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Sabato, 01 Novembre 2014 09:30

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Capello lungo raccolto a coda di cavallo, chitarra in spalla, giubbotto in pelle e ciondolo a forma di chitarra: Alberto Bertoli si presenta così. Viene spontaneo pensare ad una canzone di suo padre, Pierangelo Bertoli, ossia "A muso duro". Poi ci si siede, si inizia a parlare, e cresce la convinzione che la canzone adatta a lui sia "A muso duro"; ma non in senso letterale.

Parma, 1 novembre 2014 - Intervista al musicista Alberto Bertoli - di Federico Bonati -

Alberto, tu la musica l'hai sempre avuta in casa, dalla nascita. Figlio del compianto Pierangelo Bertoli, ti avvicini all'atto pratico dell'esecuzione musicale a dieci anni. In quel momento cosa hai provato?
Una sorta di sfida. Mi sono avvicinato alla musica perché c'era una bambina in classe con me che sapeva suonare la chitarra. E io, figlio di cantautore, non la sapevo suonare. Inaccettabile. Andai da mio padre e gli chiesi di insegnarmi. Da lì fu un'escalation. La musica per me è una "malattia", e oltre a quella nei live, la eseguo anche nella vita quotidiana, ai pranzi con gli amici, suscitando la disperazione della mia compagna (ride, ndr). Credo che solo chi è musicista possa comprendere a fondo la cosa.

Nel 2010 arriva poi il tuo primo EP: "Il tempo degli eroi". Fu un punto di arrivo o è stato un punto di partenza nella tua carriera e nella tua vita?
Fu senza dubbio un punto di partenza. All'inizio sembra un punto di arrivo, ma una volta che realizzi il tutto, ti senti defraudato della meta. Ecco perché fu un punto di partenza. Ma, senza dubbio, come ogni cosa fu un punto del percorso della mia vita.

Hai realizzato anche "Safà", brano scritto per l'associazione "Africa nel cuore", la quale si occupa di raccogliere fondi per la città di Rumuruti e per i villaggi attorno ad essa in Kenya. Quanto è importante la solidarietà per te Alberto?
È fondamentale. Nella vita ognuno di noi deve fare ciò che lo fa stare bene, e a me fa stare bene fare della solidarietà. Mi fa stare talmente bene che rompo le scatole agli amici pur di convincerli a fare della solidarietà (ride, ndr). L'Associazione "Africa nel cuore" l'ho conosciuta tramite il Direttore del reparto di Chirurgia dell'Ospedale di Sassuolo. Da lì poi è nato un altro progetto, ossia "Natale in ospedale" in cui io e i miei già citati amici andiamo a suonare per i pazienti il pomeriggio del 25 Dicembre. I soldi che raccogliamo li devolviamo poi all'associazione. Alla fine fare del bene è un impegno sociale: se ognuno di noi facesse qualcosa in più nel proprio piccolo, sicuramente il mondo intero ne risentirebbe in meglio.

Molto spesso sembra che la musica sia vettore di solidarietà, a volte quasi più delle istituzioni stesse. Lo dimostra, ad esempio, l'evento "Italia Loves Emilia", evento a favore del sisma dell'Emilia 2012. Tu hai partecipato cantando assieme ai big della musica italiana la canzone di tuo padre: "A muso duro". Che emozione è stata?
Faccio una premessa: c'è una bella differenza tra lo show e il motivo per cui è stato realizzato. Lo spettacolo fu una festa, gli artisti furono splendidi sia sul palco che dietro le quinte e nessuno percepiì un centesimo. Fu un momento in cui ognuno lasciò da parte tutto ciò che riguardava la propria sfera personale per raggiungere un obiettivo: raccogliere fondi per ricostruire una scuola. Un momento splendido.
Il sisma, purtroppo, non ha nulla a che vedere con quel clima di gioia e festa: fu qualcosa di terrificante.

Tu stesso hai scritto una canzone dedicata al sisma 2012, dal titolo "Come un uomo". Ce ne puoi parlare?
Nasce tutto da una trave. Fabio Castellini, falegname e liutaio di Rovereto sul Secchia, costruì una chitarra da una trave caduta durante il terremoto. Mi disse di usarla in tour e poi di metterla all'asta per raccogliere fondi da donare in beneficenza ai progetti di ricostruzione post-sisma. Lì ebbi l'idea: come l'araba fenice rinasce dalle ceneri, da una trave caduta durante un sisma, il momento della distruzione, ora ho in mano una chitarra, il momento della rinascita. Questo pensiero mi portò a scrivere "Come un uomo".

Tornando per un momento a "Italia Loves Emilia", accanto a te sul palco c'era Luciano Ligabue. Un artista che ha scritto un brano dedicato a tuo padre "Le cose cambiano", che lo stesso Pierangelo definì bellissimo. Che rapporto hai nei confronti di Luciano? E di quella canzone, che col tempo è divenuta poi un pezzo immancabile dei tuoi live?
C'è un rapporto molto bello, Luciano è una persona molto intelligente, profonda e che sa ascoltare. Io tra l'altro sono un suo fan, e la prima volta che gli parlai ricordo che fui travolto dall'emotività. È vero, la canzone era per mio padre, ma lui non potè mai cantarla. Così Luciano disse a me di cantarla. Io me lo aspettavo, e infatti quando me lo disse, gliela cantai e suonai davanti. Fu un momento davvero bello.

Nei tuoi concerti spesso riporti in scena le canzoni di tuo padre. Che sensazioni provi? C'è una canzone di tuo padre che avresti voluto scrivere tu?
Sicuramente "A muso duro". Una canzone di una potenza incredibile, è quella che avrei voluto scrivere io. Ma non credo che quella fosse la canzone più rappresentativa di mio padre; in quel caso, la canzone adatta sarebbe "Così". Quando sul palco canto le sue canzoni, è inevitabile che senta le emozioni più forti dentro di me, come una sorta di fil rouge che ci tiene ancora uniti. Sai qual è il complimento più bello che abbia mai ricevuto? Me lo fece Eugenio Finardi che mi disse: "Tu sei l'unico che merita di essere figlio di tuo padre". (sorride, ndr).

Alberto, nel panorama musicale italiano, chi è il nome più rappresentativo attualmente?
Credo che i nomi presenti al "Premio Bertoli" siano nomi assolutamente validi.

Che cosa prevede l'anno venturo, a livello musicale, per Alberto Bertoli?
Non lo so (ride, ndr). Io sono molto istintivo, cerco di fare le cose cogliendo le giuste opportunità. Quindi staremo a vedere.

Tutto questo è Alberto Bertoli. Finita l'intervista ci salutiamo e col suo sorriso da emiliano verace mi da una pacca sulla spalla. Lo vedo poi avvicinarsi alla sua chitarra e istintivamente ripenso a quel ritornello: "Canterò le mie canzoni per la strada/ed affronterò la vita a muso duro...".

 

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