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Una posizione lavorativa nuova, generata dalla crescita economica: nel 2016, a Reggio Emilia e provincia sono state previste 1.490 assunzioni di figure High Skills.

9 febbraio 2017

Nei prossimi anni 2,5 milioni di persone entreranno nel mondo del lavoro e gran parte di questi sostituirà personale giunto alla pensione o, in misura più contenuta, andrà ad occupare una posizione lavorativa nuova, generata dalla crescita economica.

Di queste persone, due su cinque avranno una qualifica elevata. Ovvero, 41 persone su 100 assunte nelle imprese private, nella Pubblica amministrazione o imprenditori, saranno profili "High Skills", il 5% in più rispetto al 2016. Questo incremento andrà a scapito dei profili intermedi con competenze generiche. Sono le previsioni messe a punto da Unioncamera in collaborazione con il Gruppo Class sul mercato del lavoro nel prossimo quinquennio. A conferma di quanto detto, nel 2016, a Reggio Emilia e provincia sono state previste 1.490 assunzioni di figure High Skills, ovvero dirigenti, specialisti e tecnici, percentuale che si attesta al 22% del totale, dato superiore anche alla media nazionale (17%).

In questo scenario il compito delle Agenzie per il lavoro acquisisce nuova complessità. La selezione di personale High Skills richiede professionisti specializzati che operano attraverso business unit dedicate alla ricerca e valutazione di profili di Middle e Top Management e mettono a disposizione delle aziende strumenti sofisticati di recruitment ed head hunting. Archimede ha interpretato questo nuovo contesto attraverso SelAction, una nuova Talent Division che nasce per rispondere proprio a queste crescenti esigenze del mercato. E proprio a interlocutori e professionisti del settore, quali le Agenzie per il lavoro, che si richiede capacità di lettura (in tempo) dei cambiamenti del mercato e l'offerta di servizi specializzati e maggiormente dedicati, per rispondere alle nuove esigenze del mondo del lavoro.

 

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Nuove modifiche sui premi di produttività e sul Welfare Aziendale: la Legge di Bilancio 2017 interviene sull'attuale regime tributario. Quali le novità introdotte?

Con la misura viene innalzato l'importo dei bonus detassati che passa da 2000 a 3000 euro nella generalità dei casi. In caso di lavoratori coinvolti pariteticamente dal datore di lavoro, l'importo erogato si innalza da 2500 a 4000 euro. Viene, invece, confermata la tassazione sostitutiva al 10% introdotta nel 2016. Inoltre, viene ampliata la platea dei potenziali beneficiari della tassazione sostitutiva. Il limite di reddito, infatti, passa da 50.000 euro a 80.000 euro annuali comprendendo, oltre agli operai e gli impiegati, anche quadri e una parte dei dirigenti.

Anche i piani di welfare vengono potenziati. In generale, il lavoratore può scegliere di sostituire il premio di produttività (in tutto o in parte) con una serie di somme o benefit previsti dall'articolo 51 del Tuir. Le somme di cui all'articolo 51 comma 2 e dell'ultimo periodo del comma 3, percepite in forma di benefit, non concorrono a formare il reddito complessivo e non sono sottoposte all'aliquota sostitutiva del 10%.

Nelle forme di welfare aziendale che possono sostituire i premi di produttività rientrano i contributi alle forme pensionistiche complementari, anche se superiori al limite di 5164,57 euro previsto dall'articolo 51 del Tuir; i contributi di assistenza sanitaria, anche se superiori al limite di 3615,20 previsto dall'articolo 51 del Tuir; il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti, anche se superiori alla soglia di 2065,83 euro. Inoltre, viene precisato che le soluzioni di welfare aziendale, previste dal comma 4 dell'articolo 51 del Tuir, quali ad esempio prestiti, fabbricati in locazione, autoveicoli in uso promiscuo, servizi di trasporto ferroviario, concorrono a formare il reddito del lavoratore. Il governo punta diritto alla crescita della produttività del nostro paese che dal 1995 al 2015, secondo gli ultimi dati Istat, è risultata decisamente inferiore alla media dell'Unione Europea.

 

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I buoni lavoro rappresentano il metodo di pagamento del lavoro accessorio, ovvero del lavoro svolto occasionalmente, senza un regolare contratto di lavoro. Proprio per regolamentare queste prestazioni occasionali, vengono emessi i buoni lavoro. Il correttivo del Jobs Act, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2016, ha apportato alcune importanti modifiche.

Quale la novità principale? Con il decreto correttivo l'obbligo di comunicazione diventa preventivo: i datori di lavoro sono obbligati a inviare un messaggio allo specifico indirizzo di posta elettronica dell'Ispettorato nazionale del lavoro competente almeno 60 minuti prima dell'inizio di ciascuna prestazione. Gli stessi sono tenuti a indicare come oggetto della mail il proprio codice fiscale e ragione sociale e comunicare i dati anagrafici o codice fiscale del lavoratore, luogo della prestazione, giorno e ora di inizio e fine dell'attività lavorativa. Il nuovo termine di comunicazione è valido anche per eventuali modifiche o integrazioni quali cambio di nominativo, cambio luogo della prestazione, anticipo o posticipo orari etc...

Di fatto, l'obbligo che prevedeva la possibilità di comunicazione fino a 30 giorni, ora deve essere adempiuto ogni qualvolta che il voucher viene utilizzato. Il mancato rispetto del nuovo obbligo ha come conseguenza l'applicazione della sanzione amministrativa da 400 a 2400 euro, moltiplicata per ciascun lavoratore per cui è stata tralasciata la comunicazione. La comunicazione deve essere ripetuta ogni volta che il lavoratore, terminata l'attività precedente, ne comincia una nuova. Si precisa che per il prestatore che svolge l'attività in un'unica giornata, ma con due fasce orarie separate (ad. Esempio 9:00 -11:00 e 14:00 – 17:00), è sufficiente effettuare un'unica comunicazione, segnalando gli orari dell'attività lavorativa. Per quanto riguarda gli imprenditori agricoli, la comunicazione relativa all'utilizzo del buono lavoro è estesa fino a 3 giorni, con contenuti parzialmente diversi. Quest'ultimi, infatti, devono indicare esclusivamente: dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, luogo della prestazione e durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 3 giorni.

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Giovedì, 22 Dicembre 2016 10:45

Collocamento mirato, le novità dal 1° gennaio 2017

Collocamento mirato, dal 1° gennaio 2017 scatta l'obbligo di assunzione già dal 15° dipendente. Si amplia così la platea delle aziende coinvolte, che dovranno quindi mettersi in regola per non rischiare di incorrere in pesanti sanzioni. Vediamo le novità nel dettaglio.

Per tutte le aziende di prima fascia (ovvero con 15-35 dipendenti) l'obbligo di assunzione di un disabile scatterà contestualmente alla quindicesima assunzione e non più dalla sedicesima come previsto in precedenza. Il vincolo è tale anche per le aziende che hanno raggiunto i 15 dipendenti prima del 01/01/2017. Dal momento in cui insorge l'obbligo, i datori di lavoro avranno 60 giorni di tempo per presentare richiesta di avviamento agli uffici competenti e, qualora opportuno, stipulare l'apposita convenzione. Come già detto in precedenza, le aziende che non rispetteranno i termini previsti potranno essere sanzionate in base alle nuove indicazioni previste dal "correttivo" del Jobs Act. L'importo della sanzione passa da 62.77 € a 153,20 € per ogni giorno di mancato inserimento al lavoro.

Ulteriore novità: i lavoratori in possesso di attestazione di ridotta capacità lavorativa pari o superiore al 60% (in precedenza la norma prevedeva tale possibilità solo al superamento del 60%) possono essere computati nella quota di riserva, anche se non assunti tramite il collocamento mirato. Per le imprese, le novità apportate sono un forte segnale a rispettare i dettami della norma. La scelta di inasprire le sanzioni ha lo scopo di evitare che le aziende scelgano di pagare la multa (pratica molto diffusa) piuttosto che attivarsi per l'assunzione di un disabile.

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Che cosa si intende con il termine "assenteismo"? Ricorso frequente a permessi per malattia, assenze ingiustificate o coperte da altri colleghi, eccessivo utilizzo dei permessi retribuiti, ricorso a periodi di aspettativa. Le principali cause di questi comportamenti sono riconducibili a un cattivo ambiente lavorativo o un'organizzazione poco motivante. Queste situazioni riducono inesorabilmente la produttività del singolo e di conseguenza dell'impresa stessa.

Cosa possono fare le aziende per ridurre questo fenomeno? Le aziende devono innanzitutto capire che il punto centrale tra produttività e assenteismo sta nel riconoscere che quanto più un'azienda riesce a motivare i collaboratori sulle necessità di produttività e di crescita aziendale tanto meno dovrà sostenere l'esigenza della presenza lavorativa con la sola leva del mantenimento del posto di lavoro. Possono, quindi, lavorare sulla propria immagine, sulla capacità di innovazione e crescita, creare un'efficace informazione interna e puntare su un management qualificato. Possono spingere su una sana competizione interna, incentrata sul merito e sul buon esempio, focalizzando il lavoro sull'assegnazione di obiettivi di risultato.

Nelle grandi imprese tenere alto il livello di motivazione per tutti i lavoratori è certamente più complesso e prevede figure intermedie formate e motivate, anch'esse, nel rappresentare l'azienda e la sua mission. Nel campo della somministrazione, invece, il tasso di assenteismo risulta più contenuto. In questo caso la motivazione delle risorse è generata dalla voglia di cogliere l'opportunità lavorativa, di centrare la fase di ingresso nella nuova azienda, di potersi riqualificare e reinserire nel mondo del lavoro. E questo si traduce in una minore propensione ad assentarsi. Tutti gli attori quali famiglie, scuole, aziende, sindacati, devono contribuire ad una cultura del lavoro indirizzata alla responsabilità, anche etica, di ogni singolo lavoratore. Proprio quest'ultimi, devono essere consapevoli che alti tassi di assenteismo contribuiscono al fenomeno di chiusure o delocalizzazioni in paesi esteri a causa di un costo del lavoro insostenibile se si vuole competere a livello internazionale

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Cos'è l'apprendistato senza limiti di età? È l'opportunità per i datori di lavoro di assumere un disoccupato over 29 che risulti iscritto a un trattamento di disoccupazione quali NASPI, ASDI, DIS COLL o che sia beneficiario di indennità di mobilità e che abbia stipulato il relativo patto di servizio personalizzato PSP.

Concretamente, le imprese possono cogliere più vantaggi. Sotto l'aspetto contributivo la quota a carico del datore è pari allo 0% per le aziende con un numero dipendenti non superiore a 9 unità; per le imprese con organico superiore a 9 l'agevolazione contributiva si differenzia per dimensioni e settore di attività (contributo datoriale mediamente tra 11,91 e 14,91% per imprese di medie dimensioni). Non è previsto, invece, l'ulteriore beneficio di sgravio contributivo per i 12 mesi successivi al conseguimento della qualifica professionale.

Sotto l'aspetto salariale, il contratto di apprendistato prevede che l'azienda possa inquadrare il nuovo assunto applicando la riduzione del livello contrattuale durante il periodo formativo. Il costo del personale sarà deducibile dalla base IRAP. Relativamente ai licenziamenti la norma prevede la possibilità per le aziende di licenziare l'apprendista durante il periodo formativo (possibilità negata, fatta salva la giusta causa o il giustificato motivo, nel normale contratto di apprendistato). Un'ulteriore considerazione è l'esclusione del lavoratore in apprendistato dalla base di calcolo per l'applicazione delle disposizioni che richiedono limiti numerici, ad esempio per l'assunzione di un disabile.

Dal 2017, va ricordato, scatterà l'obbligo di assumere un disabile per i datori di lavori con 15 dipendenti (non più dal 16° come attualmente in vigore). Nel caso in cui tra i 15 dipendenti risulti un apprendista, l'azienda potrà rinviare l'obbligo di assunzione per tutto il periodo formativo. Lo spirito della misura è quello di garantire al lavoratore un periodo di lavoro finalizzato alla qualificazione o riqualificazione professionale grazie a un percorso di formazione e all'apprendimento di un nuovo mestiere.

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Domenica 16 ottobre alle 17.30, presso la libreria Emily Bookshop di Modena, incontro con l'autore che parlerà del suo saggio in cui teorizza un nuovo modello di organizzazione aziendale.

Di Manuela Fiorini

Modena, 15 ottobre 2016

Si può "vivere felici" nella propria azienda? Rispondere "sì" dovrebbe essere semplice, invece, purtroppo, la realtà è molto diversa. Le gerarchie, il rapporto con i superiori e i colleghi sono spesso causa di malcontento e frustrazione. La conoscenza viene trasmessa secondo un modello verticale, dove, a ogni piano si perdono informazioni importanti, nella fretta di soddisfare un mercato sempre più dinamico e competitivo. Cambiare, tuttavia, si può. E' quello che sostiene Guido Zaccarelli, docente di Informatica presso l'Università di Modena e Reggio Emilia e Referente del Servizio Informativo dell'AUSL di Modena presso il Distretto di Mirandola nel suo saggio "La Conoscenza condivisa – Verso un nuovo modello di organizzazione aziendale" (Franco Angeli Editore), che sarà presentato domenica 16 ottobre, alle 17.30, presso la libreria Emily Bookshop di Via Fonte d'Abisso, nel centro storico di Modena. L'evento è promosso dall'Associazione di scrittori I Semi Neri con il Patrocinio della Regione Emilia Romagna.

Guido, come nasce questo libro?
"Dal desiderio di portare la propria esperienza personale, professionale e la visione d'azienda alle persone che lavorano e operano ogni giorno all'interno delle organizzazioni, affinché nasca in ognuno il senso della condivisione. Il mutare delle aziende, da micro, piccole a medie fino alle multinazionali hanno subito negli ultimi anni continui e profondi capovolgimenti di fronte per rispondere celermente alle richieste provenienti da un mercato dinamico e altamente competitivo, che chiede ogni giorno di soddisfare in breve tempo i bisogni e i desideri delle persone. Questo ha contribuito in modo rilevante a creare aziende sempre più piramidali e verticistiche dove la comunicazione si è prima dilatata fino a interrompersi creando vere e proprie situazioni di "interruzione dei canali informativi e relazionali", dove la conoscenza è diventata "parcellizzata". Lo scopo del libro è suggerire un cammino di ricerca all'interno delle organizzazioni per condurre le persone verso la conoscenza condivisa e creare una "Wiki azienda" dove la conoscenza è "liquida". Il lettore viene accompagnato a osservare il Medioevo, il Taylorismo, la globalizzazione e il mondo cloud e per ognuno di questi periodi viene messo nelle condizioni di chiedersi: "Com'era la conoscenza in quei tempi, prima lontani e ora prossimi a noi come il mondo della nuvola digitale?"

Che cosa è la conoscenza condivisa
"E' una filosofia, uno stile di vita che consente alle persone di" vivere felici" all'interno dei luoghi di lavoro dove vengono rispettate e valorizzate. Nasce osservando il comportamento dell'uomo nelle organizzazioni aziendali, un atteggiamento che è sempre più declinato a trattenere la conoscenza per sé evitando di condividerla con gli altri. Il malessere è l'anima che sostiene questo comportamento che, nel tempo, si consolida fino a creare blocchi relazionali incapaci di dirigere il pensiero e l'azione verso lo scopo condiviso indicato dall'azienda. La "piramide organizzativa" crea una gerarchia ben espressa dalle frazioni aritmetiche, dove la linea di frazione ( fractus-interrotta) che separa il capo dal sottoposto suggerisce l'idea di una conoscenza spezzata tra chi comanda e chi riceve un ordine. La conoscenza condivisa toglie la linea di frazione che indica il "rapporto" tra le persone per creare un modello circolare dove "la relazione" è l'anima che alimenta il benessere della conoscenza viene condivisa".

Come si può applicare alle realtà aziendali di oggi?
"La Conoscenza condivisa deve superare diversi anfratti che si collocano tra il mondo dove la conoscenza è in mano a pochi, e viene trattenuta per farne un simbolo di potere, e le imprese che desiderano ardentemente modificare la struttura organizzativa, consapevoli che la loro presenza sul mercato dipende da un deciso cambiamento economico e culturale. La formazione orizzontale è la prima linea d'azione che deve essere impiegata per diffondere il senso di una nuova cultura etica, dove le persone possano riconoscersi per identità e senso di appartenenza. La form-azione consente di dare azione alla mente, di formarsi per modificare giorno dopo giorno l'atteggiamento verso i colleghi e la realtà aziendale. Il clima mite che gradualmente si viene a creare all'interno dell'organizzazione consente di rivedere meccanismi e schemi d'azione consolidati nel tempo che necessitano di essere modificati alla luce della nuova traiettoria educativa adottata dall'impresa. La possibilità di avviare una riflessione interiore a tutti i livelli aziendali consente di recuperare sacche di inefficienza sostenuti dalla visione a specchio che ognuno ha di se stesso in relazione agli altri. Il tempo filtra e modifica situazioni che inizialmente si mostravano resistenti a ricevere un nuovo colore con il quale dare una mano di vernice al passato per infondere una nuova luce alla stanza della propria anima aziendale".

Quali sono gli strumenti di cui si avvale?
"La formazione, la tecnologia, il marchio d'impresa, le Wiki learning, la comunicazione e ora il documento tecnico T/R 11642 emanato dall'UNI – Nazionale (Ente di Normazione) sono i cardini sui quali costruire le colonne portanti della conoscenza condivisa. La riorganizzazione interna consente di modulare in senso circolare il sistema delle relazioni interne creando percorsi di partecipazione al raggiungimento degli obiettivi aziendali mai disgiunti da quelli personali. La partecipazione collettiva consente di accrescere il valore delle idee che nell'azienda 4.0 dividono le imprese "analogiche" da quelle che vedono nella persona la svolta di un futuro eticamente sostenibile. L'intangibile in bilancio diventa un valore non-economico che opportunamente valorizzato può trasformarsi in un valore monetario di valore assoluto in grado di recuperare risorse finanziarie da destinare a futuri investimenti".

Chi sono i destinatari, i fruitori e i fautori di questa conoscenza?
"La Conoscenza condivisa potrebbe essere vista come uno strumento orientato solo al management per ri-organizzare la struttura operativa e relazionale dell'azienda. In realtà, è destinata a tutte le persone, ai cittadini, a tutti NOI, che ogni giorno varchiamo il cancello della nostra azienda oppure entriamo in contatto con organizzazioni aziendali, pubbliche e private. L'intento è di creare una unicità d'intenti per consentire alle persone di unirsi per creare una nuova consapevolezza civile e sociale orientata a promuovere ogni forma d'iniziativa e a farsi portatrice di nuovi e coinvolgenti interessi comuni. Gli organi istituzionali, l'ambiente economico e sociale, gli stakeholder sono gli ambienti nei quali più di altri dovrebbe nascere spontaneo il desiderio di mutare gli scenari di una realtà sempre più complessa ed esposta ai richiami di comportamenti individualistici concentrati sull'IO anziché sul NOI. Le persone sono stanche e l'unica via di uscita è avviare un cambiamento culturale che proietti gli individui nel vedersi proiettati all'interno di un sistema che lo veda collocato al centro dell'ecosistema organizzativo per identità, interessi, competenze e desiderio di fare".

INFO
Guido Zaccarelli
La Conoscenza condivisa – Verso un nuovo modello di organizzazione aziendale
Franco Angeli Editore – 134 pag, 18 euro

Presentazione domenica 16 ottobre c/o Emily Bookshop, via Fonte d'Abisso 9/11, Modena Centro
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., tel 349/5369707 – INGRESSO GRATUITO

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Convegno gratuito "Certificare l'impronta di carbonio: un impegno che ripaga. Procedure, tempi, oneri e vantaggi della certificazione CarbonFootprint" – 7 ottobre 2016 ore 9.30-13.00.

Reggio Emilia, 5 ottobre 2016

More Energy, start-up innovativa nel settore dell'Ingegneria Energetica ed Ambientale, con la collaborazione di Energynet e la partecipazione tecnica di Bureau Veritas, organizzano il convegno gratuito dedicato interamente ai temi della CERTIFICAZIONE CARBON FOOTPRINT, che si terrà a Reggio Emilia, presso la sede di Unindustria il 7 ottobre 2016 dalle ore 9.30.
Il convegno sarà dedicato al tema della certificazione Carbon FootPrint, o Impronta di Carbonio. Questa certificazione, applicando la metodologia dell'analisi del ciclo di vita, valuta le emissioni di gas ad effetto serra e quantifica l'impatto sui cambiamenti climatici di origine antropica, attribuibile ad un prodotto, un servizio o un'organizzazione.
La Carbon Footprint è una certificazione che permette all'organizzazione di monitorare l'efficacia delle politiche di gestione ambientale in essere e di guidare la scelta di nuove. È percepita dai consumatori come un indice di qualità e sostenibilità delle imprese ed è diventato un requisito premiante nei bandi pubblici, anche in considerazione del Nuovo Codice degli Appalti pubblici.
Nel convegno di venerdì verrà affrontato l'argomento in modo concreto e si risponderà a tutte le domande, presentando il punto di vista e le esperienze degli attori necessari al raggiungimento della certificazione (azienda, consulente, ente certificatore). E' aperto a tutte le aziende interessate e sarà l'occasione per mostrare i risultati ottenuti da un'azienda locale che ha ottenuto la certificazione per la farina lavorata.

VENERDI' 7 OTTOBRE 2016 DALLE ORE 9.30 alle 13.00
via Toschi 30/A, Reggio Emilia
Per maggiori informazioni consultare il sito www.more-energy.it 
L'ingresso è gratuito, è gradita la prenotazione. 

Mercoledì, 07 Settembre 2016 09:46

Videosorveglianza sul luogo di lavoro: le nuove regole

La tutela del patrimonio aziendale? Oggi è possibile grazie all'installazione di telecamere di videosorveglianza. L'aggiornamento dell'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori introduce importanti novità sui controlli a distanza del lavoratore. E' così che d'ora in avanti sarà possibile installare, ad esempio, una videocamera in magazzino al fine di prevenire i furti, che tuttavia necessariamente riprenda l'ingresso e l'uscita dei dipendenti che vi accedono per l'ordinario svolgimento delle loro mansioni.

La novità introdotta autorizza i cosiddetti controlli difensivi, ovvero quelli destinati alla difesa dell'impresa e del suo patrimonio da condotte illecite di terzi o dei lavoratori stessi. Il datore di lavoro potrà utilizzare le informazioni raccolte tramite la videosorveglianza per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro (es. provvedimenti disciplinari), a condizione che sia stata data adeguata informativa al lavoratore delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli, nel rispetto della vigente normativa privacy. In breve, il datore di lavoro deve segnalare l'obiettivo che intende perseguire con la raccolta dei dati tramite il sistema di videosorveglianza.

Non è consentita l'installazione di impianti di videosorveglianza in luoghi riservati esclusivamente ai lavoratori o non destinati all'attività lavorativa quali bagni o spogliatoi. Quale la procedura per la richiesta d'installazione? L'impresa che decide di installare impianti di controllo deve ottenere preventivo accordo con le organizzazioni sindacali e impegnarsi a rispettare le linee guida obbligatorie presenti nel "Modulo Unificato Istanza di Autorizzazione".

Il datore di lavoro deve compilare l'apposito modulo sul sito www.lavoro.gov.it  accedendo al link Uffici Territoriali. Lo stesso deve essere spedito all'indirizzo di posta elettronica o PEC dell'ufficio competente. L'ufficio effettua il controllo sulla documentazione ricevuta e rilascia all'impresa il provvedimento di autorizzazione. Il provvedimento ha lo scopo di tutelare il datore di lavoro e il lavoratore stesso da eventuali comportamenti illeciti.

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Martedì, 23 Agosto 2016 11:08

Le problematiche delle dimissioni online

Le difficoltà procedurali on-line e le proposte dei consulenti del lavoro per abbattere il fenomeno di "scorciatoie" che possono portare alle irregolarità le conseguenti sanzioni.

Reggio Emilia, 23 agosto 2016 - 

Per ridurre il fenomeno delle dimissioni in bianco (dimissioni firmate dal lavoratore già al momento dell'assunzione), dal 12 marzo è entrata in vigore la nuova procedura esclusivamente telematica di dimissioni. A distanza di 5 mesi però la procedura ha riscontrato non poche difficoltà di attuazione, tanto che il Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro ha proposto alcune modifiche. Andiamo per ordine. Quali le difficoltà incontrate dalla procedura telematica? Poca dimestichezza con il pc.

Tempi lunghi per ottenere il Pin dall'Inps. Dubbi sulla data da indicare nel modulo. Ma anche difficoltà a trovare assistenza, o errori nell'inserire l'e-mail o la Pec del datore di lavoro, fino a riscontrare problemi con la pagina del portale. Stessa sorte è capitata ai lavoratori che hanno deciso di affidarsi ai cosiddetti enti certificati.

E così alcuni lavoratori scelgono semplicemente di non presentarsi più al lavoro.

Quali le conseguenze per il datore di lavoro se il dipendente si dimette senza la procedura online e abbandona il posto di lavoro? Il datore dovrà contestare l'assenza ingiustificata e procedere al licenziamento. Sarà quindi costretto a pagare il cosiddetto ticket di licenziamento introdotto dalla riforma Fornero: l'aggravio economico è pari a circa 490 euro (rivalutato annualmente) per ogni anno di lavoro effettuato, fino ad un massimo di 3 anni. E per il lavoratore?

Il lavoratore invece usufruirà di una NASPI a cui non avrebbe diritto per via della scelta volontaria di dimettersi. In questo modo tutta la procedura rischia di creare una distorsione della volontà del lavoratore e del datore di lavoro.

Cosa propongono i Consulenti del Lavoro? Di reintrodurre la possibilità di procedere, in alternativa alle dimissioni e risoluzione consensuale del contratto di lavoro con modalità telematica, alla convalida presso la DTL competente, come già previsto dalla Legge Fornero, al fine di ridurre gli oneri a carico dell'azienda derivanti da tale allontanamento. La proposta dei Consulenti del Lavoro risponde a una chiara necessità di modifica di una procedura che ha riscontrato troppe difficoltà di recepimento.

(a seguire le domande più frequenti)

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Le domande più frequenti sulla procedura telematica di dimissioni
1) Devo presentare le dimissioni o la risoluzione consensuale, come accedo alla procedura telematica in qualità di cittadino? È necessario essere in possesso del PIN INPS dispositivo e dei requisiti di accesso al portale cliclavoro.gov.it ove occorre compilare il modulo telematico che contiene dati del lavoratore, del datore di lavoro e del rapporto di lavoro.
2) Non conosco l'indirizzo PEC del datore di lavoro, cosa devo inserire? E' possibile inserire come recapito e-mail anche una casella di posta non certificata.
3) I lavoratori con contratto a tempo determinato che intendano dimettersi dovranno usare la nuova procedura? Sì, come indicato al punto 1.1 della circolare n. 12/2016 le dimissioni da rapporto di lavoro a tempo determinato rientrano nel campo di applicazione della nuova procedura.
4) L'interruzione anticipata del tirocinio prevede l'applicazione della procedura per le dimissioni volontarie? No, perché il tirocinio non si configura come un rapporto di lavoro subordinato
5) Per i rapporti di lavoro in somministrazione si applica la nuova procedura? Il rapporto di lavoro in questa ipotesi intercorre tra l'agenzia di somministrazione ed il lavoratore. La procedura telematica deve essere quindi seguita dal lavoratore in somministrazione, in quanto tale rapporto non rientra tra le fattispecie escluse, di cui all'art. 26, comma 7, D.lgs. 151/2015 e riprese dalla circolare n. 12 del 4 marzo 2016.
6) Le aziende come possono visualizzare le comunicazioni relative alle dimissioni volontarie o alle risoluzioni consensuali dei propri dipendenti? Accedendo alla propria Area riservata del portale Cliclavoro, le aziende possono ricercare le comunicazioni nella sezione "Dimissioni volontarie".
7) Dovranno utilizzare la procedura anche i lavoratori che presentano le proprie dimissioni per il raggiungimento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia o anticipata? Sì.
8) Qual è la data di decorrenza da indicare nella compilazione del modello telematico? La data di decorrenza delle dimissioni è quella a partire dalla quale, decorso il periodo di preavviso, il rapporto di lavoro cessa. Pertanto la data da indicare sarà quella del giorno successivo all'ultimo giorno di lavoro.
9) Il modulo telematico ha la funzione di convalidare delle dimissioni già presentate con altra forma o quella di comunicare la volontà di dimettersi? Il modello telematico non ha la funzione di convalidare dimissioni rese in altra forma bensì introduce la "forma tipica" delle stesse che per essere efficaci devono essere presentate secondo le modalità introdotte dall'articolo 26 del Decreto Legislativo n.151/2016.
10) Se il lavoratore rassegna le proprie dimissioni e, nonostante i solleciti, non compila la prevista procedura online, il datore di lavoro come si deve comportare? Le dimissioni vanno rassegnate esclusivamente con il modello introdotto dal DM 15 dicembre 2015. Diversamente il datore di lavoro dovrà rescindere il rapporto di lavoro.
11) Posso rivolgermi solo ad un soggetto abilitato presente nel mio luogo di residenza?No, l'assistenza di un soggetto abilitato potrà essere richiesta sull'intero territorio nazionale, indipendentemente dalla propria residenza o sede lavorativa.
12) Nell'ipotesi in cui lavoratore e datore di lavoro si accordino per modificare il periodo di preavviso, spostando quindi la data di decorrenza indicata nel modello telematico, come si può comunicare la nuova data se sono trascorsi i 7 giorni utili per revocare le dimissioni e variare la data di cessazione? Come indicato nella circolare n.12/2016, la procedura online non incide sulle disposizioni relative al preavviso lasciando quindi alle parti la libertà di raggiungere degli accordi modificativi che spostino la data di decorrenza delle dimissioni o della risoluzione consensuale. Sarà cura del datore di lavoro indicare l'effettiva data di cessazione nel momento di invio della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro, senza che il lavoratore revochi le dimissioni trasmesse.

Selezione di Archimede delle principali FAQ (domande ricorrenti) pubblicate sul sito del Ministero del Lavoro

 

 

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