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Giovedì, 14 Maggio 2020 10:21

Coronavirus e imprese: l’impatto sull’economia tra crisi e opportunità In evidenza

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L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da Covid-19 sta influendo pesantemente sulla situazione economica del Paese.

di Laura Corallo Modena 14 maggio 2020 -

Il Coronavirus rappresenta una cartina di tornasole del mondo del lavoro dove i primi a pagare il prezzo della crisi sono gli autonomi, precari, partite Iva e piccoli imprenditori, con conseguenze su aziende e lavoratori che presumibilmente si protrarranno nel tempo. Ne abbiamo parlato con il dott. Vittorio Molinari, titolare di uno studio professionale di consulenza fiscale, revisione contabile e organizzazione aziendale a Modena.

Vittorio Molinari, dal suo punto di osservazione, come consulente e revisore legale, può darci un quadro generale della situazione?
Il panorama attuale e la prospettiva economica finanziaria è molto grave, abbiamo già perso due mesi di fatturato e i prossimi mesi faranno emergere la debolezza finanziaria, anche frutto di 10-12 anni di margini scarsi, in particolare delle piccole imprese e dei piccoli studi professionali. Come in ogni crisi, vi saranno comparti che trarranno profitto, altri, la maggioranza, subiranno pesanti perdite. Come in ogni crisi, all’interno di ogni comparto, vi saranno singole situazioni di eccellenza, che andrebbero monitorate per renderle casi da imitare.

Quali sono le attività più penalizzate?
Distinguerei le prospettive fra quelle che subiranno solo nel breve, da quelle che invece vengono messe in discussione anche nel medio-lungo termine, almeno per come sono oggi organizzate. Rimanendo nella nostra Regione, i danni maggiori principalmente nel breve periodo, ritengo li avremo il comparto turistico-ricettivo, esercizi pubblici, della cultura e degli spettacoli, della moda, della meccanica, con i relativi indotti. I comparti che subiranno danni anche nel medio e lungo periodo, penso saranno nel comparto delle costruzioni, della ceramica, delle sub-forniture del settore metalmeccanico, bancario. Per quanto concerne i professionisti ed i servizi alle imprese la situazione sarà più articolata per singoli soggetti, piuttosto che per comparto. L’agricoltura e l’industria agro alimentare dovrebbero uscirne bene, anche se incombono precedenti problemi legati alla biodiversità, oltre che strutturali, strategici e di posizionamento.

Sono bastati due mesi di chiusura per mettere in ginocchio piccole imprese che, nei mesi prima dell'emergenza Covid-19, apparivano in buona salute. Si parla di crisi di liquidità, difficoltà ad ottenere finanziamenti, ma anche scarse e poco aggiornate competenze da parte di alcuni imprenditori. Come se lo spiega?
La maggioranza degli imprenditori italiani ha avuto scarsa propensione ad investire capitale proprio, preferendo il prestito bancario; le nuove regole di credito lo costringerebbero a tirar fuori i propri soldi, ma dal 2011, più o meno, i margini si sono ridotti e la capacità di risparmio dei profitti si è ridotta, a fronte dell’aumento delle necessità di investire in macchinari e patrimonio umano per mantenere alta la competitività. Il Covid-19 rischia di tagliare loro le gambe. E’ ben vero che una quota significativa di imprenditori del manifatturiero potrebbe essere ritenuta obsoleta, ma la selezione in questi anni è stata forte; i cosiddetti “cantinari”, sono una minoranza fastidiosa per chi lavora in regola e di questi si approfittano quei committenti la cui unica misura è il prezzo, il qui ed ora. Forse il comparto più arretrato è stato il commercio in generale, ma questa crisi penso lo stimolerà ad una maggiore elasticità, intraprendenza e creatività; altrimenti… amen.

Come consulente ti occupi anche di ristrutturazioni aziendali e start-up. A suo avviso come sarà la ripresa economica dopo il coronavirus e quali possono essere, per l’imprenditore, gli strumenti per scongiurare la chiusura della propria attività?
Le ristrutturazioni partono da un bagno di umiltà e realismo autocritico nelle imprese; il maggiore e migliore passaggio culturale sarà la messa in discussione di paradigmi consolidati ma obsoleti, come è stato ampiamente svelato dalla recente gravissima crisi finanziaria e poi economica, dalla crisi climatica ed ambientale, dalla povertà crescente ed oggi dall’epidemia. Il virus ha colpito un corpo già malato. Il primo nuovo paradigma sarà la visione imprenditoriale di lungo periodo, al cui servizio dovrà essere il cosiddetto capitale paziente. Il secondo paradigma per le imprese sarà quello di aumentare il radicamento territoriale, coltivandolo, fertilizzandolo, migliorandolo; per andare nel mondo occorrono radici forti. Nel breve periodo credo che l’ingente liquidità depositata in banca, detenuta da un 10% dei nostri concittadini, debba essere messa, per buona parte, in circolazione, pena un’imposta sulla ricchezza. Guardiamoci negli occhi: è giusto che lo Stato ci sostenga, sia con finanziamenti a fondo perduto, che agevolati, ma, come diceva mio padre, “i debiti prima o poi si pagano”, e lo Stato italiano è già fin troppo indebitato: chi li pagherà? I nostri figli e nipoti. Noi facciamo debiti che altri pagheranno, addirittura i nostri figli; dire che non è giusto, è dire poco.

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