Martedì, 19 Maggio 2015 10:11

Modena - Lino Guanciale, il divo delle fiction insegnante d’eccezione all’atelier “Maggio 1915: les jeux sont fait! In evidenza

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Lino Guanciale Lino Guanciale foto di Claudio Vincenzi

Sono stati 160 i partecipanti al laboratorio promosso da ERT – Emilia Romagna Teatro in occasione del centenario dell'ingresso dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale. L'attore di "Che Dio ci aiuti", "Una grande famiglia" e "La dama velata" ci racconta come nasce il progetto e del suo legame con Modena. -

Modena, 19 maggio 2015 - di Manuela Fiorini – Tutte le foto in galleria -

Vengono da ogni parte d'Italia, i più lontani addirittura dalla Puglia, i 160 partecipanti all'Atelier "Maggio 1915: Les jeux sont fait!". Alcuni hanno già avuto qualche esperienza di recitazione, altri sono principianti, altri ancora neofiti, molti, semplici curiosi, che non hanno voluto perdere l'occasione di lavorare a tu per tu con un insegnante molto speciale: l'attore Lino Guanciale, interprete di fiction di successo come "Che Dio ci aiuti!", "Una grande famiglia" e il recente "La dama velata". Le prove dell'atelier si sono svolte lo scorso fine settimana tra il Teatro delle Passioni e il Teatro Storchi, dove i partecipanti sono stati divisi in "classi". Ognuna ha poi preparato una scena dello spettacolo in programma sabato 23 maggio, alle 21, tra le sale del Palazzo Comunale di Modena, in Piazza Grande. L'evento rientra nel progetto "Carissimi Padri...Almanacchi della Grande Pace (1900 – 1915)", promosso da ERT – Emilia Romagna Teatro e inaugurato o scorso gennaio in occasione del centenario dell'entrata dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale. Insieme ai 160 partecipanti all'atelier reciteranno nello spettacolo, con la regia di Claudio Longhi, anche gli attori Nicola Bortolotti, Michele dell'Utri, Simone Francia, Diana Manea, Eugenio Papalia, Simone Tangolo e, appunto Lino Guanciale. Proprio a lui abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di più sul progetto.

Lino Guanciale in pagina rid

Lino, come nasce l'atelier?

"Tre anni fa l'Unione dei Teatri d'Europa ha lanciato un progetto pilota, nel quale invitava i teatri italiani a reclutare un centinaio di non professionisti che volessero fare un'esperienza seminariale di due giorni, insieme a registi importanti. A fare da pioniere è stato il Teatro Argentina di Roma, mentre i registi designati sono stati Gabriele Lavia, Giancarlo Sepe e Claudio Longhi. All'epoca, il nostro gruppo stava lavorando al Ratto d'Europa e ci stavamo proprio chiedendo come poter fare una scena di massa all'interno del Teatro Argentina. L'idea si è concretizzata proprio attraverso quel primo atelier. Abbiamo reclutato circa 200 persone alla volta, a cui abbiamo proposto un laboratorio un po' particolare: cioè due giorni di prove e la messa in scena finale . Volevamo infatti che fosse un'esperienza molto "urbana", legata ai tempi di chi vive in città. La formula dell'atelier l'abbiamo poi applicata anche ad altri progetti, tra cui "Beni Comuni", che abbiamo proposto a Carpi e nella Bassa modenese, e adesso Carissimi Padri" .

Che ha come tema quello di ripercorre le "radiose giornate" che precedettero l'entrata in guerra dell'Italia, esattamente cento anni fa. Come mai questa scelta?

"Il nostro gruppo di lavoro era alla ricerca di un tema che fosse legato a una ricorrenza, per sensibilizzare l'opinione pubblica di una città attorno a un evento. Una volta "individuata" questa ricorrenza, ci siamo documentati per primi su quello che era il mondo prima della Grande Guerra. E ci siamo resi conto di quanto quel mondo assomigliasse al nostro. Anche se si dice che ogni epoca ha qualcosa in comune con le precedenti, in realtà ci siamo accorti che qui le somiglianze, le contiguità, erano fortissime: la fede nella tecnica, la fede irrazionale nei confronti del progresso, la convinzione che lo stato di pace sia qualcosa di naturale e che nessuno può turbare...Invece, qualunque squilibrio diplomatico non ben gestito, sul quale non si prende una posizione chiara, anche da parte dei cittadini, può fare scaturire un enorme macello o un'inutile strage, come è successo con la Grande Guerra. La formula dell'atelier serve proprio per creare un dibattito culturale all'interno del territorio. Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere le persone per rimettere il teatro al centro della vita della città e far capire che il teatro è una fonte di conoscenza, non solo di divertimento".

Tu sei famoso come attore di fiction, chi te lo fa fare di metterti in gioco con un progetto così impegnativo?

"Qualche anno fa, quando ero ancora dell'idea di non fare televisione, più che attore mi sentivo "educattore". Il mio impegno è sempre stato quello di portare a teatro le giovani generazioni, perché, diciamo la verità, il pubblico teatrale latita ed è sostanzialmente anziano. C'è bisogno di energia nuova. Poi è arrivata una congiuntura tale che mi ha portato a fare televisione. Ho avuto più visibilità, sono diventato un volto più familiare per il pubblico e ho pensato che questo mi potesse essere utile per portare avanti con successo anche i progetti teatrali.

Che differenza c'è tra televisione e teatro?

Da un punto di vista qualitativo non c'è tantissima differenza. L'impegno che ci metti deve essere lo stesso. L'attore deve sempre fare il bene il suo mestiere e regalare al pubblico un'emozione. La differenza, se mai, è dal punto di vista personale. Il teatro è un luogo dove stai nello stesso spazio, nello stesso momento di chi ti guarda. Poi, c'è la difficoltà tecnica della continuità: in teatro è buona la prima. Infine, c'è la sensazione di parlare direttamente a qualcuno.

I tuoi progetti per il futuro?

Con il gruppo di lavoro di Carissimi Padri e con ERT continueremo ancora con i progetti teatrali, sia su Modena che su altre città, in qualità non solo di attori in scena, ma anche di operatori culturali. Per quanto riguarda la TV, ci sarà sicuramente la quarta stagione di "Che Dio ci aiuti!" che inizieremo a girare nella seconda parte dell'anno. Poi, abbiamo finito di girare Il Sistema, un poliziesco sulla Guardia di Finanza, con Claudio Gioè, Gabriella Pession e Valeria Bilello, che andrà in onda sulla Rai il prossimo autunno.

Tu hai un legame particolare con Modena. Che cosa ti piace di questa città?

Conoscevo Modena, già prima che ci girassimo le scene delle prime due stagioni di Che Dio ci Aiuti. Ci ero venuto in tournée qualche anno prima, avevo già cominciato a lavorare con Claudio Longhi e qualcuno dei ragazzi del gruppo di ERT. C'era già un rapporto "teatrale" con la città. Io vengo da Avezzano, in Abruzzo, una città molto provinciale, simile a Modena. E' una città di grandi lavoratori, benestanti, carina, sembra la Svizzera, però il carattere delle persone è un po' chiuso. Una cosa che mi ha colpito dei modenesi, invece, è che tendono subito ad accoglierti, senza stare troppo a giudicare. E questo mi ha fatto sentire subito a casa. Poi c'è l "infatuazione letteraria" per Antonio Delfini. Quando vedo una strada di Modena, ripenso subito ai racconti in cui l'ho sentita nominare. C'è una Modena delle pagine dei libri, delle poesie, dei testi, che sta sopra i muri della Modena reale e che me la rende ancora più invitante e deliziosa.

INFO
Maggio 1915: les jeux sont fait
Sabato 23 maggio, ore 21, Palazzo Comunale di Modena, Piazza Grande
Ingresso gratuito fino a esaurimento posti, con prenotazione obbligatoria dal 18 maggio scrivendo a carissimi Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 
Tutti gli altri appuntamenti su www.carissimipadri.com