Sabato, 24 Gennaio 2015 09:10

Io sono Youssef In evidenza

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Dall'interazione alla cittadinanza attiva, dalla politica alla religione, dall'estremismo alla cooperazione: intervista a Youssef Salmi, cittadino italiano di origine marocchina, esempio di integrazione -

di Federico Bonati -

Reggio Emilia, 24 gennaio 2015 –

È dal 2001, da quel fatidico 11 settembre, che il mondo intero si è trovato a fare i conti con l'estremismo jihadista islamico; da quel momento, nulla è stato più come prima. A seguito dei recenti fatti di cronaca, l'attentato alla sede di "Charlie Hebdo" e il massacro in Nigeria da parte di Boko Haram, la paura e la diffidenza nei confronti di chi professa la fede musulmana sono tornate d'attualità. Ma sono davvero tutti così? Esiste un grande numero di musulmani che hanno fatto dell'integrazione culturale e dell'interazione fra le persone il cardine della loro vita, sconfessando chi dice che: "Tanto a loro non interessa integrarsi". Queste persone sono molto numerose, anche in Italia. Una di queste, Youssef Salmi, cittadino italiano di origine marocchina, sposato con una donna italiana, e padre di due figli, ex assessore al comune di Novellara, ed esempio di integrazione, ha risposto alle domande della Gazzetta dell'Emilia.

Youssef, partiamo dal passato, dal tuo arrivo in Italia. Che speranze, che progetti e che sogni avevi in quel momento?

Era l'agosto del 1990, e in Italia erano da poco finiti i Mondiali. Fu proprio il sogno del calcio a farmi partire dal Marocco e ad arrivare in Italia, passando per la Francia. Tuttavia, per giocare a calcio, mi servivano i documenti, ed io avevo solo il passaporto. Quindi quello del calcio rimase un sogno, ma quello di vivere in un paese libero si realizzò. Da sempre il mio motto è: "Io sono libero in un paese libero, ma la mia libertà finisce dove inizia quella altrui". Quando arrivai a S. Giovanni di Novellara, fui subito accolto benissimo, c'è molta più solidarietà tra le persone nei paesi piccoli.

Poi il lavoro, la casa, la famiglia, l'integrazione. Hai mai sentito un clima di diffidenza nei tuoi confronti?

All'inizio mi sentivo "osservato", ma erano più che altro sguardi di curiosità. Alcuni avrebbero potuto interpretare quegli sguardi in modo negativo, ma non io. Nel corso della mia vita qui in Italia ho sempre cercato di mettere in atto una partecipazione attiva, attraverso la quale favorire un'interazione tra le culture, la mia e quella del paese in cui vivo. Purtroppo, ammetto che dopo quanto accaduto in Francia, gli sguardi sono diventati diversi, si percepisce islamofobia.

È arrivato, in seguito, anche l'impegno politico nelle file del Partito Democratico. Credi che la politica stia facendo abbastanza per l'integrazione in Italia o che i risultati stiano ancora scarseggiando?

La politica sta facendo del suo meglio in questo senso, il problema vero è di carattere culturale. Stiamo assistendo ad una migrazione dall'Italia degli immigrati che arrivarono in Italia, e questo rappresenta il fallimento delle politiche attuate fino ad ora. Il cambiamento deve partire dall'educazione, dal sistema scolastico, in cui l'integrazione deve essere qualcosa di vitale. Bisogna combattere l'esclusione e l'emarginazione e investire maggiormente nella partecipazione attiva di tutti i soggetti in campo.

Che significato ha, per te, l'appartenenza allo Stato Italiano?

Io amo l'Italia. Ne ero innamorato per il calcio, poi mi sono innamorato della sua storia, dell'arte, della cultura. Ma ciò che maggiormente amo dell'Italia è stata la storia che ha condotto alla liberazione della Nazione e alla realizzazione della Costituzione, che gli anziani del paese mi hanno raccontato; in essi rivedevo mio nonno, e le sue lotte per la libertà in Marocco. Ricordo, inoltre, il caro amico, che ormai non c'è più, Dante Biliardi, che fu il primo a raccontarmi della storia del tricolore, nato a Reggio Emilia. Tutto questo è ciò che mi fa amare questo paese. Sarebbe bello se sapessimo valorizzare, davvero, tutta questa storia, quest'arte, questa cultura.

Tu sei musulmano. Come pensi siano visti i musulmani in Italia?

Non c'è abbastanza conoscenza sull'argomento. E la conoscenza è qualcosa di importante, perché quando conosci una cosa impari a rispettarla. La Costituzione stessa definisce l'Italia un paese in cui vige la libertà di culto, grazie alla quale è possibile vivere in armonia, perciò sta a noi musulmani far comprendere cos'è il vero Islam.

Chiederti di Charlie Hebdo è troppo semplice. Vorrei invece un tuo commento su Boko Haram. E poi, si può uccidere in nome di un Dio, qualunque esso sia?

Mai! Cito un versetto coranico: "Chi uccide un'anima è come se avesse ucciso l'umanità intera". Ciò che sta accadendo in Nigeria, come quanto è accaduto in Francia, è un abominio, è delinquenza allo stato puro. Spero vivamente che arrivi qualche governo, qualche capo di stato musulmano che urli a gran voce contro queste situazioni, facendo da megafono a tutti noi! Nessuno può immaginare come ci stiamo sentendo noi musulmani integrati, rispettosi e pacifici, in questo momento.

Quando senti parlare di ISIS, qual è il tuo primo pensiero?

Queste persone non hanno capito nulla di quello che è la nostra religione. Nelle nostre preghiere giornaliere c'è il richiamo al rispetto reciproco fra le fedi, mentre questi non sanno nemmeno lontanamente cosa sia il rispetto. Sfortunatamente, l'ISIS è figlia di chi ha voluto tutto ciò, dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. Stiamo parlando di musulmani che massacrano altri musulmani e che, ancora peggio, arruolano bambini! Per questo devono essere duramente condannati, perché rappresentano l'ignoranza che cammina.

Che futuro immagini per i tuoi figli, che rappresentano la "seconda generazione"?

Immagino, e spero, un futuro roseo per loro, un futuro nel quale possano avere il caposaldo dei valori quali il rispetto e l'amore per il prossimo. E più di tutto spero possano trovare un futuro di pace, per loro e per i loro coetanei, tutti cittadini del mondo. Quando sono arrivato in Italia, sin da subito mi sono messo all'opera, lavorando per migliorare l'integrazione e l'interazione culturale di questo paese. Proprio con lo scopo di quel futuro di pace di cui ho detto.

Quando ti alzi al mattino, che speranze hai per il tuo paese, l'Italia?

Spero con tutto il cuore che il mio Paese si possa risvegliare. Quando tutti gli italiani si renderanno davvero conto di vivere in un paese splendido, ricco di risorse, pieno di storia e che funge da porta d'ingresso per l'Europa, allora saremo tutti davvero contenti. L'Italia, anche per la sua storia di migranti che lasciarono la patria per trasferirsi nel continente o oltreoceano, come fu per i genitori di Papa Francesco, che lasciarono il Piemonte per l'Argentina, deve far tesoro di questo suo passato, divenendo un valido interlocutore internazionale. Inoltre, anche memore di questa sua storia, deve lavorare maggiormente per favorire la convivenza, l'integrazione e l'interazione fra le culture, anche e soprattutto attraverso la partecipazione soggettiva di tutti, italiani e immigrati.