Sabato, 24 Maggio 2025 06:26

Pedaggi e sorveglianza: quando il governo scambia i cittadini per bancomat (e bersagli da tracciare) In evidenza

Scritto da Andrea Caldart

Di Andrea Caldart (Quotidianoweb.it) Cagliari, 23 maggio 2025 - C'è un confine sottile, ma netto, tra la gestione di un servizio pubblico e il suo uso come leva fiscale mascherata.

Con l’ennesimo aumento dei pedaggi autostradali, il governo ha nuovamente varcato quel confine, dimostrando una volta di più di non avere alcun rispetto né per il portafogli né per la privacy dei cittadini.

Dal 1° gennaio 2025, i pedaggi sulle tratte gestite da Autostrade per l’Italia sono saliti dell’1,8%. Una percentuale che, sulla carta, sembra contenuta, ma che nella realtà si somma a una lunga serie di rincari subiti negli anni, in un Paese in cui la qualità delle infrastrutture resta mediamente scadente, con cantieri eterni, viadotti malmessi e servizi ridotti all’osso. Gli italiani pagano sempre di più, ma ricevono sempre meno. E mentre i concessionari continuano a godere di margini garantiti, gli utenti delle autostrade continuano a essere trattati come sudditi da spremere.

A questo si aggiunge un aspetto ancora più inquietante: il piano, sempre più insistente, di spingere verso una tracciabilità totale dei pagamenti autostradali. Il casello in contanti sta lentamente scomparendo, sostituito da Telepass, carte di credito, app e dispositivi elettronici. Non si tratta più solo di semplificare l’accesso o ridurre le file: l’obiettivo è chiaramente quello di schedare ogni movimento, ogni tragitto, ogni spesa.

Chi utilizza abitualmente l’autostrada lo sa: l’anonimato non esiste più. Ogni viaggio è tracciato, registrato, immagazzinato. In nome della lotta all’evasione o del progresso tecnologico, si costruisce silenziosamente un'infrastruttura di controllo capillare. Un’infrastruttura in cui lo Stato, o peggio, i concessionari privati, possono sapere dove sei stato, quando ci sei passato, quanto hai speso, quanto spesso lo fai. Sotto la patina del “servizio efficiente”, si cela un sistema che tratta ogni automobilista come un potenziale evasore o un numero da profilare.

Ci si chiede: è davvero questo il futuro che vogliamo? Un’autostrada non dovrebbe essere un corridoio di libertà e movimento? Invece, diventa uno spazio a pagamento, controllato, monitorato, e sempre più costoso. Una prigione a cielo aperto in cui siamo noi a pagare per farci tracciare.

E che dire del governo? Invece di porre un freno a questi abusi, li alimenta. Anziché rinegoziare le concessioni nell’interesse pubblico, si limita a piccoli ritocchi e promesse vuote, lasciando che siano i cittadini a pagare, letteralmente, il conto. L’idea di centralizzare i pedaggi per poi redistribuirli dallo Stato è una farsa contabile che rischia di far saltare ogni principio di responsabilità economica. La Commissione Europea stessa ha sollevato dubbi legittimi. Ma il governo, sordo e cieco, tira dritto, come ha fatto da poco con l’aumento delle accise sui carburanti, screditando sé stesso e la campagna elettorale.

Serve una mobilitazione. Non possiamo più permetterci di accettare che le autostrade diventino strumenti di tassazione occulta e sorveglianza digitale. Servono regole chiare, trasparenti. Servono investimenti veri nella manutenzione e nell’ammodernamento delle infrastrutture. Serve rispetto per la libertà di movimento e per la dignità economica dei cittadini.

Perché ogni casello che attraversiamo non è solo una barriera fisica: è il simbolo di uno Stato che ha smesso di servire i cittadini e ha iniziato a sorvegliarli, spremerli, marchiarli. Non siamo più utenti, ma bersagli; non automobilisti, ma codici da monitorare. E il pedaggio non è più il prezzo di un servizio, ma il pedinamento legalizzato di una libertà personale.

Questa non è modernizzazione. È un sistema che avanza sotto la maschera dell’efficienza per instaurare un controllo sistematico e silenzioso sulla nostra mobilità, sulle nostre abitudini, sulle nostre vite. È un pericoloso scivolamento verso una società dove ogni spostamento è un dato da monetizzare, ogni scelta un'informazione da rivendere, ogni cittadino un soggetto sotto perenne osservazione.

Se tutto questo non ci indigna adesso, domani sarà troppo tardi. Ogni viaggio pagato, ogni tratto tracciato, ogni pedaggio accettato senza protesta sarà un altro chiodo piantato nella bara della nostra autonomia.

Questo non è progresso. È un abuso. È un sopruso. È un esperimento di controllo sociale camuffato da tecnologia. E chi governa oggi, in silenzio, lo sta rendendo normalità.

Siamo ancora in tempo per ribellarci. Ma bisogna smettere di pagare in silenzio. Perché il vero pedaggio, ormai, non è più solo in euro. È in libertà.

È GRATIS! Clicca qui sotto e compila il form per ricevere via e-mail la nostra rassegna quotidiana.



"Gazzetta dell'Emilia & Dintorni non riceve finanziamenti pubblici, aiutaci a migliorare il nostro servizio e a conservare la nostra indipendenza, con una piccola donazione. GRAZIE"