Moderati da Elsa Riccadonna, Lucarelli e Fois hanno spaziato su tanti argomenti: dai loro inizi al rapporto con la scrittura, dalle gestione delle loro aspettative alle nuove sfide, compresa l’intelligenza artificiale.
Vista la loro emilianità di origine e di adozione (Marcello Fois è sardo ma ormai si considera un corregionale) hanno risposto a Gazzetta dell’Emilia ad alcune domande al termine della presentazione.
La scrittura e le aspettative
Lucarelli ha raccontato di avere un rapporto dinamico con la scrittura, sapendo che qualcuno lo leggerà e sperando che il lettore possa vivere le stesse emozioni che ha vissuto lui scrivendo il libro.
Il suo ultimo libro “Almeno tu” è un libro che gli ha dato fastidio perché ha inserito molti elementi personali non sempre piacevoli. Un po’ come quando si guarda più volte un film che, nonostante ci abbia fatto piangere, ci è piaciuto poiché è un modo per guardarsi dentro.
Sempre sulla scrittura, Lucarelli parla anche della sfida del cambiamento: bello approfondire un argomento, un personaggio o un periodo storico, ma è altrettanto bello cambiare tutto, che anche se mette paura, è un “atteggiamento necessario e molto più divertente”.
Marcello Fois parla così del suo rapporto con la stesura di un libro: “Io scrivo con il lettore sempre alle spalle, ma non mi volto mai a guardarlo”, per raccontare il rispetto che gli porta senza doversi genuflettersi, senza doverlo accontentare a tutti costi, perché il lettore vuole essere trattato con dignità, fiducia e, appunto, rispetto.
“Il nostro servizio è darvi le parole giuste per i sentimenti che voi avete. – continua Fois - Il nostro mestiere è fornirvi le parole.” E ancora sulle parole parla di poesia: “Bisogna leggere anche le poesie, perché i poeti sono i personal trainer delle parole: la allenano, le rendono muscolose e le preparano per noi narratori. I poeti sono importanti come l’acqua!”
Il rapporto con L’Emilia-Romagna
Carlo Lucarelli che iniziò negli anni ‘90 anche con Loriano Macchiavelli e un collettivo di altri scrittori (con cui formarono il Gruppo 13), parla della naturale predisposizione per il giallo della sua città.
“Bologna ha un rapporto molto stretto con il giallo, non solo perché c’eravamo noi scrittori, ma anche perché è una strana città. Ha tutte le cose che in un giallo non ci metteresti: è bella, accogliente, piccola, di provincia. E allo stesso tempo però ha visto accadere fatti di cronaca nera diventati famosi e ha un’architettura urbana tipica di un romanzo giallo. Se aggiungiamo che siamo gente che lavora a Bologna, dorme a Modena e va a ballare a Rimini, possiamo immaginare questa zona come una città-regione simile a Los Angeles, location perfetta per un romanzo giallo. In questo senso la scuola bolognese ha portato del nuovo in un momento in cui questo genere letterario era in crisi”.
Marcello Fois “Ormai ho vissuto più in Emilia che in Sardegna ed era paradossale che io non avessi ancora ambientato nulla in questa Regione. Ma non l’ho fatto per rispetto, ormai è davvero la mia seconda patria, le due cose possono tranquillamente convivere”.
E’ una terra che si presta per questi racconti?
“Qualunque cosa si presta a chi decide di raccontare, ma non penso che sia una ambientazione che aiuti un racconto, serve lo strumento. Chi sa scrivere bene, scrive bene anche di un sasso, del dentifricio, di un bugiardino. Si tende sempre a favorire questo istinto metafisico, ma la scrittura è anche tecnica, lavoro, vocabolario, limatura. E’ un argomento impopolare ma lo penso veramente. Questo è punto dirimente: bisogna fare fatica nelle cose, imparare a fare anche le cose che si pensa di non essere capaci”.
E ancora sulla responsabilità: “Siamo responsabili di quello che leggiamo, di quello che guardiamo in tv e di come manifestiamo. Anche noi siamo responsabili dei cambiamenti che avvengono nel mondo e non possiamo fare finta di non vedere (Fois indossa una maglietta con la scritta “free Palestine”) perché qualcuno potrebbe venirmi a chiedere “ma tu dov’eri quando c’era il conflitto in Palestina?”



