Lunedì, 04 Aprile 2022 06:05

Nelle aziende c'è voglia di continuare con smart working In evidenza

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Roma 1 aprile 2022 - Lo smart working al centro dell'incontro che si è tenuto oggi presso la sede romana della Dire (corso d'Italia 38/A). Messa finalmente da parte l'emergenza Covid-19 un decreto del Governo ha spostato da oggi al 30 giugno il termine dell'utilizzo di questo strumento.

   I partecipanti all'evento, moderato dal direttore dell'agenzia, Nicola Perrone, si sono così confrontati sugli scenari futuri dello smart working, domandandosi, ad esempio, cosa accadrà per chi vorrà ancora ricorrere al lavoro agile e cosa succederà a partire dalla fine di giugno.

   Secondo l'avvocato giuslavorista e managing partner di LabLaw, Francesco Rotondi, allo smart working è stata data una grande attenzione di carattere più mediatico che sostanziale perchè il tutto è avvenuto nell'ambito della pandemia da Covid-19, momento storico delicatissimo. 'In realtà- ha spiegato- non abbiamo vissuto il lavoro agile da un punto di vista normativo ma da un punto di vista sociale e, forse, imprenditoriale, perchè a livello di organizzazione del lavoro delle imprese il lavoro agile non è assolutamente una novità'.

   'Al di là dell'impianto normativo- ha aggiunto- dovremo vedere se il modello organizzativo che ha avuto una accelerazione in questo periodo sarà un modello organizzativo che verrà conservato dalle imprese, che verrà edulcorato o che verrà invece abbandonato e vedremo se nel momento in cui le imprese dovessero decidere di agevolare e implementare questo modello avranno anche un adeguato sostegno normativo'.

   L'onorevole Maria Pallini, della commissione Lavoro della Camera, si è invece soffermata sui punti cardine del Testo Unificato sul lavoro agile. 'Abbiamo dato la maggiore importanza- ha sottolineato l'esponente del M5S- a quella che è la contrattazione collettiva nazionale, alla quale abbiamo demandato tutti i punti cardine su lavoro agile, quello che riguarda sia la responsabilità del lavoratore che del datore di lavoro o la parte che riguarda gli incentivi, il diritto alla disconnessione, che abbiamo introdotto in questo Testo Unificato poichè non presente nel precedente Testo. Ci siamo poi occupati di tutto quello che concerne le ferie, la malattia, i permessi premio e gli scatti di carriera, utilizzando il lavoro agile'.

 'Altri punti fondamentali- ha proseguito- sono quelli che riguardano l'introduzione di un monte ore del 30%, che deve essere attuato per i lavoratori che svolgeranno lo smart working, perchè riteniamo che al di sotto di quella soglia non si possa parlare di lavoro agile ma semplicemente del classico lavoro in presenza'. Il Testo Unificato prevede, inoltre, la formazione digitale e l'introduzione della figura dell'innovation manager. 'Si tratta di consulenti già presenti presso il ministero dello Sviluppo economico- ha affermato Pallini- che possono essere richiesti da tutte le aziende per avere un supporto per quanto concerne la strumentazione tecnologica. Molto importanti saranno anche gli incentivi a cui abbiamo pensato per tutte le aziende che utilizzeranno la modalità agile per i propri lavoratori, anche attraverso una riduzione dell'1% dei cosiddetti 'premi assicurativi Inail''.

   Nel corso del talk ha preso la parola il direttore delle risorse umane di Zte Italia, Anna Maria Testa, che ha sottolineato quanto lo smart working sia stato elemento fondamentale nella costruzione del rapporto con la Cina. 'Zte è un'azienda con un Dna cinese- ha reso noto- i nostri headquarters sono a Shenzhen, la cultura cinese si sente molto e negli anni abbiamo dovuto lavorare molto per integrarla con quella che è oggi la cultura organizzativa Zte in Italia, devo dire anche con ottimi risultati. Proprio lo smart working è uno dei frutti di questo lavoro di integrazione'.

   Testa ha poi sottolineato come i dipendenti, giovani e meno giovani, abbiano manifestato una chiara e netta esigenza di 'restare in qualche in modo in quella dimensione di integrazione di vita privata e di vita lavorativa che dà poi la soddisfazione, l'attaccamento e la motivazione a restare in azienda. È estremamente importante un profondo percorso di responsabilizzazione all'interno dell'azienda, ovvero la cultura organizzativa, mentre i vertici dell'azienda, il leadership team dell'azienda, deve essere profondamente coinvolto nel processo di responsabilizzazione e di diffusione di questa nuova cultura'.

Il direttore delle risorse umane di Avio, Stefano Bottaro, ha parlato di 'esigenza enorme di smart working', in particolare per le generazioni under 30 e under 35. 'Per loro- ha dichiarato- la conciliazione vita-lavoro viene prima di tutto. Viene prima della tipologia di lavoro, prima delle prospettive di carriera. È necessario confrontarci con queste richieste, perchè tutte le dimissioni che ho, le ricevo nella fascia 0-3 anni o, massimo, 0-5 anni di seniority. Quindi, dobbiamo lavorare per capire come attrarre le persone e come trattenerle in azienda. Si deve passare dalla logica del 'ti vedo qui e dunque produci' al concetto di lavorare per obiettivi. Questa modifica culturale che devono fare i manager è fondamentale'.

   Ha preso poi la parola il direttore delle risorse umane di Tper, Filippo Palombini. 'Sono convinto che lo smart working sia ormai ineludibile e che non si possa tornare indietro- ha spiegato- ma ritenere che questo strumento, sia dal punto di vista socioculturale, sia dal punto di vista della prestazione del lavoro, rappresenti il modello del futuro, francamente mi spaventa un po'. Dal punto di vista sociale l'azienda ha tenuto perchè in questi mesi di smart working le persone, lavorando a distanza attraverso piattaforme scoperte dal 2020, come Meet o Zoom, si ricordavano, si sono portate a casa i legami sociali che avevano con i propri colleghi in azienda. Le persone hanno bisogno di stare insieme. Lavorare insieme stimola la creatività e l'innovazione tra le persone e aumenta il livello di fiducia. Cose che non si possono percepire durante una riunione su una piattaforma'.

 Interpellato nuovamente, si è mostrato estremamente critico l'avvocato Francesco Rotondi. 'Nel corso del dibattito nessuno ha parlato di modello organizzativo- ha detto- perchè parlare di smart working senza immaginare l'esistenza di una smart company è una follia. Non stiamo parlando di smart working. Credo che in realtà questi modelli di cui abbiamo parlato sono il tentativo di sdoganare un concetto semplicissimo che non ha nulla a che vedere con lo smart working, si chiama flessibilità'.

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   'Il fatto di poter lavorare in maniera ibrida- ha proseguito- da casa o da poter rendere la prestazione in un luogo diverso non ha nulla a che vedere con lo smart working: è flessibilità della prestazione. Lo smart working nasce come punto finale di un modello organizzativo che prevede la possibilità di organizzare il lavoro di una impresa attraverso attività che possono essere rese a prescindere da un luogo, da un orario, perchè collegate ad un obiettivo. Tutto ciò che in Italia non possiamo fare perchè manca la norma'.

   Secondo il direttore delle risorse umane di Zte Italia, Anna Maria Testa 'abbiamo bisogno, lato azienda, di avere una guida, un sostegno, uno strumento normativo che ci consenta di mettere delle basi per un linguaggio comune. D'altro canto dobbiamo cominciare a gettare le basi su ciò che è davvero un linguaggio comune e che sia alla base di qualsiasi ragionamento poi interno all'organizzazione'.

'Quello che possiamo chiedere al Legislatore- ha aggiunto il direttore delle risorse umane di Avio, Stefano Bottaro- sono strumenti che possano agevolare anche le persone se vogliamo farne rientrare qualcuna. È ovvio che tante aziende di servizi, come assicurazioni, banche, società di formazione e società manageriali, probabilmente non torneranno indietro e, anzi, forse aumenteranno ancora di più la spinta sulle giornate da casa. Da noi, invece, non si potrà arrivare mai ad un modello simile e noi abbiamo costi sulle costruzioni, i trasporti, la gestione dei costi di cancelleria, i costi sugli infortuni'.

   Per il direttore delle risorse umane di Tper, Filippo Palombini, 'se tornare indietro potrebbe essere una perdita di opportunità, credo che alcune aziende siano costrette a farlo, perchè noi stiamo disciplinando un istituto, cercando di fare il meglio, all'interno di un mercato del lavoro fondamentalmente regolato da una legge di 52 anni fa, lo Statuto dei lavoratori, rimasto sostanzialmente inalterato. Costruito nel 1970, aveva logiche nobilissime ma se lo rapportiamo allo smart working ci dobbiamo confrontare con l'applicazione dell'articolo 4 che, ancora oggi, impedisce tante cose'.

   A chiudere l'evento l'onorevole Maria Pallini, della commissione Lavoro della Camera. 'Credo- ha concluso l'esponente del M5S- che lo smart working debba essere visto come forma di organizzazione, cosa che fino ad ora non è stato. Il lavoro che stiamo facendo, ed io come relatrice del provvedimento l'ho fatto in questi mesi, è stato ascoltare le parti sociali e gli imprenditori, i grandi manager, perchè è soprattutto dalle aziende che si parte con questa nuova forma di organizzazione'.

(Fonte Agenzia DIRE)