Martedì, 31 Agosto 2021 08:29

ALBANA R-EVOLUTION In evidenza

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#Vino #agricoltura Di L'Equilibrista Bertinoro, 30-08-2021 -

A pochi mesi da quel master dedicato al vitigno autoctono bianco romagnolo più celebrato, capace di riunire a se operatori del settore, sommelier e cantine, ho chiesto ad Andre Senoner di guidarci in questa parte della Romagna. 

Come ambasciatore del Albana dopo la vittoria del Master dello scorso Ottobre 2020, non potevo non parlare di un vitigno che apprezzo molto e voglio negli anni continuare a valorizzare e fare conoscere perché si conferma sempre davvero una sorpresa, persino nella mia terra natale, l'Alto Adige, non si possono trovare vini con queste caratteristiche.

La Romagna è anche terra di vino, c’ è stata una ripartenza nel puntare sul vino di qualità e non sulla quantità. La svolta a ridosso degli anni duemila con le prime iniziative volute da una r-evolution che sta avvenendo sul territorio, grazie alla quale assistiamo al sempre più frequente uso di tecniche arcane come le lunghe macerazioni in acciaio, legno o l'impiego di anfore georgiane al fine di estrarre struttura, tannicità da un vitigno troppo sottovalutato ma che invece è sinonimo di grande versatilità. Il cui pregio e le principiale tipologie su cui si dovrebbe puntare sono: versioni secca (macerata) e passito su tutte.

In origine, la leggenda narra dell’imperatrice Galla Placida, figlia di Tedeosio I, che nel 1495, alla quale fu offerto questo vino in una rozza coppa di terracotta. E da qui parte il mito, narrando lei avesse esclamato: “Non così umilmente ti si dovrebbe bere, bensì bisognerebbe berti in oro”, facendo diventare cosi Bertinoro la culla del Albana che conosciamo oggi. Poi nel 1987 l’Albana diventa prima DOCG di Italia ma tale traguardo non la aiuta, anzi la danneggia per certi versi, relegandola nelle retrovie della viticoltura italiana. Attualmente, con i soli circa 1000 ettari vitati ad Albana, contro i 2500 degli anni novanta, si sta finalmente comprendendo la sua importanza ed io, nel ruolo di ambasciatore, ci tengo a sottoscrivere che questo vino può regalare delle grandi gioie se prodotto e valorizzato nel modo giusto.

Il vigneto romagnolo parte da Ozzano vicino a Bologna e scende verso le porte di Rimini e si sviluppa in più tipologie di sottosuolo e terreno tra cui:

Da Forlì a Cesena troviamo depositi argillosi, i cosiddetti “calanchi”, compresi tra i 130-380 s.l.m., che si caratterizzano per evidenti avvallamenti separati da crinali estremamente sottili.

Successivamente partendo da Bertinoro, fino a Marzeno, da menzionare sicuramente è la “vena dello “Spungone romagnolo” che caratterizza la zona del Forlivese per arrivare fino a Bertinoro. Lo Spungone non è altro che un complesso calcareo di sedimentazione marina arricchita dai fossili. Per finire, il paese di Brisighella nell’imolese, dove troviamo “la vena del gesso” che si estende per 20 km fino Brisighella, dalla quale qui emergono anche le particolari argille bianche limose che sopportano bene il caldo e la siccità, beneficiando di esposizioni più fresche sebbene il microclima sia generalmente più caldo.

Tra le cantine in risalto che possono e stanno trascinando la zona in questa rivoluzione positiva e necessaria troviamo: Cantina San Biagio Vecchio, Fondo San Giuseppe e Tre Monti.

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Cantina San Biagio Vecchio

L’azienda nasce adiacente a dei vigneti piantati da Don Antonio Baldassari, parroco locale, che conduceva tutte le pratiche in vigna già 30 anni fa e che creò una piccola produzione vitivinicola in un ex stalla negli anni 70’. Sarà lui stesso ad insegnare e a lasciare dai primi anni duemila a Andrea Balducci in eredità le sue terre. Andrea che a pochi mesi da una laurea in giurisprudenza decide di abbandonare gli studi per inseguire il proprio sogno, sarò ben coadiuvato dalla bravissima moglie Lucia Zinti.

Ci troviamo ad Oriolo, in provincia di Faenza, su terreni ricchi di sabbia ed argilla, le stesse sabbie gialle (un unicum che dona grande sapidità alle piante) il cui suolo che caratterizza il vitigno albana. Qui il vitigno deriva cui da cloni di provenienza di selezioni massali ottenute dalle viti più vecchie presenti in azienda, regalandoci un vino di grande personalità che dopo 7 mesi sui lieviti in acciaio ed una vendemmia di più passaggi, dopo anche l’attacco della botrytis cinerea (la famosa muffa grigia) ci regala sentori incredibili. A seconda delle annate, la botrytis colpisce le vigne, tanto che prima nel 2010 Andrea non l’aveva mai vista ma ora né è pieno padrone ed insieme al terreno, utilizza poca So2 e predilige fermentazioni spontanee. E' ad oggi uno dei segreti di questa piccola realtà di cui sentiremo parlare tanto in futuro.

Altra curiosità, è in costruzione una nuova parte di cantina, non vedo l’ora di venire a trovarvi Andrea e Lucia.

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Sabbia Gialla 2018, 100% Albana

Prima annata in commercio è stata la 2009. Inizialmente l'annata 2018 risulta un po’ chiusa ma poi esplodono le note di erbe officinali ed il contatto con l’ossigeno gli fa evidentemente bene perchè è evidente come tra qualche anno diventerà un grande vino da meditazione. Al palato è teso con sensazione tannica di spessore per un finale bello sapido.

Abbinamento con vellutata di patate e porri, caviale di storione e crostini di pane all’aglio nero.

Fondo San Giuseppe

Stefano Bariani è un uomo nei cui occhi puoi scorgere una luce decisa e determinata. Originario di Ferrara, dopo essersi laureato in agraria decide di voler lavorare nel mondo del vino, cosi manda il suo curriculum ad un certo (si fa per dire) Angelo Gaja proponendosi come agronomo. Non ricevendo risposta si reca personalmente per un colloquio in azienda e dopo l’incontro con “monsieur Le roi” (così veniva soprannominato il Sig. Gaja), riesce nel difficile compito di fare breccia proprio in questo grande personaggio del vino. Forse sarà stata per la mia umiltà o la voglia di mettersi in gioco, riconoscerà lo stesso Bariani, ma di fatto un giovane proveniente ad una terra non certo popolare per il vino, approdava alla corte di chi invece il vino lo aveva portato già all'apice.

Cosi inizia e per sette lughi anni è il braccio destro di Gaja, organizzando eventi e curando gli aspetti più di contatto e di divulgazione anche nei confronti degli organi di stampa. Allo stesso tempo nasce in lui la voglia di creare qualcosa di suo e quindi ritorna nella sua terra natele, prima aiutando la comunità di San Patrignano e poi fondando insieme alla compagna Mariagrazia Rizzati, la sua cantina, oggi conosciuta come Fondo San Giuseppe.

Il sogno avviene nel 2008, esattamente nella sottozona di Valpiana a Brisighella a pochi km dalla Toscana, in un luogo circondato dai boschi, dove i vini sono vinificati presso l’amico Francesco Bordini a Villa Papiano, in attesa di completare la nuova cantina che è in fase di ultimazione a Brisighella. La cantina e situata nella gola della Valpiana in cui il terreno è caratterizzato da una influenza molto minerale data dalla vena del gesso che conferisce carattere, profondità e unicità ai vini qui prodotti. Si fa uso continuo della pratica di sovesci di favino per la fertilizzazione, nonché rame e zolfo al minimo, tramite elevage in tonneau per sei mesi.

Stefano crede molto nei vitigni autoctoni come l'albana ma anche il trebbiano romagnolo (il suo preferito) ed il Riesling renano quindi tenetevi pronti perché ci attendono delle sorprese da questa bella e professionale realtà in futuro.

Romagna Albana Secco Fiorile 2019, 100% Albana

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Giallo dorato, a primo impatto note di cedro, scorza di mandarino e albicocche fresche. A seguire le sensazioni di fiori come la camomilla ed il petalo giallo di ginestra, sul finale gustoso touch di resina di pino rinfrescante. Avvolgente al palato, teso, ricco di energia da cui emerge una sapidità educata e fresca che lascia una bocca pulita e di sostanza.

Abbinamento con Sushi e sashimi di pesce su insalata “wakame” e semi di lino.

Tre Monti

Fondata da Sergio Navacchia e la moglie Thea nel 1971 che all’epoca rivoluzionò l’agricoltura con un’alta densità di impianto su un terreno ricco di argille e limo (qui l’argilla ha il pregio di essere chiara e riesce ad immaginare il calore nel sottosuolo al massimo livello).

Attualmente è gestita dai fratelli Sergio e Vittorio Navacchia che hanno avuto la forza e l’intuizione di credere nel progetto di Carlo Catani chiamato “ANsomigaFora” cioè non sono fuori di testa, il progetto consiste in uno scambio interculturale con i produttori georgiani che già nel 800’ d.C. producevano vino proprio nel luogo dove tutto ebbe inizio.

Dal 2013 con l’utilizzo delle anfore georgiane (che per farla breve è un contenitore privo di spigoli, ideale per mettere in sospensione e estrarre tutte le sostanze dalle bucce, nonché un acceleratore del processo di invecchiamento di un vino e di aromi quali pesca e albicocca solo per citarne alcuni...). Dopo 120 giorni di macerazione sulle bucce con continui batonnage naturali, senza controllo della temperatura, che può anche raggiungere i 29° gradi, nasce questo capolavoro.

Prima annata messa in commercio del Vitalba, il nome del loro vino, è la 2013, da una vigna di un solo ettaro vitato, con un' età delle vigne di circa 30 anni il cui clone è quello della Serra (perché l’albana è divisa in cinque cloni che si spartiscono la zona romagnola). Negli anni ha vinto numerosi premi, tra cui forse il piè prestigioso ad oggi per l’annata 2016, dove è stata eletta dalla rivista americana Wine Enthusiast tra i migliori venticinque vini del Mondo.

L’uso dell’anfora rende l’albana di questa tipologia veramente affascinante tanto che mi colpisce sempre per essere uno tra i migliori vini macerati che io abbai mai provato.

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Romagna Albana Secco Vitalba in anfora 2020, 100% Albana

Grande attenzione nel salvaguardare finezza e franchezza del frutto, colore giallo ambrato luminoso. Al naso emergono le note fresche di agrumi, mela cotogna, uva sultanina, nocciola, cera d’api e sul finale note di erbe aromatiche balsamiche. Un’esplosione di complessità. Il sorso è concentrato ma elegante ed emergono le note di datteri e mandarino, sensazione di tannino lieve e raffinata e persistente freschezza che ritorna in note di iodio di mare.

Abbinamento con Ostriche della rada di Brest in Bretagna dell’ostricoltore Jean Luc Le Gall. Un ostrica che al gusto ricorda la cappasanta di St.Jacques. Al gusto dell’ostrica emerge le note vegetale, sapidità e carnosa che per contrasto si abbinerà ai profumi, tannino e succosità della Vitalba.

                                                                                                                  

                                                                                                          da L'Equilibrista @lequilibrista27

                                                                                                          Andre Senoner @andre_somm_