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Mercoledì, 13 Agosto 2014 10:18

La strada invisibile In evidenza

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Parte da Bologna la storia di un clochard e di una residenza invisibile.

di Giulia Rossi -
Reggio Emilia, 13 Agosto 2014 ----

Storia di un clochard e di una residenza invisibile.
Mariano Tuccella era solo quella notte. Come del resto solo lo era stato tante altre notti trascorse sul marciapiede, seduto sul suo scatolone, in via Ugo Bassi, vicino al mercato delle erbe, nel cuore di Bologna.
Solo con i suoi pensieri tristi, con la sua malinconia profonda, con i brividi che percorrono la schiena quando la stagione autunnale inizia a farsi avanti, dicendo "arrivederci" all'estate.
In tasca pochi spiccioli, addosso vestiti ormai logori. Un mozzicone di sigaretta in bocca. Così Tuccella attendeva l'arrivo del giorno successivo.
All'improvviso una serie di schiamazzi e il frastuono di passi disordinati squarciano il silenzio della notte. In via Ugo Bassi stanno transitando tre ragazzi con alle spalle qualche bicchiere di troppo. Per loro, così su di giri, prendersi gioco di Mariano indifeso, semi addormentato e senza colpa, in quel momento era un motivo di stupido divertimento. Partono le offese, gli insulti, poi arrivano le botte. Feroci. Qualcuno gli fruga in tasca; ruba i cinque euro che il clochard aveva gelosamente messo da parte, poi scappa.
Era la notte tra il 30 settembre e il primo ottobre del 2007, solo una delle tante notti in cui i senzatetto, per una ragione o per un'altra, provano a sopravvivere.
Mariano Tuccella verrà soccorso, ricoverato in ospedale per le lesioni e i traumi subiti, ma dopo alcuni mesi di coma, morirà. Al suo funerale poche anime: qualche parente stretto, alcuni conoscenti.

Una Via fittizia dedicata a Tuccella

Oggi però quel senzatetto solitario, ucciso così barbaramente senza ragione, rivive sulle Carte d'identità di molti homeless di Bologna.
Dopo la morte del clochard infatti è stata intitolata proprio a Mariano Tuccella la via fittizia in cui hanno ottenuto la residenza anagrafica molte persone senza fissa dimora.
Si tratta di una via immaginaria, invisibile sullo stradario, sconosciuta ai più, ma una ricchezza preziosa per chi ha perso tutto.
"In Italia infatti - spiegano Alessandra Scaglioni e Simone Beghi, due volontari dell'associazione Avvocati di strada di Reggio Emilia, ente che si occupa di aiutare gratuitamente coloro che non possono usufruire nemmeno del gratuito patrocinio - avere la residenza significa possedere tutta una serie di diritti correlati, indispensabili alla persona, tra cui: avere un sussidio di disoccupazione o una pensione, nel caso in cui questa persona avesse lavorato in passato; avere l'opportunità di iscriversi ad un Centro per l'impiego. Significa poter votare e poter disporre di un medico di base (perché diversamente il diritto alla salute è garantito solo dal Pronto Soccorso) e così via.
Insomma, non avere una residenza vuol dire di fatto essere invisibili. E per costoro, la possibilità di ricominciare ad avere una vita dignitosa, gravando di conseguenza anche meno sulla società, resta un miraggio lontano. Qualcosa di evanescente, irreale".

Una residenza che vale una vita

L'ottenimento del diritto alla residenza per i senzatetto è avvenuto nel 2001 e ha rappresentato la più grande conquista civile compiuta dall'associazione dagli Avvocati di strada di Bologna, nonché la causa pilota di questa associazione. Vediamo com'è iniziata la battaglia.
Per ben quattro anni consecutivi, una persona senza fissa dimora aveva richiesto la residenza al Comune di Bologna, ottenendo in cambio solamente risposte evasive e spesso deludenti. Stanco della situazione che si era venuta a creare, decise di rivolgersi agli Avvocati di strada, sperando che questi volontari potessero dargli una mano. Così fu. Il suo caso fu presentato al Tribunale di Bologna, il quale riconobbe a questo clochard il diritto alla residenza e condannò il Comune a pagare le spese processuali.
Da quel momento in avanti, grazie al pronunciamento del giudice, tutte le persone senza dimora, in tutto il territorio nazionale, possono richiedere e ottenere la residenza anagrafica presso i dormitori e i centri d'accoglienza. Per molti homeless che si presentavano all'anagrafe, dopo varie procedure burocratiche, alla voce "residenza" della Carta d'Identità venne fatto corrispondere "Via dei senzatetto".
A lungo andare però, il connotato dispregiativo che inevitabilmente si porta dietro questo nome finì per essere controproducente, un bollino per chi voleva cercare lavoro e doveva presentarsi come quello che "abitava" nella "Via dei senzatetto".
Così, nel 2007, proprio a pochi giorni di distanza dalla morte di Mariano Tuccella il Comune decise di attribuire a lui il nome di quella via invisibile, proprio a lui che invisibile era stato per tanto tempo, fino a quella notte di inizio autunno.

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