Mercoledì, 20 Gennaio 2021 16:46

Moda. I numeri della crisi del settore: ricavi a -28% e il covid contribuisce alla chiusura di 80 imprese In evidenza

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Marco Gasparini: subito ristori per aziende aperte, ma con la domanda crollata

Carpi, 20 gennaio 2021. Sono i numeri a certificarlo: il settore del tessile-abbigliamento è tra quelli più colpiti dalle conseguenze economiche della pandemia, con un calo dei ricavi, per le imprese sino a 20 dipendenti dell’Emilia-Romagna, nei primi nove mesi del 2020, del 28,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. E non si tratta di stime, ma di cifre reali, ricavate dai dati contabili, quelli che sono alla base dell’indagine TrendER di CNA Regionale, che monitora l’andamento economico sul nostro territorio. 

Problematiche che si ripercuotono drammaticamente anche sul lavoro: la stessa indagine ha messo in evidenza che il distretto carpigiano è tra quelli che ha subito la contrazione maggiore non solo per ciò che riguarda i fatturati, ma anche in termini di redditi di lavoro, con un calo compreso tra il 20% ed il 25%

“Più che di annus horribilis, possiamo parlare di anno cancellato – dichiara Marco Gasparini, presidente CNA Federmoda Modena – considerando che per la stagione autunno/inverno 2020/2021 la campagna vendite sì è conclusa a fine febbraio quando solitamente va da gennaio a metà aprile. Aggiungiamo poi che le chiusure ed il crollo dei consumi – chi acquista un abito se non si può uscire, se non ci sono le occasioni per indossarlo? – hanno di fatto cancellato gran parte delle vendite al dettaglio stagionali”.

Le imprese produttrici hanno avviato la campagna commerciale per la primavera/estate 2021 verso operatori della distribuzione in grande difficoltà economica, spesso non in condizione di pagare la merce consegnata dai produttori, una campagna vendite conclusasi con cali che sono andati dal 30% al 50%. Quindi, scarsi ordini e una campagna vendite autunno/inverno posticipata di un mese e mezzo, compromettendo quindi le prossime produzioni del 2021.

“In tutto questo – sottolinea Gasparini – le imprese del settore, in quanto aperte, sono escluse da ogni tipo di ristoro. Ecco perché attribuire questi indennizzi sulla base di un codice ateco è sbagliato: se si vuole davvero evitare le chiusure, occorre mettere in relazioni i fatturati 2020 a quelli degli anni precedenti, e sostenere le imprese che hanno perso di più. Non è casuale che, nel modenese, come ha certificato la Camera di Commercio, le imprese del settore iscritte siano diminuite del 3,9% (ottanta in tutto, a quota 1.981) rispetto ad una media di -0,5%”
Il settore ha necessità di interventi urgenti e di sistema al fine di tamponare una emorragia in termini occupazionali e di tenuta delle imprese. “Abbiamo bisogno – conclude Gasperini – non solo di contributi a fondo perduto, ma anche dello stanziamento di risorse al fondo bilaterale FSBA delle imprese artigiane per fronte alle necessità di sostegno al reddito per i lavoratori delle imprese e del prolungamento dei contratti a termine senza causale. Per il rilancio e sostegno delle nostre imprese sui mercati internazionali occorrono poi strumenti agevolativi e risorse per favorire la digitalizzazione, l’introduzione di nuove competenze professionali e gli investimenti in innovazione tecnologica”.