Martedì, 03 Marzo 2015 10:32

Modena - Cittadinanza onoraria al giudice Antonino Di Matteo In evidenza

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La presidente Maletti, don Ciotti, Di Matteo e il sindaco Muzzarelli La presidente Maletti, don Ciotti, Di Matteo e il sindaco Muzzarelli by comune.modena.it

Consegnate simbolicamente al giudice Di Matteo anche le chiavi della città. In municipio presente anche don Ciotti. Il magistrato è intervenuto in Consiglio dopo il conferimento del riconoscimento: "Uno stimolo per andare avanti nella ricerca della verità, perché senza verità non ci può essere giustizia e vera democrazia" -

Modena, 3 marzo 2015 -

Consegnata ieri a Modena la cittadinanza onoraria e le chiavi della città a Antonino Di Matteo, giudice antimafia "simbolo dell'Italia che resiste, non si arrende alla violenza e reagisce, facendo prevalere la legalità", come riportato nella pergamena consegnatagli, a nome di tutta la comunità modenese, dal sindaco Gian Carlo Muzzarelli e dalla presidente del Consiglio comunale Francesca Maletti.

"Oggi il giudice Antonino Di Matteo, uno dei più forti simboli della lotta contro le criminalità organizzate e per la legalità, diventa 'uno di noi'. Non solo la comunità e la città di Modena, ma tutta la provincia, si stringono simbolicamente attorno a lui". Con queste parole il sindaco Gian Carlo Muzzarelli ha salutato il giudice antimafia Antonino Di Matteo nella seduta del Consiglio comunale di ieri, ringraziandolo per aver accettato la cittadinanza onoraria di Modena anche a nome degli altri Comuni che avrebbero voluto conferirgli lo stesso riconoscimento.

Alla seduta erano presenti il prefetto Di Bari, il questore Capocasa, il procuratore aggiunto Musti, il senatore Vaccari (componente della commissione Antimafia), l'assessore regionale alle Politiche per la legalità Mezzetti, Enza Rando della presidenza di Libera, autorità civili e militari, sindaci e assessori dei Comuni di Castelfranco, San Cesario, Soliera, Bastiglia, Riolunato, Fiorano, Formigine, Bomporto, Nonantola, Prignano, Maranello, Ravarino e molte persone che hanno affollato le sale messe a disposizione in Municipio.

Dopo aver ricordato la conferma giunta dall'indagine Aemilia della fondatezza dell'allarme da tempo lanciato dalle istituzioni democratiche circa le infiltrazioni della criminalità organizzata sul nostro territorio, il sindaco ha sottolineato l'impegno a far fronte comune - istituzioni, associazioni, imprese e cittadini - per assicurare legalità e trasparenza attraverso impegni concreti e diffondendo la cultura e l'educazione per la legalità.

"È un onore, un conforto e uno stimolo vedermi conferita la cittadinanza di Modena, la nostra città medaglia d'oro per la Resistenza. Uno stimolo per andare avanti nella ricerca della verità, perché senza verità non ci può essere giustizia e vera democrazia" - si legge nella nota del Comune. Così il giudice Antonino Di Matteo ha commentato il conferimento della cittadinanza onoraria di Modena e la consegna delle chiavi della città.

"Questa iniziativa è la sottolineatura dell'essenza più autentica del ruolo di magistrato – ha aggiunto – che ci serve per ricordare un dato fondamentale: che il nostro non è un ruolo di potere, una professione improntata dalle esigenze di rispetto del tecnicismo giuridico, ma un servizio nei confronti della collettività". 

Il magistrato ha sottolineato che "il coraggio rappresenta l'antidoto più efficace contro l'espansione di quel cancro che è la mentalità mafiosa, quella del favore, della raccomandazione, dell'appartenenza alle lobby come veicolo per fare carriera e raggiungere posizioni di carriera sempre più significative".

Per Di Matteo "è fondamentale essere consapevoli dell'essenza della mafia: le organizzazioni mafiose non sono solo quelle incarnate da rozzi delinquenti dediti a estorsioni, omicidi o traffico di droga, ma da teste pensanti, nel cui dna c'è la capacità di relazionarsi e convivere pacificamente con il potere ufficiale: politico economico, istituzionale e imprenditoriale. La mancanza di questa consapevolezza – ha proseguito – ha contribuito alla facile espansione della mafia in tutta Italia e anche in territori finora immuni come questo. Perché sono tante le azioni che costituiscono la chiave attraverso la quale le mafie penetrano nelle istituzioni e c'è uno stretto connubio tra i reati tipicamente di mafia e altri, come quelli contro la Pubblica Amministrazione. Quindi – ha aggiunto rivolgendosi a consiglieri, assessori e sindaci presenti – soprattutto voi amministratori locali avete una possibilità di cambiamento enorme: se coltiverete l'approfondimento, la completezza delle informazioni, il fiuto per capire cosa si nasconde dietro a un'attività che viene proposta alla Pubblica Amministrazione, avrete la possibilità di dire no e di isolare i mafiosi ancora prima che si verifichino ipotesi di reato. Con forza, coraggio e passione per la verità e per l'antimafia – ha aggiunto – potrete sbattere la porta in faccia a chi si vuole impadronire del vostro territorio".

Di Matteo ha poi evidenziato che "il Paese è abituato a uno Stato che reagisce quando c'è il sangue dei morti per strada, un arresto eccellente o uno scandalo. Lo Stato non deve più giocare sulla difensiva, reagendo alla violenza mafiosa – ha affermato – ma deve fare prevenzione per debellare finalmente il cancro mafioso. Perché dimenticare le vittime della mafia solo perché da un po' non ci sono stragi sarebbe un errore gravissimo e imperdonabile. Fino ad oggi – ha proseguito – la reazione della politica è stata inadeguata e i reati che hanno consentito l'accesso della mafia nella funzione pubblica sono rimasti, in Italia, sostanzialmente impuniti. I detenuti per reato di corruzione sono meno di 30 e questo ci deve indurre a uno sforzo di onestà intellettuale per capire se il fenomeno corruzione non esiste o se non è adeguatamente represso".

Il giudice si è infine espresso criticamente sulla situazione tra Stato e Magistratura: "Finora invece che colpire la corruzione è stata colpita la magistratura, che pur tra mille difficoltà e limiti ha il merito di aver iniziato a scoperchiare il malaffare. Lo Stato – ha concluso – non può avere paura di processare se stesso, non può nascondere la polvere sotto il tappeto, lasciando alla sola magistratura il compito di trovare collusioni tra mafia e funzione pubblica".

(Fonte: Comune di Modena)