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Martedì, 29 Novembre 2022 07:06

L’angolo letterario: “Tutto un rimbalzare di neuroni” edito dalla Einaudi. In evidenza

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Foto di repertorio - PH. Francesca Bocchia Foto di repertorio - PH. Francesca Bocchia

L’autrice è Vanessa Ambrosecchio.

Di Francesco Graziano Bologna, 28 novembre 2022 - Chiunque di noi prenda in mano un vocabolario e facesse quell’esercizio diventato desueto di andare a ricercare una parola per coglierne il significato, alla voce omògrafo troverebbe scritto: “ Detto di parola che presenta la stessa scrittura ( e spesso anche la stessa pronuncia) di un’altra, rispetto alla quale ha però significato diverso”.

La definizione è perfettamente calzante a tanti elementi del nostro lessico, oggi prenderemo in esame quello di libro.

Le avventure erotiche di diverse sfumature di un miliardario newyorkese con una giovane e, mi dicono, all’inizio timida e casta ragazza non sono un libro, né tantomeno letteratura ma qualcosa d’altro; premessa d’obbligo: sia detto senza nessuna spocchia, chi scrive non crede nella divisione tra cultura ‘ alta’ e cultura ‘ bassa’, quelle storie – diventate seriali- semplicemente rappresentano un prodotto commerciale per un certo tipo di pubblico.

“ Tutto un rimbalzare di neuroni” della Professoressa Vanessa Ambrosecchio edito dalla Einaudi è un (L)ibro che sconfina nel terreno vasto e meraviglioso dell’autentica e leggera, nel senso Calviniano del termine, letteratura, oggi sempre più difficile da trovare data l’offerta del mercato che sembra allargarsi sempre di più.

Cosa racconta questa perla della narrativa italiana contemporanea? Le ( dis) avventure di una docente alle prese con i suoi allievi di una scuola media di Palermo ai tempi della DaD.

Sia per i genitori che per gli alunni e, Ca va sans dire, soprattutto per i professori, l’ingresso di questo misterioso acrostico ha rappresentato uno spartiacque il quale ha segnato una frattura per cui negli anni a venire si parlerà di una scuola pre e post Covid. Già, ma cosa volevano intendere con DaD? Docente ammazza discente? Oppure discente ammazza docente? No, su indicazione del ministero dell’Istruzione ecco fare il suo ingresso la oramai, entrata nel parlato comune, didattica a distanza. Certamente ha ragione l’autrice quando sostiene che questa forzata mutazione della scuola  ha portato via quella dimensione comunitaria, quella concretezza dei corpi, quello spazio reale in cui incontrarsi, scontrarsi, condividere arrivando così ad assumere il sembiante di una scuola meno dove al posto di sorrisi e bronci ci si è trovati a combattere con ologrammi e file.

Senza rivelare troppo leggendo le pagine di questa scrittrice siciliana ci accorgeremmo che, in fondo, il lavoro del professore non è cambiato; naturalmente se ne può discutere ma l’importanza del ruolo di Guida per un allievo, per chi ancora crede in questo mestiere da sempre bistrattato dalla politica e oggi più che mai sottovalutato – ahimè – dagli stessi genitori, non è venuto meno.

Stimolare allo studio, andare alla ricerca del proprio talento, anche piccolo, ma che ti renda unico è uno sforzo che quotidianamente docenti di ogni ordine e grado compiono e ce lo conferma la stessa Ambrosecchio parlandoci di un suo allievo.

Teotista; un giovanotto adocchiato da una squadra di basket.

Con un colpo di genio la Professoressa ha trovato il modo per fargli aprire il libro di grammatica. Scrive a pagina 16 l’autrice: “ E se poi diventi famoso e ti intervistano?- L’argomentazione è cogente. Allora ci si mette, e quando ci si mette, Teotista, le cose le capisce al volo. All’andata. Per il volo di ritorno, le ha già dimenticate. Vederlo giocare ai tornei scolastici è uno spettacolo. Teotista ha trovato presto la sua strada. Il punto adesso è non smarrirla”. Tanti altri personaggi meravigliosi animano questo libro ma per ragioni di spazio e per non togliervi il piacere della lettura non possiamo narrarveli tutti.

Rimane però da chiedersi: Che cosa rimarrà della didattica a distanza? Solo un cieco potrebbe negare che la DaD non abbia causato diversi ostacoli, soprattutto in contesti- come quello restituitoci dalla Ambrosecchio- in cui si è tradotta in un abbandono scolastico e nel cosidetto “ Learning Loss” ossia impoverimento formativo. Bisogna anche chiarire, in tutta onestà, senza prese di posizione partigiane che questa situazione “ da film” in cui noi tutti ci siamo venuti a trovare non è il risultato di un capriccio ma un tentativo di porre un argine ad un’emergenza sanitaria che ha lasciato ben poche soluzioni. Inoltre la presenza fisica di per sé sola non garantisce che l’azione formativa approdi al giusto porto.

Guardando alla storia della scuola ( chi ha avuto genitori o parenti professori lo sa bene) è provato che è esistita una didattica in presenza la quale ha sortito l’effetto di allontanare la cattedra e lo studente.

Buona parte del mondo formativo italiano ha sfruttato in modo intelligente la nuova modalità di ideare la lezione. Specificamente dovrà per forza di cose essere ripensata la relazione con le tecnologie. Sono stati compiuti degli studi ( Mesa; Triani 2021) sulla percezione che i giovani tra i 18 e i 33 anni hanno delle abilità possedute dai propri docenti: il 73,5% e il 72,2% degli intervistati ritiene che i propri docenti abbiano “ un possesso sicuro dei contenuti” che trasmettono e la capacità di comunicarli, solo il 46,5% riconosce in loro la dimestichezza di adoperare le nuove tecnologie per l’attività didattica.

L’invito allora è quello di non vedere le cose in modo binario: scuola in presenza uguale  bene assoluto e scuola in lontananza male indiscutibile; ciò che bisogna fare è ripensare il proprio ruolo, riadattarlo al momento storico per tenere in piedi quel fortino di resistenza contro l’ignoranza dilagante che è la nostra scuola.

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