Giovedì, 18 Novembre 2021 16:36

Risorse idriche nel Parmense. Tra “siccitometro” e invasi a utilizzo plurimo senza escludere la diga di Vetto, rivista e corretta. In evidenza

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#ambiente #clima @confcooperativeParma

L’Associazione Giuseppe Micheli e Confcooperative FedAgriPesca Parma con il convegno odierno hanno lanciato la sfida alla siccità.  L’obiettivo è raccogliere tutti i soggetti co-interessati e competenti “per far crescere insieme in un progetto comune condiviso”.

Parma, 17 novembre 2021 – Ad aprire i lavori del convegno “risorse idriche nel territorio parmense: situazione attuale e prospettive alla luce dei cambiamenti climatici” è stata Elisa Cugini, da poco nominata alla presidenza di FedAgriPesca, settore storico di Confcooperative Parma, imprenditrice agricola e Presidente del Caseificio Sociale La Mezzanese.

Dopo i ringraziamenti agli intervenuti, relatori e rappresentanti di organizzazioni e imprese, oltre a coloro che per varie ragioni non hanno potuto intervenire ma hanno comunque lasciato un messaggio d’approvazione, la Presidente ha dichiarato gli obiettivi della convocazione.

“A pieno titolo possiamo affermare di essere protagonisti attivi e importanti nella nostra food valley. In tale situazione siamo parte attiva e interessati a tutte le problematiche economiche, ambientali e sociali del nostro territorio. Per questi motivi tramite e unitamente all’Associazione Culturale Giuseppe Micheli abbiamo organizzato questo momento di riflessione, confronto e comune progettazione su una tematica attuale e molto importante per le imprese agricole e della trasformazione quale settore economico di nostra competenza e più in generale per tutta la società parmense” si è così espressa Elisa Cugini.

Dal mio studio vedo un prato stabile …storico. – interviene Eugenio Caggiati presidente della Associazione Giuseppe Micheli - Quest’anno il contadino ha fatto un solo taglio, anzi, in ottobre, ha dovuto rifare il prato perché era tutto seccato.

Anch’egli si associa ai ringraziamenti della Presidente  Cugini e sottolinea marcatamente la preoccupazione per i cambiamenti climatici che si manifestano a livello locale e ai quali occorre far fronte tutti insieme, in modo coordinato e condiviso.

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E’doveroso imparare ad utilizzare bene l’acqua, senza inutili sprechi, nella vita familiare e sociale; utilizzare bene l’acqua in agricoltura e nelle aziende; ma volgiamo ai nostri relatori, ed a quanti interverranno successivamente negli interventi programmati e nel dibattito, anche la richiesta di illustrare le problematiche e le necessità di interventi per il nostro territorio.

E’ stata quindi la volta del prof. Marco D’Oria estensore, insieme alla professoressa Maria Giovanna Tanda del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Parma, della ricerca presentata e che ha analizzato i cambiamenti climatici locali per individuarne una proiezione grazie all’utilizzo di modelli climatici locali, avendo ormai accertato  “che il clima è molto condizionato dalle emissioni dei Gas effetto (CO2) serra emessi in atmosfera”.   

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L’analisi dell’andamento climatico è stata effettuata prendendo in considerazione le due principali variabili: Temperatura e Precipitazioni.

I dati, accorpati in due macro classi, dal 1960 al 1990 e dal 1991 al 2018 hanno messo in evidenza come le precipitazioni, pur non modificando sensibilmente il volume annuale, si sono concentrate nel periodo autunnale mentre si sono contratte nelle altre stagioni. Un effetto di accumulo nel periodo dove sono minori le necessità.

Analogamente le temperature, sono cresciute ma in tutte le stagioni. Le minime invernali, ad esempio sono prossime allo zero°C mentre in precedenza era inferiore ai -3°C.

Un passaggio affascinante della relazione è stato quando il professore ha esposto circa le difficoltà o meno di rendere le casse di espansione idonee a una pluralità di utilizzazione, da contenimento delle precipitazioni e da raccolta d’acqua per una ponderata distribuzione in base alle necessità.

Tre le casse prese in esame, le due esistenti sul territorio locale (Enza e Parma) e l’altra in via di esecuzione (Baganza). Oltre agli interventi tecnici necessari, diversi da cassa a cassa, occorre anche considerare la rapidità di svuotamento in caso di un loro utilizzo a protezione del territorio. Ad esempio la cassa dell’Enza necessita di ben 20 ore per lo svuotamento, mentre il tempo si riduce a 6 ore per la cassa “Parma” e a tre – 4 ore per la cassa in costruzione sul Baganza.

Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità di Bacino distrettuale del fiume PO, ha dapprima illustrato i compiti della Autorità. Nel 2018, da 35 le Autorità di distretto sono state ridotte a cinque e quella del fiume PO raccoglie un bacino di circa 20 milioni di abitanti distribuiti in 3.348 comuni, 141 affluenti, rappresenta il 37% del PIL Nazionale, il 55% della zootecnia,  40% dell’agricoltura e il 55% della produzione idroelettrica.

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I prelievi dal Po sono mediamente di 20 miliardi di metri cubi all’anno 19 dei quali restano “catturati” tra Lombardia e Piemonte mentre a valle giunge solo un miliardo di metri cubi. “E’ la ragione per cui negli ultimi 20 anni abbiamo avuto ben 5 annate di forte siccità (2003, 2005, 2006, 2007 e 2012 ndr)”, sottolinea Berselli ma sarà comunque difficilissimo, conferma il Segretario dell’Autorità di Bacino, ottenere maggiore disponibilità a valle. Ecco quindi utile progettare opere di servizio al territorio locale.

I progetti in cantiere prendono in considerazione la sostenibilità , la navigabilità del fiume PO e nuove modalità di produzione di energia rinnovabile come ad esempio dei pannelli galleggianti da porre nelle cave dismesse. Infine è negli obiettivi di Berselli espandere il progetto PO Grande MAB UNESCO, oggi compreso tra Pavia e Rovigo, a tutta l’asta del fiume.

Viene esposto il Case Study Valle dell’Enza dove si è riscontrato un deficit idrico di 50 Mm3  e  è stata incaricata l’Università di Reggio per realizzare un analogo Case Study per il bacino Parma Baganza.

Gravi problemi, conclude Berselli, si riscontrano in autunno e perché Parma e soprattutto Colorno non sono ancora in sicurezza e il paese della bassa non sarà al riparo nemmeno con la cassa di espansione del Baganza.

Cesare Azzali, direttore dell’Unione Industriali, ha detto “L’acqua è un bene fondamentale, bisogna evitare visioni opportunistiche di corto respiro. Servono bacini a monte e una strategia coordinata per tutelare il territorio. Non credo che la cassa di espansione sul Baganza possa mettere in sicurezza Colorno. I dati presentati parlano chiaro; servono interventi per raccogliere e redistribuire l’acqua. Ci aspettiamo che la proposta di costruire un invaso ad Armorano che produrrebbe energia elettrica, oltre che mettere a disposizione 60 milioni di metri cubi di acqua, venga valutata con serietà, in tempi accettabili, senza restare prigionieri  di veti, chiacchiere ed egoismi particolaristici.

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Hanno portato il loro contributo, approvando l’iniziativa organizzata da Confcooperative e Associazione Giuseppe Micheli, anche Simone Basili, presidente CIA, Eugenio Zedda direttore di Unione Agricoltori, il Consigliere regionale Matteo Daffadà che ha sollecitato un aumento della frequenza di questi incontri, “per dare sostegno a coloro che devono prendere decisioni”. L’intervento dell’Ing. Corrado Mansanti è stato concentrato sulla cronistoria della Diga di Vetto.

Dal Pubblico sono intervenuti Luciano Catellani di Reggio Emilia che ha fortemente sostenuto la necessità di procedere con la diga di Vetto e Gabriele Alifraco in qualità di delegato del Comune di Berceto che è tornato a sottolineare tutta una serie di problematiche da tenere in debita considerazione.

Hanno infine chiuso gli interventi le repliche di D’Oria e di Berselli, sollecitati dalle osservazioni avanzate da parte del pubblico.