Mercoledì, 15 Luglio 2020 10:47

Sopravvivere al lockdown. La testimonianza di un ristoratore, Luca Dall'Argine dell’Hostaria Tre Ville. In evidenza

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Delivery, aiuti di Stato, costanza e risoluzione sono stati gli ingredienti principali che hanno consentito, ai fratelli Dall’Argine, di traghettare il lungo e tormentato periodo di lockdown. "Abbiamo capito che si può lavorare in altro modo e anche da questo si possono trarre delle soddisfazioni". Da settembre inizieranno a trarre i risultati e forse a riprogrammare il futuro.

Di Lamberto Colla 15 luglio 2020 – Ogni più rosea previsione per un 2020 fulgido, laborioso e straordinario grazie alla concomitanza degli eventi di Parma Capitale Italiana della Cultura “Parma2020” furono prontamente smentite dall’arrivo dell’ospite meno desiderato che si potesse immaginare: Mister Coronavirus.

Il sacrificio di Codogno, Lodi e zone limitrofe, con il loro totale isolamento militarizzato di metà febbraio, sembrava potesse essere il salvagente per il resto della penisola. Invece nella notte del 7 marzo ecco arrivare l’annuncio del Presidente Giuseppe Conte con il quale informava della firma del DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ndr) col quale si vietava ogni spostamento, anche all’interno dei comuni di residenza, in assenza di motivazioni di primaria necessità e valido per tutta l’Italia. Una mega area rosa nella quale erano consentite solo le attività di primaria necessità, dettagliatamente elencate con i codici ATECO in calce ai vari decreti che si sono ogni 3-4 giorni susseguiti. Pattuglie di polizia, esercito, carabinieri, finanza e polizie locali, sbucarono come funghi a presidiare le vie d’accesso alle città e ai villaggi. Da lì a poche ore iniziò una tragica conta quotidiana di decessi, che si espansero anche al settore sanitario arrivando a sacrificare circa 200 vite, tra medici e infermieri.

Nella notte tra il 7 e l’8 marzo migliaia e migliaia, tra studenti e lavoratori fuori sede, presero d’assalto i treni e gli aerei per tornare in fretta e furia alle loro originarie residenze del sud Italia, pur di non restare isolati e soli, senza alcun affetto o familiare vicino.

L’8 marzo 2020 è una data che resterà scolpita nella memoria degli italiani per molto tempo, forse per sempre, e a risentirne immediatamente degli effetti negativi sono stati il settore alberghiero, della ristorazione, degli eventi e del turismo che hanno subito la immediata cancellazione delle manifestazioni e delle relative prenotazioni per tutto il 2020.

Dopo le testimonianze raccolte in piena crisi pandemica di albergatori e operatori del turismo, oggi ascoltiamo invece, dalla viva voce di un ristoratore, quali sono state le sue prime reazioni e come si sono modificate le aspettative da quel fatidico 8 marzo a oggi.

Incontriamo Luca Dall'Argine, che insieme ai fratelli Barbara, Francesco (i due chef) e Massimo conduce l'Hostaria Tre Ville con annesso albergo di 40 camere, per raccogliere la loro diretta testimonianza.

"Non abbiamo mai smesso di venire a lavorare" è l'introduzione perentoria e orgogliosa di Luca Dall'Argine che sta a sottolineare come l'attaccamento alla propria attività, frutto del sacrificio di tanti e di tanti anni, sia stato anche un motivo forte per impostare una reazione immediata seppure incerta negli effetti.
"La prima domanda che ci siamo posti era: cosa facciamo? Sin da subito si sapeva che il delivery era concesso e perciò ci siamo immediatamente attivati per organizzare il nuovo servizio di consegna domiciliare".

Qualcosa avevano già fatto sull'asporto, realizzando circa dieci anni prima un sito specifico e fortunatamente erano "Già sul pezzo" come sottolinea Luca Dall'Argine. "Però non aveva mai funzionato - prosegue il ristoratore - perché Parma purtroppo non è una citta che recepisce queste cose, è una città ancora provinciale dove l'asporto o il delivery sono legati alla pizza, all'hamburger e stop. Creare una identità di delivery di un certo tipo a un ristorante è difficilissimo. Però questo lockdown, questo blocco, ha fatto in modo che questa attività partisse quasi nell'immediatezza."

Un servizio che ha funzionato molto e da subito. "Ma la cosa inquietante era andare in giro per le strade deserte incontrando solo chi consegnava i Kebab, il tuo concorrente o il tuo amico e ci si salutava tutti amichevolmente perché c'eravamo solo noi per strada, soprattutto al sabato e alla domenica che erano chiuse anche buona parte delle attività autorizzate."

Come già ci era stato segnalato da un altro imprenditore, titolare di una libreria del centro parmigiano, il fattore che più ha colpito il cuore è stata la accoglienza amichevole e spesso emozionante delle persone che venivano a aprire la porta. "Quando arrivavi nelle case le persone ti sorridevano, ti accoglievano con una gioia infinita e tutti avevano voglia di chiacchierare e di parlare pur a distanza. Alcune volte, specie quelli che erano in isolamento per quarantena, ci intrattenevano addirittura con la porta chiusa. Ma tutti avevano bisogno di un contatto umano. Inquietante ma molto bello, perché abbiamo vissuto esperienze nuove, diverse e per certi versi anche formative. Abbiamo capito che si può lavorare in altro modo e anche da questo si possono trarre delle soddisfazioni".

A una nota positiva raccolta altre negative si sono affiancate. "Da un giorno all'altro sono sparite le attività di catering, degli eventi e delle fiere e dell'ospitalità degli uomini d'affari. Qui parliamo di centinaia di migliaia di euro spariti, volatilizzati nel nulla da un giorno all'altro. Tutta l'attività programmata con Parma2020 è scomparsa. Eravamo a marzo, periodo di cresime, comunioni, matrimoni, le festività pasquali, tutto è sparito. Il nostro maggiore fatturato arriva tradizionalmente proprio da quei quattro mesi e nel 2020 si è invece completamente volatilizzato."

In effetti, il periodo primaverile, quello tradizionalmente più indicato per le cerimonie, gli eventi e la ripresa più intensa delle attività di ogni genere è stato, nel 2020, soppresso dal lockdown. Un periodo cancellato dalla storia sociale e economica che non sarà più recuperabile, motivo per il quale da diverse parti e da diversi economisti vengono le spinte per una distribuzione di finanziamenti a fondo perduto e non solo a prestito.

"Si, in quel periodo, grazie a Dio, siamo stati in piedi con molte difficoltà, grazie anche agli aiuti che ci sono stati dati. Se non ci fossero stati questi aiuti nessuno di noi sarebbe sopravvissuto. La cassa integrazione è stata fondamentale, anche se i dipendenti l'hanno ricevuta in ritardo, i blocchi degli F24 altrettanto fondamentale, importantissimo anche la sospensione dei mutui, poi i 25.000€ sono arrivati quasi subito a tasso quasi zero, paghiamo solo 25€ mese di interessi per due anni e poi pagheremo la rata completa per i successivi 5 anni. Sono persino arrivati i 600€ che per quanto siano pochi non ci si può sputare sopra. Poco o tanto tutto serviva, perché ogni giorno arrivavano delle bollette da pagare. Addirittura siamo rimasti per due giorni senza internet e telefono perché, non avendo più la domiciliazione bancaria dovendo in emergenza fare delle scelte di priorità, mi ero dimenticato di pagare la bolletta ed eravamo nel pieno del delivery. Tutti i giorni andavo dal tabaccaio a pagare montagne di bollette."

Il racconto del primo periodo di lockdown dimostra come anche le cose e azioni più banali, possano diventare problematici nella loro quotidiana gestione. "Però, continua Luca, grazie al delivery siamo riusciti a pagare tutti; a pagare tutti i fornitori, gli stipendi, le quattordicesime. Tutto quello che dovevamo pagare siamo riusciti a farlo con gli incassi che abbiamo fatto e grazie agli aiuti che ci sono stati dati. Non abbiamo guadagnato ma almeno siamo rimasti aperti. Poi abbiamo fatto Pasqua e Pasquetta dove abbiamo lavorato molto con il delivery e, finalmente si è ripartiti, seppure lentissimamente. Eravamo qua, solo noi 4 fratelli, senza dipendenti, abbiamo fatto sempre da soli. Nella fase di delivery, Barbara e Francesco in cucina e io e Massimo a fare le consegne. "

Un capitolo a parte sarebbe da dedicare ai mille aneddoti che Luca e Massimo avrebbero da raccontare e raccolti sul campo del delivery. Uno fra tutti i numeri civici, invisibili e impossibili da individuare. "Se dovessi fare il sindaco, la prima cosa che farei è far mettere un numero enorme sulla facciata della casa, dice sorridendo Luca Dall'Argine, così si vede finalmente. Sti numeri sono tutti nascosti e a volte ho dovuto discutere con le persone perché il civico non si riusciva a trovare nonostante il navigatore ti portasse praticamente a destinazione. Piccolo, dietro a una pianta in un angolino del cortile trovavi finalmente quel numerino che ti dava garanzia di essere arrivato. Però alla fine è stato bello pure quello, tutta esperienza".

A quasi due mesi dalla riapertura qualcosa ha cominciato a muoversi e chissà che, qualche proiezione positiva, si possa tracciare per il futuro prossimo e più remoto.

"La cosa che più ci ha preoccupato alla riapertura sono stati fantomatici protocolli, complicatissimi da rispettare per la burocrazia, per la gestione, sia a livello del personale che dei clienti. Noi siamo i responsabili del protocollo anti Covid ma fare comprendere agli ospiti questo non è assolutamente facile. Speriamo che presto questi protocolli siano tolti o comunque resi più blandi. Ma per noi in particolare quello che più ha obbligato alla riorganizzazione è stato il divieto dei "Buffet". Siamo dovuti tornare a fare ristorazione alla carta e per noi è stato molto complicato perché non eravamo più abituati. Avevamo una determinata identità e tornare al menù alla carta è stato uno stravolgimento organizzativo. Ovvio che lo sapevamo fare ma è stato comunque un cambiamento radicale. In più le aspettative del lavoro erano limitate e in effetti all'inizio non veniva nessuno. Stavamo qui per 4-5 persone, massimo dieci, a pasto. Le prime tre settimane è stato così, poi la svolta c'è stata a il 23 giugno, San Giovanni. La forte tradizione parmense ha consentito di fare il "primo vero pieno", con 150 coperti sui 450 disponibili. Da lì in poi si è ricominciato, specie al sabato e alla domenica, a vedere degli afflussi relativamente consistenti, seppure non paragonabili al periodo pre coronavirus. 15-20 persone ora sono già tante ma considera che prima facevamo 150 persone tutti i pranzi e 250 il sabato e altrettanti la domenica."

In effetti non c'è terremoto, guerra o coronavirus che tenga, i parmigiani a San Giovanni non restano in casa. La rugiada coi tortelli è un appuntamento inderogabile e quest'anno la ricorrenza ha assunto il significato ben augurante di un pronto rientro alla normalità, sempre che tutti rispettino le precauzioni imposte dell'uso di mascherina e del corretto distanziamento sociale.

"Un altro fattore per noi negativo è stato lo smart working che ha allontanato gli operatori del business dai tavoli e le camere d'albergo, dalle 40 piene siamo arrivati a zero e solo ultimamente siamo giunti a occuparne circa 15, ancora lontani dal pieno assoluto."

La ripresa sarà lenta ma probabilmente, salvo ricadute da non augurarsi, potrà anche accelerare rispetto le aspettative che albergavano in tutti gli operatori del settore solo un mese fa. Certo che le somme si potranno trarre solo dopo il periodo estivo che tradizionalmente non ha mai visto il pieno nonostante Parma sia una città d'arte.

"Sino a settembre, conclude Luca Dall'Argine, non possiamo fare delle previsione. Occorrerà vivere alla giornata. D'estate non abbiamo mai lavorato e non inizieremo senz'altro quest'anno. Le aspettative economiche sono sempre state per gli ultimi quattro mesi dell'anno e per i primaverili (aprile, maggio e giugno ndr). Come saranno i prossimi 4 mesi finali non lo sappiamo. Saranno condizionati dal fatto che troveranno un vaccino, o una cura e soprattutto che non si incorra in una ricaduta e in un nuovo lockdown. Di questo siamo veramente preoccupati. Per ora quello che è stato fatto è stato eccezionale. Nella mia storia non mi era mai capitato di ricevere dei soldi e degli aiuti diretti. Ho finalmente avvertito che lo Stato c'è!"

Quello che trapela dall'uomo, imprenditore della ristorazione, è l'atteggiamento positivo, la determinazione a proseguire e la consapevolezza che gli aiuti sono stati determinanti alla pari della volontà e intraprendenza dei diretti interessati.

Aiutati che Dio t'aiuta e in questo caso si è aggiunto anche il più laico Stato.

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(Foto di Francesca Bocchia)

LINK:
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