellittica e dal movimento della luna che sposta il punto di vista dell’osservatore. Tutti questi fattori, a cui si aggiunge la sincronizzazione, danno origine a movimenti oscillanti che prendono il nome di “librazione lunare” che ci permette di vedere anche una parte del lato nascosto. L’uomo vede sempre il 41% della superficie lunare e non vede il 41% della faccia nascosta. Rimane il 18% che è frutto della oscillazione tra la parte visibile e non visibile. In base al movimento di rotazione, e di rivoluzione, la luna mostra sempre la stessa faccia all’osservatore e la stessa faccia al sole. La metafora della luna ci viene in aiuto per rappresentare il legame dell’invidia con l’ammirazione, dove la prima è sempre visibile all’uomo e l’altra sempre visibile al sole, ma invisibile all’occhio umano. Come mai? L’invidia è la parte speculare dell’ammirazione: più le persone ammirano le qualità e le gesta altrui, maggiore è il senso dell’invidia che provano al proprio interno, legato alla incapacità di non riuscire ad essere come loro, nel lavoro come nella vita sociale. L’unica arma a loro disposizione, è creare tutt’intorno un terreno arido che corrisponda alla morfologia presente nella faccia nascosta della luna, senza vegetazione e con una struttura molto accidentata.

La parola invidia porta ad un significato ampio, “osservare male” una persona, uno stato d’animo reso possibile dalla presenza interiore di ingenerosa astiosità verso l’altro, per le qualità che è in grado di esprimere, difficilmente riscontrabili nell’individuo invidioso. La parola ammirare porta ad “osservare con senso di meraviglia e di stupore” le qualità espresse della persona. Invidia e ammirazione hanno in comune la parola “osservare”, con intenti differenti: la prima di animosità e la seconda di positiva sorpresa. Sarà capitato, ad esempio, di lavorare in azienda e di avere un superiore che tiene a debita distanza il sottoposto quando mostra capacità e qualità in grado di offuscare la propria luce. Quando, ad esempio, vengono avanzate proposte innovative che possono incidere sul fronte organizzativo e lavorativo per migliorare il benessere delle persone. Di essere spostati da un reparto di lavorazione, o ufficio, per evitare di inserire un anello debole nella catena di comando. Di non ricevere risposta alla richieste perché ritenute non pertinenti, ma che al contrario, nel tempo, dimostrano il loro valore e il loro avanzato grado di solidità. Di suggerire una proposta, non accolta, ma successivamente realizzata con riferimenti altrui. Di essere tenuti in ammollo nel mare dell’indifferenza.

Questo nel lavoro, come nella vita sociale. La norma è che l’eccellenza è vista come un problema da evitare attraverso il faro luminoso dell’invidia che oscura la faccia nascosta dell’ammirazione. Il fenomeno della librazione della luna umana dovrebbe intervenire per incrementare la dimensione nascosta dell’ammirazione e annullare quella dell’invidia. In caso contrario si assiste ad un graduale, ma inesorabile, azione di allontanamento delle persone dalla centralità del loro ruolo sociale e professionale.

Non è da sottovalutare il contesto personale nelle quali le persone si trovano, che influisce sulle scelte e sulle decisioni legate a possibili cambiamenti dall’esito incerto. In uno scenario ideale la librazione della luna umana incontra la librazione dell’anima agente sulla capacità di legare la ragione allo Spirito dell’uomo. È in questo caso che l’invidia, da in – dividere in senso negativo, diventa condivisione, con – dividere in senso positivo, in grado di fare affiorare il senso e il valore etico della relazione e soprattutto di fare comprendere all’invidia che “l’ammirazione è l’espressione autentica del dono” dove valorizzare le qualità e le virtù del prossimo, come germoglio motivazionale per costruire una identità del sé illuminata dalla luce del fare insieme. Questa è l’ammirazione a cui le persone dovrebbero tendere per costruire un futuro eticamente sostenibile.

 

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell’azienda, Franco Angeli Editore.

Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 
https://youtu.be/dpn9qnLWEIo 

 

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

 

 

Pubblicato in Lavoro Emilia
Domenica, 28 Luglio 2019 07:17

L’uomo appeso al filo d’Arianna di Internet

Internet è una immensa ragnatela mondiale, (un labirinto), il cui accesso da parte degli utenti avviene utilizzando apposite credenziali che identificano in modo univoco la persona che naviga al suo interno.

Di Guido Zaccarelli, Mirandola 28 luglio 2019 Una volta varcato il cancello d’ingresso gli utenti iniziano la ricerca di ogni tipo di informazione che appartiene allo scibile umano.
Ed è in quell’istante preciso del tempo che inizia la registrazione delle attività svolte, partendo dal dispositivo utilizzato e dalle informazioni ricercate. Un gomitolo di lana che internet dipana, e impiega, per tenere traccia delle attività svolte, man mano che le persone s’addentrano in quel intricato dispiegarsi di computer, di faldoni (folder) ricolmi di dati e di informazioni utili allo scopo.

Un cammino che l’uomo compie seguendo il filo della tecnologia utilizzata, con o senza fili, (wired o wireless) che lo lega in senso stretto al mondo di internet, appeso all’illusione di un funzionamento duraturo, e illimitato, nel tempo. Spesso non è così. In talune circostanze, abbiamo osservato alcuni black out importanti che hanno messo in evidenza la debolezza, e la vulnerabilità, del filo che regge il sistema di comunicazione, un gigante con i piedi d’argilla, un modo di dire, riferito alla famosa statua di David realizzata da Michelangelo Buonarroti nel 1501 e posizionata davanti al Palazzo della Signoria, ora Palazzo Vecchio, a Firenze. Il marmo utilizzato fin dalle sue origini mise in evidenza la debolezza della materia. Nonostante le condizioni fossero note, la statua fu comunque realizzata da Michelangelo per la notorietà che gli avrebbe procurato. Nel 1871 la statua originale fu collocata all’interno della Galleria dell’Accademia per proteggerla dall’azione distruttiva degli agenti atmosferici.

Oggi la città può ammirare la copia autentica dell’opera d’arte nel cuore pulsante della piazza della Signoria, realizzata dallo scultore Luigi Arrighetti. L’esistenza di David era appesa al filo della corrosione del marmo, (se non fossero stati presi provvedimenti) particolarmente avanzata alla base, e in particolare nei piedi, come l’uomo è appeso al filo della debolezza della tecnologia, che da un momento all’altro potrebbe cedere durante il nomale utilizzo limitando, se non bloccando, tutte le attività di milioni di persone. Un esempio, ci porta al black out elettrico improvviso avvenuto qualche settimana appena trascorsa, in una sezione importante della grande città di Manhattan a New York, condizionando per diverse ore la vita, e i comportamenti, di molte persone.

La tecnologia digitale è complessa e l’uomo può avviare solo controlli relativi e non assoluti. Tra queste due importanti dimensioni, relativo e assoluto, s’interpone l’errore che può trovare una soluzione immediata oppure procrastinata nel tempo, a meno della messa in opera di strategie difensive da mettere in atto con sistemi ridondanti, capaci di ripristinare il nomale funzionamento nel volgere di pochi secondi o minuti primi. Per l’uomo è come camminare all’interno di un labirinto, dove solo conoscendo la strada percorsa è possibile trovare la via d’uscita, come ci viene riportato dal racconto mitologico del filo d’Arianna che consegnò un gomitolo al Re di Atene Teseo, prima di entrare nel labirinto, per uccidere il Minotauro.

Vale la pena qui ricordare brevemente la storia del filo d’Arianna.

Teseo è stato uno dei dieci mitologici Re di Atene e il padre del sineicismo, dell’abitare insieme, che vede l’unione di entità politiche indipendenti che trovano ragione della loro esistenza futura unendosi in una città organizzata. Un passaggio epocale che porta alla lenta, ma inesorabile, uscita di scena delle comunità a vantaggio del rafforzamento economico e militare del tempo. Teseo è nato dalla relazione tra la madre Etra e il Dio dei mari, e dei terremoti, Poseidone. La sua natura di uomo forte e coraggioso lo portò a mantenere fede all’impegno assunto nei confronti di Minosse, re di Creta, che avendo vinto la battaglia su Atene, chiedeva ogni nove anni per la sua città il sacrificio di sette fanciulli e fanciulle per sconfiggere il Minotauro che si cibava di carne umana. Ma chi era il Minotauro? Sempre la mitologia racconta che Minosse, re di Creta, pregò il Dio Poseidone di inviargli un toro bianco per sacrificarlo in suo onore. Il toro arrivò alla corte e la sua bellezza incantò il re Minosse che decise di non abbatterlo, ma di tenerlo a corte. Il Dio dei mari, e dei terremoti, Poseidone, raggiunta la notizia, si arrabbiò violentemente e per vendicarsi utilizzò tutti gli espedienti per fare innamorare la moglie del re Minosse, Pasife, al toro. Nasce in Pasife una insana passione che viene in breve tempo soddisfatta grazie al prezioso aiuto di Dedalo che costruisce per l’occasione una vacca di legno su ruote, dove trova spazio il foro da impiegare per la monta. Dall’unione nacque Asterio, chiamato Minotauro, la cui conformazione fisica era l’insieme di un uomo (aveva due gambe) e la coda e la testa di un toro. La creatura non poteva rimanere nella corte del re di Creta e per questo Minosse chiese aiuto a Teseo per uccidere il Minotauro. L’arrivo fu foriero di sorprese. Arianna, figlia del re Minosse e di Pasife (che diede alla luce il Minotauro), s’invaghì di Teseo al quale consegnò il famoso gomitolo per uscire dal labirinto, una volta ucciso il Minotauro. E così avvenne. Teseo uccise con le mani il Minotauro e grazie al filo uscì dal labirinto. La sera stessa s’imbarcò per fare ritorno ad Atene con Arianna la quale voleva sposare proprio Teseo che scoperto l’inganno, (il gomitolo) mise in atto alcune strategie per evitare il matrimonio. La mitologia porta con sé differenti racconti sulla intricata storia d’amore tra Arianna e Teseo. In un racconto, si narra che Arianna, abbandonata al suo destino, pianse ininterrottamente per giorni fino a quando il Dio Dionisio le donò una magnifica corona d’oro fino a diventare nel tempo la costellazione della Corona.

Il filo d’Arianna è la metafora che lega la dipendenza assoluta dell’uomo all’impiego della tecnologia e all’utilizzo di internet. Una immagine che deve portare l’uomo alla riflessione e allo stretto legame che lo unisce alla tecnologia e al mondo di internet. È un modello culturale dal quale è difficile uscire per la diffusione planetaria che ha assunto nel corso del tempo. Sarebbe auspicabile una minore dipendenza dell’uomo dal labirinto di internet e la presenza di un filo per condurlo sulla porta d’ingresso dove ritrovare il gomitolo di una relazione umana dal sapore antico, ma sempre attuale.

  

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell’azienda, Franco Angeli Editore.

Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 
https://www.ilpost.it/2019/07/14/blackout-new-york/ 
http://www.saperescienza.it/rubriche/scienza-e-beni-culturali/il-gigante-dai-piedi-d-argilla/1484-il-gigante-dai-piedi-d-argilla 
http://www.psichiatrianapoli.it/articoli/92-miti-fiabe-e-leggende/131-il-mito-di-arianna-il-filo-spezzato.html 

 

 

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

 

 

Pubblicato in Lavoro Emilia
Domenica, 21 Luglio 2019 06:53

In viaggio alla ricerca del nostro Beyond

L’astronauta Luca Parmitano il 20 luglio 2019 ha lasciato la terra per raggiungere lo spazio e dirigersi verso l’assoluto, in una missione chiamata Beyond (oltre). Sarà un momento particolare per il nostro astronauta che dirigerà la missione in corrispondenza del 50° anniversario dei primi passi sulla luna compiuti da Neil Armstrong e Buzz Aldrin durante la missione Apollo 11.

Di Guido Zaccarelli Mirandola 21 luglio 2019 - In molti si ricorderanno il famoso giornalista Tito Stagno che commentava, dallo studio Rai di via Teulada, con il collega Ruggero Orlando in collegamento da Houston, i momenti che hanno preceduto l’allunaggio, quando l’Apollo 11 ha toccato il suolo lunare e il momento nel quale il comandante Neil Armstrong, ancora fermo sull’ultimo gradino, prima di appoggiare il piede sul suolo lunare, affermò: «Ora scendo, sarà un piccolo passo per un uomo, ma un gigantesco passo per l’umanità». Un momento storico dove l’oltre ha sfiorato per un attimo l’uomo prima di involarsi verso un nuovo Beyond.

Il viaggio riguarda la via che l’uomo intende intraprendere per incamminarsi verso l’oltre, cercando di portare con sé il necessario per garantirsi il sostentamento, come avveniva nell’antichità quando la tecnologia, e i mezzi di comunicazione, non permettevano di raggiungere in breve tempo la destinazione. Pensiamo anche solo per un attimo al viaggio su Marte, il pianeta rosso, che l’uomo vuole raggiungere nel 2033, creando una base sul suolo lunare come appoggio per la lunga attraversata che dovrebbe durare 6 mesi nel Beyond cosmico: Mission to Mars. L’uomo, fin dalle sue origini, dal primo ominide avvenuto nel deserto del Sahara circa quattro milioni di anni fa, è sempre stato in viaggio alla continua ricerca di una dimensione del sé migliore della precedente.

Dai propri villaggi si spostava verso nuove terre fiorenti che gli consentissero una vita migliore, per sé e per la propria famiglia. Una cosa ha sempre accompagnato l’uomo nella vita quotidiana: la scoperta, cercare sempre cose nuove. Il Beyond è un mondo che affascina e attrae per il desiderio di conoscere. La ricerca (in ogni campo) è ciò che ha portato l’uomo a raggiungere traguardi impensabili, grazie alla sua intelligenza e capacità di non porre limiti alla sua esistenza e al bisogno di conoscere, come nel libro: abbi il coraggio di conoscere di Rita Levi Montalcini, dove la scienziata afferma: «nella vita occorre avere il coraggio di ribellarsi». Cambiare continuamente il paradigma con il quale si osserva ogni giorno la realtà. Occorre evitare lo sguardo fossile e il perdurare della mente nello stato di quiete, all’interno della zona di comfort, che limita l’accesso alla ricerca dell’oltre, quel passo in avanti che ha portato l’uomo a posare il piede sulla luna. La conoscenza è l’espressione autentica di “conoscere per comprendere”.

È la rivelazione autentica del bene, che contagia grazie all’intelletto che Immanuel Kant, massimo esponente dell’illuminismo ebbe a dire: «abbi il coraggio di servirti della tuo proprio intelletto per disporre di una vita migliore». Chi non viaggia con la mente, con il corpo e con lo Spirito si comporta come quella persona che ambisce di potersi sollevare da terra e librarsi in aria facendo leva sulle proprie bretelle. Così affermava all’inizio del secolo scorso il neurobiologo David Hunter Hubel, medico e neuroscienziato canadese naturalizzato statunitense, premio Nobel per la medicina, per le sue scoperte sul sistema nervoso legato alla vista, quando era forte il desiderio di penetrare nel mistero del binomio cervello-mente.

Camminare significa: scrivere la storia per lasciare un segno dietro di sè, perché la storia è coscienza e conoscenza del passato, del passato a noi più vicino come di quello più lontano. Se non teniamo traccia del nostro cammino, come l’uomo potrà raggiungere un nuovo Beyond? L’esistenza dell’uomo è lì per lasciare un segno tangibile della sua presenza terrena, diverso dalla scia luminosa che allontana da sé la cometa al suo passaggio, per dirigersi verso un nuovo orizzonte sconosciuto.

La scrittura è il fondamento della nostro passaggio. Occorre lasciare buone azioni e buoni pensieri affermava ancora il premio Nobel Rita Levi Montalcini affrontando ogni situazione al massimo grado delle nostre capacità raziocinanti. In questo viaggio verso l’oltre ritorna alla mente un libro scritto dal famoso, e noto giornalista televisivo, Sergio Zavoli dal titolo: viaggio intorno all’uomo nel quale l’autore cerca di approfondire e fare emergere l’umanità, il valore etico e morale dei personaggi intervistati. Un viaggio per osservare anche la parte nascosta di ogni singola identità, invisibile ad occhio nudo. Non poteva mancare in questo breve ricordo la poesia di Primo Levi: Se questo è un uomo: «Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici…», che affronta il viaggio dal campo d’internamento di Fossoli (Carpi – Mo) verso il campo di concentramento di Auschwitz che durerà 15 interminabili giorni. Un tempo vissuto all’interno di un oltre nel quale era certa la destinazione ma non cosa sarebbe successo nel durante. Eppure è successo.

Solo affrontando la realtà e le condizioni si superano le difficoltà. Uscire di casa, da un porto sicuro e affrontare anche le avversità, perché nel cammino la realtà è in grado di fare gioire. L’uomo è continuamente in viaggio per scoprire nuovi orizzonti nello spazio dell’oltre e verso se stesso alla ricerca del proprio Beyond. Una navicella che gira continuamente intorno all’uomo per illuminare anche la parte nascosta della sua luna quando decide di intraprendere il viaggio alla ricerca del suo spazio cosmico inesplorato.

Ognuno cerca d’addentrarsi in se stesso alla ricerca del suo spazio di intimità, e una volta raggiunta la profondità, poter trovare un momento da dedicare alla quiete, dove sia possibile elucidare le sensazioni che hanno avuto il pregio di infondere momenti scarsamente illuminati, evitando ai pensieri di naufragare in un mare aperto che s’appropria dell’identità. Anche lassù nello spazio c’è il silenzio che depone a favore della tranquillità da dedicare non solo a se stessi ma anche per osservare da lontano la terra e immaginare il via vai di gente che si muove in una direzione, ora in un’altra, diretta verso il proprio Beyond. Non serve molto; occorre attorniarsi di persone di cui fidarsi e di cose semplici, quelle che pensiamo non possano ambire a donarci un riflesso di luce e che lasciamo liberamente correre perché ritenute di scarso valore. Quando si è nello spazio, in uno spazio ristretto, la vicinanza è una prova di coraggio, di umiltà verso se stessi e gli altri e come ci ricorda il Piccolo Principe: «non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi». Ogni viaggio che l’uomo compie nello spazio della sua esistenza è una scoperta, è un balzo in avanti verso la sua umanità.

“Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che abiterò in una di esse, visto che riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero. Antoine De Saint-Exupery

 

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell’azienda, Franco Angeli Editore.
Il Piccolo Principe, Antoine De Saint-Exupery
Abbi il coraggio di conoscere, Rita Levi Montalcini, Corriere della Sera

Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 

 

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

 

 

Pubblicato in Lavoro Emilia
Domenica, 14 Luglio 2019 06:34

Ingenuità e sofferenza

La dialettica e la retorica sono le arti spesso utilizzate nella conversazione tra parlanti.

Di Guido Zaccarelli Mirandola 14 luglio 2019 - La dialettica trova ampio spazio nei dialoghi di Platone impiegati nella ricerca della verità. L'origine greca della parola pone gli interlocutori nella condizione "di parlare attraverso", "di raccogliere" il pensiero altrui fino a raggiungere la dimensione luminosa della parola, che unita alle altre, definisce la linea immaginaria sulla quale s'appoggia il dialogo. La dialettica è un'arte che s'impegna a riunire insieme, a riportare a fattore comune le parole, segmenti che si uniscono fino a disegnare il dialogo all'interno del tracciato dove si concretizza lo scambio naturale del pensiero.

Le parole devono rimanere nel selciato indicato evitando di ricorrere al gioco di sponda che modifica costantemente la traiettoria del discorso, impedendo di raggiungere appieno la verità. Un gioco di luci e ombre difficile da seguire quando il parlante esce dai confini della logica per assumere contorni dell'ambiguità: dove vuole arrivare?, ieri ha detto una cosa e oggi ne afferma un'altra. Molti conoscono l'arte della maieutica (della levatrice) usata da Socrate per raccogliere più informazioni e testimonianze possibili dal suo interlocutore fingendosi ingenuo e ignorante per raggiungere la verità, con domande semplici e apparentemente banali.

L'applicazione rigorosa del metodo deduttivo, dal generale al particolare, consente al filosofo di raggiungere la dimensione più intima, e non divisibile del pensiero, per il continuo incedere con chiarimenti di vario genere che disposti uno di seguito all'altro, fanno emergere nel tempo, l'ombra nascosta dell'intelligenza, l'ignoranza dell'interlocutore. Il metodo adottato si fonda sul principio di "non contraddizione" il quale afferma che ogni cosa detta, per essere contraddetta, necessita di essere confutata in modo esauriente con parole dense di significato, per evitare di considerare una parola, o un concetto, per qualcosa d'altro. Anche Platone ricorre a tale principio, ma è soprattutto Aristotele che gli assegna un valore ontologico (che riguarda lo studio dell'essere) e logico. Nel primo caso è "impossibile essere o non essere ad un tempo" e nel secondo caso "ogni cosa deve essere affermata e negata": desidero una torta dolce. Se elimino il principio di non contraddizione, sto chiedendo una torta dolce e una non dolce. La torta non può essere dolce e non dolce allo stesso tempo.

Le persone che enunciano un fatto, una circostanza, o esprimono un pensiero, non possono prescindere dall'applicare il principio di contraddizione, perché se così non fosse, potrei chiedere, nello stesso momento, la torta dolce e non dolce. Chi nega infatti, deve rispondere con qualcosa che sia dotato di significato per evitare di cadere nell'uso di parole prive di senso. La retorica, al contrario della dialettica, è l'arte del parlare in pubblico che usa le parole per persuadere. È una tecnica che viene fornita a chi deve comporre un discorso persuasivo, che deve influenzare, che nega la presenza di una verità. Il filosofo presocratico e retore Gorgia, uno dei maggiori sofisti, una corrente filosofica che pone al centro l'uomo e le problematiche relative alla morale e alla vita pubblica e politica, affermava che se non vi è una verità, chiunque può farsi portatore di verità e per questo usa tutti gli strumenti a sua disposizione per persuadere il pubblico. Come si evince siamo in presenza di un forte dualismo tra l'anima e il corpo, (verità e persuasione), diventando difficile da interpretare e da considerare, ora in una situazione ora in un'altra, all'interno di un dialogo tra parlanti dove da un lato si vuole arrivare alla verità e dall'altro si vuole persuadere. Entrambe respirano dentro l'uomo come l'ingenuità e la sofferenza legati tra loro dal filo della dialettica e della retorica. L'ingenuità è una parola che porta dentro, che si genera dentro, che nasce dentro.

Soffrire è una parola che porta dentro di sé il peso della sofferenza. Tutto è dentro e non fuori. Ai tempi dei romani, una persona ingenua era colui che nasceva da un padre di cui si conosceva l'identità, diverso dai servi, che godevano di una sostanziale libertà, di essere onesta e sincera: una persona vera. L'essere ingenuo significa osservare la realtà con l'occhio della purezza, con lo sguardo fisso rivolto alla verità, indirizzato verso colui che parla, o agisce, lontano dal vivere l'ambiguità come perenne azione di confutazione della parola, dal suo significato letterario. L'ingenuo non è un credulone, come spesso viene disegnato. È colui che crede nella purezza dell'anima e del pensiero. Non vive alla ricerca dell'ombra della parola appena pronunciata, perché il dialogo è nella fiducia che si fonda su argomenti seri e convincenti, dove si vince insieme, dove c'è chi parla e chi ascolta. L'ingenuità viene spesso dipinta come il mancato aggiornamento della purezza all'esperienza acquisita nelle differenti fasi della vita, che rendono più maturo l'individuo innanzi alla lettura ingenua della realtà che lo circonda. Questo aspetto può incontrare il favore di molti, ma non di tutti.

L'ingenuità è l'espressione autentica dell'onestà intellettuale e Spirituale con la quale si conforma l'uomo alla sua identità che si plasma nel tempo, evitando all'anima di essere continuamente esposta ad un duro lavoro di purificazione (catarsi) per comprendete ora la dialettica e ora alla retorica. Un'azione quotidiana che conduce l'uomo alla sofferenza per le ricadute negative che possono incidere sulla purezza, a cui le persone dovrebbero tendere allontanandosi da quegli interlocutori che modificano continuamente il senso delle parole all'interno dello spazio del detto, del non detto, hai capito male e di quella sottile linea che separa la verità dalla ingenuità e dalla fiducia reciproca. La matrice bidimensionale a quattro caselle dove riportare l'ingenuità e sofferenza contrapposta alla dialettica e alla retorica, può essere un modo per condurre le persone alla riflessione attraverso la combinazione delle quattro parole ipotizzando da ogni relazione a coppie le conseguenze e gli scenari che si potrebbero delineare nei diversi casi presi come oggetto di analisi e di studio.

Quello che deve emergere al termine è sempre la ricerca della verità.

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.

Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 
https://doc.studenti.it/appunti/filosofia/principio-non-cantraddizione.html 
http://tuttosapere.altervista.org/blogsapere/il-principio-di-non-contraddizione-di-aristotele/ 
https://manipolazione.wordpress.com/2015/11/28/il-cammino-del-pensiero-retorica-vs-dialettica/ 
http://www.multytheme.com/cultura/multimedia/didattmultitema/scuoladg/filosofia/socrateironia.html 

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

 

 

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il sogno per il futuro: realizzare il Master della Conoscenza Condivisa® per la scuola e le imprese, un luogo d'incontro dove formare i giovani e i lavoratori del domani al welfare culturale della Conoscenza Condivisa®, vitale per affrontare in modo etico le sfide offerte dalla globalizzazione.

Di Guido Zaccarelli Mirandola 7 luglio 2019 - «contribuire ad elevare ogni singola dimensione verso qualcosa che è più alto, all'interno di una dinamica relazionale e professionale che dispiega in modo dinamico il proprio comportamento tra il mondo reale e quello dell'impossibile che diventa possibile»

Il Master scolastico e lavorativo della Conoscenza Condivisa® è un luogo d'incontro dove formare i giovani, e i lavoratori del domani, al welfare culturale della Conoscenza Condivisa®, vitale per affrontare in modo etico le sfide offerte dalla globalizzazione.

È un percorso di formazione specialistica nella gestione della conoscenza, in particolare della Conoscenza Condivisa®, che si propone di assumere una importante ruolo nel panorama formativo scolastico e aziendale a livello nazionale, per sostenere lo sviluppo di una didattica orientata al futuro, per i giovani e per i lavoratori, fondata sulla cultura per mantenersi al passo con l'evoluzione tecnologica e dello sviluppo scientifico.

La continua relazione tra mondo della scuola e del lavoro, che gode dell'alternanza scuola – lavoro, è in grado di creare un modello culturale avanzato fondato sul dono della conoscenza che diventa il punto di partenza di una nuova modalità di apprendere e di lavorare in team. Il risultato finale che deriva dalla partecipazione al master della Conoscenza Condivisa®, è la cultura, nel senso più ampio del termine, che abbraccia il mondo della filosofia, dell'etica, della scienza, della psicologia, della semiotica, della comunicazione, per acquisire forme di pensiero dinamiche ed aperte alla capacità di modificare in modo rapido il punto di osservazione del pensiero per raggiungere ambiziosi obiettivi all'interno di modelli organizzativi circolari.

Gli ambiti d'intervento agiranno successivamente sulle variabili hardware e software della scuola e delle organizzazioni aziendali, pubbliche e private, sulle strategie, sulle strutture, sui sistemi, sui valori, gli stili e le competenze. Il mondo del lavoro attuale chiede in dote alle persone il possesso di una elevata cultura trasversale sostenuta da una forte componente specialistica, per compensare lo storico gap formativo, proveniente dalla mancata adesione dei lavoratori alla formazione (prevalentemente sottovalutata sia dal mondo imprenditoriale che dai lavoratori stessi) dovuto alla presenza della tecnologia 4.0 che necessita di competenze elevate spesso non disponibili all'interno dell'azienda ma fruibili in mondi distanti dai nostri.

La presenza di economie dinamiche continuamente alla ricerca di idee e novità per soddisfare i desideri e i bisogni della popolazione mondiale, chiede alla persona di disporre di una elevata cultura personale trasversale in grado di adattare i propri schemi mentali al nuovo che avanza, improvviso e spesso inaspettato.

Tutto questo a vantaggio dell'adattamento reciproco – uomo – ambiente – economia destinato ad anticipare gli scenari che si prospettano con lo scopo di essere pronti e competenti quando il mercato chiede di rispondere con i fatti alle richieste. Il master si propone di avviare una azione divulgativa e soprattutto, ogni tipo di azione volta a diffondere su tutto il territorio nazionale il valore della Conoscenza Condivisa®, agendo sulla didattica e il coinvolgimento emotivo e professionale, nelle macro aree di riferimento quali, educazione, istruzione e formazione, il benessere personale, la crescita personale, il lavoro e la carriera. L'interesse è coinvolgere il mondo della scuola – dell'università, delle aziende e organizzazioni ed enti di comprovata capacità e competenza che credano fortemente nei principi espressi dalla Conoscenza Condivisa, che presenza un elevato tasso di innovazione.

La formazione sarà di stimolo per le persone, che avranno la capacità di uscire dai propri schemi mentali e dalle forme di pensiero consolidate per definire nuovi ambiti di business. La fiducia nei propri mezzi è il primo vero stimolo verso il cambiamento, che si focalizza nell'adozione di comportamenti positivi che preludono alla condivisione delle conoscenze e delle competenze. L'essere considerati e ascoltati in una organizzazione è il motore che muove le persone verso l'autoaffermazione del sistema delle credenze personali e collettive che si influenzano reciprocamente per elevarsi a fattore comune. Ideare, creare, produrre, non solo per se stessi, ma anche per gli altri, diventerà fattore comune e azione autonoma di un comportamento che viene adottato al pari.

Una relazione che viene messa in pratica senza essere oggetto di analisi e riflessioni personali quali – quantitative sul chi fa l'altro rispetto a se stessi. La sicurezza nei propri mezzi e la stima derivata dal contesto, saranno in grado di liberare risorse fino a quale momento latenti, ma desiderose di esprimersi grazie al cambio di passo messo in atto dall'organizzazione, che avendo rotto con il passato, è riuscita a creare uno spazio dove consolidare il cammino verso il futuro.

I valori personali si solidificano a vantaggio di una visione comune che motiva all'azione. L'ambiente di riferimento, i comportamenti da adottare, la capacità professionale, la convinzione e la condivisione aiutano a formare una nuova identità personale e collettiva dove tutti si possono identificare per senso di appartenenza.

I costi attuali, fissi e variabili, che le aziende devono sostenere quando si trovano davanti a loro manager poco propensi al cambiamento, perché non hanno interiorizzato il cambiamento e promuovono azioni ancorate al passato dentro a schemi organizzativi piramidali, sono particolarmente elevati da essere considerati la spia di accensione del fallimento. I vantaggi fisici, mentali e spirituali sono l'espressione autentica del benessere personale e sociale che si diffonde a macchia d'olio permeando gli strati più remoti dell'organizzazione. La scuola ha il compito di promuovere il valore etico della cultura e infondere il senso civico della conoscenza, come le organizzazioni sono alla continua ricerca di persone in possesso di talenti da impiegare per competere con i mercati globali. Il cambiamento che è in atto invoca una radicale modifica della formazione per accedere ad accrescere il valore della relazione tra le persone. Per fare questo è necessario che le istituzioni scolastiche e le organizzazioni aziendali investano non solo in tecnologia, ma soprattutto nella cultura delle persone che in forma crescente sanciranno il futuro delle nostre società. Un sogno per il futuro.

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.

Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

 

 

Pubblicato in Lavoro Emilia

Con il termine "welfare aziendale" si intende l'insieme di iniziative promosse dall'organizzazione con l'intento di fornire benefit ai propri dipendenti, al fine di migliorare le condizioni di vita per se stessi e per le proprie famiglie.

I sistemi di welfare aziendale sono applicati principalmente nei Paesi del nord Europa (Svezia, Finlandia, Germania) ma negli ultimi anni stanno vivendo una stagione straordinaria anche in Italia. Il sostegno al reddito privato, nel nostro Paese, si è diffuso solo recentemente, grazie ai vantaggi fiscali regolati dagli articoli 51 e 100 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

Nonostante le poche esperienze documentate, il welfare aziendale si presenta come uno strumento polivalente vantaggioso sia per l'impresa, sia per il dipendente.

Welfare aziendale: i vantaggi per i dipendenti
Le iniziative a sostegno del reddito per i dipendenti apportano vantaggi all'impresa, poiché capaci di aumentare i benefici economici e la soddisfazione dei lavoratori che, come ormai noto, genera uno slancio positivo per la produttività e rafforza il senso di appartenenza.

I benefit previsti dai sistemi di welfare aziendale, cosiddetti flexible benefits, possono essere definiti contrattualmente oppure privatamente dal datore di lavoro, non sono monetari e si sommano allo stipendio. Tra quelli più noti troviamo gli abbonamenti per i mezzi di trasporto, i corsi di formazione, i buoni acquisto, ma anche le polizze sanitarie, i rimborsi per le spese scolastiche o gli abbonamenti per cinema e teatro.

Il vantaggio che i dipendenti ottengono è sia economico, sia legato alla soddisfazione personale. Attraverso queste politiche i lavoratori godono di servizi di sostegno al reddito altrimenti assenti, aumentano il proprio potere d'acquisto e migliorano il benessere personale e familiare. Ricerche a riguardo, evidenziano come tutto ciò favorisca la soddisfazione professionale e relativo miglioramento della vita in azienda e personale nel contesto familiare.

Secondo una indagine condotta da IPSOS nel 2017, in merito alla natura dei benefits, risulta che il 59% degli intervistati apprezza molto i benefici rivolti a tutta la famiglia: contributi per tasse o libri scolastici, rette degli asili nido, baby sitter e campi estivi, ma anche servizi per la cura degli anziani.

Le leggi di stabilità del 2016 e del 2017 hanno determinato alcune novità a favore dello sviluppo del welfare aziendale:

- introduzione della tassazione agevolata del 10% sui premi di produttività fino ad un massimo di 3.000 euro;
- aumentato del tetto massimo di reddito per poter beneficiare della tassazione agevolata (80.000 euro);
- estensione ad numero maggiore di "strumenti" di welfare aziendale gli sgravi fiscali relativi al versamento dell'IRPEF ;
- dal 2018 i benefits riguardano anche l'acquisto o il rimborso degli abbonamenti per il trasporto pubblico.

Welfare aziendale: i vantaggi per l'impresa
Nonostante ci siano i presupposti per far decollare il welfare aziendale, gli episodi in Italia sono ancora limitati e riguardano maggiormente le grandi imprese situate al nord e al centro dello Stivale. Per favorire la diffusione del sistema privato di sostegno al reddito, sono sempre più frequenti bandi regionali e piani nazionali di sostegno alla sperimentazione di pratiche di welfare.

È importante sapere che le aziende che decidono di attuare sistemi di Welfare godono di vantaggi fiscali, secondo Giulia Mallone – "le ricerche economiche calcolano che il misuratore di impegno del lavoratore (employee engagement index) aumenti del 30% quando il welfare viene introdotto e del 15% quando un servizio già esistente viene migliorato. Le misure di welfare erogate nel rispetto del quadro normativo vigente consentono la completa deducibilità dei costi per l'azienda e non concorrono alla formazione di reddito di lavoro per il dipendente. Anche grazie a questo trattamento fiscale di favore (per quanto meno vantaggioso di come calcolato nel resto d'Europa) il welfare aziendale consente di raggiungere tre obiettivi gestionali:

- l'aumento della retribuzione reale dei lavoratori, senza corrispettivo aggravio del costo del lavoro per unità di prodotto;
- il miglioramento del clima aziendale, del benessere dei lavoratori e del loro potere d'acquisto, con effetti diretti sulla riduzione dell'assenteismo, dei costi di inefficienza e con un innalzamento dell'orgoglio di appartenenza;
- l'ottimizzazione dell'impatto fiscale e contributivo del compenso non monetario sia per i lavoratori che per l'impresa.

Welfare aziendale nel DNA di Coopservice
In Italia i "flexible benefits" sono ancora poco diffusi. Lo testimonia il Rapporto Welfare Index PMI 2017, che ha evidenziato come solo il 5,8% delle PMI li utilizzi, ma per Coopservice il welfare è da sempre nel DNA dell'azienda.

Offrire benefit non monetari volti a sostenere il reddito e migliorare il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie è un impegno concreto; soci e i dipendenti possono accedere ad iniziative dedicate in base al loro status.

In particolare, i soci beneficiano di opportunità sociali come la rivalutazione e la remunerazione della quota sociale, il prestito sociale e il ristorno (istituto giuridico attraverso il quale si realizza la mutualità), oltre a godere di prestazioni aggiuntive di sanità integrativa e previdenza.

Altre iniziative sociali, alcune estese solo a determinate condizioni anche ai dipendenti, offrono un supporto ed un sostegno economico alle famiglie:

- borse di studio per i figli studenti meritevoli;
- convenzioni per centri estivi per bambini e ragazzi;
- viaggi e vacanze a condizioni vantaggiose;
- sconti e convenzioni riservate per l'acquisto di beni e servizi;
- concorsi a premi per esaltare i talenti artistici e le abilità personali.

Dal 2017 è stato costituito un Fondo di solidarietà riservato ai soci e alle loro famiglie con l'obiettivo di fornire un aiuto concreto in caso di forti difficoltà come gravi malattie, lutti, spese mediche non coperte da fondi sanitari, assistenza ai familiari ricoverati, acquisto di presidi sanitari.

Di Coopservice 27 Maggio 2019

 

Domenica, 30 Giugno 2019 05:46

Una conversazione tra parlanti

«Conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall'intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato». Paul Grice

di Guido Zaccarelli Mirandola 30 giugno 2019 - Con questa massima conversazionale il filosofo inglese Paul Grice ha introdotto il principio di cooperazione che aiuta le persone a fissare i principi cardini della conversazione. Per Grice, l'intenzionalità, come vedremo, comunica di più di quando effettivamente il parlante vuole comunicare e fa di tutto, perché il ricevente agisca, pensi, e riconosca le sue intenzioni. Grice distingue in modo netto fra ciò che la persona (parlante o agente) dice e ciò che implica (suggerisce).

La parola conversazione è composta da con e versare e insieme suggeriscono al parlante di volgere lo sguardo verso una direzione precisa, quello del suo interlocutore al quale la parola e i gesti sono indirizzati. Nel momento stesso in cui un parlante avvia una relazione discorsiva, deve esprimere i contenuti agendo sulla sintassi, sulla semantica e sulla pragmatica.

Il filosofo statunitense e semiologo Charles Morris (1938), padre delle semiotica, la disciplina che studia il comportamento dei segni e il modo con il quale questi esprimono un senso nel contesto di riferimento, ha dato le seguenti definizioni: la sintassi studia la relazione tra i segni, che sono indipendenti dalla loro interpretazione, e deriva dalla dottrina della buona formazione grammaticale delle espressioni. La semantica che agisce sulla relazione agli oggetti e deriva dalla dottrina del significato delle espressioni. Infine la pragmatica che studia la relazione dei segni con i parlanti e deriva dalla applicazione della dottrina che riguarda l'uso che i parlanti fanno delle espressioni in un contesto. Riguarda tutto ciò che non è il significato letterale delle espressioni, ma il loro significato inteso.

Come esempio potremmo riportare i seguenti casi: sintassi e semantica a confronto: il sole illumina la terra e la terra illumina il sole. Entrambe sono sintatticamente corrette ma semanticamente sbagliate, una è certamente priva di significato. Nel terzo caso, la pragmatica, un esempio potrebbe essere: chiudi la porta!. In questo caso implica non solo la presenza della sintassi, della semantica, ma l'azione, non solo il dire ma anche il fare. La pragmatica supera il significato letterario per accedere al mondo delle intenzioni che il parlante, in un contesto ben preciso, vuole trasmettere. Occorre porre attenzione alla differenza tra pragmatica – pragmatica e pragmatica semantica, dove la prima coinvolge tutti gli elementi situazionali rilevanti del contesto, gli stati mentali degli interlocutori e loro estrinsecazioni comportamentali, sfondo culturale e sociale, mentre la seconda analizza un insieme finito di parametri come il locutore (chi parla), lo spazio intorno, il tempo e il mondo dove si attua la conversazione.

Quando le persone entrano in un contesto, e avviano una relazione tra parlanti dove gli agenti possono due o più, seguono delle regole ben precise che Paul Grice ha individuato nel principio di cooperazione con le quali si adottano schemi e linguaggi utili allo scopo. L'intendere o meno l'espressione con cui viene proferita una frase, agisce sulla interpretazione che abilita successive chiavi discorsive differenti dai propositi originali. In tutti i casi, il linguaggio impiegato deve dare ascolto al contesto nel quale si svolge il dialogo, al tipo di relazione che avviene tra gli agenti impegnati nella conversazione, e come anticipato, ai loro stati mentali, alle regole che gestiscono il dialogo e che i parlanti si danno tra di loro. Il contesto, in generale, svolge soprattutto la funzione di arricchire, com¬pletare il senso delle informazioni. Determina la scelta di una data parola precisandone il senso, cioè la direzione che l'interlocutore deve seguire per comprendere.

Il senso si completa con le diverse sfumature create dall'applicazione par¬ticolare di una parola posta in una cornice specifica: tutto ciò che "circonda" una data parola, la situazione, i vincoli culturali, contribuisce al completa¬mento del significato.

Le parole proferite e il contesto non possono essere con¬siderati come elementi distinti, ma piuttosto come due elementi in continua interazione che hanno come risultato il testo del messaggio, inteso come l'oggetto della comunicazione. La pertinenza è sempre legata al contesto, inteso come l'insieme delle condizioni, delle opportunità e dei vincoli, spaziali, temporali, relazio¬nali, istituzionali e culturali presenti in un qualsiasi scambio comunicativo. Il contesto si può ampliare o restringere secondo le esigenze presenti nell'in¬terazione comunicativa. Le persone dovrebbero sempre puntare alla per¬tinenza ottimale per favorire la capacità degli altri agenti presenti nello scambio comunicativo di seguire un'ipotesi che massimizzi gli effetti contestuali e che minimizzi l'impe¬gno cognitivo. In generale è importante sottolineare la possibile adozione di regole tra i parlanti attribuito al significato convenzionale che i parlanti attribuiscono a ciò che viene detto oppure a implicare, che si riferisce a tutto quello che non viene detto, ma che è in grado di determinare.

Da qui l'implicatura, è il dare ad intendere qualcosa che è molto diverso da implicito che si dà ad intendere qualcosa. Determinati comportamenti possono infatti essere inspiegabili se le persone osservano il soggetto come sin¬golo, ma acquista immediatamente un nuovo senso se viene collocato all'interno di un contesto più ampio in cui l'individuo normalmente opera. Il principio di cooperazione, qui richiamato, opera su quatto dimensioni ben precise: quantità, di qualità, di relazione e di modo.

Di quantità: non dire di più di quanto non ti sia stato richiesto. Di qualità: dire sempre la verità. Di relazione: sii pertinente. Di modo: evita di essere oscuro, ambiguo, sii breve e ordinato nell'espressione.

Comunicare significa aderire al principio di cooperazione evitando di violare le norme, e non le regole, dove serve inviare, trasmettere, trasferire, notificare, far vedere, far sentire, illustrare, far conoscere, investire, contagiare, partecipare, unire, mettere in comune con gli altri ciò che è nostro.

Ma tutto questo non è sufficiente, serve una competenza pragmatica che sta nella capacità della persona di comprendere il significato che viene inferito (portato dentro) nelle persone. Poi serve una competenza linguistica definita da Avram Noam Chomskyv, il quale si riferisce ad un "insieme di regole" basato su un apparato linguistico innato – che ogni parlante possiede indipendentemente da come egli usi effettivamente il linguaggio.

Tale nozione permette di spiegare in modo chiaro e pertinente accompagnato dalla capacità di costruire tessuti discorsivi imbevuti di creatività: «la capacità innata nell'essere umano di costruire e comprendere le frasi grammaticali, di giudicare quelle non grammaticali e di decodificare le frasi mai ascoltate prima, abilità presente fin dai primi stadi dello sviluppo infantile. L'insieme di queste competenze contribuisce ad ottenere una competenza comunicativa che fa riferimento alla "conoscenza" di tutto quel "complesso di regole", linguistiche e non linguistiche, che all'interno di una cultura data permettono ad ogni individuo di interagire in modo comunicativo con gli altri in modo adeguato. Questo concetto si deve all'antropologo statunitense Dell Hymes, che afferma che «un bambino normale acquisisce una conoscenza delle frasi non soltanto in quanto grammaticali, ma anche in quanto appropriate, sa quando parlare e quando tacere, e riguardo a che cosa dire, a chi, quando, dove, in che modo».

La conversazione apre le porte al mondo degli altri. Occorre imparare a farlo agendo sulla verità della parola, dei gesti e delle intenzioni. Si eviterebbe l'interpretazione ambigua e l'innesto ricorsivo di stati situazionali contrari al principio di cooperazione, ma soprattutto al valore etico e morale che sta alla base della relazione dell'uomo con l'altro.

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.

Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 
http://reteintegrazione.xoom.it/in_rete02/I%20materiali/mod_8_competenza_linguistica_comunicativa.pdf 
http://www.pieropolidoro.it/schede/grice.htm 
https://www.tesionline.it/appunto/Le-implicature-conversazionali-in-linguistica/168/33 
http://www.filosofico.net/charlesmorris.htm 

 

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

 

 

Pubblicato in Lavoro Emilia

Giovedì 20 Giugno 2019 è stato presentato al Roma, al Ministero Del Lavoro E Delle Politiche Sociali, il welfare culturale della Conoscenza Condivisa®, un progetto innovativo che si distanza dal welfare aziendale per assumere una identità ben precisa all'interno del mondo imprenditoriale e delle organizzazioni aziendali, pubbliche e private.

Scopo dell'incontro è stato quello di proporre l'avvio ad un intervento legislativo per inserire nell'articolo 51 del TUIR, (Testo Unico delle Imposte sul reddito ), il welfare culturale della Conoscenza Condivisa® che sostiene il desiderio di allargare i confini della cultura, in continuo divenire, rispetto al welfare aziendale che soddisfa invece bisogni saturabili e soggetti a continue negoziazioni. Il welfare culturale della Conoscenza Condivisa® si propone di assumere il ruolo di attrice protagonista nel mondo del lavoro, in grado di alimentare una nuova forma di contrattazione tra le aziende, le parti sociali e i lavoratori, per la presenza di nuovi meccanismi di negoziazione a vantaggio della cultura e del senso civico, di cui la società civile ha forte necessità, per godere di una nuova credibilità nazionale e globale.

I fondamenti del welfare culturale della Conoscenza Condivisa®, sono: «l'istruzione» consente di verificare in tempi di apprendimento dei lavoratori in determinati ambiti e stabilire il livello e il grado di preparazione conseguito al termine del percorso teorico e pratico, offrendo la possibilità di modellare l'addestramento in relazione alle specifiche predisposizioni individuali. È una voce di costo che immediatamente porta all'imprenditore il ROI quantitativo dell'investimento.

«La formazione» coinvolge le persone in un percorso culturale legato alla capacità di identificarsi con lo spirito e la comunità aziendale e di condividerne i valori. È una voce di costo che immediatamente porta all'imprenditore il ROI intangibile dell'investimento. «L'educazione» consente di fare emergere – estraendo dal di dentro – il valore e i talenti nascosti della persona e i valori associati alla sua identità e professionalità. È una voce di costo che immediatamente porta all'imprenditore il ROI intangibile dell'investimento. Per crescere, e durare nel tempo, l'impresa deve fare seguire al «welfare aziendale» una vera e innovativa politica di «welfare culturale» senza la quale sarà difficile garantire nel tempo i fondamenti del welfare aziendale. Non è sufficiente modificare l'orario di lavoro, fare corsi o erogare compensi annuali per affermare che le persone stanno bene con loro stesse, e in relazione con le altre, mantenendo inalterato la struttura organizzativa dell'azienda.

Le aziende che si muovono nella direzione dell'«Economia 5.0, formata dalla tecnologia 4.0 e dalla Conoscenza Condivisa®» devono necessariamente mettere in atto azioni concrete che portano ad «elevare la cultura dell'impresa» coinvolgendo i lavoratori nel condividere la conoscenza e a collaborare per modificare la struttura relazionale, da piramidale a circolare. Come mai è nata l'esigenza di definire il welfare culturale della conoscenza condivisa?.

Il welfare state è l'ambito che identifica le azioni e le strategie messe in campo dagli stati per migliorare il benessere delle persone. Il welfare aziendale è il cappello che assegna benefit tangibili associati al benessere delle persone. Risulta evidente come in questo caso il benessere è associato ad un valore economico, oggi prevalentemente orientato alla richiesta di asilo e per gli anziani, quindi famiglia e tempo libero. Questi sono bisogni saturabili, e come tali, continuamente soggetti a trattativa. Quello che alimenta la vita dell'azienda è la cultura coniata nel «welfare culturale della conoscenza condivisa» alla quale è possibile successivamente aggiungere i benefit inseriti nel welfare aziendale per completare il progetto di «benessere dei lavoratori». L'Incontro è stato molto costruttivo e sono emerse alcune proposte concrete su cui lavorare. Nella foto Guido Zaccarelli è con il dr. Raffaele Fontana, Capo Segreteria Sottosegretario di Stato del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Modifiche introdotte alla disciplina dei premi di risultato dalla legge di bilancio 2017 e dal decreto legge n° 50 del 2017.
1.2: Agevolazioni previdenziali e Coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell'organizzazione del lavoro, si ricorda che, in conformità a quanto sancito dal comma 189 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, l'articolo 4 del Decreto ha già definito l'ambito applicativo della richiamata previsione, stabilendo che l'ulteriore agevolazione trova applicazione "qualora i contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), prevedano strumenti e modalità di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell'organizzazione del lavoro da realizzarsi attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all'innovazione di aree produttive o sistemi di produzione e che prevedono strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse necessarie nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti.

 

(nella foto di copertina: Guido Zaccarelli con Raffaele Fontana capo segreteria Sottosegretario di Stato Ministero del Lavoro e delle politiche sociali)

 

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CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

 

 

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Domenica, 03 Febbraio 2019 08:15

L'esenzione per il welfare aziendale

di Mario Vacca Parma 3 gennaio 2019 - Rivestono sempre più importanza per i tanti imprenditori i chiarimenti delle Entrate in risposta agli interpelli presentanti da singole aziende.

Nel caso specifico in risposta all'interpello n. 10/2019 l'Agenzia delle Entrate disamina quando i benefit concessi ai dipendenti risultano esclusi dalla tassazione in busta paga e non formano oggetto di base imponibile INPS.

Anche in questa occasione l'Agenzia ha menzionato che i benefit devono riguardare esclusivamente erogazioni in natura e perseguire specifiche finalità e devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti confermando il principio secondo il quale perché i benefit riconosciuti ai dipendenti non generino imponibile è necessario che non siano rivolti al singolo o costituiscano vantaggi solo per alcuni lavoratori.

Con la circolare n 5/2018 l'Agenzia delle Entrate chiarisce che tale apsetto non va inteso solo con riferimento alle categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai etc.), ma a tutti i dipendenti di un certo tipo (di un certo livello o di una certa qualifica oppure, ad esempio, tutti i dipendenti del turno di notte), purché tale inquadramento sia sufficiente a impedire la concessione di erogazioni ad personam in esenzione da imposte.

Nel caso specifico una società che gestisce un'attività di ristorazione ha presentato l'interpello per domandare il corretto trattamento fiscale di un piano di welfare comprendente una serie di servizi destinati a diverse categorie di lavoratori.

Il piano ha previsto - per la categoria dei "manager" - il diritto all'assistenza domiciliare ai familiari anziani e alla frequenza a un corso privato di lingua per i figli mentre - per la categoria degli "addetti alla sala" - (diversi collaboratori in libro matricola, di cui uno in somministrazione a tempo determinato e uno stagista extracurriculare, percettore di un'indennità inquadrabile tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente), un servizio di check-up cardiaco presso una struttura sanitaria convenzionata, mentre il programma ha lasciato esclusi gli addetti alla cucina e l'addetto alla cassa.

Salta immediatamente all'occhio che il programma di welfare prospettato non offra servizi alla generalità dei dipendenti, lasciandone fuori alcuni. In questi casi ai fini della non concorrenza dei benefit alla determinazione del reddito di lavoro va verificato l'eventualità che i destinatari rappresentino una "categoria di dipendenti".

L'Agenzia nella risposta evidenzia che per quanto riguarda amministratore della società e direttore di sala l'esenzione non può essere attuabile in quanto i due beneficiari non possono essere considerati categoria omogenea dal punto di vista dell'inquadramento giuridico e contrattuale. Per quanto concerne invece gli addetti alla sala si possono considerare categoria omogenea dal punto di vista contrattuale, incorporando anche lo stagista (titolare di reddito assimilato) e all'addetto alla sala assunto con un contratto di somministrazione a tempo determinato, cosi come previsto dall'art. 51 del TUIR

 

Pubblicato in Economia Emilia

Quando si parla di welfare aziendale lo stato d'animo delle persone prima e il pensiero poi si muovono d'intesa per accompagnare la mente e lo spirito a intravedere un ambiente di lavoro felice dove poter realizzare i propri sogni e conseguire le proprie aspettative personali, professionali e sociali.

Di Guido Zaccarelli Modena 19 ottobre 2017 - Molte aziende, spinte da un quadro legislativo favorevole, che consente loro di ricevere agevolazioni fiscali importanti in chiave di ammortamento sul breve e medio periodo, stanno mettendo a punto programmi di sviluppo interno del welfare rivolto alle maestranze, per creare una dimensione lavorativa in linea con le aspettative di ogni singola persona.

Uno sforzo che è ancora agli inizi per le molteplici difficoltà che nascono naturali in relazione alla necessità di promuovere similmente un cambio del modello culturale, al quale le persone sono state impegnate per anni a seguire, in strutture organizzative imperniate su schemi piramidali sostenuti da una accentuata azione verticistica delle linee di comando. "Il capo che ordina al sottoposto di eseguire un lavoro senza avere la possibilità, per quest'ultimo, di poter intervenire nel modulare schemi d'azione e comportamenti orientati a combinare la nascita di un valore aggiunto collettivo".

La catena del valore, da tempo terreno di studi e di osservazione da parte del mondo scientifico ed economico, è il punto di congiunzione all'interno della quale è imprescindibile la necessità di individuare e definire la stessa unità di misura per ottenere una gestione coerente del personale e delle attività ad esse riferite. Le difficoltà esistono, e in molti casi di difficile soluzione, causa la presenza della dimensione immateriale che non consente di definire ordini di grandezza misurabili in termini oggettivi e replicabili nella stessa realtà e in ambiti differenti.

La presenza di questi scenari induce una riflessione attenta e puntuale dello stato delle cose e il confronto tra posizioni differenti potrebbe fare emergere una scollatura tra il quadro normativo in atto, proiettata nella dimensione economica e psicofisica delle persone, e la volontà di una certa parte del management di consolidare la struttura organizzativa esistente, dando per scontato che la semplice adesione al programma di welfare aziendale sia sufficiente per soddisfare e completare il progetto di benessere delle persone.

E' urgente la pretesa, da più parti sollevata, di chiedersi se il modello piramidale in atto, che le persone vivono ancora oggi sulla propria pelle e avvertono come un peso quotidiano insostenibile da portare sulle proprie spalle, può essere ancora considerato il modello vincente sul quale continuare a sviluppare politiche economiche globali, oppure, forte dell'inversione di tendenza e della crisi in atto, è necessaria una brusca virata per rispondere alle mutate esigenze emerse dal contatto con le nuove economie di mercato e con modelli relazionali differenti.

È forte il dubbio in chi scrive che il welfare come oggi viene pensato, gestito e applicato, senza un cambio del modello organizzativo, possa realmente ed efficacemente completare il disegno che ha animato lo spirito e la mano del legislatore, se non vengono messe in campo azioni decise di cambiamento del modello organizzativo, legittimando il cerchio come figura geometrica di riferimento, al quale ispirarsi nelle aziende che hanno deciso che il benessere delle persone appartiene alla comunità, il cui valore sociale si mescola con il fine economico e nella cooperazione il punto d'arrivo del bene comune.

Pubblicato in Lavoro Emilia
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