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La vita di Sant’Antonio Abate e l’Ordine di Sant’Antonio – Monaci Antoniani della Chiesa Ortodossa Italiana  In evidenza

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Di Nicola Comparato Felino, 25 aprile 2023 -

"Si è costituito all’interno della Chiesa Ortodossa Italiana l’Ordine di Sant’Antonio (Ordo Sancti Antonii) – Monaci Antoniani, Congregazione religiosa di monaci, chierici e laici che hanno deciso liberamente di vivere in preghiera ed obbedienza protesi ad annunziare agli uomini il vangelo di Gesù Cristo. I confratelli dell’Ordine, che si rifà alla spiritualità di Sant’Antonio il Grande (noto anche come Sant’Antonio Abate) perseguono finalità ospitaliere ed ospedaliere, nonché d’interesse sociale, socio-assistenziale, culturale e di apostolato cristiano."  

(dal sito ufficiale della Chiesa Ortodossa Italiana) 

Nato a Coma, in Egitto nel 250 ca. e morto a Tebaide (Alto Egitto), il 17 gennaio 356 (giorno della ricorrenza), Sant' Antonio Abate è stato uno dei personaggi più importanti e conosciuti dell'antico Cristianesimo ed è considerato il padre del monachesimo orientale. Tutto ciò che sappiamo su di lui arrivato fino ai giorni nostri, lo dobbiamo al Vescovo di Alessandria Attanasio (Santo), suo discepolo, amico e autore della sua biografia. Cresciuto in una famiglia benestante, il futuro Santo fin da subito dimostra una certa riluttanza nei confronti della bella vita, preferendo di gran lunga il lavoro, la penitenza, l'aiuto ai bisognosi e la meditazione, tanto da decidere di li a poco di donare ai poveri tutti i suoi averi alla morte dei genitori, e di ritirarsi a vivere in piena solitudine nel deserto egiziano, conducendo una vita da anacoreta, da asceta, di rinuncia, da eremita. Il Santo trascorse molti anni a vivere in una antica tomba scavata nella roccia, ricevendo da parte del demonio nei momenti più deboli, violenti attacchi e manifestazioni per indurlo in tentazione. A volte il maligno gli appariva sotto forma di maiale per spaventarlo, ma ad avere la meglio era sempre Antonio grazie alla preghiera, ai digiuni e alla penitenza, che col tempo acquisì il discernimento degli spiriti, ovvero la capacità di saper riconoscere le apparizioni diaboliche e ingannatrici da quelle veramente divine. Tutto questo grazie alla Fede, ma non senza poca fatica, infatti Antonio affrontó periodi spirituali molto bui, dove la tentazione di tornare sui suoi passi era molto forte. Ben presto la gente cominciò a parlare di lui, e Antonio, deciso a vivere da eremita, si vide costretto più e più volte a cambiare "abitazione" per poter proseguire la sua vita solitaria. Anche Costantino e i suoi figli lo cercarono per ricevere aiuto e consigli. Nell'anno 307, anche il monaco eremita Sant’Ilarione (292-372), fondatore del primo monastero a Gaza in Palestina andò a fargli visita. Una sua residenza fu anche la fortezza abbandonata, sulle montagne del Pispir, un luogo infestato dai serpenti, ma fortunatamente provvisto di una fonte sorgiva. Il futuro Santo si stabilì nel luogo nel 285 e ci rimase per i 20 anni successivi. Verso l'anno 311, Antonio si recò ad Alessandria, con l'intenzione di prestare aiuto ai Cristiani che in quel periodo erano perseguitati dall'imperatore Massimino Daia. Dopo questi fatti Antonio decise di ritirarsi sul monte Qolzoum, sul mar Rosso, ma fu costretto a fare ritorno ad Alessandria poco dopo per combattere nelle zone imperiali orientali la diffusa eresia ariana del tempo (dal sacerdote alessandrino Ario, negazionista della natura divina di Gesù Cristo, in forte conflitto con il suo vescovo nell'anno 319 ed esiliato nel 325) e per esortare i cristiani alla fedeltà verso il Concilio di Nicea (anno 325 d.C.,  convocato per risolvere i problemi causati dall'arianesimo nei confronti della chiesa d'Oriente). Le sue "uscite" attirarono molti fedeli, sorsero nuove comunità di cristiani e molti decisero di seguire il suo stile di vita. Un fatto degno di nota della dura vita di Antonio è stata senza ombra di dubbio la sua incredibile longevità. Infatti il futuro Santo si spense nel suo eremo sul monte Qolzoum all'età di 105 anni. Il suo luogo di sepoltura rimase segreto, ma in quelle terre  furono realizzati un monastero e una chiesa in suo onore. Si dice che le Sante reliquie di Antonio furono portate ad Alessandria verso la metà del VI secolo, poi a Costantinopoli nel 635 ed in seguito in Francia tra il sec IX e il X (forse XI) dove oggi vengono venerate nella chiesa di Saint Julian, ad Arles. Ma sono tante le leggende e le teorie su questo argomento, che vede alcuni dei suoi resti anche in Italia, a Novoli, in Puglia. È nel periodo francese che nasce l'ordine degli "Antoniani" approvato in seguito da papa Urbano II. I riti celebrati ogni anno per la festa di S. Antonio sono molto antichi ed in genere strettamente legati alla vita contadina. Per questo motivo Antonio è considerato il Santo del Popolo. Sant'Antonio è conosciuto anche come il Santo protettore contro le epidemie di certe malattie, presenti sia nell'uomo, che negli animali. Inoltre egli è stato persino invocato come Santo protettore del bestiame e degli animali domestici, ma anche per scongiurare gli incendi, e forse è proprio per questo motivo che il suo nome è fortemente legato ad una forma di herpes conosciuta come "fuoco di Sant'Antonio" oppure come "fuoco sacro". Di conseguenza, Antonio è anche considerato il patrono del fuoco, e, secondo varie fonti, pare che la sua figura sia legata anche alla cultura precristiana, in particolar modo quella celtica, forse perché per i Celti un elemento di buon augurio era proprio il rituale legato al fuoco. Sant'Antonio è patrono di Canestrai, Eremiti e Monaci, e il  suo emblema è rappresentato dalla Croce a T, dal Bastone pastorale, dal Maiale e dalla Campana. 

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