Di Francesca Dallatana Parma, 28 settembre 2025
Le immagini raccontano le emozioni in modo più diretto delle parole. Sono ad iniezione diretta. Non hanno bisogno del supporto del pensiero astratto. Uno schiaffo a mano aperta calibrato e senza preavviso. La badante Vasilica è rappresentata dal disegno che la ritrae in formato gigante quando sovrasta e mette a tacere la sua assistita, arrogante e offensiva. Pura immaginazione tratteggiata sulla carta. In realtà Vasilica rimane congelata in un mutismo di difesa. Il silenzio è una corazza dove nascondere le lacrime dell’allontanamento per lavoro, scelto per cause di forza maggiore. Vorrebbe urlare. Ma non può. La corazza la trattiene. La badante è Vasilica. Una persona rumena migrante, prima di essere una assistente.
Tiziana Francesca Vaccaro e Elena Mistrello affidano “La storie delle nostre badanti” spesso insidiata dalla “Sindrome Italia” a un graphic novel, pubblicato da Becco Giallo nel 2021. Sulle autrici: la prima ha scritto la sceneggiatura, la seconda l’ha illustrata.
Dominanza.
Il romanzo è ambientato tra Iasi, Romania, e l’Italia, nelle città di Palermo e Milano: dall’est Europa al sud fino al nord. Tre mondi sociali reciprocamente sconosciuti. Che si incontrano attraverso le figure professionali di cura, cioè le badanti. In tutte le situazioni, la lavoratrice Vasilica subisce la dominanza di qualcuno.
Dalla Romania se ne va per cause di forza maggiore. Deve mantenere la famiglia, composta da due figli e da un marito consegnato all’alcolismo. Segue la corrente. Come lei, molte altre se ne vanno. Ma la condivisione della condizione di migrante per motivi di lavoro non la giustifica nel profondo né da se stessa né dal gruppo di appartenenza. Il giudizio sociale sulle badanti sta sempre sull’insidioso crinale tra invidia e maldicenza. Ogni volta che Vasilica ritorna a Iasi è oggetto degli sguardi trancianti del giudizio: hai lasciato i tuoi figli; ora i tuoi figli sono grandi; non hanno più bisogno di te; perché sei tornata. La dominanza della necessità e del giudizio la rinchiudono in uno scafandro di solitudine.
In Italia la dominanza è la formalizzazione di un contratto di lavoro. Che in realtà è un patto con il quale la lavoratrice si impegna alla presenza, all’attesa e alla pazienza. E alla sopportazione delle condizioni avverse dovute ai guizzi di arroganza degli assistiti. Non di tutti, ma di alcuni. Basta un maltrattamento per condizionare la percezione della qualità della vita presente e futura della badante. Umiliare una persona anche una sola volta significa inquinarne fiducia e disponibilità. La prima signora assistita è arrogante e pretenziosa. Nella sua casa si mangia poco e si lavora molto. Vasilica mangia di nascosto. La seconda persona è una milanese di origine borghese che trasmette a Vasilica l’interesse per la lettura e per la cultura. Le dona la seconda anima, anche se la prima assistita le ha già graffiato gli occhi condizionando la sua visione futura della permanenza in Italia. La terza donna è una donna del sud ricoverata in un ospedale del nord, rappresentata più dalla sua fisicità che non dalla sofferenza e dagli interessi intellettuali. La donna è il suo corpo. In una sintesi ideale le tre donne rappresentano le tre ferite della vita migrante delle badanti: lo stato di servitù, la lontananza da tutto ciò che è pensiero e cultura e il congelamento dell’affettività. Graficamente la dominanza è rappresentata dalla diversa dimensione dei corpi della badante e dell’assistita: nel suo immaginario la badante giganteggia contro la figura sdentata e arrogante della prima anziana. E’ il sogno del riscatto. Nei fatti, la badante Vasilica non urla e non sovrasta la persona. L'urlo non si trasforma in realtà, ma permette alla lavoratrice di sopravvivere psicologicamente alle angherie rifugiandosi nell’immaginazione della riscossa.
Le dimensioni tornano graficamente in equilibrio quando un brandello di relazione umana si profila nella quotidianità del lavoro di cura. E quando all’orizzonte relazionale si affaccia un gruppo di altre lavoratrici con le quali la protagonista esercita la lingua italiana, parla in rumeno nei momenti di stanchezza, sfugge al passato e sbircia nel futuro.
A un certo punto della vita italiana Vasilica incontra Bogdan. Lui la capisce; lui conosce la vita italiana. Se siano innamorati non si sa. Ma si comprendono. Hanno lo stesso codice culturale rimodulato. Bogdan è molto diverso dal marito dal quale si è allontanata per motivi di lavoro. A lui mostra sprazzi di emozione, che riaffiorano quando il lavoro le permette di pensare a se stessa e a ciò che le sta intorno, di rivedere il passato con sguardo critico, seppure sofferente.
Il ritorno a Iasi, in Romania, è un’immersione pericolosa e quasi senza ritorno. Un’immersione senza respiratore. E’ un’immagine mentale proposta a più riprese dall’illustratrice. La dispersione delle energie nelle profondità liquide di un passato vincolante e viscido che sembra impedire la risalita.
“In apnea. E’ così che mi sono sentita da quando sono tornata in Romania. Ho scoperto di avere questa cosa, questa Sindrome Italia. Anche io, sì, come tante donne, partite e tornate. Si insinua ovunque, tre le pieghe della tua vita. E rimane lì, silenziosa. Poi a un certo punto inizi a sentirla, quella sensazione liquida, e da quel momento non puoi fare a meno di sentirla addosso sempre, nella pelle, dentro le ossa. Fino a sommergerti interamente. E non lasciarti più.”, dice Vasilica.
Sindrome Italia
La sindrome Italia è il nome dei sintomi riscontrati in alcune pazienti con vissuti di migrazione e di permanenza in Italia come badanti: tristezza, insonnia, depressione. E’ il disagio profondo espresso da Vasilica. Il nome glielo hanno dato due medici psichiatri ucraini dell’Istituto psichiatrico Socola di Iasi perché la migrazione per lavoro in Italia era ed è un dato comune alla storia delle pazienti.
Si tratta di una reazione articolata a sfondo depressivo dovuta a senso di sradicamento, forse profondi sensi di colpa verso la famiglia di origine e sicuramente difficoltà di adattamento a una cultura e a un diverso stile di vita, oltre ad uno sradicamento professionale. Facile scrivere da fuori un elenco delle motivazioni. Gli effetti delle migrazioni in Italia sono state e sono molto articolate. Agli effetti nefasti, indicati dagli psichiatri ucraini, si alterna la possibilità di riscatto sociale ed economico per molte di loro che, senza la migrazione, avrebbero vissuto il percorso obbligato di vite sacrificate, costrette ad un volo tarpato. E’ la contraddizione degli effetti della migrazione: il riscatto sociale attraverso la migrazione, comunque si profili, spesso costa la fatica dello sradicamento.
Da umana a rana.
Graficamente la sindrome Italia è rappresentata dalla trasformazione fisica di Vasilica, a partire dalla prima esperienza di lavoro a Palermo. Il corpo si allunga, il viso si assottiglia e prende la forma di una testa di rana. Una donna rimpicciolita che diventa una rana. Tiziana Francesca Vaccaro, autrice e attrice, ha portato in scena lo spettacolo teatrale “Sindrome Italia. O delle vite sospese.” Nel libro la trasformazione del corpo è il segnale dei primi sintomi del disagio psicologico e fisico definito dagli psichiatri ucraini. Per l’autrice la scrittura della sceneggiatura del graphic novel è stato un viaggio di ricerca e creazione, costruito grazie alle testimonianze raccolte dalle lavoratrici migranti prestate al lavoro di cura. Il teatro, laboratori condotti in diversi teatri italiani, il libro: sono strumenti per una comunicazione ponte tra gli assistiti e le comunità di riferimento e loro, le badanti o assistenti familiari o lavoratrici domestiche. Il lavoro della badante è un lavoro delicato. Perché in stretta relazione con l’intimità delle persone e delle famiglie. “La Sindrome Italia è l’espressione del linguaggio della sofferenza che vivono donne migranti collocate in forte marginalità sociale.”, scrive l’autrice. Solitudini nomadi alla ricerca di un attracco emotivo: il disegno è più diretto della scrittura. Il teatro è la medicina capace di inoculare la catarsi alla società. Che non può dirsi civile se dimentica le sofferenze di chi la abita. Autoctono o migrante che sia.
Tiziana Francesca Vaccaro, Elena Mistrello: Sindrome Italia. Storia delle nostre badanti, Becco Giallo, 2021

(Link rubrica: La Biblioteca del lavoro e lavoro migrante ” https://gazzettadellemilia.it/component/search/?searchword=francesca%20dallatana&searchphrase=all&Itemid=374
https://www.gazzettadellemilia.it/component/search/?searchword=lavoro%20migrante&ordering=newest&searchphrase=exact&limit=30)
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