Domenica, 06 Luglio 2025 06:37

La Biblioteca del lavoro: Eugenio Raspi In evidenza

Scritto da Francesca Dallatana

Romanzo di fabbrica. Steel writing

Di Francesca Dallatana Parma, 6 luglio 2025 -

La scrittura è onesta e dura. Non discrimina. Sai scrivere oppure no. Questione di penna. Niente mezze misure. Non teme il sonno. Perché sa di risorgere. Quando le condizioni della vita lo richiedono. Eugenio Raspi è un operaio dotato di scrittura decisa, tenace ed essenziale. Descrive il lavoro di fabbrica come nessuno scrittore di professione saprebbe fare. Suggerisce un’analisi sociologica come nessun altro, dalla lontana scrivania di un’accademia, avrebbe potuto.  “Inox”, romanzo pubblicato da Baldini e Castoldi nel 2017 è un documentario di fabbrica e la cronaca quotidiana delle squadre di lavoro.

Emozioni e forni.

Un giorno, un turno di lavoro. Ogni volta, la fatica dell’inizio. Combattere con il sonno, affondare nel silenzio del mattino quando si fa la fila all’acquasantiera della macchina marcatempo a timbrare il cartellino. Le ore del turno hanno un palcoscenico e un back stage. Si devono fare azioni, lo si deve dimostrare e comunicare. Tra le pieghe di ciò che si fa formalmente per l’azienda si stempera la vita di fabbrica sommersa. Una sigaretta arrotolata con qualche foglia di marijuana quando si è lontano dallo sguardo del capo-turno; un atto autoerotico; quando possibile un incontro fisico vero e proprio. Le fogne delle fabbriche sono come quelle delle città: dicono tutto quello che non si vede ma succede. La squadra C del forno 3 è un gruppo coeso e omogeneo all’apparenza come tutte le squadre di lavoro. Nei fatti le dinamiche di relazione intra gruppo sono dense di invidie e di fatti che non si dicono. Molto più di quanto una fotografia istantanea possa mostrare. Chi fa parte del gruppo di operai della fabbrica è privilegiato rispetto a chi sta fuori.  Chi è in turno ed è sottoposto al pulviscolo di nichel e di cromo vorrebbe andarsene senza sapere dove ma smetterla con il tran tran quotidiano dei turni. Che a lungo andare è la riproduzione di uno schema sempre uguale come fosse una galera dell’esistenza umana, un inscatolamento delle possibilità di un futuro ignoto ma diverso e possibile. Le emozioni bruciano nel forno e insieme ai rottami selezionati e alle ferroleghe diventa acciaio inox nei fogli arrotolati in attesa di essere trasferiti ai produttori di cucine e di lavelli e di macchine industriali. Le emozioni vanno in fumo nel tempo dei turni e dei noi detti trattenuti e nel privato delle stanchezze individuali. Il gruppo di lavoro della squadra C è composto da sei persone, due al carroponte e gli altri quattro ai forni. I due ai carroponte sono molto diversi tra di loro e non solo fisicamente. Il capo squadra è il fratello dell’amministratore delegato. Una parentela a tratti facilitatrice e a tratti scomoda. E’ il tempo di lavoro trascorso insieme alla squadra a rendere il caposquadra operaio tra gli operai e con gli operai. Il lavoro che si fa ogni giorno è come la scrittura: onesto e duro. Democratico, fino a che una variabile interveniente non scardina l’ordine costituito.

Incidente di percorso.

Un incidente ai forni rompe la routine. L’alternanza regolare dei turni è sconvolta da un grave evento che ha come conseguenza: danni sulle persone, sulle cose e sui ruoli. Si cerca il capro espiatorio. Come spesso accade viene individuato chi ha meno tutele e per diversi motivi risulta meno funzionale al gruppo per peculiarità caratteriali oppure per modalità della prestazione di lavoro oppure per entrambe le cose. Il capo squadra Sergio rimane al suo posto. E’ pur sempre il fratello dell’amministratore delegato. Giulio, l’addetto alla gru, è trasferito, demansionato e allontanato dal gruppo. Bollato di nota di biasimo grave. Lo stigma glielo riconosce in modo strisciante anche il gruppo di colleghi, plaudenti rispetto alla decisione imposta dal vertice. “Senza Giulio si lavora meglio. Il clima è migliorato.” Se sia una percezione oppure un fatto non è dato sapere perché in una situazione post evento traumatico l’emotività è pervasiva e annulla lucidità e ragionevolezza. Intanto la fabbrica passa di proprietà in proprietà: capitali stranieri si succedono nell’acquisto. Prima i tedeschi, poi i russi. ThyssenKrupp prima: come realmente è stato per Acciai Speciali di Terni. I russi: poi. Il secondo passaggio è pura fantasia letteraria. Di padrone in padrone, rimangono gli operai che sfilano in silenzio ai tornelli del mattino. E forte si profila la dinamica familiare che ha favorito il caposquadra e gli ha permesso di rimanere al suo posto e al pregiudizio strisciante trasformato in evitamento e in esclusione dal gruppo del capro espiatorio. L’amministratore delegato e il caposquadra sono legati dalla genetica e dal favoritismo imposto dall’alto al basso e niente altro. Le visite al padre malato e la descrizione del funerale sono pagine di alta letteratura. Significative e potenti: dicono quanto il ruolo allontani dalla visione concreta e quotidiana della vita e della relazione. L’amministratore delegato è rinchiuso nella sua torre di potere. E il caposquadra, nonostante geneticamente contiguo al vertice aziendale, è operaio con gli operai. Chiede la riabilitazione del collega gruista allontanato dal gruppo ed esige una risposta. Che non ottiene. Il potere divide se chi lo gestisce finisce per credersi organizzazione e con l’identificarsi con l’idea astratta del potere stesso. Il narcisismo è un fenomeno subdolo e inquina anche le organizzazioni.

Letteratura industriale.

Il libro è una testimonianza della vita e del lavoro all’interno delle fabbriche non altrimenti riproducibile. La letteratura è un potente mezzo di trasmissione. Si è portati a considerare banale e scontato il lavoro quotidiano nei reparti produttivi delle fabbriche. Perché teoricamente alla portata di tutti. Chi sta fuori e non conosce il lavoro di fabbrica ignora le dinamiche relazionali.  La sicurezza, l’addestramento formale delle nuove reclute e quello informale, l’omertà, il supporto solidale, la fiducia: la fabbrica rende più forte le competenze trasversali; qualche volta le scardina senza preavviso.  E’ una grande palestra di vita che richiede regolarità ma anche capacità di negoziare e rivendicare lo spazio della dignità. Eugenio Raspi ha lavorato e vissuto a Terni presso lo stabilimento siderurgico per anni. Fino al licenziamento. Anche per lui la rottura del rapporto di lavoro è stato un trauma. La letteratura è la terapia, che permette di rivedere criticamente le esperienze e i fatti e di osservare da fuori il film di lavoro vissuto da dentro. Empatico ma lucido, partecipato ma obiettivo. Il libro dimostra che la fabbrica è fucina di talenti. Il silenzio del lavoro, l’attenzione dedicata ai processi lasciano in folle una parte della mente che elabora pensiero, che trattiene informazioni, che cambia punto di vista e osserva ciò che gira intorno prima con lo zoom della presenza empatica quindi con il grandangolo della giusta distanza. Operai si diventa. E dalla condizione operaia ci si può allontanare. Il distacco di Eugenio Raspi rappresenta un atto di generosità sociale. Senza contributi letterari come “Inox” la fabbrica rimarrebbe un ghetto confinato al margine estremo delle città e lontano dall’immaginario collettivo. Per chi non la frequenta. Ma soprattutto per chi crede di conoscerla senza averla mai vissuta da dentro. L’autore ha semplificato i processi produttivi, molto più articolati e complessi di quanto la narrazione dica. “Inox” non è un manuale tecnico. E’ un romanzo di fabbrica. Lo scrittore ha osservato e descritto mantenendo la giusta distanza, rispettoso del lettore e in nome di un ritmo narrativo capace di trattenere l’attenzione sulla sequenza delle scene. Il lavoro è duro e pericoloso. Meno pericoloso di quanto scivolose e subdole siano le relazioni tra esseri umani. La penna d Eugenio Raspi è dura e resistente. Conduttrice di calore, cioè di empatia. Stesse caratteristiche dell’acciaio inox.  Per raccontare una storia di lavoro.

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Eugenio Raspi, Inox, Baldini&Castoldi, Milano, 2017

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