Lunedì, 15 Dicembre 2014 08:32

Rwanda: l'orrore raccontato con umanità

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Cortesi e Moschini Cortesi e Moschini

Il genocidio del 1994, un'autentica shoa nel cuore dell'Africa, raccontata con impareggiabile maestria dagli attori Marco Cortesi e Mara Moschini

di Federico Bonati

Modena – Cominciò tutto il 6 aprile 1994, e mentre il mondo piangeva la scomparsa di Kurt Cobain, in Rwanda aveva inizio il più grande degli orrori. Il genocidio dei Tutsi ad opera degli Hutu provocò quasi un milione di vittime in centoquattro giorni, con una media aberrante di diecimila vittime quotidiane. Una storia fatta di abomini, di violenze capaci di spersonalizzare gli individui, di crimini senza precedenti, che fanno del Rwanda il luogo nel quale è stato compiuto il genocidio più veloce e sistematico della storia dell'umanità.

Una storia dimenticata, forse, con troppa fretta, che appare lontana, ma è incredibilmente vicina, come racconta Marco Cortesi: "Qui siamo davanti alla quint'essenza del genocidio, una vera e propria shoa africana. In merito Kofi Annan disse che si trattava del più grande fallimento delle Nazioni Unite. E ancora oggi, nei libri di storia, questa pagina terribile non occupa che un piccolo spazio".
Hutu e Tutsi, una linea sottile che separa due etnie, che in realtà altro non sono se non esseri umani. È proprio questa umanità il tema centrale dello spettacolo, dove si narra la storia di dignità e fratellanza di un uomo e di una donna capaci di un gesto d'inimmaginabile e straordinario coraggio, una sorta di "Shindler's List" versione africana, in grado di scuotere e illuminare le coscienze.

Come nel film "Hotel Rwanda", anche nello spettacolo di Cortesi e della Moschini si racconta di persone che hanno avuto il coraggio di essere umani, offrendo riparo a quelli che la massa definiva nemici, che qualificava come insetti, che uccideva a colpi di machete, salvandoli da morte certa. Un gesto di compassione e profondo amore verso sconosciuti, che in quel momento erano fratelli e sorelle. Mentre il male serpeggiava in quelle strade a ridosso della savana, Dio era lì, ed era presente in questi gesti. Ne sono convinti i sopravvissuti e ne è convinta anche Mara Moschini: "Non fu Dio a permettere ciò, ma il libero arbitrio dell'uomo. Furono gli uomini a compiere quei gesti disumani. Ma questa storia offre lo spunto per mostrare il doppio volto dell'animo umano: la malvagità e il coraggio di chi combatte contro di essa".

Lo spettacolo, promosso da Amnesty International, cattura l'attenzione dello spettatore, incapace di restare indifferente, che segue il corso degli eventi auspicandosi un lieto fine e ponendosi molte domande.
Perché tutto ciò? Perché un uomo può arrivare a tanto? Perché non se ne parla più? Perché l'Occidente si è tenuto lontano da questa vicenda, bollando molte volte tale storia come una mera faida tribale?
Tante domande, tutte legate al passato. Ma il passato deve fungere da manuale delle istruzioni, aiutando ogni persona a non commettere più gli errori già commessi. Ed è proprio al futuro, un futuro di speranza e riscatto, che guarda lo spettacolo, il tutto senza dimenticare ciò che è stato.

"Il riscatto dell'uomo- dice Cortesi- sta proprio nella memoria, ed è alla nostra portata. L'umanità intera deve far tesoro delle lezioni impartite dalla storia".
Uno spettacolo-inchiesta davvero avvincente e suggestivo, un'indelebile esperienza emotiva che avvolge l'animo dello spettatore, una splendida prova di teatro civile e narrazione. Una performance che merita davvero di essere vista.
Tutto questo è "Rwanda. Dio è qui". Perché Dio, come dicono a Kigali, la capitale dello stato africano, quella notte perse la via di casa, ma poi tornò e fu sempre presente in quel meraviglioso angolo di mondo che è il Rwanda.