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Il dibattito con il ministro Delrio e i magistrati Gratteri, Conte e (in collegamento telefonico) Di Matteo ha chiuso Noicontrolemafie, la settimana della legalità promossa dalla Provincia. Manghi: "Dobbiamo farci tutti testimoni di una nuova stagione morale". -

Reggio Emilia, 20 aprile 2015 -

Riforme legislative, ma anche - se non soprattutto - della nostra società per sconfiggere la criminalità organizzata al centro del dibattito conclusivo di Noicontrolemafie, il festival della legalità promosso per il quinto anno consecutivo dalla Provincia di Reggio Emilia. In un auditorium Malaguzzi gremito di studenti delle superiori, ne hanno parlato esponenti davvero di rilievo di chi conduce la lotta alla mafia in prima linea e di chi, queste riforme, è chiamato a vararle: magistrati e giudici come Nicola Gratteri, Mario Conte e (in collegamento telefonico da Palermo) Antonino Di Matteo, il ministro alle Infrastrutture (l'ex sindaco reggiano e, fino a pochi giorni fa, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri) Graziano Delrio e Antonino Nicaso, studioso di fenomeni criminali e, soprattutto, direttore scientifico di Noicontrolemafie, di cui è il principale artefice insieme a Rosa Frammartino e alla Provincia.

A fare gli onori di casa, il presidente della Provincia Reggio Emilia Giammaria Manghi, che ha tirato le fila di una lunga settimana densa di iniziative "rivolte soprattutto ai ragazzi, perché è indispensabile misurarci con chi sta crescendo e deve farlo con valori limpidi e cristallini" e promosse in diversi "paesi proprio perché, come testimonia l'aggiunta alla classica denominazione della dicitura "Comuni e Cittadini reggiani", è una intera comunità che si sta impegnando e sta offrendo concreti segnali di crescente consapevolezza e responsabilità nella lotta all'infiltrazione criminale".

"A Reggio, ed è un dato culturale non scontato, esiste da tempo un lavoro intenso di collaborazione tra le istituzioni che, a breve, produrrà anche ulteriori strumenti condivisi con la Prefettura per dare una mano ai sindaci nella difficile sfida che quotidianamente, specie in campo urbanistico, devono affrontare per contrastare i pericoli di infiltrazione – ha aggiunto - Ma oltre ad un arricchimento delle norme, serve cambiare anche l'etica della nostra società, perché la morale sta sopra la legalità: capire che non si deve rubare non perché si può essere puniti, ma perché è sbagliato. La nostra realtà non è disastrosa, ci sono tantissime testimonianze di eticità e di impegno per il bene comune. Ma serve una rigenerazione locale: dobbiamo farci testimoni di una nuova stagione morale, segnata dalla coerenza tra il dire e il fare e spinta da una forte motivazione, perché è quella che può fare la differenza. Una nuova stagione morale che ci consenta di sperare in un oggi e in un domani migliore".

Anche per questo è fondamentale, come ha detto il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi, "il carattere educativo e pedagogico, il lavoro di diffusione culturale di questa iniziativa". Anche il primo cittadino ha sottolineato "il circuito virtuoso di dialogo istituzionale che da tempo esiste nella nostra provincia", ma pure le tante difficoltà che devono affrontare i pubblici amministratori "perché non basta essere onesti e trasparenti, per essere efficaci occorrono anche riforme pensate mettendosi nei panni delle autonomie locali e normative adeguate, come ad esempio una banca dati nazionale aggiornata che ci consenta di sapere se una ditta che lavora qui abbia ricevuto un'interdittiva antimafia in un'altra provincia".
"L'Emilia non è terra di mafia, perché qui non regna l'indifferenza, qui si reagisce grazie a una storia che affonda le proprie radici in un sistema di valori nato con la Resistenza, esiste una cultura della legalità ancora oggi profondamente radicata – ha concluso - L'Emilia dunque non ha intenzione di cedere e ci riuscirà continuando a essere quello che è sempre stata, alimentando la fiducia nella comunità".

Antonio Nicaso ha quindi illustrato il tema del dibattito, quello delle riforme, "indispensabili in un Paese che ha sempre avuto una legislazione antimafia di natura emergenziale, nata sull'onda di fatti eclatanti e stragi eccellenti, e mai frutto di una riflessione ponderata e razionale". "Ora finalmente, grazie al pacchetto di riforme prodotte dalla commissione coordinata da Gratteri, questo lavoro è stato svolto e se anche solo un terzo delle proposte diventerà legge metteremo davvero in difficoltà le mafie", ha detto, sottolineando poi l'importanza "della semiotica delle buone pratiche, perché non bisogna solo essere onesti, ma anche dimostrarlo quotidianamente con gesti adeguati" e tornando, dunque, sulla polemica che ha riguardato il sindaco di Brescello. "Io, che vivo a settemila chilometri di distanza, non posso certo chiedere le dimissioni di chi è stato eletto democraticamente, le dimissioni in una vicenda che non ha risvolti penali sono un fatto personale – ha detto - Ma non sono certamente concepibili certe valutazioni da parte di un sindaco su uomini con sentenze passate in giudicato per associazione mafiosa e che anche le recenti indagini confermano essere personaggi di spicco della 'ndrangheta. Queste non sono e nemmeno possono sembrare brave persone, questa è feccia da isolare come sta facendo ad esempio la Prefettura di Reggio Emilia con il consistente numero di interdittive antimafia emesse anche recentemente, nel solco del coraggioso lavoro avviato da Antonella De Miro".

Mario Conte, consigliere di Corte d'appello del Tribunale di Palermo, ha quindi ribadito la necessità di un impegno comune, a partire innanzitutto dai cittadini e in particolare dai giovani, "che devono scendere in campo, non essere spettatori, perché la prima riforma sta in noi: la società deve assumersi le proprie responsabilità, dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere, perché la mafia non si sconfigge con magistrati e forze dell'ordine, ma come ci ricorda Gesualdo Bufalino con un esercito di insegnanti elementari".
Emblematico il caso di "quei quattro ragazzi, tra 20 e 25 anni, che una notte tappezzarono Palermo con adesivi con su scritto "un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità": si erano chiesti se davvero volevano vivere in una società soffocata dalla mafia e, in questo Paese dove siamo solitamente più bravi a lamentarci, avevano deciso di rimboccarsi le maniche. Da lì è nato il comitato "Addiopizzo", che oggi conta migliaia di iscritti, e ha messo in rete oltre mille commercianti protetti solamente da un adesivo".

Il procuratore aggiunto Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri è quindi entrato nel dettaglio del pacchetto di riforme consegnato a fine anno al Governo Renzi, al termine del lavoro nato "grazie proprio a una intuizione di Delrio, che me lo chiese per telefono negli stessi giorni in cui... non ero ministro". "Un lavoro nel quale ho coinvolto professionisti di mia assoluta fiducia per valore etico-morale e competenze tecnico-giuridiche e che ha avuto tre criteri di fondo: non abbassare di un millimetro il livello di garanzia degli imputati; non rendere conveniente delinquere; utilizzare il più possibile ogni tecnologia per abbattere costi e tempi dei processi".

Alcune di queste riforme sono tanto utili e redditizie quanto di sconvolgente semplicità, a conferma di come questo Paese sia purtroppo sotto molti aspetti fortemente arretrato: "Con l'informatizzazione dei procedimenti e la chiavetta usb di un avvocato si possono eliminare a ogni richiesta di copia degli atti settimane di lavoro e ventimila euro di fotocopie; regolando in maniera diversa le eccezioni preliminari si possono accorciare di due, tre mesi i processi; videoregistrando le deposizioni dei testimoni si può evitare che, per il trasferimento o anche la maternità di uno dei giudici dei processi ordinari, si debba ricominciare daccapo, ma anche far perdere tempo e denaro a poliziotti nel frattempo trasferiti a migliaia di chilometri di distanza chiamati a ripercorrere l'Italia per confermare quanto già detto", ha detto Gratteri. Poi ancora la possibilità di infiltrare agenti sotto copertura o utilizzare finte società finanziarie per contrastare mafie e corruzione, tema anticipato al dibattito di ieri, e l'inasprimento delle pene per gli ecoreati, oggi solamente puniti con semplici contravvenzioni. Nuove regole e sanzioni sulle intercettazioni telefoniche ("il nostro obiettivo non è limitare la libertà di informazione, ma scoprire chi passa le notizie ai giornalisti ed evitare che i processi si svolgano prima sui giornali e che alla gente interessi più il gossip del reato, che non è da Paese civile ed evoluto") e soprattutto una profonda riforma della polizia penitenziaria. Da trasformare, prendendo a riferimento i marshals americani (il Tommy Lee Jones de "Il fuggitivo" per intendersi), in un Corpo di giustizia dello Stato che si occupi della gestione di tutti i provvedimenti limitativi della libertà personale, dalla fase immediatamente successiva all'emissione fino alla materiale esecuzione, nonché dell'amministrazione dei collaboratori di giustizia e della sicurezza di tribunali e magistrati. Ed anche in queste settore, grazie alle tecnologie, "ed in particolare alle videoconferenze, ogni anno si potrebbero risparmiare 70 milioni sprecati per questa sorta di turismo giudiziario, ovvero la traduzioni di detenuti per processi che occupano ben 10.000 degli attuali 44.000 agenti di polizia penitenziaria, con alto rischio di evasione e pericoli anche per la comunità: 70 milioni che potrebbero essere investiti ogni anno in tecnologie e in assunzioni di agenti o di personale di cancelleria".

L'intervento di Gratteri è stato inframmezzato dall'atteso collegamento telefonico con Antonino Di Matteo, pubblico ministero del Tribunale di Palermo, contattato da un Antonio Nicaso che non ha potuto esimersi dall'esternare "il proprio atteggiamento critico nei confronti delle logiche correntizie del Csm, perché Di Matteo alla Procura nazionale antimafia sarebbe stata la persona giusta al posto giusto".
"Ho ancora ben vivo il bellissimo ricordo del meraviglioso incontro dello scorso anno, della voglia di partecipazione di tanti giovani che vogliono lottare contro la mafia – ha detto il magistrato rivolto ai ragazzi – Purtroppo impegni di lavoro mi hanno impedito di tornare a Reggio Emilia, ma sono certo che i relatori sapranno stimolarvi per farvi capire che la mafia non è solo una questione militare, non è roba di stragi e droga, ma è soprattutto una mentalità: là dove prevale la logica del favore e della raccomandazione, c'è la mafia, una mafia oggi sempre più strettamente legata alla corruzione e che cerca di impadronirsi dell'economia e delle istituzioni. Tenetelo sempre ben presente e tenete alta la vostra passione civile, perché la mafia prospera nel silenzio e nel disinteresse".

Ha chiuso i lavori l'ex sindaco di Reggio e neo ministro alle Infrastrutture, Graziano Del Rio, che ha ribadito la necessità di riforme, e l'impegno del Governo in questa direzione, perché comunque "la lotta alla mafia è fatta da professionisti come i magistrati al mio fianco, ma senza leggi e mezzi adeguati non può essere vinta, e il popolo e una condivisione vera sono certamente importantissimi, ma anche questa Liberazione ha bisogno di persone che imbraccino il fucile e combattano in prima linea".
Quella contra mafia e corruzione è "una battaglia complicatissima, che necessita di un'alleanza vera anche con gli imprenditori, mentre la politica fondamentalmente deve mettere le persone in condizioni di far bene il proprio mestiere", ha aggiunto Delrio confermando come "il ministro della Giustizia sia impegnato a portare avanti il prezioso lavoro coordinato da Gratteri".

L'ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri ha poi ricordato le misure già attuate, o in cantiere, da parte del Governo: dalla recente nomina di Raffaele Cantone a capo dell'Autorità nazionale anticorruzione per rafforzare la vigilanza su contratti pubblici, "che però non significa bloccare i lavori", alla indispensabile riforma del codice degli appalti, "che dovrà certamente limitare le gare al massimo ribasso che favoriscono solo la mafia, prevedere una sorta di rating di legalità per le imprese e un albo ben verificabile di collaudatori e controllori di opere pubbliche". Riforme che devono essere portate avanti nel segno della "semplificazione, non certo aggiungendo norme perché più semplifichiamo più saremo efficaci". "La politica deve aiutare gli amministratori a fare il bene delle loro comunità e ha il dovere di controllare perché così si recupera la fiducia dei cittadini, ma serve anche l'impegno e l'orgoglio da parte di ognuno di noi nel fare e nel vedere una cosa fatta bene", ha concluso il ministro ricordando la locuzione latina ubi societas, ibi ius: "se una società è attenta, allora c'è la legge".

(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

 

Corruzione e criminalità al centro della quinta giornata di Noicontrolemafie. Il procuratore della Dda di Reggio Calabria indica le possibili riforme puntando il dito anche contro gli appalti al massimo ribasso e ammette: "Se la giustizia non va anche il Csm ha le sue colpe" -

Reggio Emilia, 18 aprile 2015 -

Sconfiggere la mafia anche infiltrando al suo interno agenti sotto copertura. E' una delle ricette – tante: ben 150 sono infatti gli articoli di codici, leggi e regolamenti di cui si propone la modifica - individuate dal gruppo di lavoro per la riforma delle norme contro la criminalità organizzata coordinato da Nicola Gratteri che lo stesso procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria ha anticipato questa mattina al cinema Olimpia di Reggio Emilia.

"Grazie agli agenti sotto copertura abbiamo ottenuto risultati importanti nella lotta al traffico internazionale di armi e droga, anche contro la mafia questa attività, di cui gli americani sono maestri, può risultare determinante", ha detto Gratteri, ieri mattina nuovamente ospite – qui ormai è un caro amico di famiglia - di Noicontrolemafie, il festival della legalità promosso dalla Provincia di Reggio Emilia. "Uomini selezionati e preparati che per mesi rinuncino a qualsiasi contatto con familiari e forze dell'ordine, che possano girare con armi non convenzionali per meglio calarsi nei panni del criminale e la cui identità venga lasciata segreta anche in udienza davanti al giudice", ha meglio precisato Gratteri addentrandosi in una delle tane proposte contenute nella relazione di 266 pagine consegnata a fine anno al Governo Renzi (ma l'incarico risale al Governo Letta).

Un gruppo di lavoro, come ha spiegato il direttore scientifico di Noicontrolemafie Antonio Nicaso presentando Gratteri agli studenti – chiamato a porre finalmente fine a uno dei tanti punti deboli del nostro Paese: "L'avere sempre avuto una legislazione antimafia di natura emergenziale, nata sull'onda di fatti eclatanti e stragi eccellenti, e mai frutto di una riflessione ponderata e seria".
Lo stesso genere di riflessioni che Gratteri ha condiviso ieri mattina con gli studenti reggiani, puntando il dito anche contro un'altra anomalia tutta italiana, quella della logica del massimo ribasso negli appalti pubblici: "Da 10, 15 anni si assegnano opere con ribassi anche del 40%, ma questo significa che si costruisce con acqua e terra e che tutte queste opere, in caso di una scossa di terremoto del settimo grado, sono destinate a crollare". E non risparmiando critiche nemmeno alla sua categoria: "Se la giustizia in Italia non funziona siamo tutti responsabili: la politica ha le sue colpe, ma anche i magistrati, anche il Csm ne hanno, tantissime e grandissime, nella scelta dei capi degli uffici o nel distribuire il numero di magistrati in tali uffici".

Agli studenti, il procuratore aggiunto della Dda ha concluso sollecitandoli "a contribuire a un nuovo modo di pensare in Italia, a ricostruire una etica e una morale in questa società che ci ha costruiti come macchine da consumo omologando i gusti e in cui si è valutati in base a ciò che si ha e non per quello che si è". Come? "Puntando sull'istruzione, riparlando tra di voi in lingua italiana e non con quella dei telefonini sennò non sarete in grado di scrivere un tema a concorso, e sulla ricerca: e poi, ma solo dopo istruzione e ricerca, anche sulla cultura".

Quello di Nicola Gratteri è stato l'intervento conclusivo di un'altra ricca mattinata di spunti offerta da Noicontrolemafie alla quale, dopo il saluto del presidente della Provincia di Reggio Emilia Giammaria Manghi, è intervenuto anche il prefetto di Reggio Emilia Raffaele Ruberto: "Avendo anche una figlia che fa la prima superiore vi parlo più da padre che da prefetto – ha detto - Voi avete la fortuna di essere nati in un territorio che ha tradizioni antiche di rispetto delle regole: un territorio civile che trae le proprie origini da una cultura contadina che stiamo dimenticando e che, come tante altre zone d'Italia, registra pure una presenza criminale che si manifesta anche con corruzione: allora vi dico che rispettare le regole alla lunga è appagante e vantaggioso più che vivere nella illegalità, che la legalità non accetta compromessi ed è uno stile di vita al quale dovete improntare la vostra quotidianità, anche nelle piccole cose".

Concetti ripresi da Virginio Carnevali, presidente di Transparency International Italia, il più importante network mondiale contro la corruzione presente in 100 Paesi del mondo: "La corruzione non si debella con polizia e magistratura, per questo da anni andiamo nelle scuole per far capire che la legalità è un sistema di vita e un fatto di cultura – ha spiegato – L'equazione politica uguale disonestà è sbagliata, perché se sei onesto lo resti anche da politico, se sei un politico disonesto vuol dire che lo eri anche prima". Carnevali ha quindi evidenziato il preoccupante risultato di un sondaggio svolto tra i ragazzi, nel 58% dei casi disponibili a farsi corrompere, sottolineando come "purtroppo siamo tutti un po' mafiosi, perché il denunciare un amico che evade il fisco o un collega che timbra il cartellino e poi va a fare la spesa non lo riteniamo un nostro dovere civico, ma un tradimento". Quella che serve, dunque, è una "presa di coscienza da parte di tutti noi che il corrotto non sta derubando una entità astratta, ma ciascuno di noi".

Come ha illustrato Cristina Brasili, docente di Politica Economica dell'Università di Bologna, la corruzione comporta infatti nel nostro Paese costi economici e sociali rilevantissimi. Al di là delle sue esatte dimensioni, ovviamente quasi impossibile da quantificare essendo frutto di attività illegali e dunque nascoste (i 60 miliardi stimati dalla Commissione europea, e pari alla metà dei 120 ipotizzati in tutta Europa, sono infatti una "stima grossolana frutto di incomprensioni e passaparola"), ci sono dati attendibili e apparentemente contrastanti sui quali è certamente necessario riflettere. "Le condanne per corruzione e concussione sono scese in Italia dalle 1.714 del 1996 alle 263 del 2010, ma questo è dovuto ad esempio alla abolizione del reato di falso in bilancio o all'accorciamento dei tempi di prescrizione, non certo alla riduzione di un fenomeno corruttivo che per ben il 97% degli italiani, era l'84% nel 2007, viene avvertito come diffuso, dato peggiore in tutta Europa dopo il 99% della Grecia: eppure solo il 42% degli italiani pensa di esserne personalmente colpito e appena il 2%, contro una media europea del 4%, dichiara di aver avuto una richiesta di pagamento di tangente", ha concluso illustrando poi il "gioco di ruolo" ideato con un gruppo di ricercatori di UniBo, e proposto con grande successo proprio ieri a Bibbiano, per far crescere questa consapevolezza.

Paolo Bertaccini Bonoli, coordinatore del Premio Giorgio Ambrosoli, ha quindi ricordato la figura del commissario liquidatore della Banca privata italiana di Michele Sindona, fedele servitore dello Stato che pagò con la vita il suo impegno "divenendo un protagonista della storia del nostro Paese". "La professionalità, fare bene il proprio mestiere, è un passaggio non banale nel contrasto alle mafie – ha spiegato ai ragazzi - E noi italiani siamo noti, e da molti secoli, per far bene le cose: certo, è faticoso però ci tutela da molti pericoli. E non è vero che la nostra piccola azione quotidiana è inutile, così come non è vero che siete abbandonati a voi stessi perché ci sono anche molti 'adulti' che ancora si impegnano per il bene del nostro Paese".

Ultimo intervento quello di Salvatore Sberna, assegnista di ricerca dell'Istituto universitario Europeo di Firenze, per il quale "le mafie campano anche senza corruzione, sopravvivranno finché ci saranno mercati illeciti da regolamentare" e l'attenzione, più che alla politica, "dovrebbe essere rivolta, oltre che agli imprenditori, a faccendieri, ex politici e grandi burocrati che, come anche le ultime inchieste hanno rivelato, hanno un ruolo spesso più importante".

Il programma di oggi, sabato 18 aprile

Ore 8.45-9.30 scuola media Balletti di Quattro Castella
Saluto del sindaco Andrea Tagliavini
IL RISPETTO DELLE REGOLE CI RENDE LIBERI
nel gioco come nella vita
Incontro con Mario Conte consigliere di Corte d'appello del Tribunale di Palermo
e autore, insieme a Flavio Tranquillo, del saggio "I dieci passi"

Ore 10-12.30 Auditorium Malaguzzi Reggio Emilia
QUALI RIFORME
NELLA LOTTA ALLE MAFIE?
Saluti di Giammaria Manghi presidente della Provincia Reggio Emilia
e Luca Vecchi sindaco di Reggio Emilia
Presiede
Antonio Nicaso direttore scientifico di Noicontrolemafie
Relatori
Graziano Del Rio ministro delle Infrastrutture
Nicola Gratteri procuratore aggiunto Dda di Reggio Calabria
Mario Conte consigliere di Corte d'appello del Tribunale di Palermo

Ore 17 Cinema Teatro Metropolis di Bibbiano
Saluto del sindaco Andrea Carletti
BIBBIANO CONTRO LE MAFIE
Conferimento della cittadinanza onoraria all'Associazione Cortocircuito
Consegna targhe "Campione di legalità"
a Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, già cittadino onorario di Bibbiano
A seguire
Nicola Gratteri e Antonio Nicaso autori di "Oro bianco" Ed. Mondadori
Intervistati da Elia Minari coordinatore di Cortocircuito
Associazione culturale antimafia di Reggio Emilia

(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

Nella quarta giornata di "Noicontrolemafie" si è parlato degli scempi ambientali. Tra i testimoni anche don Maurizio Patriciello, il sacerdote di Caivano che "non è la Terra dei fuochi, ma la Terra dei fumi che ci avvelenano e uccidono ragazzi e giovani madri". -

Reggio Emilia, 17 aprile 2015 -

"Custodire il futuro: bellezza contro paura" e, dunque, quando la mafia deturpa la nostra terra e mette a repentaglio la nostra salute al centro della quarta mattinata di "Noicontrolemafie", il festival della legalità promosso dalla Provincia di Reggio Emilia. Ma, soprattutto, a catalizzare l'attenzione degli studenti che hanno gremito il cinema Olimpia – in un gruppo di relatori comunque di grande competenza – è stato don Maurizio Patriciello, il sacerdote di Caivano in prima linea contro i veleni dei roghi a cielo aperto provocati dalla camorra nel Napoletano. Lui - "un esperto di niente" come si è presentato, solo "un semplice sacerdote entrato in seminario a 30 anni per servire Dio e i suoi fratelli, lasciando il lavoro da paramedico, dopo aver dato un passaggio in auto a un frate" - che ha raccontato il dramma delle più povere famiglie napoletane trasferite nei quartieri del post-terremoto. In quella che – a causa dello sversamento illegale da parte della camorra nelle campagne o ai margini delle strade di rifiuti, anche tossici, che vengono poi bruciati - è diventata la tristemente nota 'Terra dei fuochi'. "Che in realtà è una 'Terra dei fumi', perché di fuochi non se ne vedono, noi siamo circondati da nuvole di denso fumo nero...", ha detto don Maurizio, divenuto l'emblema della ribellione popolare contro questo sfregio non solo ambientale "dopo essermi stancato di celebrare funerali di ragazzini o giovani madri stroncati da tumori e leucemie".

"Non era il mio compito, ma ho dovuto fare qualcosa", ha detto spiegando le tante iniziative promosse insieme alle stesse mamme di Caivano per sensibilizzare quelle istituzioni, a partire dal Governo, "che sono responsabili in egual misura di camorra e industrie dell'avvelenamento della nostra terra e di tante, troppe morti". L'ultima proprio l'altro giorno, con la lettera-appello firmata da 25 associazioni per sollecitare il Parlamento ad approvare in tempi rapidi il disegno di legge sugli ecoreati, così da "dare ai magistrati le armi per combattere e punire questo crimine odioso, perché inquinare il creato equivale ad ammazzare gli uomini".

Insieme a don Maurizio, ieri mattina – ben coordinati dal capo della pagina di Reggio Emilia del Resto del Carlino, Gigi Manfredi, che ha sottolineato come "anche ai danni dell'ambiente le mafie prosperino e facciano affari, e come la bellezza ci possa veramente salvare" – sono intervenuti Patrizia Fava, docente del Dipartimento di Scienze della vita dell'Università di Modena e Reggio Emilia, e Walter Ganapini, direttore generale di Arpa Umbria e membro onorario del Comitato scientifico dell'Agenzia europea Ambiente. Ad aprire la giornata, il saluto del presidente della Provincia Reggio Emilia Giammaria Manghi, che ha ricordato ai ragazzi l'importanza "di un festival della legalità proprio nella settimana che precede il 25 aprile: queste sono le nuove Resistenze, oggi sono le mafie il nuovo terreno di una lotta che ha bisogno di partigiani attivi, contro le eversioni e infiltrazioni malavitose, perché il nostro territorio è occupato anche da persone che non vogliono il bene della nostra comunità, e i danni ambientali di cui oggi parleremo rappresentano uno dei tanti crimini compiuti a danno del vostro futuro".

"Perché se si inquinano le falde acquifere nel Meridione, se si inquina la filiera alimentare, i prodotti non restano comunque al Sud, ma finiscono anche sulle vostre tavole", ha aggiunto il direttore scientifico di Noicontrolemafie, lo studioso delle organizzazioni criminali Antonio Nicaso, sottolineando con rimpianto come anche proprio dal Napoletano "grazie a un grande giurista e filosofo, Gaetano Filangieri, la Costituzione americana abbia attinto per sancire il suo fondamento centrale, quello della ricerca della felicità". "Un principio che è nato proprio a Napoli, dove nel Settecento una legge garantiva ai cittadini il diritto di vedere il mare – ha aggiunto – Oggi invece basta girare in qualsiasi città italiana, non solo del Sud, per assistere a ogni genere di scempio, alla cementificazione della coste e a uno sviluppo urbanistico selvaggio. Allora voi ragazzi dove cercare di crescere nella consapevolezza di gestire con cura questo territorio e non farvelo strappare dalle mani da chi cerca solo bruttezza e scempio ".

Sull'importanza della consapevolezza ha insistito anche la docente di UniMoRe Patrizia Fava: "Spesso siamo troppo disattenti a dove lasciamo i nostri rifiuti – ha detto – Il 70% dei rifiuti nel mondo finisce in discarica, anche se tutto contiene energia che può essere riutilizzata, e solo il 19 per cento viene destinato a forme corrette di smaltimento come riciclo e compostaggio". E il 50% per cento dei rifiuti si stima sia composto da plastica, ha aggiunto Fava citando lo scempio – che ha molto colpito i ragazzi – delle vere e proprie 'isole di plastica' (il Pacific Trash Vortex), quegli enormi accumuli di spazzatura galleggiante formatisi a partire dagli anni cinquanta nell'Oceano Pacificio a causa dell'azione delle correnti.

Walter Ganapini, ambientalista reggiano che ha lavorato un po' in tutta Italia (anche in Campania, in particolare sui laghetti di Castelvolturno, venendo anche minacciato dalla camorra) ha invitato i ragazzi "a pretendere che si cambi il nostro modo di vivere e di consumare, perché purtroppo abbiamo innescato una bomba a tempo e vi stiamo consegnando una terra devastata". "Anche qui nel Reggiano, perché basta guardare dalla chiesa di Albinea la cappa marrone che copre la Pianura padana a causa dell'inquinamento ed in particolare delle polveri sottili, che sono cancerogene, per rendersene conto – ha detto - Allora voi dovere pretendere che tutti i discorsi fatti oggi non si fermino qui, ma si traducano in azioni concrete a tutela del nostro territorio, perché purtroppo anche qui dobbiamo fare i conti con un consumo sconvolgente di suolo".

Il programma di oggi, venerdì 17 aprile

Ore 10 Palazzetto dello Sport di Correggio
Saluto del sindaco Ilenia Malavasi
DON CIOTTI
incontra gli studenti delle scuole superiori di Correggio
Promosso da Lions Club Correggio "Antonio Allegri"

Ore 10.30-13 Cinema Olimpia, via Tassoni Reggio Emilia
Saluti di Giammaria Manghi presidente della Provincia Reggio Emilia
e Virginio Carnevali presidente di Transparency International Italia
CRIMINALITÀ E CORRUZIONE
Una metastasi che corrode senso civico e cultura democratica
Presiede Antonio Nicaso direttore scientifico di Noicontrolemafie
Relatori
Cristina Brasili docente di Politica Economica, Università di Bologna
Paolo Bertaccini Bonoli coordinatore del Premio Giorgio Ambrosoli e Centro Studi
Territoria/ASAG Università Cattolica
Salvatore Sberna research fellow, Istituto Universitario Europeo di Firenze
Conclusioni
Nicola Gratteri procuratore aggiunto Dda di Reggio Calabria

Ore 11-12.30 Aula magna istituto Galvani-Iodi di Reggio Emilia
QUANDO IL GIOCO NON È PIÙ UN GIOCO
Dialogo con il pubblico sulla pericolosa diffusione del gioco fra i giovani
Saluto della dirigente Maria F. Dall'asta
Relatori Filippo Arcelloni e EnzoValeri Peruta
autori de Il Circo delle Illusioni, progetto di prevenzione al gioco d'azzardo

Ore 21 Centro di volontariato Kaleidos di Poviglio
Saluto del sindaco Giammaria Manghi
ORO BIANCO
Nicola Gratteri e Antonio Nicaso presentano in prima nazionale
"Oro bianco" Mondadori: storie di uomini, traffici e denaro dall'impero della cocaina
Conduce Nicola Fangareggi direttore di 24Emilia

Ore 21 Teatro Herberia di Rubiera
Saluto del sindaco Emanuele Cavallaro
IL CIRCO DELLE ILLUSIONI
Spettacolo teatrale di prevenzione al gioco d'azzardo di e con Filippo Arcelloni e Enzo
Valeri Peruta
A seguire, dialogo degli attori col pubblico sul tema 'Quando il gioco non è più un gioco'

(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

Ad aprire il quinto festival della legalità, un interessante convegno dedicato ai bambini della 'ndrangheta e in particolare al caso scuola del Tribunale dei minori di Reggio Calabria, che prova a dare una nuova opportunità a ragazzini destinati ad essere uccisi o a finire in carcere. -

Reggio Emilia, 14 aprile 2015 -

Si è aperto ieri il festival della legalità "Noicontrolemafie", promosso per il quinto anno dalla Provincia di Reggio Emilia con la direzione scientifica di Antonio Nicaso, scrittore e studioso di fenomeni criminali.
La rassegna da quest'anno ha aggiunto alla classica denominazione la dicitura "Comuni e Cittadini reggiani" per sottolineare l'impegno di una intera comunità che sta offrendo numerosi e concreti segnali di crescente consapevolezza e responsabilità nella lotta all'infiltrazione criminale sul proprio territorio.

L'Aula magna dell'Università di Reggio Emilia, gremita di studenti delle superiori, è stata sede di un'interessante convegno su "Bambini e mafie: i falsi miti della 'ndrangheta" che ha visto magistrati, docenti universitari e giornalisti confrontarsi sul delicato ruolo degli adolescenti nelle famiglie di mafia.

Ad aprire la giornata, del presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giammaria Manghi, che a pochi giorni da un 25 aprile che celebrerà i 70 anni della Liberazione, ha sottolineato la necessità di "ricordare, ma soprattutto di riattualizzare specie per i giovani, il significato e i valori della Resistenza alla luce anche della recente indagine Aemilia che ha confermato la presenza anche piuttosto eversiva della mafia nel nostro territorio". "Settant'anni fa tanti reggiani combatterono per la pace, la libertà e la democrazia, oggi occorre essere partigiani della legalità, per scardinare questa forza silenziosa che prova ad attecchire anche nel nostro territorio". Il presidente della Provincia ha infine ricordato le diverse iniziative concrete messe in campo dalle istituzioni reggiane per contrastare ogni pericolo di infiltrazione: dall'attenzione nei confronti di sale-scommesse e videolottery, nelle quali tende ad insinuarsi la criminalità organizzata, all'ancora più restrittivo Protocollo in materia di appalti pubblici che, insieme a Comuni e Prefettura, stiamo predisponendo per intensificare i controlli anche in materia urbanistica, dalle autocertificazioni ai subappalti, ai piani attuativi".

L'impegno della Regione Emilia-Romagna è stato sottolineato dalla consigliera Ottavia Soncini: dal Girer, il gruppo interforze per la ricostruzione in Emilia-Romagna istituto per contrastare eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata nella ricostruzione del dopo-sisma, ai tanti progetti messi in campo, "laboratori, attività di formazione, ma anche campi di volontariato in particolare per il riutilizzo dei 40 beni immobili confiscati alla mafia nella nostra regione". La consigliera regionale ha quindi indicato anche nel "rinnovamento della vita politica un indispensabile strumento di contrasto alle mafie, perché accorciare i tempi di permanenza in cariche pubbliche e promuovere alternanza significa ridurre i pericoli di infiltrazione e commistioni".

Dopo il saluto del direttore del Dipartimento di Educazione e Scienze umane di Unimore, Giorgio Zanetti, che ha sua volta sottolineato i pericoli della "mafia quale sistema totalitario", ha introdotto i relatori il direttore scientifico di "Noicontrolemafie", Antonio Nicaso, per il quale "l'operazione Aemilia ha rappresentato un brusco risveglio in questa terra di Resistenza". "Ai nuovi partigiani della legalità chiediamo il coraggio e la coerenza di vedere e capire le cose", ha aggiunto. Capire, ad esempio che le mafie "non sono il prodotto di una mentalità e di un territorio specifici, né sono il frutto di una mancanza di senso civico, perché l'antimafia è vecchia quanto la mafia". "Le mafie sono dappertutto perché hanno sempre avuto un aspetto presentabile e, soprattutto, perché sono sempre state legittimate e riconosciute dal potere, non combattute come avvenuto ad esempio con il terrorismo – ha detto Nicaso – Le mafie si radicano solo se riescono a stabilire relazioni con chi gestisce denaro e potere, e vengono anche qui in Emilia, in questa terra appetibile, per corrompere e infiltrarsi; bisogna quindi smettere di difendere a oltranza il territorio, ma avere volontà di resistere e di investire nelle scuole e nei giovani, che insieme alla società civile e alle istituzioni sono fondamentali per contrastare le infiltrazioni".

Prima relazione quella di Giuliana Adamo, docente del Trinity College di Dublino, che ha affrontato il tema della pedagogia del disonore, attuata di chi perpetua certi valori e principi per creare nuove generazioni di mafiosi: "Per salvare questi bambini, che crescono con i tatuaggi dei volti di carabinieri sotto i piedi in modo da calpestarli mentre camminano e che sputano per terra quando vedono passare una macchina della polizia, bisogna toglierli dall'ignoranza e la scuola è fondamentale per farli uscire da questo clima di guerra permanente, con una sorta di trincea che separa loro, i cosiddetti buoni, dal resto del Paese", ha tra l'altro detto.

Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, ha quindi illustrato quella che Nicaso ha definito una "piccola grande, rivoluzione", ovvero la serie di provvedimenti con i quali una ventina di minori sono stati sottratti a famiglie mafiose e affidati ad altre famiglie lontano dalla Calabria. "Tutti ragazzini coinvolti in sequestri in Aspromonte, dediti al racket per conto del padre in carcere o che hanno ucciso forze dell'ordine o che si sono prestati come sicari in faide locali – ha spiegato – La 'ndrangheta, purtroppo, si eredita, allora abbiamo deciso, come giudici, di censurare i modelli educativi mafiosi così come censuriamo i genitori violenti o alcolisti: negando la patria potestà e, nei casi più estremi, allontanando questi ragazzini dai loro nuclei familiari, e dunque da un indottrinamento malavitoso e dal coinvolgimento in affari illeciti, per inserirli in case-famiglia o affidarli a famiglie di volontari in modo da aver la possibilità di sperimentare, con percorsi educativi individualizzati, contesti sociali, culturali e affettivi differenti".

"Questi ragazzini non sospettano che fuori ci sia un mondo che funziona con regole diverse, perché tutti i loro familiari sono intrisi di cultura mafiosa, ed anche la scuola e la chiesa purtroppo raramente segnalano condotte irregolari. – ha continuato Di Bella – L'unico modo per aiutarli diventa dunque il processo penale, che si trasforma in opportunità educativa: la nostra linea giurisprudenziale, paradossalmente seguita con maggior attenzione dall'estero, ci espone a critiche, ci accusano di deportazioni di minori e confische di figli, ma i nostri sono provvedimenti temporanei a tutela dei ragazzi e non contro le famiglie. Lo Stato non può condivider che i figli vengano educati per diventare dei killer e abbiamo una solida copertura normativa tanto nazionale, gli articoli 2 e 30 della Costituzione, quanto internazionale, come la Convenzione per i diritti dei fanciulli del 1989".

Incoraggianti, secondo Di Bella, i risultati dei primi venti casi trattati: "I ragazzi svolgono attività socialmente utili, seguono percorsi di educazione alla legalità, mostrano di possedere talenti e potenzialità, ma anche tanta sofferenza, per aver respirato cultura di morte e sopraffazione fin dalla culla: la stessa sofferenza che riscontriamo anche in alcune madri, provate da morti e carcerazione dei congiunti, che non si oppongono nella speranza di sottrarre i loro figli i ad analogo destino, quasi sollevate dal non dover compiere scelte educative laceranti", ha concluso il giudice, sottolineando come "la giustizia minorile abbia potenzialità inespresse e inesplorate nella lotta alle mafie" ed auspicando che "il legislatore, nell'affrontare il tema, non disperda le professionalità che si sono create".

Susanna Pietralunga, docente di Criminologia minorile dell'Università di Modena e Reggio Emilia, si è soffermata sulla delicatezza dell'età adolescenziale, "questo tempo ambiguo, incerto, contraddittorio e vulnerabile, che meriterebbe ogni genere di attenzione e di investimento possibile": "Pericolosità e forza della mafia stanno nella capacità di trasformarsi e di radicarsi nel terreno economico e nel mercato legale, l'auspicio è che usciate da quest'aula con una consapevolezza accresciuta della presenza di questo rischio, soprattutto voi adolescenti, caratterizzati da condizioni psicologiche che vi espongono in modo particolare a suggestioni culturali e desideri di trasgressione", ha terminato rivolge dosi agli studenti.

Ha chiuso la mattinata la giornalista e scrittrice Angela Iantosca, che ha ricordato le proprie esperienze alle Vele di Scampia "tra bambini di cinque anni costretti a giocare tra le siringhe" e soprattutto con i giovani calabresi, a partire da Riccardo Cordì (autore anche di una toccante lettera al Corriere della sera), coinvolti nel progetto promosso dal Tribunale dei minori di Reggio Calabria. "Questi bambini, questi ragazzi non vanno giudicati o peggio ancora condannati, vanno aiutati e salvati – ha detto – Come? Ad esempio come sta facendo il giudice Di Bella, dando loro la libertà di scelta, la possibilità di conoscere la bellezza e di riscoprire amore e sentimenti, di capire che si può essere rispettati ed amati non per il cognome che si porta, ma per la persona che si è". Chiesa e scuola, ma soprattutto lo Stato devono fare di più, ha concluso l'inviata di "La vita in diretta", "perché arrivati a 18 anni questi giovani non possono essere abbandonati": "Lo Stato deve dotarsi di figure sociali forti e preparate che assistano questi ragazzi, deve dar loro opportunità di lavoro".

La settimana della legalità, organizzata da Caracò Editore e con il coordinamento di Rosa Frammartino, fino a sabato attraverserà l'intera provincia di Reggio Emilia, con iniziative importanti come la campagna di sensibilizzazione del mondo economico per l'esposizione di un logo-adesivo "Io scelgo la legalità" che oggi pomeriggio a Sant'Ilario vedrà affiancati in un passeggiata della legalità, ragazzi reggiani e ragazzi palermitani di Addiopizzo Junior e Young! Sei giorni, dunque, di un vero e proprio tour della legalità che vedrà la partecipazione di centinaia di cittadini e studenti delle scuole medie e superiori che potranno condividere con le proprie comunità il frutto dei laboratori di lettura, scrittura, teatro e giornalismo, seguiti, nel corso dell'anno scolastico, con la guida dei propri docenti e dello staff di educatori dell'Associazione Caracò. Un'esperienza di pedagogia civile che la Provincia di Reggio Emilia, insieme a Regione Emilia-Romagna e Comuni, sostiene da anni con un investimento di energie e risorse, economiche e professionali e che ha consentito di coinvolgere oltre ventimila studenti delle scuole superiori reggiane, in un percorso di conoscenza della mafia e delle sue molteplici e violente declinazioni.

 

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Nel Podere Millepioppi, confiscato alla mafia, il progetto prevede la ristrutturazione dei locali per ricavarvi ampi spazi attrezzati all'avvio di nuove imprese e co-working.-

Parma, 13 aprile 2015 -

Sala Mainardi gremita di cittadini e di tanti studenti delle scuole medie, sabato mattina, nel Centro Congressi di Salsomaggiore Terme, per l'incontro pubblico MILLEPIOPPI E STARTUP: LA CASA DELLE IDEE organizzato dai Parchi del Ducato in collaborazione con i Comuni di Salsomaggiore Terme e Fidenza. Grande interesse per la presentazione del progetto di valorizzazione del Podere Millepioppi nel Parco dello Stirone e del Piacenziano.

Nel Podere Millepioppi, bene confiscato alla criminalità che il Comune di Salsomaggiore ha concesso in uso all'Ente Parchi del Ducato, sono stati già realizzati in anni passati un Centro Recupero Animali Selvatici (Le Civette) e gli uffici operativi del Parco dello Stirone. Da anni il podere ospita, con campi di lavoro e volontariato dell'Associazione LIBERA, con ragazzi e ragazzi provenienti da tutt'Italia.

Il progetto presentato ammonta a complessivi 460 mila euro, con un contributo regionale di 230 mila e un analogo cofinanziamento a carico dell'Ente Parchi (titolare del progetto) e dei Comuni di Salso e Fidenza e prevede la ristrutturazione dei locali dell'ex stalla e fienile per ricavarvi ampi spazi attrezzati per l'avvio (start up) di nuove imprese ed il co-working sui temi quali turismo sostenibile, valorizzazione delle attività agricole e prodotti tipici e ricerca naturalistica.

La sinergia tra enti stavolta ha prodotto un capolavoro di concretezza – dichiara Agostino Maggiali Presidente dell'Ente Parchi. Il Millepioppi rappresenta non solo qualcosa di molto tangibile ma anche e soprattutto un'ambizione, un sogno, un traguardo per poter dare "una casa" alle idee dei giovani di questo territorio attraverso le start up oltre a tutte le altre attività a tutela dell' ambiente e della sostenibilità che metteremo in campo.

Oggi come oggi le risorse scarse costringono ad essere virtuosi e ad unire le forze territoriali, commenta Filippo Fritelli, Sindaco di Salso e Presidente della Provincia di Parma, e questo è un grande esempio in tal senso.
Andrea Massari, Sindaco di Fidenza mette in risalto come - Grazie a Libera, protagonista attiva della riconversione del terreno Salso e Fidenza si trovano in modo autentico nel contesto del Parco che si fa luogo di incontro e di stimolo per creare sempre maggiori collaborazioni in futuro.
L'Assessore alle Attività Produttive della Regione Emilia Romagna Palma Costi, racconta di come tre anni fa in questa sede si parlava e si metteva in discussione addirittura il ruolo del Parco sul territorio, oggi abbiamo la prova concreta che aver dato fiducia ed importanza a questo ente di grande rilevanza per la tutela e le prospettive che offre ha pagato e pagherà in modo molto produttivo. Le start up ne sono la garanzia più visibile.

Sono intervenuti al dibattito, moderato dal giornalista Andrea Gavazzoli, con significativi e approfonditi contributi, anche Sergio Tralongo (Ente Parchi Emilia Occidentale), Carlo Cantini (referente LIBERA Parma), Paolo Canepari (Assessore, Comune di Salsomaggiore Terme), Alessia Gruzza (Assessore, Comune di Fidenza), Marco Trevisan (Assessore Comune di Salsomaggiore e Professore dell'Università Cattolica di Piacenza), Sara Monesi (ASTER S. Cons., Bologna) e Loretta Losi (LEGACOOP)

 

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In Provincia un rappresentante di Libera Parma per parlare di mafia. Il Presidente Fritelli: "L'impegno è quello di non abbassare mai la guardia". -

Parma, 24 marzo 2015 -

"L'attività della mafia è subdola, sotterranea: è un'organizzazione radicata sul territorio e permea anche il mondo sociale ed economico. Bisogna conoscerla per poterla combattere". Così il Presidente della Provincia Filippo Fritelli introduce l'assemblea dei sindaci della Provincia.
Ed è Antonio Pignalosa, rappresentate di Libera Parma a ricordare ai sindaci del parmense che la mafia esiste, è molto presente in Emilia-Romagna e che l'impegno a contrastare la mafia deve essere costante. E' quello che fa Libera. "Sabato c'è stata la grande manifestazione di Bologna: il 21 marzo, XX giornata della Memoria e dell'impegno per ricordare le vittime innocenti di mafia, ha un significato importantissimo e Libera vuole che questa giornata venga riconosciuta a livello internazionale. Il motto di questa edizione è stato "La verità illumina la giustizia": questo perché l'80% dei familiari non sa ancora per quale ragione i loro cari sono morti e chi sono i colpevoli. Al termine della marcia vengono letti 800 nomi delle vittime di mafia, dalla memoria nasce l'impegno. Parma e provincia erano a Bologna con 600 cittadini. Molto attiva è stata la Consulta degli Studenti, e molte erano le associazioni presenti. C'erano anche tanti Comuni e alcuni territori hanno rappresentato un'eccellenza: Fidenza e Salsomaggiore hanno messo a disposizione pullman gratuiti per i propri cittadini. Proprio a Salsomaggiore è nato, in questi giorni, un presidio di Libera".

L'incontro è stata l'occasione per ricordare quanto sta accadendo in Emilia-Romagna. "Il 28 gennaio 2015 si apre nella regione un'inchiesta imponente: è evidente il livello di radicamento delle mafie nel nostro territorio con un'infiltrazione molto pesante. Eppure non è la prima inchiesta che riguarda l'Emilia-Romagna: alcune persone sono a processo per la prima inchiesta detta "Black money", per cui Libera si è costituita parte civile. Nel 2011 sono state arrestate 20 persone, ora sono 200 in un crescendo che preoccupa davvero molto".

Pignolosa sottolinea l'attività di Libera sul territorio e, allo stesso tempo, chiede la disponibilità dei sindaci presenti a farsi promotori d'iniziative sensibilizzando, così, i propri cittadini.

A prendere la parola è quindi il Prefetto di Parma, Giuseppe Forlani: "Voglio sottolineare che il tema della criminalità organizzata non può essere visto in alternativa a quella della criminalità diffusa. E' stretto il collegamento fra l'attività di prevenzione e quella d'indagine e non c'è il mondo che è sfilato a Bologna da una parte e lo Stato dall'altra. E poi c'è il grande tema della memoria: oggi siamo così immersi nell'informazione che facciamo fatica a trattenere memoria. E soprattutto non riusciamo a indignarci. Tutti dobbiamo concorrere a rendere consapevoli i cittadini del pericolo che corrono per le loro attività: ciò che viene messo in discussione è l'economia legale, la solidarietà, il welfare. La grande sfida è migliorare gli strumenti per la prevenzione e dimostrare che l'impresa legale è possibile".

All'incontro sono stati invitati i massimi rappresentanti delle istituzioni: presenti i deputati Patrizia Maestri e Giuseppe Romanini e la consigliera regionale Barbara Lori.

Molti gli interventi dei sindaci presenti: Cristina Merusi, sindaco di Sala Baganza, dopo aver dato la sua disponibilità per organizzare iniziative sul suo territorio sottolinea che i Comuni che si trovano coinvolti hanno pochi strumenti per contrastare: "a cominciare dall'informazione. Per esempio non abbiamo la possibilità di leggere gli atti: ci si trova coinvolti e quasi non si sa il perché. Il Comune di Sala Baganza si è costituito parte civile perché ci sentiamo parte lesa".

Luigi Lucchi, sindaco di Berceto, ricorda che il primo pensiero va alle 800 vittime. "La grande questione è quella dei beni confiscati. Noi abbiamo una villa a Berceto, bene confiscato; servirebbero anche normative ad hoc per poter utilizzare al meglio questi beni, per esempio da parte dei Comuni".

Nicola Cesari, sindaco di Sorbolo, ricorda molto bene che cosa è accaduto il 28 gennaio: "Ci siamo svegliati con gli elicotteri sulla testa e i Sorbolesi hanno pagato per un'informazione fuorviante: le notizie non erano esatte e questo penalizza le comunità".

Andrea Censi, sindaco di Zibello e Delegato Provinciale alla pianificazione territoriale, ammette che la crisi economica morde tutti e che i sindaci si trovano a dover dare molte risposte: "La mafia trova terreno dove lo stato e la politica mancano. Bisogna dire che se lo spazio è occupato, la mafia non trova spazio"

Domenico Altieri, sindaco di Fontanellato, ravvisa una tentativo di minimizzare la questione. "Stiamo attenti a non abbassare la guardia e anche avere un'infiltrazione piccola è un bruttissimo segnale. Il movimento d'insinuazione del malaffare in questo territorio si percepisce, è molto evidente. Tutti i segnali devono preoccuparci e non possono lasciarci indifferenti".

Lino Franzini, sindaco di Palanzano, riporta un'esperienza personale e ricorda che "la mafia esiste perché esistono quelli che si fanno corrompere".

I sindaci presenti hanno quindi firmato due documenti: il primo è un esposto relativo alla mancata erogazione della fornitura di energia elettrica a circa 12.000 utenze della provincia di Parma il 6 febbraio 2015 e nei giorni seguenti, indirizzato al Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico; il secondo un manifesto a difesa dei Comuni e relativo ai pesanti tagli economici indirizzato all'ANCI e al Governo.

L'assemblea si chiude con l'illustrazione, da parte dei sindacati CGIL, CISL e UIL, delle problematiche relative la mobilità del personale provinciale verso i Comuni. Infatti venerdì 20 marzo è stato siglato dalla Regione Emilia-Romagna, dall'ANCI, dall'UPI e dalle Organizzazioni sindacali un protocollo per l'attuazione della legge 56/2014 e per la gestione del personale degli enti interessati al riordino. La richiesta ai Sindaci è stata quella di trovare modalità di solidarietà tra l'ente locale e l'ente provincia: quindi di valutare il fabbisogno della propria amministrazione e di valorizzare le professionalità presenti in Provincia.

(Fonte: ufficio stampa Provincia di Parma)

Domenica, 22 Marzo 2015 09:12

L'inarrestabile avanzata della legalità

Duecentomila presenze alla manifestazione di Bologna in memoria delle vittime innocenti di mafia promossa da Libera. Don Ciotti: Siamo qui non per commemorare, ma per graffiare dentro le coscienze di tutti.

di Federico Bonati - 

Bologna – Una Piazza VIII Agosto stracolma per la XX° giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti della mafia.

Erano, infatti, duecentomila i presenti alla manifestazione, svoltasi in una terra che ha recentemente dovuto fare i conti con gli scandali legati alle infiltrazioni mafiose, smascherati grazie all'efficacia delle donne e degli uomini impiegati nell'Operazione Aemilia.

La scelta sulla location dell'evento non è casuale: quest'anno ricorre, oltre al ventennale della fondazione di "Libera", anche il 70° anniversario della liberazione dal nazifascismo. Bologna, città medaglia d'oro in questo senso, rappresenta il luogo perfetto dal quale far partire una nuova ondata di liberazione: quella dalle mafie e dalla corruzione.

Il corteo è partito alle 9.30 dallo Stato Dall'Ara, attraversando tutta la rete urbana della città felsinea, fino ad arrivare intorno alle 11.00 in Piazza VIII Agosto, con in testa il fondatore di "Libera" Don Luigi Ciotti, insieme a centinaia di famigliari di vittime di mafia, politici, sindacalisti, comuni di tutta Italia con annessi gonfaloni e studenti. Dopo la lettura della missiva che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato a Don Ciotti in merito all'iniziativa, si è passati al momento più importante, ma al tempo stesso più toccante, della giornata.

Familiari Vittime Mafia

Sono stati letti tutti i nomi delle vittime innocenti cadute per mano della mafia, in un infinito elenco, letto dai numerosi ospiti, quali Rosy Bindi, Susanna Camusso della CGIL, Maurizio Landini della FIOM, l'attore Alessandro Bergonzoni, Carlo Lucarelli, Cecile Kyenge, il Ministro Poletti, Antonio Ingroia, il governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonacini, il Presidente del Senato Pietro Grasso, Romano Prodi, il sindaco di Bologna Virginio Merola, Gian Carlo Caselli e i vertici delle forze dell'ordine quali carabinieri, guardia di finanza e guardia forestale. Al termine ne è seguito un lungo e sentito, quasi commosso, applauso.

Sul palco giunge poi il momento di Don Ciotti, il quale nel suo discorso si scaglia in particolar modo contro la corruzione che, assieme alla mafia, rappresentano le due facce della stessa medaglia. Ciotti poi continua dicendo: "Siamo qui non per commemorare, ma per graffiare dentro le coscienze di tutti". La coscienza di una terra ferita dalla mafia, ma rabbiosa nel voler reagire, nel voler sconfiggere questo cancro, desiderosa di essere portatrice di una storia diversa, di un nuovo inizio, di una nuova liberazione, ansiosa in merito alla necessità di leggi efficienti per essere credibili.

È questo il grido della folla oceanica di Bologna, è questo il grido della legalità.

 

 

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#ilsilenzioèdolo: contro le mafie e tutti i pregiudizi, una conferenza-incontro al Teatro Asioli di Correggio. Il progetto di sensibilizzazione nasce dal cantautore correggese Marco Ligabue, in collaborazione con Lello Analfino, leader del gruppo Tinturia, con il rapper siciliano Othelloman. Sul palco, insieme al sindaco di Correggio, al coordinatore provinciale di Libera e agli autori del progetto, anche il presidente dell'associazione nazionale "Verità Scomode" e Valeria Grasso, imprenditrice palermitana, simbolo della lotta al racket -

Reggio Emilia, 17 marzo 2015 -

"Il silenzio è dolo" – dall'omonimo brano lanciato da Marco Ligabue, in collaborazione con Othelloman e Lello Analfino – è il titolo della conferenza-incontro in programma al Teatro Asioli, mercoledì 18 marzo, alle ore 11. L'iniziativa, promossa dal Comune di Correggio, in collaborazione con Libera, nell'ambito di "Accendi la mente, spegni i pregiudizi" – Settimana d'azione contro il razzismo, vede sul palco, insieme al sindaco di Correggio, Ilenia Malavasi, al coordinatore provinciale di Libera, Manuel Masini, e agli autori del progetto, anche Ismaele La Vardera, presidente dell'associazione nazionale "Verità Scomode" e inviato della tv TeleJato, e Valeria Grasso, imprenditrice palermitana, simbolo della lotta al racket da quando ha avuto il coraggio di denunciare i propri estorsori.

L'incontro è rivolto principalmente alle scuole, ma l'ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti.

"Il silenzio è dolo" è un singolo, e un video da cui nasce un vero e proprio progetto di sensibilizzazione contro tutte le mafie, scritto dal cantautore correggese Marco Ligabue, in collaborazione con Lello Analfino, leader del gruppo Tinturia, con il rapper siciliano Othelloman e con la Nazionale Cantanti. Il progetto ha preso piede partendo da un'inchiesta giornalistica di Ismaele La Vardera, 21 anni, che ha denunciato i brogli elettorali del suo paese in provincia di Palermo durante le scorse elezioni europee provocando le dimissioni dell'intera giunta. Al progetto si è unita la testimone di giustizia Valeria Grasso, un'imprenditrice che ha denunciato le famiglie mafiose che le chiedevano il pizzo. Con l'appoggio del giudice Nino Di Matteo, il progetto vede una raccolta firme attiva online su change.org a supporto di un'interrogazione parlamentare che mira a chiedere l'immediato riutilizzo dei beni confiscati alle mafie a beneficio dei giovani imprenditori.

"L'iniziativa si inserisce tra quelle promosse dall'amministrazione comunale per promuovere la cultura della legalità", illustra il sindaco, Ilenia Malavasi. "Risponde in questo modo alla sollecitazioni che Libera e Avviso Pubblico hanno rivolto agli enti locali per organizzare sui territori iniziative che rientrano in una proposta comune – "100 passi verso il 21 marzo" – di sensibilizzazione della cittadinanza sul tema della legalità".

"Questo è il nostro contributo in vista della ventesima Giornata Nazionale della Memoria e dell'Impegno per ricordare le vittime di mafia, cui aderiamo con convinzione partecipando con il nostro gonfalone all'iniziativa", aggiunge il sindaco. "Abbiamo caratterizzato il nostro lavoro di questi mesi con un impegno costante sulla legalità e sul rispetto delle regole, agendo in modo trasparente, aderendo ad Avviso Pubblico e coinvolgendo la città e le scuole di ogni ordine e grado. Si tratta di un'azione costante e quotidiana con la quale vogliamo caratterizzare questo mandato amministrativo per contribuire alla crescita di una collettività che riconosca nella cultura della legalità democratica un presupposto fondamentale per la costruzione di una società migliore. Sono molto contenta che questo progetto venga presentato anche a Correggio e per questo ringrazio Marco Ligabue e i suoi collaboratori per la disponibilità a la sensibilità dimostrate".

(Fonte: Ufficio stampa Comune di Correggio)

I legami del Clan dei Casalesi con l'Emilia Romagna, in particolare con il modenese. Il pentito Roberto Vargas racconta che Nicola Schiavone si voleva trasferire a Modena per sviare le indagini nei suoi confronti. -

Modena, 13 marzo 2015 - di S.P. -

La recente operazione "Spartacus Reset" eseguita dai Carabinieri e dalla Direzione Distrettuale Antimafia ha portato nuovamente alla luce i legami del Clan dei Casalesi con l'Emilia Romagna, in particolare con il modenese. In carcere sono finite 42 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni, detenzioni di armi e ricettazione, reati tutti aggravati dal metodo mafioso. Sono tutti ritenuti capi e gregari della fazione Schiavone del clan dei Casalesi.

Tra loro anche Carmine e Nicola Schiavone, figli del boss Francesco Schiavone "Sandokan". In particolare il legame emiliano romagnolo si evince quando il clan tentò di organizzare un attentato contro il magistrato della DDA Federico Cafiero de Raho, oggi procuratore capo di Reggio Calabria, ciò nel 2011. Lo ha rivelato il pentito Roberto Vargas che racconta ai pm: "Nel corso del primo incontro tra me e Nicola Schiavone, avvenuto in San Marcellino, questi mi disse che una volta eliminati Iovine e Zagaria, avremmo dovuto fare pulizia interna al clan e successivamente avremmo potuto colpire il pool di magistrati, per primo Cafiero De Raho".

Il collaboratore di giustizia ha spiegato che il piano contro il pm della Dda prevedeva l'utilizzo di terroristi, "mentre noi avremmo fornito gli appoggi logistici". "Secondo quanto diceva Schiavone – afferma Vargas – i terroristi erano stati già addestrati a colpire in quanto avevano preso parte a fatti di sangue all'estero per l'organizzazione terroristica. Siccome i terroristi avevano avuto alcuni problemi, si erano alleati con noi al fine di ottenere dei rifugi sicuri nell'agro aversano. Schiavone mi disse di aver incontrato questi terroristi nell'agro aversano e mi disse che sarei dovuto essere io il contatto diretto con queste persone, mentre lui si sarebbe trasferito a Modena, per sviare le indagini nei suoi confronti. Poi sono stato arrestato e quindi non se ne è fatto più nulla". 

Il fatto che si volesse trasferire a Modena conferma quanto emerso negli ultimi dieci anni circa la presenza e gli appoggi di cui i casalesi godono in Emilia.

 

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Giovedì, 12 Marzo 2015 15:16

Il giudice Caselli: una vita contro

Mafia, Brigate Rosse e illegalità: contro tutto ciò ha sempre lavorato e vissuto il giudice Gian Carlo Caselli, ospite a Novellara -

- di Federico Bonati -

Reggio Emilia, 12 marzo 2015 –

Una vita contro. Contro il malaffare, contro l'illegalità, contro tutti i fattori che si frappongono in maniera avversa alla legalità. Contro le Brigate Rosse e contro la Mafia. È questa la vita del giudice Gian Carlo Caselli raccontata nel libro "20 anni contro", scritto assieme al collega e amico Antonio Ingroia. Il giudice è stato accolto a Novellara per presentare il suo libro e rispondere alle domande del direttore di Radio Bruno, Pierluigi Senatore, in una serata promossa dall'associazione novellarese NOI (Nuovi Orizzonti Insieme).

Caselli, che dal 1974 vive sotto scorta, è oggi responsabile dell'osservatorio di Eurispes e Coldiretti sulle agromafie, ma allo stesso tempo prosegue il suo percorso nel nome della legalità, incontrando platee e studenti, raccogliendo ampi consensi e qualche volta anche alcune contestazioni. La più recente risale a qualche giorno fa a Firenze, quando un gruppo di No Tav, memori delle inchieste sul movimento in Val di Susa durante il suo periodo come procuratore capo a Torino, gli ha impedito di tenere una conferenza, organizzata, fra gli altri, da Libera, sulle mafie. Il commento di Caselli in apertura di serata sull'accaduto è lapidario: "Questa non è democrazia, questo è squadrismo".

Inizia quindi il flashback delle inchieste seguite da Caselli, della lotta durata quindici anni alle BR, del suo approdo a Palermo dopo la strage di via D'Amelio, con ben 650 ergastoli comminati in sette anni di lavoro e arresti eccellenti, quali Riina e Brusca, arrivando poi alle inchieste piemontesi sulle infiltrazioni della 'Ndrangheta. Dovendo fare un bilancio Caselli non ha dubbi: "Ho sempre cercato di fare il mio dovere, seguendo l'interesse generale. Sono orgoglioso di tutto quello che ho fatto, e se tornassi indietro lo rifarei". In sostanza, ne è valsa la pena.

Senatore lo incalza poi in merito alla trattativa Stato-mafia, sulla quale il giudice torinese sentenzia in questa maniera: "Eravamo convinti di essere giunti al traguardo, ma poi sono arrivati nomi eccellenti coinvolti nell'inchiesta, e di conseguenza sono arrivati ostacoli. Falcone e Borsellino, sotto questo aspetto infatti, sono stati presi a calci. Era evidente che chi toccava i fili dell'elettricità, per usare una metafora, prendeva la scossa, e a volte moriva".

Si arriva quindi alle questioni di casa nostra quando è emerso, con l'Operazione Aemilia, la presa di coscienza di infiltrazioni nella borghesia: la mafia che fa affari, con colletto bianco e giacca, lontana dai soliti stereotipi e dalle azioni stragiste. Ma, afferma Caselli, è inutile stupirsi, quando elementi come il riciclaggio di denaro sporco e il soggiorno obbligato dei mafiosi, nel Nord e nel Centro Italia, sono facce della stessa medaglia.
E se da un lato il business della mafia e dell'illegalità, fra corruzione ed evasione, muove qualcosa come 330 miliardi di euro, dall'altro il giudice Caselli afferma come convenga ai cittadini, e pure alle istituzioni, stare dalla parte della legalità, una strada giusta fatta di risorse che possono favorire lo sviluppo economico e sociale.

Caselli risponde poi anche ad una domanda della Gazzetta dell'Emilia, in merito alle frasi dell'ex boss Cutolo ("Se parlo, crolla lo stato") e allo scoramento dei cittadini rispetto alle istituzioni. "Cutolo può dire quello che vuole- attacca Caselli- ma nonostante le mele marce al suo interno, lo Stato non crolla. Per quanto riguarda la sfiducia posso dire che se gli esempi sono i condoni fiscali, che chi conta la fa sempre franca, sfido io ad avere fiducia. Ma la sfiducia è in realtà indotta dai media. È invece importante avere fiducia nel ruolo dello stato e della magistratura. Ma ai cittadini mi sento di dire un'altra cosa: la cultura, il dialogo e la civiltà sono basilari per combattere, ogni giorno, la mafia".

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