Sabato, 04 Settembre 2021 00:52

CINQUE (E PIÙ) MOTIVI PER CUI È IMPOSSIBILE NON AMARE PSYCHO In evidenza

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Mi è sempre piaciuto leggere i libri dei film che ho amato. Ma stavolta era impossibile.

Ho aspettato tanto quel momento.

Mi è sempre piaciuto leggere i libri dei film che ho amato. Ma stavolta era impossibile.

Psycho di Arthur Bloch in italiano era ”fuori produzione” da un bel po’ di anni. Introvabile in edizioni polverose e usurate precedenti.

So cosa stai pensando ma no, non l’avrei mai letto in lingua originale.

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Quindi appena l’ho visto sugli scaffali della mia libreria di fiducia quasi non ci credevo. Senza pensarci due volte l’ho acchiappato e, sbandierandolo orgogliosa come fosse un trofeo in forma di ventaglio d’oro, sono corsa alla cassa quasi dovessi assicurarmi l’unica copia del mondo.

É MIO, É MIO.

E così due anni fa Psycho è tornato a deliziare gli occhi, le mani e le menti dei lettori italiani.

Ho iniziato a leggere Psycho con molta aspettativa. Doveva tener testa all’inimitabile cult di Alfred Hitchcock.

Sì, inimitabile. Non prenderemo in considerazione il remake del 1998 di Gus Van Sant. Mi spiace, sono un’inguaribile testarda nostalgica.

Così come continueremo a chiamarlo volutamente Psycho, come vuole il libro e il titolo originale della pellicola, e non Psyco nella sua versione cinematografica italianizzata.

Devo ammetterlo, ho arrancato tanto pagina dopo pagina.

Sarà che scorrendo la carta visualizzavo automaticamente le scene in bianco e nero (in particolare il sorrisetto di Norman Bates - Anthony Perkins). Sarà che scorrendo la carta, queste scene anticipavano inesorabilmente le parole. Sarà che le parole sulla carta non scorrevano affatto.

L’ho chiuso a metà.

Ma come per tante cose nella vita, c’è un tempo per tutto. Ogni cosa a suo tempo, si dice.

Per me, il tempo di questo libro è oggi.

Ho ripreso la copertina nera, la scrittura grande, la carta spessa in mano proprio per scrivere questo articolo. E finalmente sono riuscita ad arrivare alla fine.

No spoiler, non ti preoccupare. Devo dire che…

CINQUE COSE CHE TI COLPIRANNO DI PSYCHO
(da non leggere dentro la doccia)

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1 - Il libro scava dentro al personaggio molto meglio del film.

Ovvietà, no? Invece non è sempre così. Ci sono film che riescono a delineare i personaggi quasi-come o come il libro. O che danno quel tocco di personalità in più al protagonista cartaceo.

In questo caso però le righe scavano dentro Norman Bates più delle diapositive. Sicuramente complice il fatto che poter leggere i dialoghi senza sentirne il tono e… la tonalità di voce non ti fa pensare a cosa possa (o non possa) succedere.

È dalle parole scritte che si può intuire la psicosi che preannuncia il finale. È dalle parole scritte che la psicosi trasuda dalle frasi di Mamma Bates. Ma niente spoiler, te l’ho giurato.

2- La figura principale ha vita breve.

Quante volte abbiamo visto morire il protagonista ad un terzo della trama? Molte poche, è così? Psycho è speciale anche in questo. Tutto ruota attorno alle vicende di Marion Mary Crane, impiegata insoddisfatta e donna insoddisfatta, a cui si presenta una golosa occasione: rubare quarantamila dollari. In viaggio con la cospicua quantità di banconote, macina centinaia di chilometri in direzione del suo fidanzato epistolare, con il quale spera - grazie al nuovo fortunato gruzzolo - di costruire un domani più roseo ed appagante.

Sappiamo tutti come si mette: stanca della guida e della tensione che si sente pressare addosso, si ferma per la notte al Bates Motel. È qui che succede il fattaccio. Nonostante l’omicidio della protagonista, è comunque lei che permette il proseguimento del film: dalla sua ricerca, all’entrata di nuovi personaggi, all’evoluzione conoscitiva di Norman e Mamma.

3- La forza di Psycho non è la trama.

Nonostante il colpo di scena inaspettato, che si vale senza ombra di dubbio la lettura e la visione, la forza di Psycho non è la trama. Cos’è allora? La suspance. Quell’atmosfera che si crea attorno alla vicenda irrisolta, di cui cerchiamo di anticipare mosse e risultati. Quell’emozione per cui ci ritroviamo, a volte (ma solo a volte, e solo un pochino) a parteggiare e ad intenerirci per il colpevole.

Se poi si parla del film, la forza di Psycho è la maestria della regia. Ce lo spiega proprio il fenomenale Hitchcock in un’intervista con François Truffaut:

“In Psycho del soggetto mi importa poco, del personaggio anche; quello che mi importa è che il montaggio, la fotografia, la colonna sonora e tutto ciò che è puramente tecnico possano far urlare il pubblico. [...] Non è un messaggio che ha incuriosito il pubblico. Non è una grande interpretazione che lo ha sconvolto. Non è un romanzo molto apprezzato che l’ha avviato. Quello che ha commosso il pubblico è stato il film puro”.

E ancora…

“La struttura del film è molto interessante ed è l’esperienza di manipolazione del pubblico più appassionante che io abbia mai fatto. Con Psycho mi sono comportato con gli spettatori come un direttore con la sua orchestra, era proprio come se stessi suonando un organo”.

4- È sempre questione di sliding doors.

Come nella vita reale, anche in Psycho ricorre l’elemento del “... e se…?”.

Marion Crane è una donna di sani principi ed alta morale. Non è certo il tipo di persona che prende i soldi e scappa. Non ci pensa due volte quando impugna incosciente il malloppo di banconote. Ma dopo ore e ore di guida che l’hanno già portata lontano, bruciano in lei i sensi di colpa e i rimorsi di coscienza. A mente fredda decide che la sua mossa è stata decisamente azzardata, fa i conti col tempo e si accorge di avere ancora la possibilità di rimediare senza che nessuno si accorga del furto. Ebbene sì: arriviamo al punto in cui Marion decide di tornare indietro col denaro, quello stesso denaro che l’ha condotta al Bates Motel per riposarsi prima di arrivare alla meta della sua fuga. Deliberata la scelta di voler tornare sui suoi passi e rimediare alle conseguenze della colpa di cui si è macchiata, in quello stesso motel viene uccisa. Non c’è spazio per la redenzione.

Da lettrice, la sensazione opprimente che ho provato è stata inesorabilmente una serie di “ma se…” (sensazione che, da nostalgica appunto, mi accompagna poco lieve in maniera ricorrente).

Se Marion Crane non avesse rubato i soldi, se Marion Crane non fosse scappata lontano, se Marion Crane non si fosse fermata per riposare al Bates Motel… sarebbe stata libera di tornare indietro, avrebbe potuto vivere una vita migliore, avrebbe potuto vivere.

Questo espediente narrativo addolcisce noi lettori, ci rende più solidali con la protagonista e con l’intera vicenda. Ci avvicina ai personaggi, per i quali iniziamo a tifare, parteggiare, remare contro, ad odiare. 

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5- Leggende narrano che…

Passiamo alle cose frivole, ai pettagolezzi, alle curiosità. Ecco una serie di retroscena e voci di corridoio che non possiamo fare a meno di sapere sul film (e io di raccontarti).

L’Anti-Spoiler. Pare che Sir Alfred Hitchcock abbia acquistato non solo i diritti del libro di Bloch (per l’umile cifra di novemila dollari), ma anche una cospicua quantità di copie dello stesso affinché… nessuno potesse rovinarsi il finale del suo film con la lettura.

L’assassino è il fruttivendolo. Ebbene sì, non è il maggiordomo. Di che parliamo?! Il suono dell’accoltellamento sotto la doccia è stato replicato pugnalando… un melone.

Per gli amanti del cioccolato. La pellicola in bianco e nero non è un caso. Non fu scelto volontariamente la versione in colori per aggirare preventivamente una possibile censura per le scene più cruente. Ma non tutti sanno che… il liquido che simula il sangue sotto la doccia è cioccolato fuso.

Anche l’arte vuole la sua parte. Ok, il detto non era proprio così ma mi serve per svelarti che Casa Bates… è ispirata al dipinto di Edward Hopper “House by the Railroad”.

Questione di intimo. Nulla è lasciato al caso dal Maestro del Brivido. Per le scene in cui Mary/Marion è ancora un’annoiata ma innocente donna, sceglie un reggiseno bianco. Dopo essersi macchiata del furto, per indicare la colpa, indossa dell’intimo nero. Ti dirò di più: pare che Hitchcock decise di far acquistare il suo abbigliamento di scena in semplici negozi alla portata di tutti, affinché il pubblico femminile (e non) si potesse immedesimare di più nella sua condizione.

E tu… quanto hai amato Psycho?

 

a cura di Giulia Orrù
(team parliamodilibri.it)