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Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza di Ravenna, in esecuzione di un provvedimento disposto d'urgenza dalla locale Procura della Repubblica, ha proceduto al sequestro preventivo del marchio di calzature "ISHIKAWA".

Il sequestro si colloca all'esito di una complessa attività di polizia economico-finanziaria condotta dalle Fiamme Gialle bizantine a contrasto dell'evasione fiscale internazionale, che ha consentito di individuare una ditta individuale il cui titolare, proprietario del citato brand, ha sistematicamente omesso di presentare le dichiarazioni fiscali, rimanendo completamente sconosciuto al fisco ed occultando gli ingenti guadagni derivanti dallo sfruttamento del noto marchio.

Le modalità attraverso le quali è stata perpetrata l'ingente evasione fiscale, calcolata in oltre 3,5 milioni di euro non versati nelle casse dello Stato, è stata puntualmente ricostruita dagli investigatori della Guardia di Finanza attraverso l'esecuzione di approfondite indagini finanziarie e di mirati controlli presso i clienti italiani della ditta ravennate.

Dalle indagini è emerso che, in una prima fase, i proventi derivanti dallo sfruttamento del marchio "ISHIKAWA", una volta incassati, venivano trasferiti su conti correnti intestati a terze persone per poi essere spostati su depositi bancari accesi negli Stati Uniti, in modo da renderli non aggredibili dal fisco italiano.
Successivamente, sempre allo scopo di sfuggire alle pretese dell'Erario pubblico, la proprietà del marchio "ISHIKAWA" è stata formalmente ceduta ad una società elvetica di cui, tuttavia, il titolare della ditta ravennate aveva la piena disponibilità, così trasferendo in Svizzera anche gli elevati diritti di royalties derivanti dall'utilizzo del brand, i cui prodotti sono distribuiti sul territorio italiano, europeo e statunitense attraverso una rete di esercizi autorizzati oltre che mediante il canale on line.
Infine, pur di fatto domiciliato a Ravenna, il titolare del marchio ha fittiziamente collocato in Svizzera anche la propria residenza, continuando così ad operare in Italia in completa evasione d'imposta.

Tutti gli elementi di prova acquisiti dalle Fiamme Gialle hanno permesso di ricostruire il consistente volume d'affari conseguito dall'impresa ravennate negli anni dal 2012 al 2014, quantificato in oltre 7,5 milioni di euro e mai dichiarato al Fisco.
Alla luce delle risultanze acquisite a seguito degli accertamenti sviluppati dalle Fiamme Gialle, il titolare della ditta individuale è stato segnalato per il reato di omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali alla Procura della Repubblica di Ravenna, la quale, a tutela del credito erariale, ha disposto l'urgente sequestro preventivo dei beni riconducibili all'indagato.
Il provvedimento ablativo, convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Ravenna, è stato eseguito nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza della città bizantina, che ha proceduto al sequestro del noto brand, la cui piena operatività proseguirà sotto la gestione di un amministratore giudiziario.

Pubblicato in Cronaca Emilia

Arrestato dalla Guardia di Finanza di Reggio Emilia un 25enne senegalese che per sfuggire ai controlli ha aggredito i Finanzieri. Durante la perquisizione della sua abitazione rinvenuti oltre 100 capi di abbigliamento contraffatti delle più prestigiose griffe.

Il Nucleo Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Emilia aveva correttamente individuato il percorso dei capi di abbigliamento contraffatti venduti abusivamente al mercato di Reggio Emilia: provenivano da abitazioni private di alcuni cittadini extracomunitari di Sant'Ilario d'Enza.

Per questo motivo sono stati eseguiti controlli nella zona e si è proceduto ad intercettare un cittadino di origini senegalesi dimorante in provincia di Reggio Emilia, il quale alla vista della Guardia di Finanza ha abbandonato la merce ed ha aggredito violentemente le Fiamme Gialle, procurando loro lievi ferite lacero-contuse, riuscendo a darsi alla fuga.

Le immediate ricerche attivate in zona hanno consentito, poco dopo, di pervenire al suo rintraccio nella zona di Gattatico ed al suo arresto per resistenza e violenza a pubblico ufficiale e per commercio di merci recanti marchi contraffatti.
La perquisizione eseguita all'interno dell'abitazione del senegalese ha consentito di rinvenire e sequestrare oltre 100 capi contraffatti recanti marchi di note griffe, tra le quali Nike, Adidas, Fred Perry, Napapijri, K-way, Colmar, Louis Vuitton, e Moncler.
La merce sequestrata, se immessa nel mercato, avrebbe avuto un valore commerciale di oltre 20.000 euro con implicazioni anche per la salute pubblica, in quanto priva di ogni garanzia in termini di sicurezza dei prodotti.

Pubblicato in Cronaca Reggio Emilia

Era ricercato dal 7 settembre 2016 il trentenne romano Alessandro SATTA, residente a Phoenix (USA), uno dei vertici – secondo la Corte distrettuale della Pennsylvania – di un'organizzazione criminale dedita allo spaccio negli Stati Uniti di considerevoli quantitativi di marijuana provenienti dal Messico, trasportati attraverso la California e distribuiti nell'area di Filadelfia.

Il latitante è stato arrestato nei giorni scorsi dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma nei pressi del Colosseo. Lo stesso si era sottratto al provvedimento di cattura emesso nel settembre del 2016 all'esito di un'indagine della D.E.A. statunitense, dalla quale era emerso il suo diretto coinvolgimento nella distribuzione di 450 kg di marijuana, per un valore di oltre 2,8 milioni di dollari.

L'individuazione del SATTA, ricercato dall'ufficio Interpol di Washington, è avvenuta grazie alla quotidiana attività di monitoraggio svolta, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, dagli specialisti del G.I.C.O. (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Roma, finalizzata a verificare la presenza nella Capitale di elementi di consorterie criminali dedite al narcotraffico.

Nell'occasione, sfruttando la conoscenza degli ambienti e delle dinamiche delinquenziali e, soprattutto, analizzando i social media, i militari del G.I.C.O. – in sinergia con il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale e con il II Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza – hanno scoperto che il narcotrafficante lavorava saltuariamente come guida turistica nell'area dei "Fori Imperiali" e, dopo qualche giorno di osservazione, lo hanno arrestato mentre dava indicazioni ad alcuni turisti americani.

Quello di SATTA è solo l'ultimo di una serie di arresti di latitanti internazionali effettuati dalle Fiamme Gialle di Roma.

Meno di due mesi fa era stato individuato e fermato, perché destinatario di un mandato di arresto europeo spiccato dal Tribunale di Barcellona, il cittadino pakistano ASHRAF Mohammad, ritenuto dalla Policia Nacional catalana il leader di un agguerrito gruppo criminale responsabile dell'importazione nel territorio iberico di oltre 15 kg di eroina.
Il pakistano, fuggito dalla Spagna nell'aprile del 2017, era stato riconosciuto dai Finanzieri mentre passeggiava tra le bancarelle del mercato di via Anagnina.

Negli ultimi due anni, la stessa "squadra" del G.I.C.O. ha arrestato altri latitanti di notevole spessore criminale che avevano scelto la Capitale come luogo in cui far perdere le tracce. Tra questi:
● il quarantacinquenne Angelo ROMEO, considerato esponente di spicco della nota
cosca di 'ndrangheta "Alvaro" di Sinopoli (RC), che era latitante dal maggio del 2015;
● il sessantunenne Marco Torello ROLLERO, inserito dal dicembre 2013 nella lista dei 100 latitanti più pericolosi, ritenuto uno dei principali broker mondiali della droga, legato a diverse cosche di 'ndrangheta e al centro di interessi illeciti di ogni tipo sull'asse Sud America-Marocco-Italia;
● suo nipote Andrea ROLLERO, considerato uno dei membri di un sodalizio criminale collegato alle temute cosche calabresi "Pelle-Nirta-Giorgi" alias "Cicero" di San Luca (Reggio Calabria).

 

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Pubblicato in Cronaca Emilia

GUARDIA DI FINANZA E INPS: INTERVENTI CONGIUNTI A CONTRASTO DELL'ILLECITA FRUIZIONE DI SGRAVI CONTRIBUTIVI E DEL LAVORO IRREGOLARE.
SEQUESTRATI ILLECITI PROFITTI PER CIRCA € 175.000, ACCERTATE VIOLAZIONI CONTRIBUTIVE, ASSISTENZIALI E FISCALI PER 1,8 MILIONI DI EURO, NONCHE' 52 POSIZIONI LAVORATIVE IRREGOLARI.

Nell'ambito di un ampio progetto di collaborazione tra la Guardia di Finanza e l'INPS per il contrasto al fenomeno del "sommerso da lavoro" e delle irregolarità ad esso collegato, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza ed i funzionari dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale di Modena hanno effettuato due interventi ispettivi congiunti nei confronti di altrettante società ubicate nei comuni di Sassuolo e Vignola.

I controlli sono stati eseguiti a seguito di una preliminare mirata attività di analisi di rischio e coordinamento svolta dal Comando Regionale della Guardia di Finanza dell'Emilia Romagna e dalla Direzione Regionale INPS. Tale attività di analisi, ulteriormente implementata e valorizzata durante incontri tenuti tra le fiamme gialle ed i funzionari INPS geminiani nel corso dei quali sono stati sviluppati gli elementi informativi raccolti a livello locale, ha permesso di individuare due società, connotate da profili di rischio, verso cui indirizzare l'attenzione operativa.

In particolare, nel corso del controllo effettuato nei confronti della società sassolese, i finanzieri della Compagnia di Sassuolo e i funzionari I.N.P.S. hanno scoperto che la stessa aveva impiegato nel corso del periodo oggetto di controllo oltre 50 dipendenti presso numerose aziende del comprensorio ceramico e del Nord Italia, in completa evasione d'imposta e senza versare i previsti contributi previdenziali ed assistenziali.

Nello specifico la società, pur assumendo dipendenti con regolari contratti di lavoro, provvedeva ad emettere buste paga con importi irrisori e l'indicazione di ore lavorative prestate sensibilmente inferiori rispetto a quelle effettive erogando, completamente in nero, cospicui compensi, in alcuni casi fino a dieci volte più alti di quelli riportati solo formalmente in busta paga. Con tale meccanismo la società versava contributi previdenziali di importo esiguo e, apparendo formalmente in regola, riusciva ad ottenere regolari certificazioni DURC, utili per accreditarsi presso le imprese committenti.

L'attività di controllo ha permesso di recuperare contributi previdenziali e assistenziali per oltre € 250.000,00; di accertare l'impiego irregolare di 52 lavoratori, di cui 1 completamente in nero. Sono state, inoltre, contestate ritenute fiscali non operate e non versate, a fronte dei compensi erogati "in nero", per circa € 50.000 ed è stata recuperata IVA liquidata ma mai versata dall'impresa alle casse dell'Erario per circa € 200.000,00.

Il controllo congiunto posto in essere dalle fiamme gialle della Tenenza di Vignola e dagli ispettori I.N.P.S. nei confronti di una società cooperativa ha permesso, invece, di individuare un insidioso meccanismo fraudolento perpetrato dalla stessa e finalizzato all'indebito ottenimento dell'esonero contributivo previsto dalle Leggi n. 190/2014 e n. 208/2015 (leggi di stabilità 2015 e 2016), volte a favorire forme di occupazione stabile a favore di lavoratori disoccupati. Tali disposizioni prevedono, infatti, quale meccanismo premiale, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per l'assunzione di lavoratori a tempo indeterminato a condizione che gli stessi non risultino essere stati assunti a tempo indeterminato nel corso dei sei mesi antecedenti.

I responsabili dell'illecito, proprio al fine di rispettare formalmente tale requisito, hanno posto in essere una vera e propria operazione "elusiva": in particolare, è stato fatto figurare che 112 lavoratori, provenienti da un'altra cooperativa collegata ove svolgevano attività lavorativa a tempo indeterminato, sono stati dapprima da questa licenziati per poi essere, dopo un solo giorno di distacco, assunti, prima a tempo determinato (6 mesi) e poi a tempo indeterminato, dalla cooperativa sottoposta a controllo, in modo tale da poter creare artatamente le condizioni per poter usufruire, indebitamente, del regime agevolativo.

L'attività di controllo si è conclusa con la denuncia alla Procura di Modena dei responsabili della cooperativa per l'ipotesi di reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche avendo ottenuto la cooperativa un indebito "risparmio" nel versamento dei contributi per oltre € 170.000 ed ha impedito che la società continuasse a fruire di tali sgravi per un ulteriore importo di circa € 1.000.000,00. La successiva attività di indagine, coordinata dal Sost. Procuratore della Repubblica dott.ssa Francesca Graziano, oltre alla denuncia anche della società per responsabilità dipendente dai reati commessi dai suoi vertici ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, ha portato, altresì, al sequestro (disposto dal G.I.P. presso il Tribunale di Modena) di disponibilità finanziarie per circa € 175.000, costituenti il profitto illecito delle condotte delittuose realizzate. Sono stati recuperati, inoltre, i contributi afferenti alle maggiori ore lavorative effettuate dai dipendenti ma non dichiarate ed irrogate le relative sanzioni per complessivi € 66.000 ed è stata accertata l'illecita somministrazione di manodopera da parte della società con l'irrogazione di una sanzione per circa € 22.000.

Le attività condotte confermano la trasversalità dell'azione di contrasto alla criminalità in tutte le sue espressioni (ed allo stesso tempo la trasversalità dell'azione di tutela) posta in essere dalla Guardia di Finanza e sono la concreta espressione della sempre più marcata connotazione sociale del ruolo di polizia economico finanziaria esercitato dal Corpo. Quindi, non solo contrasto all'impiego irregolare dei lavoratori, repressione delle frodi (truffe) perpetrate in danno delle casse dello Stato e accertamento di violazioni connesse a forme di evasione fiscale; ma anche e soprattutto tutela della collettività: delle imprese oneste che operano nella piena e completa osservanza della legge; degli stessi lavoratori occupati in maniera irregolare sprovvisti in tal modo delle dovute coperture contributive e fiscali; degli importanti scopi sociali ed economici perseguiti dal Legislatore con gli strumenti predisposti per sostenere ed incentivare l'occupazione (evitando che gli stessi vengano utilizzati da soggetti non aventi realmente titolo) nonché della leale e sana concorrenza tra i player commerciali operanti nello stesso mercato di riferimento.

Pubblicato in Lavoro Modena

Aveva costituito una ditta individuale per il commercio all'ingrosso di abbigliamento ed accessori, operante tra Milano e Casalgrande (RE), ma dopo aver nascosto al fisco, per alcuni anni, i propri redditi, chiude l'attività e si rende irreperibile. E' quanto accertato dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Emilia al termine di un'operazione avviata a seguito del rilevamento di numerosi indizi di pericolosità fiscale nei confronti di un imprenditore 33enne di origini cinesi, residente a Casalgrande (RE). In particolare, è stato accertato che l'imprenditore, negli anni d'imposta dal 2014 al 2016, ha nascosto al fisco redditi per circa 6,5 milioni di euro e commesso violazioni all'IVA per circa 1,5 milioni di euro, omettendo le previste dichiarazioni fiscali e, pertanto, è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Reggio Emilia per i connessi reati tributari.

Le indagini dei Finanzieri, rese difficili non solo dall'irreperibilità dell'imprenditore ma anche della documentazione amministrativo – contabile della ditta la cui conservazione è obbligatoria ai fini fiscali, sono state condotte facendo ricorso alle banche dati in uso al Corpo per la ricostruzione della posizione reddituale e proseguiranno per individuare eventuali ulteriori connesse situazioni di evasione fiscale.

Pubblicato in Cronaca Reggio Emilia

Si è conclusa nella mattinata odierna - con l'esecuzione di cinque misure di custodia cautelare e la denunzia a piede libero di ulteriori 13 responsabili – l'"Operazione "CocktOIL" che ha consentito di smantellare un'associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di prodotti petroliferi ed alla commissione di plurimi reati tributari e fallimentari.

Parma 13 marzo 2018 - Le indagini, durate ben due anni, sono state condotte sotto il coordinamento e la direzione della Procura della Repubblica di Parma, dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Parma e dall' Ufficio delle Dogane di Parma.

L'attività investigativa, eseguita anche mediante l'ausilio di attività tecniche, ha permesso di ricostruire le complesse attività fraudolente poste in essere da un sodalizio criminale che operava tramite due distinti impianti di distribuzione di prodotti petroliferi gestiti da altrettanti consorzi di autotrasporto di merci su strada con sede a Fontevivo (PR).

Oltre a ciò, l'organizzazione illecita poteva contare - nel resto del territorio nazionale - su altri soggetti con compiti e ruoli ben definiti.
Il fenomeno illecito ricostruito dagli inquirenti si è concretizzato nell'introduzione nel territorio nazionale di prodotti energetici classificati come "oli lubrificanti", fiscalmente assoggettati alla sola imposta di consumo, ma di fatto utilizzabili anche per l'autotrazione alla stessa stregua del gasolio che, tuttavia, per lo specifico uso, sconta il pagamento sia dell'IVA che delle accise, con un'incidenza sul prezzo finale di circa il 70%.

I meccanismi di frode posti in essere dall'organizzazione, al fine di sottrarre i prodotti all'imposizione e sfuggire ai controlli dell'Amministrazione Finanziaria, si sono progressivamente evoluti negli anni.

Nell'arco di tempo compreso tra il 2014 ed il 2015, i due consorzi hanno operato - tramite intermediari commerciali di comodo - acquistando partite di olio lubrificante in diversi Paesi comunitari, in genere dell'Europa centro-orientale, dove tale prodotto non è assoggettato ad imposta di consumo.
La merce raggiungeva l'Italia in regime di "transito", scortata da documenti, non monitorati dal sistema comunitario, che attestavano una fittizia destinazione in un altro Paese dell'Unione (in genere Grecia, Cipro e Malta).

Giunto in Italia, il conducente dell'autocisterna riceveva dall'organizzazione un falso Documento di Accompagnamento Semplificato (DAS), da cui risultava un trasporto di gasolio nonché, quale provenienza e destinazione, due vere e proprie società "cartiere", di fatto inesistenti.
Il prodotto raggiungeva così il sito industriale di Fontevivo, ove veniva scaricato ed immesso in consumo in completa evasione di imposta, con la conseguente alterazione del mercato e delle regole della corretta concorrenza.

Per regolarizzare la contabilità, erano poi adottati vari espedienti, tra i quali l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti emesse da società "cartiere" compiacenti nonché l'annotazione e la conservazione dei DAS falsificati.

A partire dal 2015, per ridurre i rischi derivanti dai molteplici passaggi intermedi, l'associazione ha modificato il meccanismo illecito alla base del sistema di frode, provvedendo a rifornirsi di partite di olio lubrificante, del tipo SN80, direttamente presso raffinerie nazionali.
Il prodotto, formalmente, era acquistato tramite la fittizia intermediazione commerciale di società dell'est Europa e destinato ad altri operatori dell'Unione Europea, così da legittimare l'estrazione dalla raffineria senza versamento dell'imposta di consumo né addebito dell'IVA in fattura.

Tuttavia, anche in questo caso, l'olio - scortato da un semplice documento di trasporto non monitorato telematicamente a livello comunitario - anziché uscire dal territorio dello Stato veniva dirottato a Fontevivo ed immesso in consumo illecitamente.

Le indagini hanno permesso di accertare che l'associazione criminale ha immesso fraudolentemente in consumo circa 5,4 milioni di litri di prodotto energetico, evadendo circa 7 milioni di euro per quanto concerne le Imposte Dirette, l'IVA e l'IRAP, nonché 5 milioni di euro di accise.
L'associazione, inoltre, si è resa responsabile del fallimento di uno dei due consorzi coinvolti, con il precipuo scopo di non assolvere agli oneri tributari e sottrarsi al pagamento di quanto dovuto.

Le cinque ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma su richiesta della Procura della Repubblica, sono state eseguite dalle Fiamme Gialle nei confronti dei principali responsabili del sodalizio, tutti di nazionalità italiana, residenti tra Parma e la Lombardia e gravati da numerosi precedenti penali, anche specifici.

Ulteriori 13 persone, con ruoli minori nell'illecita attività, sono state denunciate a piede libero.
Gravi i reati contestati: associazione a delinquere finalizzata alla sottrazione al pagamento delle accise sugli oli minerali ed alla commissione di reati tributari e fallimentari, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e falsificazione di documenti.

Tre società ed i relativi complessi aziendali sono stati sottoposti a sequestro preventivo.
Nei confronti di cinque degli indagati è stato inoltre operato il sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, di beni e disponibilità finanziarie per un importo complessivo pari a circa 3,5 milioni di euro.

L'operazione appena conclusa è senz'altro indicativa del costante impegno profuso dalla Guardia di Finanza e dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nel contrasto dei fenomeni fraudolenti perpetrati nello specifico settore, con la duplice finalità di tutelare la pretesa erariale e di preservare la correttezza del mercato.

Pubblicato in Cronaca Parma

8 marzo una donna, caduta accidentalmente nel Volano, è stata salvata dall'intervento di un Finanziare, l'Appuntato Scelto Matteo Palma, in forza alla Sala Operativa del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ferrara.

In particolare, intorno alle 14,30 di ieri, il militare udiva dalla sua abitazione delle urla provenire in lontananza dalla darsena del fiume Po di Volano: a una distanza di ca. 300 metri sulla sponda opposta del fiume notava, in prossimità della riva in una zona dal fondo melmoso, una donna di circa 60 anni che si dibatteva fra le acque gridando aiuto.

Il militare, senza indugio, si portava sul luogo e afferrava la donna, in gran parte immersa nel fango, con l'aiuto di una signora che nel frattempo era sopraggiunta in soccorso.

A causa della ripidità della riva, caratterizzata da un vero e proprio gradone che eleva la riva stessa rispetto al corso del fiume, non riuscendo a estrarre la donna dall'acqua, l'Appuntato Palma richiedeva l'aiuto di ulteriori soccorritori, giunti dalla vicina Canottieri, all'arrivo dei quali e con il cui contributo, portava infine la donna in salvo.

Intervenivano sul luogo per i rilievi del caso una pattuglia della locale P.S., i VV.FF. e un'autoambulanza.

Pubblicato in Cronaca Emilia

Dalle prime luci dell'alba i militari del Nucleo Speciale Polizia Valutaria in collaborazione con personale dei Comandi Provinciali di Bologna, Pescara e Vibo Valentia stanno eseguendo, su disposizione della Procura della Repubblica di Velletri, un'ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di nr. 7 persone tutte accusate,
unitamente ad altre 8 denunciate a piede libero, della commissione, in tutto il territorio nazionale, di reati inerenti l'illecito utilizzo di carte di credito clonate.

L'indagine ha tratto spunto da una comunicazione inviata dall'Ufficio sicurezza della società NEXI s.p.a. (già Cartasì S.p.A), che gestisce il circuito di pagamento con moneta elettronica, con la quale venivano segnalati dei tentativi di pagamento effettuati presso un'azienda di autotrasporti di Pomezia risultati anomali per l'entità dell'importo e l'origine estera della banca che aveva emesso le carte di credito utilizzate. L'informazione, così pervenuta al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, è stata inquadrata in un contesto più ampio in virtù delle specifiche informazioni istituzionalmente demandate al reparto.

L'analisi condotta dagli specialisti del Gruppo Antifalsificazione Monetaria e degli altri mezzi di pagamento (GAM) si è orientata ad esaminare le modalità con cui è stata eseguita l'operazione, approfondendo il profilo dei soggetti emergenti. E' stato così subito appurato che alcune carte di credito utilizzate nella circostanza erano state già adoperate per effettuare pagamenti, in frode, in altre località d'Italia. Sul versante soggettivo gli indagati, molti dei quali di origine calabrese, erano già noti al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, sia per alcuni precedenti specifici, sia perché presenti nell'archivio delle  segnalazioni di operazioni sospette antiriciclaggio assegnate per gli sviluppi investigativi al predetto reparto che, come noto, su tale versante opera a livello nazionale. Fin dalle prime indagini, quindi, l'analisi accentrata dei flussi finanziari ha consentito di correlare le singole condotte illecite ed i relativi responsabili con le informazioni provenienti dagli istituti di credito e con quelle istituzionalmente esaminate in relazione alle segnalazioni di operazioni sospette. Proprio dall'esame di alcune di esse si trovava conferma dell'operatività del gruppo criminale: risultava, infatti, una movimentazione anomala per una somma pari a novemila euro, bonificata da un agriturismo (punto compromesso) in favore di uno degli indagati in possesso di una carta di credito clonata.

Le informazioni così contestualizzate consentivano di rappresentare all'Autorità Giudiziaria un quadro completo delle frodi commesse e di avviare più penetranti attività di intercettazione che hanno consentito di ampliare il novero dei soggetti compiacenti e di disvelare il modus operandi attuato dai membri del sodalizio.

Nello specifico, l'attività criminale veniva realizzata attraverso la preliminare individuazione dell'esercente compiacente titolare di P.O.S. presso il quale effettuare i consistenti
"pagamenti" e, contestualmente ottenere dal medesimo la restituzione del denaro relativo alla transazione eseguita decurtato di una percentuale che veniva trattenuta dal titolare dell'esercizio.

Successivamente venivano effettuati tentativi di pagamento con diverse carte di credito dapprima per importi irrisori tesi a verificare il funzionamento dello strumento di moneta elettronica e, solo in caso positivo, per importi più consistenti. In una circostanza i criminali avevano provato ad eseguire, senza successo, presso un rivenditore di auto, un pagamento da 500.000 euro con una carta intestata ad un cittadino degli Emirati Arabi.

Le risultanze delle attività tecniche eseguite, in questo caso, venivano immediatamente riscontrate presso i gestori dei circuiti di pagamento con i quali il GAM ha quotidiani rapporti istituzionali e ciò, molto spesso ha consentito di bloccare il pagamento in frode, oltre che identificare i punti di pagamento compromessi. I codici relativi alle carte di credito clonate non hanno interessato soltanto vittime italiane ma anche soggetti residenti in paesi dell'Unione Europea ovvero in altre parti del mondo. Anche 
in questo senso, la conoscenza dei meccanismi della cooperazione internazionale ha consentito di risalire agli intestatari delle carte e ricostruire i loro spostamenti in Italia per confermare ulteriormente che nel periodo in cui erano state utilizzate, i soggetti non si trovavano in Italia.

In sostanza l'operazione odierna ha portato alla luce un sistema ben strutturato dedito al reperimento – sui canali nazionali e internazionali – di codici relativi a carte di credito clonate a danno di ignari titolari, poi utilizzati presso esercenti compiacenti i quali permettevano di "strisciare" le carte restituendo in contanti parte delle somme percepite. Il totale delle somme illecitamente transate ammonta a circa un milione di euro. Le indagini, svolte mediante il ricorso ad appostamenti, pedinamenti, analisi di segnalazioni di operazioni sospette inviate dagli istituti bancari, intercettazioni telefoniche e telematiche, hanno consentito di raccogliere numerosi indizi di colpevolezza in ordine a numerosi casi di frode perpetrata.

Il contenuto degli elementi di prova si è arricchito ulteriormente a seguito delle perquisizioni effettuate in tutta Italia, nel corso delle quali sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro diversi notebook, smartphone e tablet dalla cui analisi i finanzieri hanno potuto reperire nuovi elementi di dettaglio. L'esito delle investigazioni è stato riferito
all'Autorità giudiziaria inquirente che ha ritenuto di avanzare richiesta di misura cautelare per interrompere la commissione dei delitti in argomento.
L'operazione conclusa rappresenta il culmine dell'importante attività di tutela del cittadino nell'utilizzo dei moderni mezzi di pagamento.

Pubblicato in Cronaca Emilia

Agenzia delle entrate e Gdf individuano un giro di fatture false per 30 mln di euro Coinvolte anche imprese fornitrici di varie Pubbliche Amministrazioni
La Guardia di Finanza di Milano e la Sezione Lombardia del Settore Contrasto Illeciti dell'Agenzia delle entrate hanno individuato un articolato sistema di frode in materia di Iva che vede implicate diverse aziende, sia nazionali che comunitarie.

L'attività di indagine ha preso le mosse da controlli mirati dell'Agenzia delle entrate nei confronti di imprese abilitate al Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (Me.P.A.), operanti nel settore della fornitura di carta e prodotti per ufficio.

Si tratta di società che rifornivano, soprattutto, diverse Amministrazioni Pubbliche, tra cui la Guardia di Finanza di Milano, varie Aziende Sanitarie Locali, alcuni Comuni lombardi e piemontesi e la stessa Agenzia delle entrate.
I controlli effettuati hanno consentito di portare alla luce un sistema di evasione dell'Iva, con la conseguente alterazione del normale funzionamento del mercato e delle regole della concorrenza. Le attività di verifica sono state eseguite con il coordinamento della Procura della Repubblica del Tribunale di Milano, anche attraverso perquisizioni e sequestri di documentazione. Il sistema di frode, comunemente noto come "frode carosello", ha assunto una dimensione transnazionale, con il coinvolgimento non solo di 13 imprese nazionali, ma anche di 5 aziende comunitarie, operanti in Francia, Spagna, Belgio, Austria e Germania.

Nel corso delle analisi svolte congiuntamente dalla Guardia di Finanza e dall'Agenzia delle entrate, sono state individuate 10 società che hanno ricoperto il ruolo di "missing traders", ossia di società fantasma interposte tra i fornitori comunitari ed i reali acquirenti della merce.

L'ideatore della frode, F.S., anni 39 di Monza, poneva a capo delle compagini fittizie diversi "prestanome", sprovvisti di qualsiasi conoscenza dei meccanismi aziendali, alcuni dei quali già gravati da pregiudizi in campo penale tributario.

La creazione di questi sodalizi era finalizzata a emettere fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nei confronti di tre società, reali beneficiarie della frode, le quali si sono avvalse consapevolmente di un giro di false fatture per un imponibile di 30 milioni di euro. L'importo complessivo dell'Iva evasa dal 2010 al 2015 è di circa 14 milioni di euro.

L'attività investigativa ha portato a 14 denunce per violazioni della normativa penale tributaria e una per il reato di favoreggiamento, per le quali la Procura ha già chiesto il rinvio a giudizio.

Pubblicato in Cronaca Emilia

L'operazione congiunta OLAF e Guardia di Finanza di Chiavari - dipendente dal I Gruppo Genova - ha disvelato un intricato sistema di frodi, attraverso il quale sono stati sottratti oltre 1,4 milioni di euro di fondi dell'Unione europea.

Genova 16 febbraio 2018 - L'attività d'indagine - a carattere internazionale e che ha visto coinvolto società stabilite in Italia, Francia, Romania e Regno Unito - ha consentito di ricostruire il complesso meccanismo fraudolento anche grazie a una stretta cooperazione internazionale, assicurata tra il II Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza e l'Ufficio Europeo Anti-Frode (OLAF) della Commissione Europea, che aveva avviato un'indagine su presunte irregolarità in un progetto di ricerca e innovazione, finanziato con fondi dell'UE e gestito da un consorzio europeo.

Dalle investigazioni eseguite dalle Fiamme Gialle liguri e dagli investigatori OLAF è emerso che il gruppo di società interessato, guidato da una coppia di coniugi italiani, con partner in Francia, Romania a Regno Unito, avrebbe dovuto realizzare due prototipi di hovercraft, da utilizzare come veicoli nautici di emergenza in caso di incidenti ambientali.

A seguito di un controllo sul posto, eseguito in Italia dall'OLAF unitamente ai militari della Guardia di Finanza di Chiavari, non sono stati rinvenuti hovercraft perfettamente funzionanti, ma soltanto parti di uno scafo in vetroresina, un motore e vari componenti disassemblati.

Nel corso delle indagini è emerso che, per ottenere i finanziamenti, i due coniugi avevano falsamente attestato la sussistenza dei requisiti richiesti per l'esecuzione del progetto, a fronte di quella che in realtà era un'oggettiva inadeguatezza strutturale ed economica delle società a loro riconducibili.
Ulteriori attività, condotte nel Regno Unito dall'OLAF, hanno rivelato che il partner britannico esisteva solo sulla carta: la società era stata infatti costituita e gestita dalla stessa coppia di coniugi italiani che ha agito come leader del consorzio. Una volta ottenuti i fondi UE, i beneficiari italiani hanno utilizzato altre società, gestite da "prestanome" e sempre a loro riconducibili, per sottrarre le somme.

Per simulare l'effettivo sviluppo del progetto e distrarre i fondi, erano stati contabilizzati costi fittizi, attraverso l'indicazione nei bilanci delle società riconducibili alla coppia italiana, di falsi acquisti di carburante e rimborsi nei confronti dei soci. In pratica, gli imprenditori italiani utilizzavano degli artifizi contabili, creando documentalmente dei "falsi" debiti da parte delle società nei loro confronti, che poi venivano ricompensanti con prelevamenti "reali" di contanti.

L'analisi della documentazione bancaria eseguita dai finanzieri, attraverso l'esame di oltre 12.000 transazioni finanziarie e pagamenti effettuati nel progetto, ha confermato che parte dei fondi UE, ricevuti dai partner italiani e britannici del consorzio, era stata utilizzata per estinguere un'ipoteca accesa su un castello, oggi oggetto di sequestro da parte della Procura di Genova.

II castello apparteneva ufficialmente ad un'altra società britannica, originariamente costituita dalla stessa coppia italiana, le cui quote venivano, poi, cedute a una società statunitense, costituita nel Delaware.

In tale contesto, l'OLAF accertava che anche quest'ultima società statunitense era sempre riconducibile agli stessi coniugi italiani. Sulla base delle informazioni direttamente acquisite e di quelle fornite dall'OLAF, la Guardia di Finanza ha sottoposto a verifica fiscale le varie società riconducibili ai due coniugi-imprenditori.
Tra queste, anche una società di diritto inglese, che era stata fittiziamente localizzata all'estero per beneficiare di un regime fiscale più
vantaggioso di quello nazionale.

Le attività ispettive hanno consentito di constatare complessivamente quasi 2 milioni di euro di base imponibile sottratta a tassazione.

Gli indagati, che rischiano fino a trent'anni di reclusione, dovranno rispondere di malversazione e truffa ai danni dell'UE, falso in bilancio, bancarotta fraudolenta e dichiarazione fraudolenta.

Nei prossimi giorni la Guardia di Finanza invierà una segnalazione alla Corte dei Conti, al fine di quantificare il valore del danno erariale.

(In allegato le slide della conferenza stampa)

 

 

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Pubblicato in Cronaca Emilia
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